Intervista 

di S. Ecc. Mons. Bernard Tissier de Mallerais
della Fraternità San Pio X

rilasciata a John Vennari per il giornale Catholic Family News

  11 febbraio 2009


Intervista condotta da John Vennari a Syracusa, New York, in occasione della visita di Mons. Tissier De Mallerais nella chiesa della Beata Vergine Maria Madre di Dio della Fraternità San Pio X, per amministrarvi il sacramento della Cresima.
In questa intervista mons. De Mallerais parla di Mons. Lefebvre, del Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, del Concilio Vaticano II, della deriva modernista dei cattolici, dei prossimi colloqui tra la Fraternità San Pio X e la Santa Sede






John Vennari: Il suo discorso a Syracuse, l’8 febbraio scorso, era intitolato: « Mons. Lefebvre, il sacerdozio e il Regno  Sociale di Cristo ». Qual è il significato di questo titolo?

Mons. De Mallerais: Ho voluto spiegare, seguendo il P. Le Floch, che fu il professore di Marcel Lefebvre al Seminario Francese di Roma, e seguendo Mons. Lefebvre, che il sacerdozio implica non solo la santificazione delle ànime, ma anche il battesimo delle nazioni. L’integrità del sacerdozio porta alla conversione delle nazioni, di modo che la società civile si sottometta a Nostro Signore Gesù Cristo. È questo lo scopo supremo del sacerdozio.

J. V.: In questo discorso, Lei ha detto che i seminaristi ordinati al Seminario Francese sotto l’abbé Le Floch avevano elaborato un piano in tre punti per esporre il modo in cui si sviluppa una rivoluzione. Può indicarli?

Mons. De Mallarais:  Io ho seguito ciò che P. Fahey ha spiegato a dei professori del Seminario Francese. Essi descrivono le tre tappe della rivoluzione.
Prima tappa della rivoluzione: L’eliminazione di Cristo Re dal governo, tramite la laicizzazione o la secolarizzazione dello Stato. Da questa laicizzazione consegue che il Diritto Civile non sarà più sottomesso al Vangelo, e la religione cattolica non sarà più riconosciuta pubblicamente dallo Stato. In base a questo principio rivoluzionario lo Stato non può determinare la verità in materia religiosa.
Seconda tappa della rivoluzione: La soppressione della Santa Messa. La Massoneria ha realizzato questo alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX secolo con la separazione tra la Chiesa e lo Stato. Si sperava così che i cristiani perdessero la fede e abbandonassero la Chiesa, e che la Santa Messa non fosse più celebrata.
Terza tappa della rivoluzione: Far perdere la vita divina di Cristo nelle ànime, così che esse non vivano più in stato di grazia. Realizzare delle ànime pagane, delle ànime laicizzate.

J. V.: Come vede il Vaticano II e le sue riforme alla luce di questo piano in tre punti?

Mons. De Mallerais: Col Vaticano II questi tre punti sono stati effettivamente accettati dalla Chiesa.
Innanzi tutto, la distruzione dello Stato cattolico con la dichiarazione sulla libertà religiosa; la separazione tra la Chiesa e lo Stato; lo Stato non può più pronunciarsi veritativamente in materia di religione. È quanto ha spiegato il Card. Ratzinger a Mons. Lefebvre nel colloquio del 14 luglio 1987: che lo Stato non può sapere che cos’è la vera religione.

In secondo luogo, la soppressione della Santa Messa. Che è stata attuata dopo il Vaticano II con la nuova messa. Questa nuova messa non esprime più il sacrificio di propiziazione. In più essa esprime più un’offerta delle persone a Dio piuttosto che un sacrificio celebrato dal sacerdote al fine di espiare i nostri peccati. Questo secondo punto è stato realizzato con la riforma liturgica.

Terzo, la laicizzazione delle ànime. Questa è praticamente la situazione odierna, perché quasi più nessuno va a confessarsi. Il sacramento della penitenza è stato praticamente soppresso con la cosiddetta assoluzione collettiva. Adesso Roma vuole tornare a delle confessioni individuali, ma io sono certo che numerosi vescovi non accetteranno, perché molti preti non vogliono ascoltare le confessioni.

