Il «sinodo della sinodalità»

La Chiesa come una «piramide rovesciata»



di Crispinus


    Pubblicato su Si Si No No, Anno XLIX n. 17 – 15 ottobre 2023

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Il «Sinodo della Sinodalità» è stato convocato da Papa Francesco in Vaticano e s’è aperto il 4 ottobre 2023.

Se il suo programma dovesse mai essere portato alle sue ultime conclusioni, potrebbe sovvertire radicalmente la struttura della Chiesa.

Perciò, animati da un forte spirito di fede nell’indefettibilità della Chiesa di Cristo, occorre dire sùbito e con assoluta certezza che “le porte dell’inferno non prevarranno contro la Chiesa”; dunque, se l’elemento umano della Chiesa può – anche nella sua maggior parte – essere destabilizzato, sconvolto e cadere in errore, l’elemento divino (causa efficiente: Gesù che l’ha fondata; causa finale: il Paradiso cui ci porta; causa formale: Sacramenti, Credo e Comandamenti) non può essere sovvertito e venire meno, nonostante gli sforzi d’intaccarlo fatti dalla contro/chiesa.

Il «Sinodo della Sinodalità», inoltre, non è radicalmente nuovo, ma è la logica conclusione pratica delle premesse poste nel Concilio Vaticano II.


Monsignor Brunero Gherardini (Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011) ha fatto alcune riflessioni che possono essere così sintetizzate: 

I)  Per quanto riguarda il tema della Tradizione apostolica, la Dei Verbum del Vaticano II accantona e sorpassa la dottrina definita dal Tridentino e dal Vaticano I sulle “due Fonti” della Rivelazione (Tradizione e Scrittura), per far convergere Tradizione e Magistero nella sola Scrittura. Infatti, soprattutto nel paragrafo 10 della Dei Verbum, «il precedente Magistero è spazzato via all’insegna d’una radicale tanto quanto insostenibile unificazione. Unificati sono i concetti di Scrittura, Tradizione e Magistero. […]. La “reductio ad unum” della Dei Verbum, pertanto, corregge se non proprio non cancella letteralmente il dettato del Tridentino e del Vaticano I» (1).

II)  Per quanto riguarda l’ecclesiologia conciliare di Lumen gentium, nonostante la “Nota esplicativa previa”, «la Dottrina della Chiesa è tutto quello che la sua Tradizione, dagli Apostoli sino a oggi, presenta e propone come tale: la collegialità non ne fa parte» (2).

III)  La Costituzione Gaudium et spes recita: «L’uomo è in terra la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa (3) (24, § 4); ora, mentre San Pio X voleva “instaurare omnia in Cristo, ricentrare tutto in Cristo”, Gaudium et spes vuol “instaurare omnia in homine, ricentrare tutto nell’uomo”; essa (come il «Sinodo della Sinodalità») rappresenta un Magistero tutto orientato in direzione dell’uomo e proteso ad abbassare Cristo al livello del puramente naturale, disarcionandolo dal trono della sua Divinità (4). Quale rottura più radicale di questa?
La dottrina cristiana riassunta nel “Catechismo di San Pio X” insegna che «Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e goderlo poi nell’altra in Paradiso». La dottrina e lo spirito vero del Concilio Vaticano II, invece, insegnano quasi a sostituire «l’adorazione della creatura a quella del Creatore, il Vaticano II è tutto teso all’esaltazione della dignità pressoché infinita della persona umana. […]. Mi chiedo come si possa sostenere, senza rotture con la Tradizione più pura, con la retta ragione e con lo stesso buon senso, l’affermazione che l’uomo “è in terra la sola creatura che Dio abbia creato per se stessa”» (5).

