Chi ha paura del riconoscimento delle “coppie di fatto” ?



Si veda anche: Qui lo DICO e qui lo nego

È incredibile come ci si diverta  a giuocare con le contraddizioni.
Saremo strafottenti, ma  ci sembra proprio che dire “coppie di fatto” può solo significare che si riconosce che vi sono delle “coppie particolari”, diverse dalle  coppie normali, e che questo è un “fatto evidente”.
Dire poi che si vuole “riconoscere” questo fatto evidente, è pura tautologia.

Ma, si precisa, qui non si tratta di riconoscere l’esistenza di tali coppie particolari, che è cosa del tutto palese e diffusamente accettata, quanto di riconoscere ad esse una qualche copertura giuridica, in quanto coppie e in quanto singoli. 
Il che comporta una inevitabile riflessione sulla opportunità del riconoscimento giuridico, magari paritario, di forme di convivenza diverse da quella condotta dalle “coppie normali”. 
E sia, ma stupisce che nessuno rifletta innanzi tutto sul significato delle due espressioni: “coppie normali” e “coppie di fatto”.
Perfino la Gerarchia cattolica, pur dichiarando di difendere il valore delle “coppie normali”, e cioè il valore primario dell’unione tra un uomo e un donna, sancita in maniera formale e sacramentale, trascura di soffermarsi sul “valore” di queste moderne unioni che si  concretizzano nelle “coppie di fatto”.
Se prima non si  chiarisce in che consista il senso e il valore di tali “coppie di fatto”, come si potrà mai parlare seriamente del loro eventuale riconoscimento giuridico ?
 

Per quanto riguarda la Religione Cattolica, esiste un sola forma di unione di coppia: quella sancita  col matrimonio contratto liberamente davanti a Dio da un uomo e da una donna, e finalizzato a realizzare la stessa volontà di Dio, la reciproca santificazione, la costituzione di una “societas” cristiana, la procreazione.  E tale unione è, per ciò stesso, indissolubile, nonché sinonimo di realizzazione virtuosa e ordinata.
Sempre per la Religione Cattolica, ne deriva, anche se è diventato quasi impossibile trovare un riscontro ufficiale, pubblico e attuale, che ogni altra forma di unione di coppia non potrà essere né virtuosa né ordinata, e anche quando se ne riscontrasse l’esistenza “di fatto”, la si potrebbe solo “tollerare” come si tollera pazientemente tutto  ciò che è molesto e malevolo, come si tollera il male, come si tollera la disgrazia; altro che riconoscimento giuridico !
Ovviamente,  questa è e dovrebbe essere la posizione cattolica, ma, come ben si sa oggigiorno, essa è viziata da troppi fattori di intransigenza, da troppi preconcetti clericali, peraltro condivisi ormai solo da una ridotta minoranza !

Vediamo allora come stanno le cose dal punto di vista di coloro che non sono cattolici e che sembra siano ormai la maggioranza. Dal punto di vista cioè di coloro che oggi si usa chiamare “laici”.
 

Occorre ricordare che, non solo in Italia, dove sembra che il Papato abbia per secoli lobotomizzato le intelligenze, ma anche nei paesi che si sono affrancati da secoli dalla schiavitù del Papato, come la colta Germania e la avanzatissima Grande Bretagna Bretagna (per non parlare della laicissima Francia e della ateissima Russia), insomma nell’intero continente europeo, il modo prevalente di accoppiarsi degli esseri umani è quello praticato da un uomo e da una donna, che si mettono insieme per formare una struttura sociale solidale nella quale produrre ed allevare degli altri uomini e delle altre donne.  Tale struttura viene da tutti considerata  come del tutto naturale e spontanea e, per ciò stesso, meritevole di riconoscimento come valore insostituibile.
Non solo, ma anche fuori dall’Europa le cose stanno nello stesso modo.
Anzi, non v’è gruppo sociale, in qualsivoglia parte del mondo, che non riconosca il valore fondante, primario e insostituibile dell’accoppiamento “formale”, rituale, tra un uomo e una donna.
Non esiste angolo di mondo dove la forma di accoppiamento per antonomasia non sia sempre stato e non sia il matrimonio esclusivo tra un uomo e un donna  in vista della procreazione: né civiltà, né popolo, né gruppo umano, né credenza, né religione, né costume, né niente che non abbia sempre riconosciuto e che non riconosca se non esclusivamente il matrimonio tra un uomo e un donna.
Per di più, il matrimonio finalizzato alla procreazione non è una fisima cattolica (come pretendono di sostenere oggi perfino dei sedicenti cattolici laici e chierici), è un imperativo universalmente riconosciuto.
Chi mai fa caso, oggi, al fatto che l’unione formale tra un uomo e una donna viene dovunque denominata con il termine matrimonio (o i suoi equivalenti), termine che si rifà esplicitamente alla funzione procreativa di tale unione ? 
Chi mai fa caso, oggi, al fatto che la formalizzazione e la ritualizzazione del matrimonio, non sono altro che la legalizzazione e quindi la strutturazione vincolante dell’accoppiamento tra un uomo e una donna in funzione della maternità ?
E, si badi bene, ci stiamo sempre rifacendo al punto di vista esclusivamente laico.

