RITI VALIDI/INVALIDI, LECITI/ILLECITI
E PIÙ O MENO OPPORTUNI

di Augustinus



L'articolo è stato pubblicato dal quindicinale
SISINONO - anno XXXX, n. 16, 30 settembre 2014
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Un rito liturgico può essere
1°) invalido o nullo (per esempio la cena luterano/calvinista, che, negando per principio la transustanziazione e la presenza reale, non produce l’effetto del Sacramento, ossia la presenza di Gesù sotto le apparenze del pane e del vino);
2°) valido, ma illecito, cioè non permesso perché vìola una norma giuridica morale o religiosa (ad esempio la Messa degli scismatici ortodossi, che negano il Primato del Papa o una Messa cattolica, in cui il celebrante fa apparire ballerine seminude nel coro a fianco dell’altare) (1);
3°) infine può essere più o meno buono, adatto, opportuno, cioè può essere il migliore possibile o solo sufficientemente buono, ma non cattivo in sé (qualche liturgista, per esempio, dice che la riforma della Settimana Santa di Pio XII non è stata la migliore possibile, ma non è cattiva; lo stesso si dice della riforma delle rubriche della Messa Romana e del Breviario Romano del 1962 fatta da Giovanni XXIII (2)).

Ora riguardo ai “nuovi Sacramenti” promulgati da Paolo VI (specialmente i riti dell’Ordine e della Cresima) abbiamo semplicemente constatato il fatto che non vi sono dubbi positivi, cioè fondati sulla loro validità, ma senza voler presentare questa nostra costatazione come obbligatoria e definitoria, non avendone l’intenzione e neppure l’autorità.
 

I sacramenti in genere

I teologi hanno discusso se l’istituzione di tutti i Sacramenti sia immediatamente e specificatamente divina (cioè se Cristo stesso ha stabilito la materia e la forma precise di ogni Sacramento), oppure mediatamente e genericamente (cioè gli Apostoli e la Chiesa possono determinare la materia e la forma di alcuni Sacramenti – tranne il Battesimo, l’Eucarestia e l’Estrema Unzione – per volontà di Gesù e assistiti dallo Spirito Santo).

S. Bonaventura (Breviloquium, VI, 4, 1) sostiene questa seconda tesi, mentre nella controriforma i teologi cattolici (specialmente S. Roberto Bellarmino, De Sacramentis, Venetiis, 1590) per reazione al Luteranesimo, che negava l’Istituzione divina dei Sacramenti, hanno difeso, forse con troppo ardore, la tesi della loro Istituzione immediata e specifica da parte di Gesù. Tuttavia anche molti Dottori della Controriforma e del post-Vaticano I (Soto (3), Suarez (4), Franzelin (5) e Billot (6)) insegnano che Gesù Cristo non ha istituito tutti e sette i Sacramenti nei particolari, ossia indicando esplicitamente la materia e la forma (come ha fatto per il Battesimo e la Messa (7)), ma si è limitato a indicare il loro scopo o la grazia che debbono produrre, lasciando alla Chiesa, ossia agli Apostoli, il compito di determinarne il rito.


La Cresima

Per quanto riguarda la Cresima (8) e l’Ordine sacro (che sarà trattato in un prossimo articolo) secondo Scoto, Lessio, Billuart, Soto, De Lugo, Gotti, Billot, De Guibert, Van Noort, E. Hugon e Galtier, Gesù li ha istituiti con determinazione generica, lasciando alla Chiesa la facoltà di determinarne meglio gli elementi essenziali (cfr. A. Piolanti, voce “Ordine”, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1952, vol. IX, col. 223).  

Monsignor Antonio Piolanti, che non era l’ultimo arrivato in teologia dogmatica sacramentaria, insegna: «La Chiesa, fondandosi sul Nuovo Testamento e sui Padri ecclesiastici, ha solennemente definito nel Concilio di Trento (DB 844) che Gesù ha istituito tutti e sette i Sacramenti, pur lasciando libertà sul modo in cui lo ha fatto» (Dizionario di Teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 371, voce “Sacramenti” a cura di A. Piolanti). In breve, il Concilio di Trento non ha voluto definire ed ha lasciato libertà di opinioni teologiche diverse su questa questione.