J. V.: Tuttavia vi è comunque un buon numero di preti che vogliono ascoltare le confessioni.

Mons. De Mallerais: Si, ma in genere i preti moderni non amano confessare e non incoraggiano le confessioni. Il peccato, il peccato originale, il bisogno di confessione e la soddisfazione perché il peccato non sia più inteso. Statisticamente vi sono poche confessioni nelle parrocchie. Il risultato è che la maggioranza dei cattolici che possono ancora avere la fede non possono vivere in stato di grazia. Siamo realisti, il mondo è così corrotto che è impossibile vivere in stato di grazia senza il sacramento della penitenza.

J. V.: Lei ha indicato che Mons. Lefebvre riteneva che la risposta alla crisi della fede oggi stesse nell’invertire questi tre punti. Può spiegarlo?

Mons. De Mallerais: Sì. Prendiamo il piano della rivoluzione, ma invertendolo.
Prima di tutto, celebrare di nuovo la Santa Messa per la fede, così che si ricevano le grazie derivanti dal sacrificio della croce, attraverso la Messa vera. È quello che noi facciamo con la nostra fede. Noi vediamo i frutti della santificazione. Noi vediamo molte famiglie con tanti figli e con tante vocazioni.

In secondo luogo, per mezzo della Messa e dei sacramenti tradizionali fare sì che le ànime vivano in stato di grazia. È la situazione dei nostri fedeli. Io penso che la maggior parte di loro vive in stato di grazia. Vengono regolarmente a confessarsi, allo scopo di aumentare la grazia santificante o di recuperarla se hanno avuto il dispiacere di perderla. Vivono in stato di grazia. I bambini vivono in stato di grazia. Si insegna ai bambini a lottare contro le occasioni di peccato.

In terzo luogo, con questi gruppi di cattolici che vivono in stato di grazia, agire perché Nostro Signore Gesù Cristo ritrovi il suo posto nella società, così che Gli si restituisca la sua corona. Essi fanno questo nelle loro famiglie, nelle nostre strutture cattoliche e, a poco a poco, nei loro luoghi di lavoro, nelle loro professioni, perché queste si ritrovino in armonia con la legge di Gesù Cristo, così da essere dei buoni esempi per i loro colleghi. Il tutto, infine, per la ricristianizzazione della società civile.

J. V.: Nel suo intervento Lei ha parlato della nozione moderna del “personalismo” come errore filosofico del Vaticano II, che ha corrotto la dottrina della Chiesa.

Mons. De Mallerais: Questo errore ha impregnato la cosiddetta dichiarazione sulla libertà religiosa. Dire che ciascuno ha il diritto a non essere impedito ad adottare la divinità di sua scelta deriva direttamente dal personalismo.
La vera definizione della persona umana è stata data da Boezio: una sostanza individuale di natura ragionevole. Il tomista insiste su “la natura ragionevole”, perché l’uomo ha un intelletto che è fatto per scoprire, per cogliere la verità, e per mantenere la verità. Di modo che la finalità dell’intelligenza è di conoscere la verità, perché la verità è l’oggetto dell’intelligenza. Tale che la perfezione della persona umana consiste nel possedere la verità.
Oggi, i nuovi “personalisti”, riprendono la stessa definizione di persona umana, ma subordinandola alla “sostanza individuale”. La persona consisterebbe nell’essere un “individuo”, tale da avere dei diritti secondo la propria individualità. Questo significa avere la libertà senza considerazione per la verità. Restringendo tutto alla “sostanza individuale”, la persona umana ha il diritto di un “individuo”, secondo i suoi di principi, le sue scelte, senza alcuna considerazione per la verità. Per la nuova definizione il possesso della verità non è essenziale.
Questo fu l’insegnamento di Jacques Maritain in Francia, che fu un tomista, ma che si convertì al “personalismo”. Gli ebbe una grande influenza su Paolo VI e sul Vaticano II.
Il personalismo insiste sul fatto che l’individuo dev’essere libero, dev’essere indipendente, deve scegliere da sé. In questo consiste la “dignità umana”. E questo è stato condannato dal papa San Pio X nella sua lettera ai vescovi francesi contro il Sillon.

J. V.: Può commentare ciò che ha sostenuto nel suo intervento: la Chiesa non può conservare la verità senza combattere l’errore?