Nella nota 3 a pagina 36, Gherardini commentava: «È un testo assurdo e blasfemo. […]. Il “per se stessa” sovverte i valori, sottoponendo il Creatore alla creatura». Insomma «la conseguenza farebbe di Dio il tributario dell’uomo, un suo sottoposto, e dell’uomo il valore primario, condizionando la libertà assoluta di Dio all’assolutezza di codesto valore, imponendo a Dio un’assurda e contraddittoria determinatio ad unum» (6). Inoltre, Gherardini citava il paragrafo 22 di Gaudium et spes che recita: «Con l’Incarnazione il Figlio di Dio s’unì in un certo qual modo ad ogni uomo», accostandolo all’apocatastasi di Origene.


La conclusione di monsignor Gherardini

L’Autore notava, infine, come la critica delle deviazioni dottrinali e morali recenti e contemporanee fatte da Papa Ratzinger, come da Paolo VI e Giovanni Paolo II, non ha mai toccato il Concilio, ma «sotto i colpi della sua critica cadeva soltanto il post-concilio» (7), mentre «il Concilio non ha «ricevuto che elogi» (8).

Quindi, l’Autore concludeva «se si vuol continuare a incolpare solo il post-concilio, lo si faccia pure, perché effettivamente esso non è affatto privo di colpe; ma bisognerebbe anche non dimenticare ch’è figlio naturale del Concilio e che dal Concilio ha attinto quei princìpi sui quali, esasperandoli, ha poi basato i suoi più devastanti contenuti» (9); come pure ci ricordava che «il Vaticano II s’iniziò con un atto di rottura nei confronti di schemi preparati alla luce della Tradizione» (10), dal S. Uffizio sotto la guida del card. Alfredo Ottaviani. Ora il rifiuto degli Schemi preparatori, con il quale il Concilio prese l’avvio, non poteva generare che quei documenti, con quel loro indirizzo neo-modernistico, quelle loro aperture alle novità eterogenee del dogma. E da queste non poteva scaturire che un atteggiamento di rottura reale col passato, ossia con la Tradizione apostolica.

Quindi, il Concilio Vaticano II (e non solo il «Sinodo della Sinodalità») è l’esatto opposto della continuità tra la Tradizione apostolica e il Concilio Vaticano II, nei suoi stessi testi, sicut litterae sonant.

L’Autore costatava che Papa Montini e Wojtyla si son fatti un punto d’onore dell’attuazione del Concilio, infatti «il loro programma si concentrò sul compimento delle indicazioni conciliari. L’aspetto meno comprensibile delle valutazioni papali, […] derivava dal fatto che in esse si saldavano le più accorate lamentazioni e gli elogi più alati nei confronti del Vaticano II» ( 11).

Anche Benedetto XVI, «colui, che come pochi altri […] ha tuonato contro le storture del post-concilio, […] non ha mai cessato […] di intonare l’osanna al Concilio» (12).


Il «Sinodo Sinodale» non è una novità assoluta

Perciò, il «Sinodo Sinodale» non rappresenta una novità assoluta ma un cambiamento di velocità rispetto alla rivoluzione iniziata, con una marcia più lenta, durante il Concilio Vaticano II e portata avanti, con una marcia moderatamente accelerata, nel post/concilio da Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e, infine, fortemente accelerata da Francesco. 

Non è soltanto il «Sinodo Sinodale» che vuol mettere in discussione la struttura della Chiesa; infatti, già la Collegialità episcopale del Concilio Vaticano II ha cercato di farlo.

Il timore che si apra un vaso di Pandora con il «Sinodo Sinodale» è non pienamente motivato perché il vaso si è già aperto con il Vaticano II e la Nuova Messa di Paolo VI. Inoltre, se il diavolo fa le pentole o i vasi, non fa i coperchi e il vaso di Pandora non riuscirà a ricoprire totalmente la Chiesa di ogni male ed errore che non sarà più possibile debellare.

Certamente nella progettazione del Sinodo vi sono delle tesi molto spinte, che però già erano state proposte da alcuni teologi radicali al Vaticano II, le quali possono suscitare apprensione, ma non devono assolutamente scalfire la fede e la speranza nell’indefettibilità della Chiesa.