Ora se il Tridentino non ha voluto definire e obbligare non vedo come lo possano fare dei semplici fedeli, sacerdoti o Vescovi, che non hanno il potere supremo di Magistero sulla Chiesa universale, infallibilmente assistito a certe determinate condizioni (cfr. Concilio Vaticano I, DB, 1839).

San Paolo (I Tim., IV, 14), quanto alla materia della Cresima, parla solo dell’imposizione delle mani. Gli Atti degli Apostoli (VI, 6; XIII, 3) non precisano le parole della forma del Sacramento. La Traditio apostolica di S. Ippolito (9) (quindi la raccolta della Tradizione divino/apostolica in materia sacramentaria e non solo un passaggio della S. Scrittura) dell’inizio del III secolo parla di preghiera, che accompagna l’ imposizione delle mani.

Dunque, dalla Tradizione apostolico/divina, dalla S. Scrittura e dal Magistero ecclesiastico ed infine dalla Ragione teologica, esposta dagli studi dei Dottori ecclesiastici e dei teologi approvati, risulta il fatto (“et contra factum non valet argumentum”) che per la Cresima la materia del Sacramento è l’imposizione delle mani, cui si è aggiunta nel III secolo l’unzione.

L’unzione è essenziale per la validità della Cresima?

La Tradizione divino/apostolica e patristica dal II al V secolo (e non un solo passaggio della S. Scrittura) insegnano: “Si impone la mano per invitare lo Spirito Santo [a scendere sul fedele o il consacrando]” (Tertulliano, De Bapt., VIII). S. Cipriano di Cartagine scrive: “attraverso la nostra orazione e l’imposizione delle mani” (Epist., LXXIII, 9) si fa discendere lo Spirito Paraclito sull’ordinando. Anche Eusebio da Cesarea nella Storia Ecclesiastica (I, 13, 18; VII, 2) parla di  imposizione delle mani assieme alla preghiera. S. Agostino d’Ippona scrive: “l’imposizione delle mani è unita alla preghiera sopra il fedele” (De Bapt., III, 16, 21). S. Leone Magno scrive: “la benedizione o imposizione delle mani sia conferita dai Ministri sacri a digiuno” (Epist., IX, 1).

S. Tommaso d’Aquino fornisce di ciò la Ragione teologica: l’imposizione delle mani è il simbolo naturale, e quindi adottato comunemente, per significare la trasmissione di un potere (S. Th., III, q. 84, a. 4, ad 1um) e quindi Gesù e gli Apostoli si sono serviti dell’imposizione delle mani per infondere la grazia sacramentale specialmente nella Cresima, nell’Estrema Unzione e nell’Ordinazione.

Da notare che “per la Cresima l’imposizione delle mani rimane tuttora, come prima, elemento essenziale del rito sacramentale, anche se non può essere separata dalla sopraggiunta nel III secolo unzione col crisma” (F. Càrpino, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1951, vol. VI, col., 1718) (10).

Anche i manuali di Teologia morale e dogmatica più recenti e preconciliari insegnano che “nelle Chiese d’Occidente il dono dello Spirito Santo viene considerato ab immemorabili come comunicabile mediante l’imposizione delle mani. A questo rito primitivo si aggiunse un’unzione, che compare la prima volta nella ‘Traditio apostolica’ di S. Ippolito (III secolo). La crismazione si trova dappertutto solo dopo papa Innocenzo I († 417). […]. Ora anche in questo caso la sostanza del Sacramento della Cresima non è stata adulterata, perché, attraverso i cambiamenti accidentali, non è stato mutato sostanzialmente il significato della grazia [la pienezza dei doni dello Spirito Santo] che Cristo ha voluto conferire mediante questo Sacramento. Le alterazioni accidentali apportate nel IV secolo hanno lasciato intatti gli elementi essenziali primitivi. Mai nella Chiesa si è avuto il dubbio che non si sia conservato l’essenziale di quello che gli Apostoli vollero fare nel conferire, tramite la Cresima, lo Spirito Santo ai battezzati” (Antonio Lanza – Pietro Palazzini, Principi di Teologia morale, Roma, Studium, 1956, III vol., I Sacramenti, pp. 81-83).