Mons. De Mallerais: L’intera storia della Chiesa dimostra questo principio. Fin dai primi secoli i Padri della Chiesa impiegarono il loro tempo a combattere le eresie e a condannare gli eretici. Il Concilio di Nicea, il Concilio di Efeso, sono delle dimostrazioni di questa verità. Il Concilio di Trento fu uno splendido Concilio perché condannò il protestantesimo.
Mai la Chiesa ha messo in gran luce i suoi principi se non lottando contro le eresie. Anche oggi la Chiesa deve condannare i falsi principi, al fine di mettere in luce i suoi principi, i principi rivelati. È una necessità.
La Chiesa non può insegnare la verità senza combattere gli errori. È questo il cammino provvidenziale stabilito dal Buon Dio per il magistero della Chiesa.

J. V.: Direbbe che il nuovo orientamento del “dialogo” è un falso principio per condannare l’errore?

Mons. De Mallerais: Si, con la scusa della “carità”. Sant’Agostino dice, amiamo i peccatori, ma combattiamo gli errori. Oggi invece si dice « amiamo gli errori, rispettiamo tutti gli errori ! ». Poiché l’errore è sempre professato da persone, occorre rispettare le persone, dobbiamo rispettare i loro errori. Questo è soggettivismo.

J. V.: Alla luce dell’insegnamento della verità e della resistenza agli errori, che può dirci a proposito delle prossime discussioni dottrinali tra la FSSPX e Roma?

Mons. De Mallerais: Promulgando il decreto del 21 gennaio, il Papa Benedetto XVI si è dichiarato aperto a queste discussioni e io penso che avranno inizio rapidamente.
La FSSPX è formata nel magistero cattolico eterno per i secoli; formata in conformità al Syllabus di Pio IX e al Syllabus contro il modernismo del papa San Pio X. Gli ecclesiastici moderni con i quali avremo queste discussioni dottrinali sono degli uomini che in gran parte sono stati formati nella continuità del Vaticano II e nel nuovo anti-anti-Modernismo del Concilio. Possiamo speculare sull’incontro degli spiriti in queste prossime discussioni?
La nostra intenzione è di metterli di fronte alla contraddizione tra le loro dottrine e le dottrine tradizionali. Noi vogliamo mostrare loro che vi è una vera contraddizione.

J. V.: Come procederanno queste discussioni?

Mons. De Mallerais: È nostra intensione impegnarci in una discussione scritta. Noi scriveremo le nostre obiezioni e loro risponderanno. Forse verso la fine si potranno avere delle discussioni a voce.

J. V.: Nel corso di queste discussioni, Lei ritiene che la lingua sia un potenziale problema? Per esempio, termini come “continuità” e “Tradizione” sono definiti in maniera diversa dalle autorità cattoliche tradizionali e da quelle attuali del Vaticano.

Mons. De Mallerais: È difficile discutere con delle persone che usano la stessa lingua, ma non danno il medesimo significato agli stessi termini. Così noi cercheremo di comprendere la loro filosofia e di parlare a loro con i termini della loro falsa filosofia. Quando parleremo della “Tradizione” parleremo con loro in modo tale che ci comprendano, non per accettare la loro nuova definizione, ma per comprendere come vi si sono adattati.

J. V.: Nel 1988, l’accordo contenuto nel protocollo tra Roma e la FSSPX comprendeva: 1) che la FSSPX ottenesse un proprio vescovo; 2) che avesse la maggioranza nella commissione vaticana; 3) che avesse l’autonomia in rapporto ai vescovi diocesani. Quando verrà il tempo di parlare di una giurisdizione per la FSSPX, essa insisterà su questi punti?

Mons. De Mallerais: Sì, e questo che Roma è disposta a dare. Il card. Castrillon ha già parlato a qualcuno di queste disposizioni, tuttavia è poco probabile che la FSSPX abbia la maggioranza nella Commissione Ecclesia Dei. Per ciò che riguarda l’indipendenza nei confronti dei vescovi diocesani, è evidente che Roma è pronta a darci una struttura che ci consenta una certa indipendenza, cosa possibile in virtù della legge. Devo dire che noi non possiamo ricercare rapidamente una regolarizzazione. Le discussioni dottrinali dureranno per lungo tempo.

J. V.: Una delle ragioni per le quali Le parlo dell’autonomia nei confronti dei vescovi è costituita da un recente rapporto di mons. Müller, vescovo di Ratisbona (Germania). Egli ha detto che se la FSSPX sarà regolarizzata dovrà anche « accettare che il seminario di Zaitzkofen rientri sotto la sorveglianza della diocesi di Ratisbona. Il seminario dovrà essere chiuso e gli studenti dovranno andare nei seminari dei loro paesi d’origine, se sono adatti a questo fine. »

Mons. De Mallerais: Noi dobbiamo avere una struttura giuridica che ci protegga da una tale intenzione distruttiva da parte dei vescovi.