Una di queste è il ritorno al preteso comunitarismo della Chiesa del primo millennio, che sarebbe stato rovinato dalla struttura gerarchica della Chiesa a partire dall’XI secolo (cfr. Commissione Teologica Internazionale, La Sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 2. III, 2018, cap. 1).

Il vaticanista Jean-Marie Guénois, scrive che Francesco vuol convertire la Chiesa, che ora è ancora piramidale, centralizzata e clericalizzata, in una comunità democratica, decentralizzata, dove il potere sarà condiviso con il laicato (Le Figaro, 26. VIII. 2022).


Papa Francesco ha cambiato la struttura del Sinodo dei Vescovi di Paolo VI 

Il Sinodo dei Vescovi fu istituito da Paolo VI il 15 settembre 1965, come organo rappresentante dell’Episcopato intero.

Esso poteva dare dei suggerimenti al Papa, che però non era vincolato da essi, ma il Sommo Pontefice poteva, se voleva, accettarli, correggerli o lasciarli cadere. Ora, Papa Bergoglio nel 2015 ha espresso l’intenzione di cambiare in profondità la struttura del Sinodo dei Vescovi, com’era stata concepita da Paolo VI.

Il piano di Francesco è sommamente sovversivo della struttura non solo del Sinodo episcopale, ma vorrebbe esserlo anche della struttura della Chiesa; tuttavia, non ha fatto i conti con l’Oste (Dio) che sarà con la sua Chiesa “tutti i giorni sino alla fine del mondo” e non permetterà che “le porte infernali prevalgano contro di essa”.

Il piano bergogliano consiste nel convocare tutti i fedeli laici a partecipare alla preparazione delle assemblee sinodali, per giungere alla formazione di una nuova Chiesa sinodale, in cui vigerà un ascolto vicendevole tra il popolo fedele, il collegio dei vescovi e il vescovo di Roma (cfr. Discorso di papa Francesco alla commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 7. X. 2015).

Poi, il 15 settembre del 2018, Francesco ha modificato il Sinodo dei Vescovi, secondo il piano espresso nel 2015.

Il tema del «Sinodo della Sinodalità» è stato approvato da Francesco nel 2021 e infin si è giunti al 4 ottobre 2023.
Il canovaccio da seguire è quello di “Camminare insieme – Laici, Pastori, Vescovo di Roma”.

L’ostacolo da superare è quello di “una Chiesa rigidamente distinta tra capi e subalterni, tra chi insegna e chi deve imparare, dimenticando che a Dio piace ribaltare le posizioni”. Insomma, occorrerebbe fondare la Chiesa piuttosto sull’orizzontalità che sulla verticalità.

Una novità lessicale è la parola “Sinodalità”, che non compare neppure nei Decreti del Concilio Vaticano II, in cui tuttavia si parlava di “Collegialità”.

Ora Francesco vorrebbe fare della “Sinodalità” l’asse portante della Chiesa (cfr. Francesco, Discorso inaugurale al Sinodo della Diocesi di Roma, 18. IX. 2021).

L’idea più preoccupante espressa da Francesco è la seguente:
Bisogna invertire la struttura gerarchica della Chiesa, così: “In questa Chiesa, come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base” (cfr. Francesco, Discorso di commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, cit.).

Insomma, bisogna “concepire l’autorità gerarchica come una piramide rovesciata; ossia, invertire la vecchia concezione piramidale della Chiesa, in cui lo Spirito Santo veniva dato prima al Papa e ai Vescovi, poi al clero e ai religiosi e infine ai fedeli. Questa piramide divideva, di fatto, la Chiesa in docente e Chiesa discente” (cfr. Francesco, Discorso ai Vescovi d’Irlanda, 4. III, 2021).

È evidente che, invertendo la piramide, l’immagine di Francesco ridisegna l’autorità.