Bernard Bartmann spiega: “Non si ha una decisione precisa e stabile circa la materia della Cresima. Per questo si spiega la divergenza delle opinione teologiche.
Si possono riconoscere due tendenze principali:
1°) secondo alcuni (Aureolus, Petavius, ecc.) l’imposizione delle mani è la sola materia sufficiente;
2°) altri invece (S. Tommaso, Eugenio IV, Bellarmino, ecc.) dicono che basta la sola crismazione. Anche qui, quasi come sempre, si aggiunge una terza opinione intermedia, secondo la quale
3°) occorrono entrambi i riti (unzione e imposizione delle mani). Questa terza opinione è quella comunemente seguìta” (Manuale di Teologia dogmatica, Alba, Paoline, ed. VIII, 1949, vol. III, I Sacramenti, p. 113).

Forma della Cresima

Nella Chiesa latina vi furono, sino al XII secolo, varie forme del Sacramento della Cresima. Nel Pontificale Romanum appare un’unica forma solo a partire dal XIII secolo, forma restata in vigore sino al 1971.

Ora la nuova forma del Sacramento della Cresima di papa Montini la si trova già verso la fine del IV secolo (cfr. Euchologium Serapionis) nella Liturgia siriana occidentale ed è ancor oggi in uso nella Liturgia bizantina innegabilmente di Tradizione apostolica (11). “Contra factum non valet argumentum”. Dunque è impossibile che sia invalida.

Per quanto riguarda la forma, «i Libri liturgici non sono uniformi in tutti i particolari. Il Vescovo di Rito latino nel dare la Cresima dice: “ti segno col segno della  croce e ti confermo col crisma della salute, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Nella Chiesa greca/bizantina si dice più semplicemente: “segno del dono dello Spirito Santo”» (A. Piolanti, I Sacramenti, Firenze, LEF, 1959; Id., 2a ed., Città del Vaticano, LEV, 1990, cit., p. 426). Questa forma è stata dichiarata valida dal Magistero pontificio (v. Benedetto XIV, Enciclica Ex quo prima, 1 marzo 1756).

I vari riti sono: quello latino, che, entrato in vigore nel 1250, recita: «Signo te signo crucis, chrismo te chrismate salutis, in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen», rito greco/bizantino: «Sigillo del dono dello Spirito Santo», senza menzionare la SS. Trinità; il rito siro/maronita: «Crisma del dono dello Spirito Santo»; il rito caldaico: «Sii perfetto nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»; il rito copto/etiopico: «Unzione della grazia dello Spirito Santo».

«Presso i Greci [la Chiesa cattolica di rito orientale bizantino] la forma della Cresima è espressa con le parole: “Signaculum doni Spiritus Sancti”. Questa forma è stata ripetutamente dichiarata valida dai Sommi Pontefici. Fino al XII secolo furono in uso molte forme per la Cresima […], la forma attuale [ante 1971] risale al XIII secolo» (Antonio Lanza – Pietro Palazzini, Principi di Teologia morale, Roma, Studium, 1956, III vol., I Sacramenti, p. 83).

Anche  Bernard Bartmann scrive: «la forma della Cresima ha subìto delle variazioni secondo le Chiese e secondo i tempi. La forma attualmente in uso nella Chiesa latina è: “Signo te signo crucis et confirmo te chrismate salutis, in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti”. La forma greco/bizantina non fa menzione della SS. Trinità. Essa dice: “Sigillo del dono dello Spirito Santo”. […]. La forma attualmente in uso nella Chiesa romana risale al 1250. […]. Per la Cresima è difficile trovare una forma tradizionale stabile nel corso dei secoli» (Manuale di Teologia dogmatica, Alba, Paoline, ed. VIII, 1949, vol. III, I Sacramenti, p. 114).
In tutte le forme, però, viene espresso il duplice effetto della Cresima, cioè il carattere e la grazia.

