I colloqui romani: qualche prospettiva

Intervista di S. Ecc. Mons. Bernard Fellay
apparsa sul n° di marzo-aprile di Fideliter, rivista del Distretto di Francia della Fraternità San Pio X

(CLOVIS- FIDELITER,  B.P. 118, 92153 Suresnes cedex, Francia)





 
L'intervista è stata pubblicata il 9 marzo 2010 sul sito DICI , organo d'informazione telematica della Fraternità San Pio X




Fideliter: Monsignore, grazie di aver accettato di rispondere alle nostre domande. Qual è la differenza tra questi colloqui dottrinali e i precedenti scambi che ebbero luogo quando era vivo Mons. Lefebvre, per esempio a proposito dei Dubia?

Mons. Bernard Fellay: Allora, gli scambi furono piuttosto informali, salvo alcune rare occasioni, come all'inizio del pontificato di Giovanni Paolo II. Mons. Lefebvre, pur presentando le principali obiezioni alle novità – e protestando energicamente contro gli scandali che scuotevano la Chiesa - cercava allora un accordo piuttosto pratico: pensava che Roma potesse lasciargli fare «l’esperienza della Tradizione», accordando alla Fraternità San Pio X una regolarizzazione canonica prima di ogni dibattito di fondo. Dopo il 1988, egli ha chiaramente indicato la strada da seguire: portare la discussione sul terreno dottrinale, sull’essenza stessa della crisi che procura tante devastazioni. Oggi, la Santa Sede ci ha accordato senza contropartita questi famosi colloqui dottrinali, in maniera ufficiale. Questa sarà per noi l’occasione per testimoniare la fede e per farci eco dei 2000 anni di Tradizione, senza impedirci di riprendere certi studi, proprio come i Dubia sulla libertà religiosa che all’epoca non avevano ottenuto risposta soddisfacente.

Fideliter: Solo la Fraternità ha ottenuto questi colloqui, seri e quasi solenni. Nessuna comunità Ecclesia Dei li ha ottenuti. Secondo lei, questo è il segno della fondatezza del nostro atteggiamento di resistenza e di rifiuto di un compromesso o di un riconoscimento canonico ambiguo, oppure è il segno che le comunità Ecclesia Dei in definitiva non hanno più un granché che li distingua dalla linea conciliare?

Mons. Fellay: È senza dubbio il segno di entrambe le cose.

Fideliter: Monsignore, può darci un elenco esatto dei temi affrontati?

Mons. Fellay: La si trova nel comunicato stampa seguito al primo incontro, lo scorso 26 ottobre: «In particolare si esamineranno le questioni relative al concetto di Tradizione, al Messale di Paolo VI, all’interpretazione del Concilio Vaticano II in continuità con la Tradizione dottrinale cattolica, ai temi dell’unità della Chiesa e dei principi cattolici dell’ecumenismo, del rapporto tra il Cristianesimo e le religioni non cristiane e della libertà religiosa».

Fideliter: La filosofia moderna e i nuovi concetti (testimonianza, dialogo, apertura, impegno, esperienza, ecc.) saranno all’ordine del giorno delle discussioni?

Mons. Fellay: Tutti questi elementi sono alla base di molti problemi che riguardano la nuova ecclesiologia, e appare inevitabile che vengano richiamati in occasione di questi colloqui che, lo ricordo, ruotano intorno al Concilio e al suo aggiornamento [in italiano nell’originale].

Fideliter: È possibile mantenere una completa discrezione intorno a queste discussioni? Non ci sono delle voci che sono già filtrate?

Mons. Fellay: Non che io sappia, se non su alcuni aspetti secondari relativi all'organizzazione generale di queste discussioni.

Fideliter: Qual è la ragione per la quale il Vaticano e la Fraternità ritengono di dover conservare una così grande discrezione intorno alle discussioni dottrinali?

Mons. Fellay: È molto importante che il clima delle discussioni sia tranquillo e sereno. Viviamo nel tempo della mediatizzazione e della democrazia universale in cui ognuno giudica tutto ed esprime la sua opinione su tutto. Le questioni di teologia e i fattori in giuoco sono tali che è preferibile lasciare che le cose si svolgano nella discrezione. Al momento opportuno, se necessario, vi sarà sempre tempo per renderne conto pubblicamente.

Fideliter: Si dice spesso che tra Roma e la Fraternità, non ci si comprende perché non si ha lo stesso linguaggio. È vero questo per i nostri attuali interlocutori romani? Come fare per avere lo stesso linguaggio?