La negazione della sinderesi canonizzata
 
Dal punto di vista della teologia morale gli scopi del Sinodo Sinodale sono aberranti e contrari radicalmente e apertamente alla Legge naturale e divina.
Infatti, esso propugna il “ruolo delle minoranze emarginate” nella vita ecclesiale; ossia, “i divorziati risposati, le persone che vivono in un matrimonio poligamico, le persone LGBTQ” (cfr. Documento di lavoro del Sinodo, Tappa continentale, Allarga lo spazio della tua tenda, n. 39).
Inoltre, prospetta anche l’ordinazione sacerdotale delle donne (n. 64).

Ora, questi errori, anzi orrori, erano già stati propugnati da un’ala radicale al Vaticano II e nei primi anni del post-concilio. Il caso più eclatante fu il “Concilio Pastorale dei Paesi Bassi” (1968-1970).

Insomma, il Sinodo Sinodale manifesta chiaramente e apertamente la volontà modernista, sinora nascosta, di distruggere la Chiesa come Gesù l’ha voluta e di fondarne un’altra come la vorrebbero i peggiori nemici della Chiesa.
In breve, essi vorrebbero una Chiesa orizzontale, in continua evoluzione verso il Cristo omega di Teilhard de Chardin.

Non dimentichiamoci che Paolo VI nell’Omelia della nona sessione del Concilio (7 dicembre 1965) ha detto:
La religione di Dio che s’è fatto uomo, s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere, ma non è avvenuto. […]. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. […]: anche noi, noi più di tutti siamo i cultori dell’uomo! […]. Una corrente d’affetto e di ammirazione s’è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno” (Enchiridion Vaticanum, Documenti. Il Concilio Vaticano II, EDB, Bologna, IX ed., 1971, p. [282-283]).

Giovanni Paolo II nella sua seconda enciclica (del 1980) “Dives in misericordia” n. 1 afferma: «Mentre le varie correnti del pensiero umano nel passato e nel presente sono state e continuano a essere propense a dividere e persino a contrapporre il teocentrismo con l’antropocentrismo, la Chiesa [conciliare, ndr] […] cerca di congiungerli […] in maniera organica e profonda. E questo è uno dei punti fondamentali, e forse il più importante, del magistero dell’ultimo Concilio».

Infine, Francesco ha affermato con chiarezza: “Il Vaticano II, ispirato da papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare” (Repubblica, 1° ottobre 2013, pag. 3).

Ecco svelato, chiaramente e senza più nascondimenti, il piano, prima occulto, di accelerare il moto rivoluzionario iniziato con il Vaticano II, secondo il quale non si poteva non arrivare al «Sinodo Sinodale», che è la logica conclusione del Concilio Vaticano II. 


Si tratta forse di un Complotto?

Scriveva Maurice Pinay, poco prima che iniziassero i lavori del Concilio Vaticano II: “Non può essere escluso che agenti ebrei introdottisi nella gerarchia della Chiesa, sottopongano all’esame del Concilio Vaticano II un progetto di convenzione col quale sperano di riuscire a crearsi un alone di simpatia e di comprensione” (13).

Purtroppo è ciò che è avvenuto con la Dichiarazione pastorale e non/infallibile Nostra aetate (28 ottobre 1965), ripresa quale cavallo di battaglia da Giovanni Paolo II durante tutto il suo lungo pontificato dal 1979 al 2005.

Ora, noi sappiamo che, proprio perché divina, la Chiesa non può contraddire dogmaticamente se stessa, mentre le sue membra, anche le principali (i vescovi), dacché umane, possono contraddire pastoralmente l’insegnamento di Cristo (come fece Giuda), e abbiamo assistito sgomenti alla realizzazione del piano ordito dai modernisti durante il Vaticano II e il pontificato di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI per arrivare a questo di Francesco, in cui tutte le precauzioni e gli infingimenti sono caduti. Tuttavia, è con Giovanni XXIII e con Paolo VI che ha avuto inizio, in modo lento ma talora subdolo e occulto, la rivoluzione all’interno della Chiesa.