Paolo VI il 15 agosto 1971 con la Costituzione Apostolica Divinae consortium naturae ha stabilito per la Cresima la seguente forma: «Accipe Signaculum doni Spiritus Sancti/Ricevi il Sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono». Esso unifica la forma greca e latina ed esprime il duplice effetto del Sacramento della Cresima: carattere indelebile e grazia santificante ponendo l’accento sul dono dello Spirito Santo. Da ciò consta che la forma della Cresima contenuta nel nuovo Rituale di Paolo VI del 1971 non ha apportato mutamenti sostanziali ed è oggettivamente valida. Quindi i cresimati dopo il 1971 sono validamente e realmente cresimati, lo stesso vale per l’Estrema Unzione e per l’Ordine sacro.

Parimenti, anche dopo il 1968, coloro che si confessano, vengono assolti; chi si sposa è realmente coniugato davanti a Dio; chi è battezzato viene purificato dal peccato originale; chi si comunica riceve realmente Gesù, nonostante le asserzioni di alcuni che negano la validità dei Sacramenti postconciliari.


Risposta ad un obiettante 

Un obiettante scrive – anonimamente su un sito web – che secondo S. Alfonso Maria de Liguori e padre Felice Maria Cappello l’unzione è essenziale alla validità della Cresima, senza citare il trattato ove S. Alfonso  e p. Cappello avrebbero insegnato questa tesi, e poi – firmandosi in una lettera privata – li ha citati, ma o non li ha capiti o ha voluto equivocare.

Infatti S. Alfonso Maria de Liguori nella sua Theologia Moralis (Parigi, ed. Vivès, 1875, tomo III, lib., VI De Sacramentis, tratt. II, cap. II De Confirmatione, dubbio I, nn. 162-166 De materia proxima, pp. 111-118) insegna che la sentenza comune ritiene [ut habet communis] l’unzione col crisma come essenziale per la validità della Cresima, ma poi distingue tre sentenze: la prima sentenza opina [tenet /ritiene] che l’essenza della materia prossima della Cresima consista nell’imposizione delle mani da parte del Vescovo e che l’unzione con il crisma sia soltanto la materia accidentale istituita dalla Chiesa e non da Cristo (p. 111);  la seconda [dicit] e la terza sentenza [fere communis /quasi comune] convergono  nel sostenere che la materia prossima è sia l’imposizione delle mani che l’unzione col crisma fatta dal Vescovo (p. 112). S. Alfonso aderisce a quest’ultima sentenza quasi comune [fere communis] e l’abbraccia [tuemur et extimamus /sosteniamo e stimiamo] seguendo S. Roberto Bellarmino (De sacramento confirmationis, Venezia, 1590, cap. 1 ss.), senza tuttavia voler imporre la sua opinione teologica come certa o addirittura di fede e negare assolutamente la consistenza della prima sentenza, come vorrebbe l’obiettante.

Inoltre padre Cappello
1°) nella Summa Iuris Canonici (Roma, Gregoriana, vol. II, ed. VI, 1962, cap. III, art. I, n. 148, p. 176) scrive: “l’unzione sembra [videtur] essere necessaria per la validità del Sacramento della Cresima, come insegnano più comunemente gli autori [communius docent auctores], mentre altri autori ritengono sia sufficiente la sola imposizione delle mani [quidam censent sufficere solam manus impositionem], secondo la pratica antichissima della Chiesa” (12);
2°) nel suo Tractatus Canonico-Moralis (Roma, Gregoriana-Marietti, vol. I De Sacramentis, ed. V, 1945, n. 192, p. 169), citato dall’obiettante scrive: “l’Unzione col crisma sembra [videtur] necessaria alla validità della Cresima, come insegnano in maniera più comune [communius] i teologi. È certo che l’Unzione col crisma era in uso nel rito della Cresima durante il secolo V. […]. Altri teologi insegnano che basta la sola imposizione delle mani, secondo la pratica antichissima della Chiesa”. Ora  padre Cappello unisce la frase “attenta praxi Ecclesiae antiquissima/secondo l’antichissima pratica della Chiesa” a “sufficere solam manus impositionem/basta solo l’imposizione delle mani [per la validità della Cresima]” e non all’ unzione col crisma (“unctio necessaria videtur ad valorem sacramenti/l’unzione sembra essere necessaria al valore del sacramento”), come invece fa l’autore prima anonimo e poi cognito, equivocando il testo di p. Cappello, il quale nella nota 13 a pagina 169 aggiunge: “riguardo ai cambiamenti del Rito della Cresima non c’è sentenza comune presso i Dottori”. Perciò l’obiettante fa dire a p. Cappello il contrario di quel che ha scritto. Lo stesso dicasi per S. Alfonso de Liguori, che cita numerosi Padri della Chiesa favorevoli alla necessità della crismazione nel corpo del suo articolo, ma ritiene personalmente “quasi comune/fere communis” questa tesi e non la presenta quale certa, di fede e da tenersi obbligatoriamente come invece fa l’obiettante.

