Qui lo DICO e qui lo nego

Ancora sulle coppie di fatto:
Avanti a tutta forza verso il sovvertimento di
quel poco che resta dell'ordine sociale


Si veda anche: Chi ha paura del riconoscimento delle “coppie di fatto” ?

Com’era da aspettarsi, questa storia delle coppie di fatto è stata talmente agitata da sollevare il consueto equivoco polverone.
Finalmente, da adesso, dietro la cortina fumogena artatamente sollevata potrà muoversi indisturbato il disegno criminoso che persegue il disfacimento del residuo ordine rimasto.
 
L’unica novità, per alcuni inaspettata, è la durezza con cui la Gerarchia stavolta si è espressa, sforzandosi di far capire qual è il vero scopo di questa ulteriore iniziativa sovversiva. 
Ma, ciò nonostante, l’angolazione da cui si continua a guardare alla questione continua ad essere quella sbagliata o quanto meno manchevole.

Per prima cosa vogliamo far notare come a comporre il polverone abbia contribuito la massiccia dose di ipocrisia e di falsità che caratterizza la presentazione e la difesa di questa velenosa iniziativa.
Soprattutto da parte dei sedicenti cattolici che la condividono o semplicemente la appoggiano.

Come si sa, non si è avuto il coraggio di chiamare la cosa col suo nome e ci si è industriati per cercare di dissimulare. 
Ma il diavolo fa le pentole, non i coperchi !

Così, cercando un nome furbo da dare alla cosa si è finito col commettere un lapsus freudiano: l’indegno disegno di legge sui “diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi” si è inteso chiamarlo più brevemente DICO, cioè “DI…ritti dei CO…nviventi”.
No, non v’è nessun errore: si tratta proprio dell’acronimo scelto “dopo attenta riflessione”, perfettamente rispondente alle vere esigenze di coloro che hanno sollecitato la cosa. Costoro infatti hanno preteso sempre e solo dei diritti, poiché, loro, come tutti i disordinati e i sovversivi, dei doveri non sanno e non vogliono sapere assolutamente nulla.
Se si fosse stati un po’ più attenti, si sarebbe potuto usare l’acronimo DIDOCO, che fra l’altro e molto meno ridicolo di DICO, ma il diavolo ci ha messo lo zampino e nessuno si è accorto del lapsus che rivelava le reali intenzioni dei promotori.

Ciò detto, veniamo alla cortina fumogena. 
Poverini, vi sono delle persone che “sono costrette” a stare insieme e che non godono di alcuna protezione !

Chi sarebbero costoro ?
In primis coloro che non vogliono sposarsi, che cioè non intendono contrarre alcun vincolo stabile. A costoro il DICO non dice proprio un bel niente.
Poi coloro che si mettono insieme e per motivi “tecnici” non intendono e non possono contrarre alcun vincolo formale; coloro che, per esempio, godendo di una pensione di reversibilità la perderebbero in caso di nuovo matrimonio.
A costoro il DICO non interessa nemmeno lontanamente.
Vi sono poi coloro che rimasti soli e non nuotando nell’oro, si mettono assieme per sostenersi vicendevolmente sia psicologicamente, sia economicamente. 
A costoro i DICO danno perfino fastidio, perché non hanno nessunissima intenzione di far sapere i fatti loro a mezzo mondo.
E potremmo continuare, sempre con lo stesso risultato.
Perfino gli e le omosessuali non hanno alcun interesse per un pasticcio del genere, poiché non hanno realmente alcun interesse per una qualche relazione stabile o vincolante. Nei pochi casi reali, di questo genere, in cui la convivenza si protrae negli anni, gli interessati hanno sempre trovato la possibilità di sistemarsi usando la legislazione ordinaria. 
Tra l’altro, saranno omosessuali, ma non sono mica stupidi !
Quest’ultima osservazione sembrerebbe contrastare con le tante dichiarazioni rilasciate da questo e quella, ma in realtà non v’è alcun contrasto. Si tratta proprio di dichiarazioni, cioè di pubbliche manifestazioni di un pensiero.  Come tutte le dichiarazioni hanno un valore finalistico e strumentale.

Non è importante il problema in sé, ma è molto più importante diffondere un’idea, un concetto,  una visione… in questo caso: l’idea che essere omosessuale è del tutto normale ed equivalente all’essere eterosessuale.

