![]() |
![]() |
Intervista all’ex premier di Israele Ehud Olmert sulla situazione attuale a Gaza di Lorenzo Cremonesi Pubblicata sul Corriere della Sera
dell’8 novembre 2023
![]() Ehud Olmert A 78 anni Ehud Olmert parla a cuore aperto. «Dobbiamo fermarli, vanno anche contro la maggioranza dei cittadini israeliani, mi appello alla comunità internazionale che ci aiuti a farlo», esclama colui che per lungo tempo è stato tra i leader della destra nazionalista del partito Likud. Ex sindaco di Gerusalemme dal 1993 al 2003, premier dal gennaio 2006 all’aprile 2009, volle l’operazione Piombo Fuso contro Hamas a Gaza terminata nel gennaio 2009, ma cercò anche un compromesso con Abu Mazen sino a promettere la divisione di Gerusalemme. Fu infine costretto a dimettersi dopo esser stato condannato al carcere per una vicenda di corruzione. Netanyahu e il suo governo una minaccia per Israele? «Certo, lui e ministri
estremisti religiosi come Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir non
considerano la guerra di Gaza come un modo per distruggere Hamas,
bensì la usano come un corridoio per creare il caos, la fine dei
tempi che per loro è parte di un disegno divino, approfittarne
per buttare all’estero i palestinesi dei territori occupati e quindi
annetterli finalmente allo Stato ebraico. Nei loro disegni anche gli
arabi israeliani dovrebbero essere scacciati».
La soluzione? «Israele deve
annunciare subito che alla fine della battaglia contro Hamas è
disposto a ritirare immediatamente le proprie truppe da Gaza a favore
dell’arrivo di una forza di pace internazionale destinata ad assumere
il controllo per un tempo limitato. Allo stesso tempo, va reso noto che
noi siamo pronti a riprendere i negoziati per la partizione della terra
e la creazione di uno Stato palestinese. Ora più che mai
è necessaria una soluzione politica. Solo così la
comunità internazionale potrà sostenere la nostra
battaglia contro Hamas».
Che tipo di forza internazionale? «Per esempio quella
che comprende le truppe Nato, con il contingente italiano, nel Libano
meridionale».
Quindi smantellare le colonie ebraiche della Cisgiordania? «Assolutamente
sì. Noi ci terremo circa il 4,4 per cento delle terre occupate
nel 1967, specie quelle nella zona di Gerusalemme e compenseremo i
palestinesi con altre terre. Hanno tutti i diritti di avere la loro
capitale a Gerusalemme est. Le zone sensibili come le moschee sulla
spianata dal Tempio dovranno essere amministrate da un ente
internazionale composto da cinque nazioni: Arabia Saudita, Giordania,
Autorità palestinese, Israele e Stati Uniti sotto gli auspici
delle Nazioni Unite. E la questione profughi va trattata nel contesto
dell’iniziativa di pace israeliana. Ciò oltretutto
isolerà Hamas, che è un gruppo estremista nemico della
pace e nemico anche del popolo palestinese, oltreché di tutto il
mondo arabo moderato. L’Egitto, la Giordania e gli altri governi arabi
che adesso condannano il nostro attacco su Gaza in realtà
pregano segretamente che si distrugga Hamas una volta per tutte».
Quindi si devono sradicare mezzo milione di coloni? «Resteranno nelle loro
case di Gerusalemme est, oltre a Ariel, Gush Etzion e Maale Adumim,
ciò significa che dovremo spostare circa 200.000 coloni che
andranno nelle zone destinate allo scambio territoriale».
Ma lei sa bene che oggi lo Stato palestinese è impossibile, le colonie ebraiche sono ovunque e Abu Mazen è debole, corrotto, marginalizzato. «Se vogliamo esistere
come Stato democratico dobbiamo separarci dai Palestinesi. Non abbiamo
alternativa: non vogliamo l’apartheid, non vogliamo l’espulsione
forzata, vogliamo il nostro Stato più piccolo ma sicuro».
Che fare di Hamas e della Jihad? «Vanno distrutte, non
vogliono la pace e non cercano la coesistenza. Ai loro occhi noi siamo
parte della civiltà occidentale che va combattuta. Nel 2005 noi
ci siamo ritirati da Gaza e guardate cosa hanno fatto: il giorno dopo
hanno iniziato a costruire gli arsenali di razzi da spararci
contro».
Come legge il 7 ottobre? «Un punto di svolta.
Noi israeliani dobbiamo essere meno arroganti, più modesti.
Abbiamo sottovalutato i nostri nemici. Pensavamo di avere l’esercito
più forte e sono arrivati quelli di Gaza in ciabatte e ci hanno
massacrato. Dobbiamo capire i nemici e fare delle scelte di fondo.
Siamo a un bivio, servono risposte politiche».
(torna
su)
novembre 2023 |