I Riti sacramentali di Paolo VI sono illeciti?

Resta da chiarire se i Sacramenti promulgati da papa Montini, con i riti che li circondano, siano  in rottura con la Tradizione apostolica (come lo è la Nuova Messa) oppure siano solo non opportuni, non i migliori possibili, in breve sufficientemente buoni ma non perfetti, ottimi.

Per rispondere a tale quesito occorre mettere da parte i pregiudizi che ci hanno animato riguardo alla invalidità dei nuovi Sacramenti di Paolo VI, data per scontata, poiché si è affrontato un problema dogmatico in maniera soprattutto pastorale data la gran confusione che regna in ambiente ecclesiale dal 1962-1965. Quindi  si è concluso, in maniera generica, che ogni cambiamento apportato dopo il Concilio ai riti sacramentali, visto alla luce degli errori oggettivi riscontrati nei Documenti del Concilio Vaticano II (13), era conseguentemente ed immancabilmente dubbio e quindi nullo, dato il tuziorismo che deve reggere la teologia sacramentaria: “sacramento dubbio, sacramento nullo” e dunque da reiterare almeno sub conditione.

 
Il Rito della Cresima del 1971 in sé considerato

Per quanto riguarda la Cresima si deve studiare il Nuovo Rito promulgato da Paolo VI il 15 agosto del 1971 (14).

Ebbene se si legge attentamente il testo del rito si constata il fatto che vi sono tre modi di conferire il Sacramento della Cresima: durante la Messa, fuori della Messa e in articulo mortis. Ora poiché il Novus Ordo Missae “pone dei problemi alla coscienza dei cattolici fedeli e li pone in una tragica necessità di opzione” (A. Bacci – A. Ottaviani), resta la possibilità di ricevere la Cresima fuori della celebrazione della nuova Messa oppure, dopo il motu proprio di Benedetto XVI del 7 luglio 2007, con la Messa romana codificata da S. Pio V e con il Pontificale preconciliare.

Inoltre nel rito della Cresima del 1971, studiato in se stesso, si legge che
1°) il Vescovo si rivolge ai fedeli, sotto forma di domanda e risposta, ed esorta i cresimandi a rinunziare a satana e a tutte le sue pompe, cosa del tutto lecita e lodevole;
2°) poi professa la fede cattolica, sempre sotto forma di domande e risposte tra Vescovo e cresimandi, recitando assieme il Credo niceno-costantinopolitano, altrettanto lecitamente e lodevolmente; inoltre
3°) il Vescovo recita la seguente orazione sui cresimandi: “Dio infonda ora lo Spirito Santo su questi suoi figli rigenerati alla vita eterna [la grazia santificante persa col peccato originale] mediante il lavacro con acqua e Spirito Santo [il Battesimo] e li confermi con la pienezza dei suoi Doni [i 7 Doni del Paraclito]”; quindi
4°) il Vescovo impone le mani sui cresimandi  e recita: “infondi o Signore i Doni dello Spirito Paraclito (e li enumera tutti e sette) su questi figli rigenerati con acqua e Spirito Santo e liberati dal peccato [originale]”; infine
5°) il Vescovo intinge il pollice della mano destra nell’Olio crismale (materia) e fa il segno della croce sulla fronte di ogni cresimando recitando la forma sacramentale: “Ricevi il Sigillo dello Spirito Santo che ti è stato dato in dono”, ripreso pari pari dalla Liturgia orientale.


