Il Motu Proprio
Summorum Pontificum cura
nella Diocesi di Novara
 

Il Lefebvre di Garbagna

Niente politica, solo ritorno alla Tradizione

Don Marco: “Mi chiedo, solo, se nella Chiesa c'è posto anche per me

5 novembre 2007

Pubblichiamo un articolo apparso sul n° 81 di lunedì 5 novembre 2007,
del bisettimanale Tribuna Novarese
sempre riguardante i tre parroci della Val d'Ossola che, a partire del 7 luglio 2007, 
hanno deciso di usare solo la liturgia tradizionale

(le sottolineature e i rimandi sono nostri)



Sull'argomento si vedano anche:
Gli occhi del Vaticano osservano Novara
Sciopero della Messa contro la Curia
 
 
GARBAGNA “Et introibo ad altare Dei: ad Deum qui laetificat iuventutem meam”. Le parole del sacerdote risuonano nella piccola chiesa del paese e il gruppo di fedeli, almeno una sessantina, risponde. Alcuni a memoria alcuni facendo ricorso al libretto. È sabato e la messa prefestiva scorre tranquilla se qualcuno si aspettava di vedere presenze particolari in chiesa ne rimane deluso è solo il popolo del paese a recarsi alla messa “tridentina” che dal 14 settembre viene celebrata quotidianamente nella chiesa dedicata
a San Michele Arcangelo. Un popolo composto perlopiù da anziani che partecipano attivamente, qualche donna copre il capo con un foulard, così some vorrebbe la tradizione, qualcuno si inginocchia alla balaustra e qualcuno rimane in piedi per ricevere l’eucarestia. Nulla di quanto paventato su siti internet
e in alcune lettere inviate ai giornali. Insomma se non fosse per l’uso del latino e per l’uso di un rito quasi
“dimenticato” potrebbe sembrare solamente una messa, senza volerne sminuire il significato religioso
e fideistico. Ma così non è. La conferma ci viene proprio parlando con Don Marco.
Dal 14 settembre ho deciso di celebrare la messa solo secondo il rito tridentino e di questo avevo avvertito sua eccellenza il vescovo un mese prima”. Altro non ci vuol dire don Marco che come gli altri
due parroci della diocesi novarese è, comunque, evidentemente sotto pressione e attende che il vescovo
si pronunci. “L’unica cosa che mi domando è se nella Chiesa c’è posto anche per me e per chi vuole celebrare la messa secondo il rito tridentino”. Dopo questo ci saluta e rientra nella casa parrocchiale. Altre parole non vuole aggiungere visto che già in molti hanno parlato sui giornali e con parole di fuoco nei suoi confronti.

Vedi la pagina in formato pdf

Scopriamo, però, che le parole del vescovo Renato Corti sono attese ai quattro angoli  del mondo. Infatti,
su suggerimento di qualcuno dei fedeli, andiamo a consultare internete scopriamo che Don Marco è quasi una star per i “tradizionalisti” e che la pagina pubblicata sul nostro giornale lo scorso lunedì è nel web negli Stati Uniti, ma anche in Argentina piuttosto che in Francia. Segno chiaro che sono molti, se non moltissimi che intendono sapere quale sarà l’orientamento della chiesa novarese. Quella chiesa novarese dalla quale attendiamo una risposta. Lo scorso venerdì avevamo raggiunto, don Cerutti, il segretario del vescovo, che ci aveva garantito una risposta da parte di chi sta seguendo la questione da vicino (don Gianni Colombo e don Gregorio Pettinarolo) rispostache ovviamente non è mai arrivata. Comprendiamo il riserbo, ma conosciamo anche la cortesia. Un “no comment” l’avremmo ben compreso vista la delicatezza dell’argomento, ma il silenzio è pesante da affrontare.
Quel silenzio che affligge anche le orecchie dei parroci di Garbagna, Preglia e Santa Maria Maggiore, . Quel silenzio che permette il nascere di illazioni, quel silenzio che da alcuni può essere utilizzato come una “pallottola” nei confronti dei tre giovani preti.
Non conosciamo, ma immaginiamo anche a quante pressioni sia sottoposto il vescovo novarese di solito così schivo nell’assumere pubblica posizione, ma temiamo che questa volta non possa tacere delegando ad altri il compito di dare al “suo gregge” risposte ufficiali, come nel caso degli F-35 a Cameri, dove Monsignor Corti non ha speso neanche una frase.
La questione della “messa tridentina” è questione che va risolta e in fretta oltre che in modo che tutto il “gregge” novarese sappia. Se i tre parroci stanno “disobbedendo”, come appare nei fatti, al Motu Proprio e quindi al Papa e di conseguenza al Vescovo, sia detto. Se possono essere “tollerati”, sia detto. Se sono nel giusto, sia detto. Si deve superare la cortina del silenzio, quel pubblico silenzio che per secoli la  Chiesa ha utilizzato per risolvere le questioni spinose. Oggi nell’era delle comunicazioni sociali e di internet questo silenzio pesa più di mille parole e l’unico effetto che sortisce è quello di esporre alla gogna i tre giovani parroci, talmente giovani da poter essere pensati come il... futuro.
 
 

(su)

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novembre 2007


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