Mons. Fellay: È ancora troppo presto per rispondere. In ogni caso abbiamo a che fare con delle menti brillanti, con cui dovremmo poterci confrontare. La formazione filosofica tomista è evidentemente il modo migliore di procedere.

Fideliter: Secondo Lei, i teologi scelti da Roma sono rappresentativi della generale corrente teologica presente oggi nella Chiesa? O sono più vicini ad una tendenza particolare? La loro linea di pensiero è vicina a quella di Benedetto XVI?

Mons. Fellay: I nostri interlocutori mi sembrano molto fedeli alle posizioni del Papa. Essi si collocano in quella che si può chiamare la linea conservatrice, quella dei sostenitori di una lettura la più tradizionale possibile del Concilio. Essi vogliono il bene della Chiesa, ma al tempo stesso vogliono salvare il Concilio: e sta qui tutta la quadratura del cerchio.

Fideliter: I teologi scelti dal Vaticano sono tomisti? Lo sono alla maniera tradizionale?

Mons. Fellay: Lo vedremo. In ogni caso abbiamo a che fare certo con un Domenicano, grande conoscitore di San Tommaso d'Aquino, ma anche con un Gesuita e con un membro dell’Opus Dei.

Fideliter: Nei colloqui, quali saranno i punti di riferimento al di fuori della Rivelazione, della Scrittura e della Tradizione? Solo il Magistero anteriore al Vaticano II? Oppure quello posteriore?

Mons. Fellay: Il problema concerne il Vaticano II. È quindi alla luce della Tradizione precedente che esamineremo se il magistero post-conciliare costitisce una rottura o no.

Fideliter: Certuni temono che i nostri teologi, presi dall’atmosfera degli uffici vaticani, abbassino la guardia nei loro colloqui. Li può rassicurare?

Mons. Fellay: Andiamo a Roma per testimoniare la fede, e l’atmosfera degli uffici ci interessa ben poco. I nostri teologi si riuniranno ogni due o tre mesi in una grande sala del Palazzo del Sant’Uffizio, non negli uffici…

Fideliter: Circa la durata di questi colloqui, vista la difficoltà che comporta la maggior parte degli argomenti, che richiedono almeno uno o due anni ciascuno, potrà essere tale durata inferiore a cinque o dieci anni?

Mons. Fellay: Spero che non sia così... in ogni caso, quando si affronta, con una persona qualsiasi, la questione della Messa, della libertà religiosa o dell’ecumenismo, non occorre tutto questo tempo per convincerla!

Fideliter: Non teme che, nel corso di queste discussioni, alla fine Roma finisca col rispondere alle nostre obiezioni (sulla libertà religiosa o la nuova Messa) con l’argomento dell’autorità: Roma ha deciso così, ora, essa non si può sbagliare, etc.?

Mons. Fellay: Lo si può temere, certo, ma in questo caso, ciò dimostrerebbe che Roma non aveva avuto realmente l’intenzione di discutere. Ora, il dibattito sul Vaticano II è ineludibile. Il recente libro di Mons. Gherardini, teologo romano riconosciuto, lo prova a sufficienza. Il Vaticano II può essere discusso, deve esserlo.

Fideliter: Non si può temere che questi colloqui portino a delle dichiarazioni congiunte, in cui le parti concordano su dei punti in comune, ma senza regolare i dibattiti di fondo, un po’ come per la dichiarazione congiunta con i luterani sulla giustificazione?

Mons. Fellay: Non è questione di dichiarazioni congiunte.

Fideliter: Supponiamo che uno dei teologi, di parte romana, in seguito a questi colloqui sia portato a schierarsi con questa o con quella tesi tradizionale, ad esempio col giudicare la libertà religiosa non conforme alla Tradizione. Che cosa potrebbe accadere allora?

Mons. Fellay: Ciò che vorrà la Provvidenza. Vedremo allora cosa converrà fare. Non ci siamo ancora.

Fideliter: I fedeli hanno recitato il Rosario per il riconoscimento della Messa tradizionale e la revoca delle scomuniche; adesso pregano per la consacrazione della Russia da parte del Papa. Ha l’idea che preghino anche per il buon esito dei colloqui dottrinali?

Mons. Fellay: Vale la pena di pregare secondo questa intenzione, come hanno fatto i bambini della Crociata eucaristica nel mese di gennaio. Dalla nostra testimonianza di fede può derivare un gran bene per la Chiesa... In effetti, mi sembra che gli oggetti di queste crociate del Rosario siano intrecciati gli uni negli altri: non ci sarà nessun trionfo mariano senza la restaurazione della Chiesa e dunque della Messa con l’insegnamento della fede.



marzo 2010

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