Eleison comments CLXXV
 
HOPELESS ESCAPE

Commenti settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X


  22 novembre 2010

Pubblichiamo il commento di S. Ecc. Mons. Richard Willamson relativo alla degenerazione dell'arte, tra rifiuto della modernità, ostilità alla Chiesa e inutili fughe in avanti, viste attraverso la parabola esistenziale di Paul Gauguin.

Questi commenti sono reperibili tramite il seguente accesso controllato:
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Una mostra londinese di dipinti di Gauguin suggerisce che il suo volo per le isole del Pacifico non gli diede la pace dello spirito.

Evadere senza speranza


Una attuale mostra a Londra (Tate Modern) presenta dei lavori di un altro grande maestro dell'arte moderna - una contraddizione in termini? - il francese Paul Gauguin (1848-1903). Gli uomini hanno bisogno di immagini come hanno bisogno di una visione su che significa la vita nel suo insieme. Oggi è l'elettronica che fornisce in gran parte queste immagini, ma al tempo di Gauguin la pittura aveva ancora un impatto enorme.

Nato a Parigi nel 1848, Gauguin, dopo diversi viaggi e svariate occupazioni, all'età di 23 anni divenne un agente di borsa, e due anni dopo sposò una danese che gli diede cinque figli in dieci anni. In quel tempo, la pittura era per lui solo un hobby per cui aveva del talento, ma dopo un tentativo fallito, nel 1884, di entrare in affari nella capitale della Danimarca, Copenhagen, l'anno seguente abbandonò la sua giovane famiglia e ritornò a Parigi per diventare un artista a tempo pieno.

Nel 1888 trascorse nove settimane a dipingere insieme con Van Gogh ad Arles, ma la cosa finì in maniera burrascosa. Ritornato a Parigi non riuscì a guadagnare abbastanza denaro o fama, così, nel 1891, si imbarcò per i tropici, "per fuggire da ogni artificio e convenzione". Il resto della sua vita, tolto un prolungato rientro a Parigi, lo trascorse a Tahiti e nelle Isole Marchesi, allora colonie francesi della Polinesia nel Pacifico del Sud. Qui produsse la maggior parte dei quadri su cui poggia la sua fama, ma continuò ad essere in lotta con la Chiesa e lo Stato, e solo la sua morte nel 1903 gli impedì di scontare una pena detentiva di tre mesi.

Come Van Gogh, Gauguin incominciò a dipingere con lo stile cupo e convenzionale proprio dell'arte del tardo diciannovesimo secolo. Tuttavia, come in Van Gogh e quasi nello stesso periodo, i suoi colori divennero molto più brillanti e lo stile meno convenzionale. In realtà Gauguin fu il fondatore del movimento artistico del Primitivismo, che subito dopo la sua morte ebbe una notevole influenza sulla brillante e pure ribelle arte di Picasso. Il Primitivismo intendeva tornare alle fonti primitive che l'Europa sembrava avesse consumato. Da qui il volgersi ai modelli africani e asiatici, di cui si ha un esempio notevole nelle "Demoiselles d'Avignon" di Picasso. Nasce anche da qui la fuga di Gauguin in Polinesia nel 1891, dove egli deplora l'intrusione dei missionari cattolici, e dove studia e modella nella sua arte pagana gli dèi della mitologia pre-cattolica locale, comprese diverse figure quasi diaboliche.

Ma la visione dei dipinti tahitiani di Gauguin, che sono sicuramente il suo meglio, rappresentano una soluzione valida per i problemi del decadente Occidente, da lui disprezzato e abbandonato? Si può ritenere di no.
Quelli che oggi sono presentati al Tate Modern sono originali e variopinti, ma la sua raffigurazione della gente di Tahiti, per lo più giovani donne, resta in qualche modo torpida e fiacca. La Tahiti di Gauguin può essere una fuga, ma non è una speranza. Gauguin può avere avuto ragione sulla decadenza dell'Occidente, ma il paradiso terrestre da lui inventato nella sua arte polinesiana lo lascia inquieto, ed egli muore ancora ribelle. Resta un problema che egli non risolse.

Interessante è la versione fittizia della sua vita fornita dal noto scrittore inglese del ventesimo secolo, Somerset Maugham. Lo vedremo nel "Commenti Eleison" della settimana prossima.               

Kyrie eleison.

Londra, Inghilterra



novembre 2010

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