Lettera informativa di Padre Bisig ai membri della
Fraternità San Pietro
30 agosto 1999, festa di Santa Rosa
Cari Membri della Fraternità,
In questo momento molti di voi sono stati messi al corrente di certe
evoluzioni recenti nella vita del nostro Istituto. Questa lettera ha lo
scopo di fornirvi delle informazioni precise, al fine di prevenire la confusione
dovuta alle diverse voci che circolano. Il nemico del genere umano è
sempre pronto a darsi da fare e a provocare confusione e scoraggiamento.
Mi propongo di mettervi al corrente di due avvenimenti. Il primo è
la lettera, datata 3 luglio 1999 (protocollo 1411/99), della Congregazione
per il Culto Divino, che si presenta come una risposta ad alcune domande
relative all’utilizzo del Novus Ordo Missæ da parte dei preti legati
alla liturgia romana tradizionale. Il secondo è l’annullamento,
da parte della Commissione Ecclesia Dei, della sessione del Capitolo Generale
della Fraternità, che doveva riunirsi a metà di agosto. Questa
sessione è stata sostituita dalla convocazione di una riunione plenaria
dei membri incardinati nella Fraternità, da tenersi a novembre.
Innanzi tutto, lasciate che vi assicuri del nostro impegno a mantenere
l’integrità dei principi fondatori della Fraternità Sacerdotale
San Pietro. Tra questi principi, fondati sul protocollo d’accordo del 5
maggio 1988, firmato dal Cardinale Ratzinger e da Mons. Lefèbvre,
è incluso l’esercizio del ministero sacerdotale per il bene di tutta
la Chiesa, con l’utilizzazione dei libri liturgici del Rito Romano del
1962. La ragione di questo principio fondatore è duplice. Da un
lato, in maniera positiva, la Santa Sede ha voluto che noi si servisse
la Chiesa testimoniando la perenne tradizione della liturgia romana, in
un’epoca di rapidi mutamenti liturgici. Dall’altro, secondo un punto di
vista di critica costruttiva, la Santa Sede ci ha autorizzato a porre le
basi per uno studio rispettoso e ampio delle obiezioni e delle inquietudini
che abbiamo nei confronti di certe riforme liturgiche iniziate dopo il
Concilio Vaticano II.
Con una larga e generosa applicazione del Motu Proprio Ecclesia Dei
adflicta, del Papa Giovanni Paolo II, la Santa Sede ha benedetto fino ad
oggi il lavoro apostolico della Fraternità e le sue altre attività
legate alla liturgia romana tradizionale. Malgrado questa generosità,
la Fraternità Sacerdotale San Pietro è stata sottoposta,
in questi ultimi anni, a delle crescenti pressioni, di origine diversa,
per celebrare col Novus Ordo Missæ, o quantomeno per permettere ai
suoi membri di farlo in certe particolari circostanze. Io le ho respinte
per diverse ragioni: la fedeltà alla nostra propria missione nella
Chiesa, la cura per evitare confusioni e divisioni tra i nostri fedeli
e i nostri membri, il consolidamento e l’identità del nostro apostolato,
l’unità di vita e di disciplina secondo le nostre Costituzioni.
Il nostro attaccamento alla liturgia romana tradizionale è stato
il motivo che ha permesso a certuni di sospettare della Fraternità,
a torto, di rifiutare la validità del Novus Ordo Missæ. Inoltre,
alcuni vescovi ed alcune conferenze episcopali hanno ritenuto necessario
limitare severamente l’attività pastorale della Fraternità,
a causa della nostra opzione preferenziale a mantenere l’utilizzo esclusivo
dell’antica liturgia nel nostro ministero. Infine, in un’epoca in
cui la concelebrazione è divenuta (senza fondamento teologico serio)
la principale - e talvolta la sola - espressione dell’unità ecclesiale,
la nostra volontà di vivere nell’unità con tutti i cattolici,
seguendo gli usi e i riti antichi, è stata spesso oggetto di incomprensioni.
