Intervista di Padre Franz Schmidberger

Superiore del distretto tedesco della Fraternità Sacerdotale San Pio X

18 febbraio 2010


 
L'intervista è stata raccolta, in esclusiva, da Benjamin Greschner, redattore capo del notiziario tedesco on line
Kathnews - Rome und die Welt.
È stata ripresa in inglese dal sito Rorate Caeli

Padre Schmidberger parla dei colloqui fra la Santa Sede e la Fraternità
 e dei 5 anni di pontificato di papa Benedetto XVI


Stoccarda.
Le discussioni teologiche tra i rappresentanti della Congregazione per la Dottrina della Fede e la Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) sono in corso.
Più di 20 anni dopo le illecite consacrazioni episcopali di Mons. Marcel Lefebvre qualcosa si muove nelle difficili relazioni tra la Santa Sede e la Fraternità.
Il capo redattore di Kathnews, Benjamin Greschner, ha parlato con Padre Franz Schmidberger, Superiore del Distretto tedesco della Fraternità. I temi principali sono stati l'attuale stato delle discussioni con Roma, la liturgia, e il pontificato di papa Benedetto XVI.

Benjamin Greschner: Reverendo, qual è la sua valutazione sullo stato attuale delle discussioni teologiche tra i rappresentanti della Fraternità di San Pio X e la Santa Sede?

Padre Franz Schmidberger: Secondo le informazioni disponibili, che sono piuttosto scarse, le discussioni sul chiarimento teologico sono iniziate bene. Per la prima volta siamo in grado di esporre serenamente alle autorità competenti le nostre preoccupazioni sulle dichiarazioni del Concilio Vaticano II e sugli sviluppi postconciliari. Queste discussioni andranno avanti certamente per molto tempo, forse per anni. Ma è possibile che i nostri interlocutori riconoscano rapidamente che è impossibile negare che la Fraternità San Pio X sia cattolica, anche se possono esserci degli ambiti di disaccordo. Si tratterebbe di un enorme passo avanti. La forma molto discreta delle discussioni è assolutamente necessaria per il loro successo, il bene non provoca clamore e il clamore non genera il bene.

B. G.: Recentemente in una video-intervista, Mons. Richard Williamson ha fatto dei commenti su queste discussioni. Egli si è espresso piuttosto negativamente e ovviamente si è detto poco convinto che possano portare ad un accordo. Cosa pensa di questi commenti? Rappresentano la posizione ufficiale della Fraternità?

P. F. S.: Il parere di Mons. Williamson sulle discussioni a Roma è spiacevole perché non rappresenta certo la posizione della Fraternità. D'altro canto, è necessario che nel contempo ci si guardi chiaramente dal nutrire  un ottimismo esagerato su queste discussioni. Mons. Fellay ha detto che sarebbe un miracolo se si concludessero veramente con un successo.

B. G.: A suo giudizio, quanto è realistico un accordo fra la Santa Sede e la Fraternità di San Pio X? Nel 1988, come Superiore Generale, lei fu coinvolto in discussioni simili. Da allora, la situazione è cambiata?

P. F. S.: Un accordo fra la Santa Sede e Fraternità potrebbe significare solo una cosa: che Roma accetta la voce del Magistero preconciliare. La Fraternità non ha mai sostenuto una sua propria posizione, si è invece fatta portavoce dei Papi, in particolare di quelli del periodo tra la rivoluzione francese e il Concilio Vaticano II. Dal 1988, la situazione è cambiata nella misura in cui oggi Roma prende sul serio le nostre obiezioni ed è alla ricerca di risposte.

B. G.: A suo parere, quali sono le questioni che hanno particolarmente bisogno di chiarimenti e discussioni di natura teologica o magisteriale? Vi sono argomenti che potrebbe definire come “patate bollenti“?

P. F. S.: Un elemento di discussione è indubbiamente la questione della nuova liturgia, ma lo sono anche l'ecumenismo, il ruolo delle altre religioni e il rapporto della Chiesa col mondo. Come "patate bollenti" potrei definire soprattutto la questione della libertà religiosa e la questione della dottrina.

B. G.: Un anno fa, papa Benedetto XVI ha revocato la scomunica ai quattro vescovi della vostra Fraternità. Questa decisione del Santo Padre ha avuto un effetto positivo sul lavoro della Fraternità?

P. F. S.: La revoca del decreto di scomunica ha rimosso delle barriere e ci ha portato più fedeli cattolici. D'altra parte il clamore della stampa ha sollevato alcune nuove barriere. Ritengo, tuttavia, che questa coraggiosa decisione del Papa abbia riguardato positivamente non solo la Fraternità e il suo lavoro, ma in effetti la Chiesa intera.

B. G.: Come valuta l’attuale stato d'animo nei vostri Priorati e nei vostri Istituti? Cosa pensano i fedeli e i sacerdoti delle discussioni con la Santa Sede?

P. F. S.: Per quanto io possa dire, lo stato d'animo nei nostri Priorati e nei nostri Istituti è generalmente abbastanza buono, in generale i nostri membri hanno accolto bene le discussioni con la Santa Sede. Tuttavia nessuno di noi si fa illusioni.

B. G.: Nell’aprile del 2005, col Cardinale Joseph Ratzinger, è stato elevato al trono di Pietro un principe della Chiesa che ha suscitato un barlume di speranza in molti cattolici “tradizionali”. Ad oggi, Benedetto XVI ha governato la Chiesa per quasi cinque anni. Come valuta questi primi cinque anni del suo pontificato?

P. F. S.: Con Benedetto XVI la Chiesa è entrata in acque più calme. La riabilitazione del Santo Sacrificio della Messa nella forma tradizionale, la revoca del decreto di scomunica e le discussioni dottrinali con la Santa Sede sono atti molto positivi di questo pontificato. Di contro ci dogliamo per la visita alla sinagoga romana e soprattutto per la dichiarazione del Papa che noi e gli Ebrei preghiamo lo stesso Dio.
Noi cristiani rendiamo culto alla Santissima Trinità e adoriamo Nostro Signore Gesù Cristo come il Figlio di Dio, consustanziale al Padre. Gli ebrei di oggi, al contrario, non accettano entrambe queste verità fondamentali della nostra santa religione.
Poiché non v’è altro Dio che la Santissima Trinità e non v’è altro Signore che Gesù Cristo, noi non adoriamo lo stesso Dio con gli Ebrei.
Le cose erano diverse con i giusti del Vecchio Testamento. Essi erano aperti alla verità della Trinità e della filiazione divina del Messia promesso.
Il Papa si è allontanato in maniera allarmante dalle parole del primo papa, San Pietro: “In nessun altro c'è salvezza [tranne che in Gesù Cristo]” (At 4,12). Questo vale per tutti, anche per gli Ebrei e i musulmani.




marzo 2010

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