Eleison comments CLXXIV
 
“TRY HARDER”

Commenti settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X


  13 novembre 2010

Pubblichiamo il commento di S. Ecc. Mons. Richard Willamson relativo alla necessità di applicarsi con la volontà alla comprensione della dottrina cattolica, per acquisire la certezza della fede con la grazia di Dio.

Questi commenti sono reperibili tramite il seguente accesso controllato:
http://dinoscopus.blogspot.com/





Se un amico incredulo invidia la certezza dei cattolici, può essere il suo modo per chiedere. Lascia che studi gli argomenti della Chiesa.

“Impégnati di più!”


Un amico non cattolico che conosco da oltre 50 anni mi ha detto recentemente, “Come invidio la tua certezza!” Dal che ho dedotto che egli desidererebbe credere ciò che credono i cattolici, ma pensa di non poterlo fare. Sono stato tentato di rispondere, “Impégnati di più!”, ma in quella occasione ho taciuto.

Ora, il credere è un atto della mente e non della volontà, ma quando la mente deve credere le verità soprannaturali della Fede, che sono intrinsecamente al di sopra della sua portata naturale, essa ha bisogno della spinta della volontà. Quindi, pur non essendo il credo soprannaturale un atto della volontà, esso è impossibile senza quest'atto. “Nessuno crede contro la sua volontà”, dice Sant'Agostino. È questo il motivo per cui “impegnarsi di più” con la volontà è il consiglio che si può dare a qualcuno la cui mente non crede, consiglio che non è così irragionevole come può sembrare. E se le credenze verso cui è spinta la volontà sono oggettivamente vere, un tale consiglio non indurrà a scambiare i suoi desideri per la realtà.

Per prima cosa, però, se un uomo invidia realmente e veramente la certezza dei credenti cattolici, dovrebbe applicare la sua mente nello studio di come siano ragionevoli le credenze cattoliche. Queste potranno essere al di sopra della ragione umana, ma non sono contrarie ad essa.
Com'è possibile? È possibile che Dio crei la ragione umana e al tempo stesso imponga di credere delle verità che si farebbero beffe di questa ragione? Sarebbe in contraddizione con Sé stesso. San Tommaso, nella sua “Summa theologiae”,  dimostra costantemente che fede e ragione sono intrinsecamente distinte, ma in perfetta armonia tra loro.

Quindi, ciò che può fare la ragione umana, e che dovrebbe fare il mio amico, è di costruire una rampa naturale verso la Fede soprannaturale, per esempio per mezzo dello studio dei ragionevolissimi argomenti che provano l'esistenza di Dio, la divinità dell'uomo Gesù Cristo e la di Lui divina istituzione della Chiesa Cattolica Romana. Questi argomenti sono ben alla portata della ragione naturale, a condizione che la volontà non vi si opponga, perché una mente sviata non riconoscerà mai la verità che ha di fronte. La volontà deve volere la realtà, altrimenti la mente non coglierà mai la verità.
Per noi uomini, la verità consiste nella conformità della nostra mente alla realtà.

Una volta che un uomo abbia fatto tutto il possibile con la retta ragione e la buona volontà, così da cogliere la ragionevolezza della Fede, con questo non possiederà la fede soprannaturale, che resta un dono di Dio. Tuttavia, Dio come può chiederci di credere (pena la dannazione eterna - Mc XVI, 16), e insieme rifiutare il dono della fede ad un'anima che ha fatto tutto ciò che rientra nelle sue possibilità naturali - ma Dio non può essere ingannato -  per prepararsi a ricevere tale dono? Soprattutto se, com'è ragionevole, dopo aver fatto il possibile, quest'anima Gli chieda umilmente questo dono con la preghiera?
Egli resiste ai superbi, ma concede i suoi doni agli umili (Gc. IV, 6) e si lascia trovare da coloro che lo cercano con cuore integro (Dt. IV, 29; Ger. XXIX, 13; Lam. III, 25, e molte altre citazioni del Vecchio Testamento).

Caro amico, leggi e chiedi. Impegnandoti, è molto probabile che tu riesca a far tua la certezza.

Kyrie eleison.

Londra, Inghilterra



novembre 2010

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