A causa di queste difficoltà e di queste incomprensioni, alcuni
dei nostri preti, particolarmente in Francia, hanno espresso il desiderio
di concelebrare col Novus Ordo Missæ in certe occasioni. Indubbiamente
essi erano mossi dallo zelo apostolico. Tuttavia, i superiori non hanno
dato seguito al loro desiderio, allo scopo di salvaguardare il bene comune
del nostro Istituto. Io ritengo che la nostra particolare missione al servizio
della gerarchia e dei fedeli sia, oggigiorno, piú qualitativa che
quantitativa: si tratta di una testimonianza resa alla tradizione liturgica
immemorabile della Chiesa, talvolta a scapito dell’espansione del nostro
apostolato.
Questa situazione ha indotto questi preti, un piccolo gruppo dei nostri
membri, a sottoporre a mia insaputa un ricorso ufficiale alla Commissione
Ecclesia Dei, il 29 giugno scorso. I due avvenimenti di cui ci stiamo occupando
sono successivi a questo ricorso: le “Risposte Ufficiali” della Congregazione
per il Culto Divino del 3 luglio (prot. 1411/99) e l’annullamento della
sessione del Capitolo Generale della Fraternità del 1999, rimpiazzato
dalla convocazione, per il mese di novembre, di una riunione plenaria dei
membri a noi incardinati.
Per il bene della Chiesa e della nostra Fraternità, io ho assunto
i provvedimenti legali appropriati per assicurarmi che le autorità
competenti riconsiderino le loro disposizioni, e ho depositato un ricorso
secondo le norme prescritte.
È importante che la Fraternità ritrovi al piú
presto l’esercizio dei suoi diritti legislativi ed esecutivi derivati dal
suo stato di Istituto di diritto pontificio. In effetti, ci auguriamo vivamente
che la riunione plenaria di novembre sia l’occasione per uno scambio onesto
e rispettoso sulle nostre difficoltà nei confronti di certe riforme
liturgiche. Dobbiamo comprendere la necessità di un dialogo ad un
tempo seriamente teologico e fraternamente aperto, per assicurarci che
le aspirazioni legittime di tutte le parti siano prese in considerazione
ed armonizzate nel contesto di una politica comune. Io continuerò
a fare tutto il possibile per proteggere l’identità e il carattere
proprio dell’opera che la Fraternità svolge nell’interesse di tutta
la Chiesa. Sollecito le vostre preghiere per me, per i nostri membri e
per coloro che, nella Chiesa, hanno delle responsabilità nei confronti
della Fraternità. Con fiducia, depongo i nostri bisogni e le nostre
aspettative ai piedi della Vergine Madre, del nostro santo patrono l’Apostolo
Pietro e del Santo Padre.
La nostra difesa dell’identità e della missione della Fraternità
trova la sua origine nel nostro desiderio di essere fedeli alla Chiesa,
ai nostri membri, e a coloro che ci hanno affidato la loro vocazione o
che hanno riposto in noi le loro speranze.
Tuttavia, la difesa ferma dei nostri convincimenti non può dispensarci
ad un’umile sottomissione alla Provvidenza e al Magistero della Chiesa.
Le prove vissute con il desiderio di obbedire alla volontà divina
sono una formidabile occasione di purificazione e di progresso. È
in questa luce che consideriamo le presenti difficoltà. Possano
esse permetterci di rinnovare il nostro impegno di studio e di dialogo
sulle questioni legate alla nostra propria missione. Possano essere una
occasione per approfondire la conoscenza e l’amore della liturgia romana,
e per arricchire gli altri, conservando fedelmente la nostra vocazione
e le nostre leggi particolari. Possano anche rinforzare l’unità
che può venire solo dalla fedeltà alla nostra missione e
dalla santità delle nostre vite. Infine, possano permetterci di
approfondire la nostra esperienza e il nostro amore del mistero della Chiesa,
Sposa immacolata del nostro glorioso Signore Gesú Cristo.
Cordialmente in Cristo,
Josef Bisig, FSSP
Superiore Generale
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