La nostra soluzione privata e non obbligante

Occorre, dunque, prendere atto onestamente che il rito della Cresima del 1971 in sé è (come già si è visto) valido; inoltre è lecito; si può infine discutere sulla opportunità di aver scelto la forma orientale per la Cresima nella Chiesa latina. Si può dire che la riforma di Paolo VI del 15 agosto del 1971 non è la migliore possibile, non è l’optimum, ma non che è illecita o peccaminosa in sé. Se poi il Vescovo introduce degli elementi chiassosi e stonati nel Rito la colpa grave è del Vescovo, ma non è attribuibile al rito in sé. 

Il problema dell’illiceità o della perfezione della riforma apportata da Paolo VI al Sacramento dell’Ordine sarà affrontato in un prossimo articolo.

Senza la Gerarchia (Papato ed Episcopato) e i Sacramenti (i mezzi principali per ottenere la grazia santificante), due entità istituite entrambe da Cristo ed assistite da Lui sino alla fine del mondo, non sussisterebbe più la Chiesa, che invece è indefettibile; mentre le fibbie, i ferraioli, i cappelli romani, le code a strascico di 12 metri non sono essenziali alla sussistenza della Chiesa “tutti i giorni sino alla fine del mondo”, non sono d’istituzione divina e neppure sono garantiti dall’assistenza dello Spirito Santo nel loro perdurare attraverso i secoli.

Inoltre si constata che vi sono ancora molti fedeli, i quali nonostante la Rivoluzione conciliare – da loro subìta e non perpetrata – pregano, si confessano, si comunicano, sono stati battezzati, cresimati (15) e si santificano. Ora sarebbe contrario alla giustizia infinita di Dio se costoro, senza alcuna loro colpa, fossero privi dei Sacramenti, i quali resterebbero appannaggio di una minima parte di fedeli, mentre sono stati istituiti da Gesù per tutti come canale principale per ottenere la grazia indispensabile alla salvezza eterna: «I Sacramenti sono istituiti per tutti e sono alla portata di tutti i fedeli. Quindi anche la valutazione dei loro elementi [materia/forma /intenzione oggettiva] deve essere fatta in base a un criterio accessibile a tutti e non riservato a un’élite di persone» (P. Palazzini, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1953, vol. X, col. 1579, voce “Sacramenti”).

La Chiesa cattolica non è una setta gnostica per pochi intellettuali o illuminati, ma è la Società soprannaturale fondata da Cristo per la salvezza eterna di tutti gli uomini, assistita da Lui “tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20).

Di fronte all’autorità dei teologi citati lascia perplessi
1°) la presunzione di chi cerca di negare l’evidenza disprezzandoli come se fossero delle nullità e di far valere la propria opinione come fosse infallibilmente assistita; 2°) il settarismo di chi vorrebbe restringere la Chiesa universale (divinamente dotata di Gerarchia e Sacramenti sino alla fine del mondo) ad una “chiesa immaginaria”, una sorta di club riservato ad un cerchio molto ristretto di intellettualoidi estetizzanti, affetti da “insano archeologismo” (Pio XII, Mediator Dei, 1947).


