LA COMMEDIA NELLA TRAGEDIA

Ovvero:
dell’ipocrisìa


di L. P.


Drammatico titolo dell’Avvenire, il quotidiano della CEI: “Il Papa: si fermi il massacro in Iraq… non si porta l’odio in nome di Dio, non si fa la guerra in nome di Dio”. (Angelus di Domenica 10 agosto 2014).

Sgomento è papa Bergoglio e sgomenti siamo noi, cattolici, per ben tre motivi:
1 – per lo ‘sgomento’ del papa;
2 – per la chiamata in causa di Dio;
3 – per le colpe della comunità occidentale.
    
Vorremmo chiedere a papa Bergoglio se il suo sia un dolore lancinante per le sorti dei cristiani iraqeni, il dolore del pastore per lo sterminio del suo gregge, o non un mero dispiacere per la delusione che sta patendo per l’essersi, in modo ingenuo, per non dire stolido, speso per il riconoscimento di un intrinseco valore salvifico dell’Islam, ed essersi però svegliato dal sonno dell’illusione prendendo atto che non son questi  “gli abbondanti frutti” del Ramadan per il quale lo scorso anno 2013, egli inviò alla comunità islamica mondiale – vi ricordate cari lettori lo “sbarco” papale a Lampedusa ? – il suo personale augurio, lo stesso che, in perfetta sequenza ed assonanza ecumenistica, l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola – a cui abbiamo inviato una “nota di protesta” - ha reiterato giorni or sono con larga – e ci voleva, diamine! - commozione fraterna.
Certo, Santità: questi sono i frutti di un lavoro quando vi è assente il Signore e, in sua assenza, si presume di riuscire a costruire la pace e il paradiso terrestre. Ma, ahimé: “Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanun laboraverunt qui aedificant eam” (Ps. 126, 1).
   
E son questi i frutti  dell’apostasìa consumatasi ad Assisi (1986 – 2011) nei due adùlteri assembramenti confessionali svoltisi nella poltiglia tossica di un sincretismo funebre, obituario, e son questi ancora i frutti del funesto e sacrilego incontro – 8 giugno 2014 – in cui, in Vaticano, Lei, nella terra consacrata dal sangue del martirio di San Pietro, ha voluto riunire i capi delle due nazioni in conflitto: il talmudista Israele e l’islamica Palestina, e con loro elevare una preghiera comune a Dio (!) per l’ottenimento della pace, subito dopo il quale incontro – guarda un po’ lo sconvolgimento dei piani umani! -  vennero rapiti, e uccisi, dei giovani israeliani e, da questo evento, lo scatenamento dell’attuale guerra.
    
Prima di chiederle, Santità, a quale “dio” Lei si riferisca, ci preme farle presente che le stragi che l’Islam in quanto tale compie oggi in Iraq, in Pakistan, in Nigeria, Somalia sono le stesse, targate con lo stesso marchio che, negli anni successivi alla morte di Maometto – 632 d. C. –  seminò nelle guerre di conquista: Palestina, Nord Africa, Spagna, Balcani, Sicilia, Puglia. Sono le stesse stragi compiute in nome del dio Allah – un falso dio – in cui vennero trucidati centinaia di migliaia di cristiani – pensi all’eccidio di Otranto (1480), agli 813 martiri che Lei, lo scorso anno ha canonizzato! – stragi contro la cui virulenza e frequenza – o convertirsi all’islam o morire! come oggi ordinano i taliban iraqeni – santi come Bernardo prima e Pio V e Marco d’Aviano poi, chiamarono a raccolta i  monarchi cattolici europei per costituire quelle che, con opportuno e santo nome, furono chiamate “Crociate”, a difesa dei pellegrini in Terra Santa e dei confini dell’Europa cristiana. E fu Poitiers (732), fu Gerusalemme (1099), fu Lepanto (1571), fu Vienna (1683).
   
Stranamente, per queste imprese di legittima difesa, la Chiesa, anzi, un supposto santo pontefice, Giovanni Paolo II, credulo nella leggenda nera sulle violenze crociate che l’Illuminismo – Michelet, Hugo - inventò e diffuse, ha sentito il bisogno di “chiedere perdono” indicando e condannando, perciò, la santa Madre Chiesa, come rea di nefande azioni in nome di Dio.
E naturalmente l’Islam è passato all’incasso di questo pagamento ed oggi, come allora, continua incoraggiato nella sua politica di sterminio. E mentre il fenomeno dilaga, Lei, Santità, non si capacita per come in nome di Dio si porti odio e si faccia la guerra. Ma quale dio?
E nell’affermare tale menzogna Ella annuncia, intanto, che andrà in Corea del Sud per l’incontro mondiale con i giovani, ulteriore passerella mediatica con cui si spaccerà quell’intero “barnum” della tre giorni come un intenso momento di fede. Come se non fossero ancora vive, nella loro ambiguità e sconcezza le immagini di cardinali e vescovi,  tinti di venerabile canizie, smuoversi e ballare come dervisci impazziti. Se per tale evento Lei intende replicare lo spettacolo di Rio, porti allora seco la suor Cristina, quella che ha impazzato sugli schermi tv, tra delirî e strilli canori, stravolgimenti ginnici e dichiarazioni irenistiche e sciocchezze parateologiche.
   