Ebbene !  A fronte di questa elementare constatazione, lo ripetiamo, del tutto laica: che senso ha l’odierna super attenzione per le cosiddette “coppie si fatto” ? 
Cioè che senso ha questa attenzione per un fenomeno di mero rifiuto del sentire universale ? Che senso ha questo artificioso prurito per qualcosa che il mondo intero considera marginale, scomposto, disordinato ? Che senso ha questo accapigliarsi intorno ad un falso problema fondato sul rifiuto di certuni di comportarsi come tutti gli altri ?
Ci si darà atto che, anche a guardare questa strana faccenda dal punto di vista laico, il risultato non cambia:  qui siamo di fronte ad una anomalia che si vorrebbe far passare per l’opposto di ciò che è.

E si potrebbe anche osservare: ma come, proprio oggi che va tanto di moda l’omologazione planetaria; proprio oggi che nessuno può contraddire l’opinione delle masse e delle maggioranze; proprio oggi che per ogni imbecillità ci si appella al sentire della gente, al parere della cosiddetta “opinione pubblica”; proprio oggi si pretende di dare credito alle pretese di pochi individui disposti a fregarsene del sentire comune e anzi pronti a pretendere di avere riconosciuto qualsivoglia diritto a fronte del loro spocchioso rifiuto di qualsivoglia dovere ?
Potremmo sottolinearlo, certo, ma non lo facciamo, proprio perché non vogliamo offendere l’intelligenza delle persone normali, e  cioè dei circa sei miliardi di individui, uomini e donne, che ritengono il matrimonio tra un uomo e una donna una cosa seria e da preservare, e che ritengono che ogni altra forma di convivenza sia sempre e  comunque una anomalia da contrastare o quanto meno da stigmatizzare.

Insomma, si parla tanto di “coppie si fatto” e non ci si accorge che si sta parlando di qualcosa che il mondo intero considera una anormalità, una anomalia.

Perché è proprio questo il punto: ci si sbraccia tanto a parlare di riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e ci si dimentica di precisare che si tratterebbe semplicemente del riconoscimento giuridico di una anomalia, di una stortura, di una cosa disordinata e perniciosa: riconosciuta come tale da ogni concezione religiosa (non solo dal cattolicesimo) e da ogni concezione laica in qualsivoglia parte del mondo. 

Ciò nonostante: vogliamo discutere del riconoscimento giuridico delle “coppie di fatto” ?
Benissimo! siamo del tutto liberi di farci del male !
Ma si abbia la decenza di chiamare le cose col loro nome ! La si faccia finita con l’ipocrisia e, in ultima analisi, col raggiro e con l’imbroglio.

E sia chiaro: qui non si esprime alcuna discriminazione ! 
Lo diciamo a voce alta: a noi delle “coppie di fatto” non ci importa un bel niente. Come non ci importa un bel niente del loro riconoscimento giuridico, che lo ottengano o meno.
Ognuno è libero di impiccarsi con la corda che  vuole:

noi sentiamo solo il dovere di ricordare che questo fenomeno è l’ultimo, in ordine di tempo, apparso lungo la china su cui precipita verso l’abisso questa moderna civiltà di nani, ciechi, sordi e zoppi, che sono impazziti e che si credono dei giganti  con le ali.
Sono ormai centinaia le storture mascherate per perbenismi libertari che hanno ridotto, soprattutto in questi due ultimi secoli, la nostra società perfettibile in una società invivibile: dominata dall’angoscia esistenziale e costellata da migliaia di fenomeni di autodistruzione.

Chi non ricorda i dibattiti sulle leggi per l’aborto libero e per il divorzio, leggi sottoscritte per di più da sedicenti cattolici ai vertici della politica e abituali ospiti dei palazzi vaticani ?

Si dice che al peggio non v’è mai fine !

Chi impedirà domani ad altri cattolici di sottoscrivere una legge per il riconoscimento giuridico della pedofilia praticata con la piena consapevolezza “laica” dei contraenti ? 
No. Non esageriamo !
È già da alcuni secoli che quello che oggi sembra sdegnosamente inaccettabile, domani diventa costume  corrente !
Non a caso il tutto è progettato e diretto da messer Belzebù che, nonostante le reticenze di certi cattolici laici e chierici, è vivo e vegeto e gode di ottima salute.

IMUV, 16 dicembre 2006



dicembre 2006


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