J: V.: Se la FSSPX sarà regolarizzata, chi conferirà le ordinazioni e le cresime?

Mons. De Mallerais: I nostri vescovi. Questo sarà previsto nei documenti finali. Ma devo sottolineare che questa soluzione giuridica non si realizzerà se Roma non attuerà una vera conversione, perché sarà impossibile ottenere una cosa del genere se Roma non si converte. Non sarebbe possibile vivere una tale regolarizzazione senza la conversione di Roma. Io l’ho già detto in un’intervista con La Stampa a Roma, e la cosa fu considerata come uno scandalo. Certuni hanno detto: “ Questo vescovo è ridicolo! Quale pretesa convertire Roma! ”. Ma è questa la nostra intenzione. Questo è chiaro. Quando discuteremo con queste persone sarà per convertirle.

J. V.: Visto che ha toccato l’argomento, Le chiedo: Pensa che i rappresentanti di Roma daranno il via a queste discussioni con la stessa intenzione: convertire la FSSPX su quanti più punti è possibile? Per stimolarvi a “vedere la luce” o quantomeno a “sentire il suo calore”.

Mons. De Mallerais: Sì, questo è vero.

J. V.: Che dice del fatto che Mons. Lefebvre firmò tutti i documenti del Vaticano II, cosa che, secondo alcuni, starebbe a significare che non vi sarebbe alcun problema col Concilio nel suo insieme?

Mons. De Mallerais: Nella mia biografia di Mons. Lefebvre ho dimostrato – nei capitoli sul Concilio – che Monsignore ritenne che allora non poteva rifiutare una decisione di un Concilio Generale senza separarsi dalla Chiesa. La gran maggioranza dei vescovi firmò i documenti. Mons. De Castro Mayer firmò tutti i documenti del Concilio. Si trattava di una decisione collegiale, e in una decisione collegiale anche se non si è d’accordo con la decisione stessa la si firma. Per esempio, nel decreto sulla nullità di un matrimonio si può avere la decisione di tre giudici su cinque. Se un giudice non è d’accordo firmerà ugualmente il decreto perché la decisione è presa a maggioranza. Lo stesso accade in un Concilio Generale. Questo non significa che Mons. Lefebvre abbia accettato tutte le decisioni del Concilio. Per esempio, alla fine ha votato contro il documento sulla libertà religiosa e in seguito ha continuato ad opporsi pubblicamente alla libertà religiosa, fino alla sua morte nel 1991.
Piuttosto che leggere il Vaticano II alla luce della Tradizione, dobbiamo realmente leggere e interpretare il Vaticano II alla luce della nuova filosofia. Dobbiamo leggere e comprendere il Concilio nel suo vero significato, e cioè secondo la nuova filosofia. Poiché tutti questi teologi che hanno prodotto i testi del Vaticano II erano impregnati della nuova filosofia. E dobbiamo leggerlo in questo modo non per accettarlo, ma per comprenderlo come lo comprendono i teologi moderni che hanno redatto i documenti. Leggere il Vaticano II alla luce della Tradizione significa non leggerlo correttamente. Significa distorcere i testi. Io non voglio distorcere i testi.

J. V.: Lei è stato con Mons. Lefebvre fin dall’inizio nel 1969. È stato con lui nelle tre grandi tappe della FSSPX nelle discussioni con Roma: la revoca del permesso per il seminario di Ecône nel 1975, la sospensione nel 1976 e il vicolo cieco che gli fece abbandonare il Vaticano per le consacrazioni episcopali nel 1988. In che cosa l’attuale situazione nel 2009 è comparabile con le discussioni precedenti?

Mons. De Mallerais: Io penso che non vi sia nulla di cambiato sotto questo profilo. In definitiva vogliono condurci al Vaticano II. Per indurci ad accettarlo. La remissione della scomunica non ha cambiato questo problema profondo della fede. Ha solo cambiato qualcosa per i cattolici che non comprendono la nostra battaglia, i quali adesso vedono che non siamo più scomunicati, e questo è un bene per la Chiesa.





agosto  2009

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