Siamo, cioè, alle solite aberrazioni teologiche che, dal conciliabolo Vaticano II ad oggi, continuano a spuntare e a crescere come erba infestante, come zizzania nel campo del vero Signore. Sono quelle aberrazioni in nome delle quali Lei, Santità, ha predicato il diritto assoluto della clandestinità nel nome della “accoglienza”, incurante dei gravissimi pericoli in termini di convivenza, giustizia, etica, cultura incombenti sulla stessa comunità cattolica, e che, sulla scia del suo gesto, il pavido e smidollato governo italiano, ventre molle dell’Europa, ha pensato bene di  cancellare il reato di clandestinità col risultato, il “frutto” diciamo, di aver permesso, da gennaio 2014 ad oggi, l’approdo a circa 100 mila clandestini la cui maggioranza vivrà di espedienti andando ad ingrossare le file della malavita organizzata.
Un flusso che, diciamola questa verità!, non si configura come sciami di profughi disperati - come li definiscono i varî telegiornali – ma, piuttosto, come vera invasione confessionale disposta nel lontano desiderio della rivincita di Poitiers, di Gerusalemme, di Lepanto e di Vienna, e nel disegno che, in Europa, prevede massicce e pacifiche ondate migratorie, e nelle terre medio/orientali, il terrorismo e l’uccisione.
     
Non si faccia scudo, Santità, degli eretici, deprecabili e paramassonici documenti conciliari Nostra Aetate (12) e Lumen Gentium (16), nella cui paccottiglia sincretistica e liberale si accomunano e vengono dichiarate tutte le divinità come paritetiche, col conferire a tutte le confessioni eguale valenza soteriologica, ma si confronti con il primo Comandamento “Io sono il Signore Dio tuo… Non avrai altro Dio fuori che  me” (Es. 20, 2/3), a cui fa eco “Tutti i popoli della terra sappiano che il Signore è Dio e che non ce n’è altri” (I Re  8, 60), a cui ancora si aggiunge “Sappi oggi e conserva bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra. E non ve n’è un altro” (Dt. 4, 34). E se non bastasse l’incisività dei predetti passi, le basti sapere,  Santità, che “Tutti gli dèi dei pagani sono demonî” (Ps. 95, 5).
   
Da ciò si deduce, con somma evidenza, che l’Islam non muove le sue guerre, non porta l’odio in nome di Dio – maiuscolo, come Avvenire riporta! – quasi si trattasse dell’Unico Signore Uno e Trino, ma lo fa in nome di un idolo e solo di questo. Non dia, perciò, dignità e sostanza divina a un’entità di segno infero. Ed è pertanto ovvio che solo in nome di un idolo e di un falso profeta è possibile muovere guerre, agitare violenze, commettere eccidî.
Lei, Santità, non può quindi continuare a spargere il seme dell’eresìa accostando alle nefandezze cruente l’ipotesi che queste vengano, purtroppo, commesse in “nome di Dio”.
   
E poi, ci permetta: ma se questo Dio, che già Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ed ora Lei, avete indicato come unico Dio, almeno quello dei tre cosiddetti monoteismi – cristianesimo, ebraismo, islamismo – questo Dio di tutti, e perciò anche dei talebani che in suo nome spargono terrore e sangue, infierisce contro i cristiani, vuol dire che è un Dio in piena contraddizione con se stesso perché, padre di tutti, non può per l’infinita sua bontà, coccolare quelli che lo adorano come Allah e trucidare coloro che lo adorano come Dio/Trinità.
Non le sembra paradossale questa configurazione teologica?
C’è qualcosa che non va e questo qualcosa consiste nella illecita assimilazione del concetto di “Dio” unico e vero, patrimonio esclusivo della Religione rivelata Cristiana Cattolica, in una genericità che puzza di paganesimo e di politeismo.
   
Il Dio che Lei testimonia, Gesù Cristo, di cui Lei dovrebbe essere il Vicario – ma Lei si ostina a chiamarsi vescovo di Roma, chissà perché – il  Dio, Trino e Uno, Padre/Figlio/Spirito Santo, manifestatosi in fattezze umane nella Persona del Figlio, il Dio “Cattolico”  che non ha niente a che vedere e spartire né con l’oscura ed inaccessibile entità islamica né con altri idoli, è anche un Dio geloso perché, come scrive il divino Poeta «La spada di quassù non taglia in fretta / né tardo, ma’ ch’al parer di Colui /che disïando o temendo l’aspetta» (Par. XXII, 16).
Stia attento santità, “ne ultra”, così come deve stare attenta, e preoccuparsi, la cosiddetta civiltà occidentale che, cancellati i segni e le ascendenze delle radici cristiane, impregnata di cultura trasgressiva e libertina nel progetto di dominio mondialistico massonico, la stessa che sta fornendo la corda a una controparte finanziaria, quella dei ‘petrodollari’ che, non ammettendo terzi incomodi, la impiccherà. L’Islam, come bene scrisse l’antropologa Ida Magli, è pronta a fondare l’“Eurabia”.





agosto 2014

Ritorna al Sommario articoli diversi
Ritorna al Pontificato di Papa Francesco