Comunicato della Casa Generalizia
della Fraternità San Pio X

Nota sulle affermazioni di Benedetto XVI
a proposito dell’uso del preservativo

26 novembre 2010

pubblicata da DICI
agenzia d'informazione della Fraternità


In un libro intervista intitolato Luce del mondo, pubblicato in tedesco e in italiano il 23 novembre 2010, e che verrà pubblicato in francese e in inglese il 3 dicembre, Benedetto XVI ammette per la prima volta l’uso del preservativo «in certi casi», «per ridurre i rischi di contagio» dal virus dell’aids. Queste affermazioni errate richiedono di essere chiarite e corrette, poiché i loro effetti disastrosi – che una campagna mediatica non ha mancato di amplificare – causano scandalo e scompiglio tra i fedeli

1. Ciò che ha detto Benedetto XVI

Alla domanda «la Chiesa cattolica non è fondamentalmente contro l’uso del preservativo?», il Papa risponde, secondo la versione originale tedesca: «In certi casi, quando l’intenzione è di ridurre il rischio di infezione, questo può essere quanto meno un primo passo per aprire la via ad una sessualità più umana, vissuta diversamente». Per chiarire la sua affermazione, il Papa dà un solo esempio, quello di un «prostituto». Egli considera che, in questo caso particolare, può trattarsi «di un primo passo verso una moralizzazione, un inizio di responsabilità che permette di prendere coscienza che non tutto è permesso e che non si può fare tutto ciò che si vuole».
Si tratta dunque del caso di qualcuno che, commettendo già un atto contro natura, per dei fini venali, avrebbe cura – in più – di non infettare mortalmente il suo cliente.

2. Ciò che ha voluto dire, secondo il suo portavoce

Queste dichiarazioni del Papa sono state intese, dai media e dai movimenti militanti in favore della contraccezione, come una «rivoluzione», una «svolta» o quantomeno una «breccia» nell’insegnamento morale costante della Chiesa sull’uso dei mezzi contraccettivi. È per questo che il portavoce del Vaticano, Padre Federico Lombardi, ha diramato una nota esplicativa, il 21 novembre, dove si può leggere: «il Papa considera una situazione eccezionale in cui l’esercizio della sessualità rappresenti un vero rischio per la vita dell’altro. In tal caso, il Papa non giustifica moralmente l’esercizio disordinato della sessualità, ma ritiene che l’uso del profilattico per diminuire il pericolo di contagio sia “un primo atto di responsabilità”, “un primo passo sulla strada verso una sessualità più umana”, piuttosto che il non farne uso esponendo l’altro al rischio della vita».
Per essere esatti, qui occorre notare che il Papa parla non solo di «un primo atto di responsabilità», ma anche di un «primo passo verso la moralizzazione». Nello stesso senso, il Cardinale Georges Cottier, che fu teologo della Casa Pontificia sotto Giovanni Paolo II e all’inizio del pontificato di Benedetto XVI, aveva dichiarato, in occasione di un’intervista all’Agenzia Apcom, il 31 gennaio 2005: «In alcune situazioni particolari – e penso agli ambienti in cui circola la droga o agli ambienti in cui regnano una grande promiscuità umana e una grande miseria, come in certe zone dell’Africa o dell’Asia – in tali casi, l’utilizzo del preservativo può essere considerato legittimo».
Legittimità dell’uso del preservativo visto come un passo verso la moralizzazione, in certi casi, questo è il problema posto dalle affermazioni del Papa in Luce del mondo.