«Ci si domanda come Paolo VI sia riuscito, là dove tutti i nemici della Chiesa hanno fallito. La spiegazione è facile: questi ultimi hanno attaccato la Chiesa dal difuori, mentre con Montini è stata corrosa, poco a poco, dal didentro. Ma come mai davanti ad un tale risultato (“l’autodemolizione della Chiesa” come Paolo VI stesso l’ha definita) gli occhi non ci si sono aperti? Anche qui la spiegazione è facile: il geniale doppio gioco di Paolo VI ha accecato tutti.

«Per esempio, Paolo VI andò all’ONU per confessare la sua fede nella Carta dei Diritti dell’uomo e poi confessò la sua fede in Dio secondo il Credo cattolico. Alcuni pretendono che Paolo VI non governi la Chiesa (ma sia diretto da una mafia di cattivi consiglieri che lo circonda). È falso. Egli governa con una mano ferma quando si tratta di rompere con la Tradizione, pur difendendola a parole. Nessun Papa ha avuto l’audacia di sopprimere il sant’Uffizio. Nessun Papa ha imposto, con una tal forza, una riforma del Conclave, escludendo tutti i cardinali con più di ottant’anni! Nessun Papa ha avuto l’audacia straordinaria di imporre una “messa” rivoluzionaria. 

«Perché – ci domandiamo – lo stesso Papa dei “Motu proprio” energici quando si tratta di distruggere la Tradizione perde la sua autorità quando si tratta di condannare le eresie? Mai una misura per difendere la Chiesa contro coloro che l’attaccano. Il piano progressista o modernista era stato preparato con cura molto tempo prima.

«In breve, ci troviamo in presenza d’un piano demoniaco di sovversione mondiale. Questo piano, Paolo VI l’ha applicato alla lettera, nei minimi dettagli, conformandosi strettamente al piano dei modernisti esposto da San Pio X nella “Pascendi” e l’ha applicato a velocità accelerata per porci irreversibilmente davanti al fatto compiuto, prima che una resistenza abbia potuto organizzarsi. Il Concilio Vaticano II segna il punto di passaggio dalla Tradizione al Modernismo. Col Vaticano II siamo passati da una religione cristiana tradizionale a una pseudo/religione umanitaria ripiena di concetti massonici» (14). 

Come si vede siamo arrivati alla battaglia finale, allo scontro decisivo tra la Chiesa di Cristo e la “Sinagoga di Satana” (Apoc., II, 9). Umanamente parlando le forze sono impari e la battaglia sembrerebbe essere già persa, ma soprannaturalmente la Madonna schiaccerà ancora una volta con il suo tallone il capo del serpente infernale.

Allora, lungi dal disanimarci, alziamo il capo con la speranza incrollabile che la vittoria spetta a Dio, tramite la Corredentrice e Mediatrice di ogni grazia.

Cor Jesu, adveniat regnum tuum/ Adveniat per Mariam!


NOTE

1 - B. GHERARDINI, Concilio Vaticano II. Il discorso mancato…, cit., p. 40.
2Ibidem, p. 101.
3 - Il testo latino e quindi ufficiale suona così: “propter se ipsam” per se stessa, riferito alla creatura uomo e non “per Se stesso” riferito a Dio, come qualche traduzione in lingua volgare riporta, cercando di riferire l’uomo, e soltanto l’uomo, tra tutte le creature a Dio.
4 - Cfr. p. 102.
5Ibidem, p. 36.
6Ibidem, p. 37.
7Ibidem, p. 66.
8Ivi.
9Ibidem, p. 76.
10Ibidem, p. 51.
11Ibidem, p. 100.
12 – Ibidem, p. 102.
13 - M. PINAY, Complotto contro la Chiesa, Roma, 1962, p. 599.
14 - L. DE PONCINS, Christianisme et Franc-Maçonnerie, DPF, Chiré-en-Montreuil, 1975, pp. 283-292.






novembre 2023

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