Questo è quello che conta, questo è il vero scopo del DICO.
A questo va poi aggiunta la subdola pretesa sovversiva che il matrimonio equivarrebbe alla semplice convivenza. 
Lo scopo è arrivare a radicare, nelle menti e nei cuori, che sposarsi non serve a niente, se non a complicare le cose, poiché basta solo “convivere”, cosa che è invero più facile, più pratica e meno vincolante. 
In fondo quello che conta è l’affetto o addirittura l’amore. 
Certo, l’amore… finché dura, indubbiamente, perché è inutile continuare a prendersi in giro con la storia tutta cervellotica dell’amore eterno. 
Dove s’è mai visto questo amore eterno con cui ci hanno coglionato per secoli ?
 
Per di più, sempre secondo la logica di sovversione del residuo ordine sociale, tale convivenza non si attua necessariamente tra un uomo e una donna, essa può realizzarsi tra chiunque, basta che vi sia una qualsiasi giustificazione sentimentale. 
Con il che si torna agli omosessuali (almeno per ora… dopo si vedrà: il mondo è pieno di storture!)

Ma vi è ancora un altro scopo nascosto: sancire la legittimità e la liceità di qualsiasi costumanza praticata da chiunque in seno alla società.
Per il semplice fatto che tale costumanza esiste ed è praticata, per ciò stesso diventa lecita e legittima e necessita di riconoscimenti formali e legislativi. 

Come si fa a non riconoscere la realtà che abbiamo sotto gli occhi: migliaia e migliaia di coppie convivono e non intendono sposarsi, quindi… bisogna prendere atto di questa realtà e riconoscere ad essa la legittimità che le spetta come libera espressione della volontà dei cittadini.
Non solo, ma qui non si tratta di una anomalia di questo o quel piccolo centro, quasi avulso dal contesto della nazione: qui si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il mondo occidentale, dove già un mucchio di paesi riconoscono una valenza giuridica alle convivenze.
Insomma, come dire che se un male, un vizio, una anomalia, sono diffusamente praticate e magari ampiamente regolamentate, per ciò stesso cessano di essere un male, un vizio, un’anomalia e diventano dei valori positivi.

Per quanto possa sembrare paradossale, bisogna riconoscere che una tale tesi sovversiva, oggi, non solo va per la maggiore, ma può essere contrastata solo con enormi difficoltà, poiché essa è la fotocopia o la figlia legittima di quell’altra concezione, anch’essa largamente condivisa: che basta esistere per avere una dignità. 
Come la dignità dell’uomo non viene considerata direttamente connessa con la qualità di vita morale e spirituale dell’uomo, ma derivata automaticamente dalla sua semplice esistenza, così un costume, una pratica,  non hanno legittimità sulla base del loro valore morale e sociale, ma solo sulla semplice constatazione della loro esistenza.

Quando poi si volesse avanzare la riserva che occorrerebbe valutare attentamente l’aspetto quantitativo di tale pratica, magari per scoprire che si tratta di una sorta di eccezione discutibile, passibile di tolleranza, ma certamente non condivisibile, ecco che schizza fuori il famoso coniglietto imbecille che strilla ai quattro venti che “occorre” tutelare e difendere proprio le minoranze. Come dire che ogni stortura della società, fin quando è praticata da una o due persone è una stortura, magari sanzionata dal codice, ma non appena è praticata da ventuno o ventidue persone ecco che diventa un diritto da tutelare e da difendere.

Questa osservazione è diretta soprattutto a coloro che si illudono circa la buona fede di certe pratiche e la loro relativa pericolosità sociale. 
La tattica sovversiva è sempre la stessa: si incomincia a diffondere la suggestione che attuare il tal comportamento in fondo non fa male a nessuno, ragion per cui dev’essere considerato con tolleranza e comprensione (e sorvoliamo sulle motivazioni),  e si finisce col pretendere che quello stesso comportamento abbia dei diritti nei confronti della società, la quale non può che riconoscerli… in attesa che il comportamento si diffonda così ampiamente da diventare la norma comportamentale. 
A questo punto si ricomincia daccapo, e si passa così da uno sconvolgimento all’altro, tanto l’uomo si abitua a tutto, fino ad arrivare allo sfaldamento totale della convivenza umana.
Chi sospetta che noi si esageri, provi a ricordare cosa si diceva e si pensava, solo una quindicina di anni fa, degli omosessuali che ostentavano il loro stato, e provi a ricordare quanti omosessuali pubblicamente dichiaranti e praticanti sedessero in Parlamento.

Attenzione, vero è che al peggio non v’è mai fine, ma è altrettanto vero che il Signore non paga solo il Sabato. Al momento destinato, tutti i nodi verranno al pettine e il Padrone chiederà conto dell’operato dei suoi lavoranti. E allora sarà pianto e stridore di denti. Per tutti, per i credenti e per i non credenti, per i caldi e per i freddi e per i tiepidi.

IMUV



febbraio 2007


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