3. Ciò che Benedetto XVI non ha detto e che i suoi predecessori hanno sempre detto

«Nessuna “indicazione” o necessità può trasformare un’azione intrinsecamente immorale in un atto morale e lecito.» (Pio XII, Allocuzione alle ostetriche, 29 ottobre 1951)
«Nessuna ragione certamente, per grave che sia, può far sì che ciò che è intrinsecamente contro natura diventi conforme alla natura e onesto.» (Pio XI, Enciclica Casti connubii).
Ora, l’uso dei preservativi è contro natura per il fatto che distoglie l’atto umano dal suo fine naturale. La loro utilizzazione resta dunque sempre immorale.
Alla domanda chiara del giornalista: «la Chiesa cattolica non è fondamentalmente contro l’uso del preservativo?», il Papa risponde con una situazione eccezionale e non ricorda che la Chiesa è sempre fondamentalmente contraria all’uso dei preservativi.
Ora, che l’uso del preservativo sia un’azione intrinsecamente immorale e materia di peccato mortale, è un punto costante nell’insegnamento tradizionale della Chiesa, per esempio in Pio XI e Pio XII, e perfino nel pensiero di Benedetto XVI che dice al giornalista che lo interroga: «Evidentemente, la Chiesa non considera il preservativo come una soluzione reale, né morale», ma nondimeno il Papa ammette «in certi casi».
Questo è invece inammissibile agli occhi della fede: «Nessuna ragione certamente – insegna Pio XI nella Casti connubii (II, 2) -, per grave che sia, può far sì che ciò che è intrinsecamente contro natura diventi conforme alla natura e onesto». Cosa che ricorda Pio XII nella sua allocuzione alle ostetriche, del 29 ottobre 1951: «Nessuna “indicazione” o necessità può trasformare un’azione intrinsecamente immorale in un atto morale e lecito.». Cosa che affermava San Paolo: «Non facciamo il male affinché venga il bene» (Rm 3, 8).
Benedetto XVI sembra considerare il caso di questo prostituto secondo i principi della «morale di gradualità», che vuole permettere certi delitti meno gravi per condurre progressivamente chi commette delitti estremi all’innocuità. Indubbiamente, questi delitti minori non saranno morali, ma il fatto che facciano parte di un cammino verso la virtù li rende leciti.
Ora, quest’idea è un grave errore, perché un male minore resta un male, quale che sia il segno di miglioramento che comporta.
«In verità, insegna Paolo VI nell’Humanae vitae (n° 14), se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene (cfr. Rm 3, 8), cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali».
Tollerare un male minore non equivale a rendere questo male «legittimo», né a iscriverlo in un processo di «moralizzazione». Nell’Humanae vitae (n° 14), si ricorda che: «È quindi un errore pensare che un atto coniugale, reso volutamente infecondo, e perciò intrinsecamente non onesto, possa essere coonestato dall’insieme di una vita coniugale feconda», ugualmente bisogna dire che è un errore proporre l’idea che il preservativo, in sé non onesto, possa essere reso onesto dal cammino sperato verso la virtù di un prostituto che lo utilizza.
All’opposto di un recupero che condurrebbe da un peccato «più mortale» ad uno «meno mortale», l’insegnamento evangelico afferma chiaramente: «Va e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8, 11), e non «va e pecca di meno».

4. Ciò che i cattolici hanno bisogno di sentire dalla bocca del Papa

Certo, un libro intervista non può essere considerato un atto del Magistero, a fortiori quando si allontana da ciò che è stato insegnato in maniera definitiva e invariabile. E tuttavia è certo che i medici e i farmacisti che rifiutano coraggiosamente di prescrivere e di consegnare preservativi e contraccettivi per fedeltà alla fede e alla morale cattoliche, e più generalmente tutte le famiglie numerose legate alla Tradizione, hanno un bisogno imperioso di ascoltare che l’insegnamento perenne della Chiesa non cambia col cambiare del tempo. Essi si aspettano tutti il richiamo fermo che la legge naturale, al pari della natura umana in cui è scolpita, è universale.
Ora, in Luce del mondo si trova un’affermazione che relativizza l’insegnamento dell’Humanae vitae, indicando coloro che lo seguono fedelmente come delle «minoranze profondamente convinte» che offrono ad altri «un modello affascinante da seguire». Come se l’enciclica di Paolo VI fissasse un ideale quasi fuori portata; cosa di cui s’era già persuasa la grande maggioranza dei vescovi per meglio far scivolare questo insegnamento sotto il moggio – esattamente dove Cristo ci vieta di mettere la «luce del mondo» (Mt 5, 14).
L’esigenza evangelica diverrebbe malauguratamente l’eccezione destinata a confermare la regola generale del mondo edonista in cui viviamo? Questo mondo al quale il cristiano non deve conformarsi (cfr. Rm 12, 2), ma che deve trasformare come «il lievito nella pasta» (Mt 13, 33), e a cui deve dare il gusto della Saggezza divina come «il sale della terra» (Mt 5, 13).

Menzingen, 26 novembre 2010




novembre 2010

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