NOTE

1 -  Cfr. Concilio di Costanza (DB, 626), Concilio di Trento (DB, 856 e 954) e Pio VI Costituzione Auctorem fidei, 28 agosto 1794, sugli Errori del Sinodo giansenista di Pistoia (DB, 1580-1592).
2 - Qualcuno arriva a criticare persino la festa di S. Giuseppe Patrono degli Artigiani del 1° Maggio, istituita da Pio XII; altri criticano la riforma dello strascico dei cardinali accorciato da 12 a soli 9 metri da Pio XII; altri ancora criticano la non più obbligatorietà delle fibbie alle scarpe, dei ferraioli e ferraioletti, che sarebbero tutte riforme non perfette ossia non moderniste, ma più o meno modernizzanti…
3 - In IVum Sententiarum, Salamanca, 2 voll., 1557, 1560.
4 - Commentarii et disputationes in IIIam S. Th., Venetiis, 1599.
5 - Tractatus de sacramentis, Roma, Gregoriana, ed. V, 1911.
6 - De Ecclesiae sacramentis, Roma, Gregoriana, ed. VII, 1932.
7 - “Battezzando nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt., XXVIII, 19): in Matteo l’acqua è implicitamente significata nella parola ‘battezzare’ che significa ‘lavare’, mentre è esplicitata in Gv., III, 5; IV, 1-2; IX, 1-6. Per l’Eucarestia: «Gesù prese del pane e disse: “Questo è il mio corpo”, prese il calice [del vino] e disse: “Questo è il mio sangue”» (Mt., XXVI, 26-28).
8 - Paolo Galtier, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950, vol. IV, col. 856, voce “Cresima”.
9 - Padre Paolo Galtier definisce la Traditio apostolicala più antica descrizione liturgica pervenutaci all’inizio del III secolo” (in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950, vol. IV, col. 856, voce “Cresima”). S. Ippolito è l’autore della Tradizione apostolica, che tratta delle ordinazioni dei Vescovi, Presbiteri e Diaconi e dà un gran numero di regole riguardanti il Rituale liturgico ecclesiastico specialmente sul Battesimo, l’Eucarestia, le preghiere e i funerali. Il testo latino della Traditio apostolica è stato curato e pubblicato da dom B. Botte (Parigi, Cerf, 1946, 2a ed. 1984), ne esistono anche le versioni in copto, arabo ed etiopico; la  traduzione italiana è stata curata ed edita da A. Casamassa (Roma, 1947).
10 - Cfr. anche Dictionnaire de Théologie Catholique, vol. VII, coll. 1302-1425.
11 - Cfr. P. Anciaux, De sensu confirmationis rituum, in «Collect. mechl.», n. 40, 1955, p. 192 ss.; D. L. Greenstok, El problema de la confìrmaciòn, in «Ciencia Tomista», 1954, pp. 2011-240.
12 - Padre Felice Maria Cappello, per avvalorare la sua tesi, cita S. Roberto Bellarmino (De sacramento confirmationis, Venezia, 1590, cap. 1 ss.); A. Lépicier (Tractatus de baptismo et confirmatione, Roma, 1930,  p. 130 ss.).
13 - Cfr. B. Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; Id., Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Id., Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Id., Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011; Id., La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011.
14 - Cfr. Paolo VI, Costituzione Apostolica sul Sacramento della Confermazione, Divinae consortium naturae, 15 agosto 1971: «n. 9. Il sacramento della Confermazione viene conferito per mezzo dell'unzione del crisma sulla fronte, unzione che si fa con l'imposizione della mano, mentre si pronunciano le parole: Accipe signaculum Doni Spiritus Sancti. L’imposizione delle mani sui cresimandi, accompagnata dall'orazione Deus omnipotens, non appartiene, è vero, al valido conferimento della Confermazione, ma deve essere tenuta in grande considerazione per l’integrità del Rito, e per un'intelligenza più profonda e più completa del sacramento. I sacerdoti, che si uniscono talvolta al ministro principale nel conferimento della Confermazione, fanno con lui l’imposizione delle mani su tutti i cresimandi, ma senza nulla dire. Nel suo complesso, il rito ha un duplice significato. L’imposizione delle mani, fatta dal vescovo e dai sacerdoti concelebranti, è un gesto biblico pienamente adatto all’intelligenza del popolo cristiano: con esso s’invoca il dono dello Spirito Santo. L’unzione del crisma e le parole che l’accompagnano significano molto bene gli effetti dello Spirito Santo. Il battezzato, sul quale il Vescovo stende la mano, per tracciargli in fronte il segno della croce con l’Olio profumato, riceve un carattere indelebile, sigillo del Signore, e, insieme, il dono dello Spirito Santo, che lo configura più perfettamente a Cristo e gli dà la grazia di spanderne tra gli uomini il “buon profumo”».
15 - Se, chiamati da Dio, sono stati ordinati Sacerdoti o Vescovi, alcuni hanno ripreso a celebrare la Messa Romana e santificano molte anime. 






ottobre 2014

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