Omelia di Mons. Bernard Fellay
Superiore Generale della Fraternità San Pio X

pronunciata l'8 dicembre 2011
Festa dell'Immacolata Concezione
al seminario di Ecône, Svizzera

in cui si fa riferimento
ai  rapporti fra la Santa Sede e la Fraternità

L'omelia è stata pubblicata sul
sito del Distretto italiano della Fraternità San Pio X

(i neretti sono nostri)



 
«Noi desideriamo solo una cosa:
affrontare il vero problema nella presente crisi»



Miei cari seminaristi,
miei carissimi fratelli,

Celebriamo oggi la Festa dell’Immacolata Concezione della Santissima Vergine Maria. Curiosamente, certuni, forse a causa del termine «concezione», accostandolo a ciò che si dice nell’Angelus, «concepì per opera dello Spirito Santo», pensano che questa festa riguarderebbe la maternità verginale della Santa Vergine: Maria ha concepito il Bambino Gesù rimanendo vergine. Non si tratta di questo. Quando si parla di Immacolata Concezione, si intende la concezione immacolata della Santissima Vergine; la Santa Vergine che è stata concepita, che è venuta al mondo, senza peccato, preservata dalla macchia del peccato originale. Questa legge è imposta a tutti i figli di Adamo ed Eva, tutti noi abbiamo ereditato il peccato originale.

Adamo ed Eva hanno peccato, e questo primo peccato essi l’hanno commesso come iniziatori di tutto il genere umano. In questo peccato essi hanno impegnano, per così dire, tutto il genere umano, tutta la loro discendenza. È per questo che tutti i figli e le figlie di Eva e di Adamo giungono al mondo con questa terribile eredità: un debito verso Dio. E più che un debito, poiché essi sono privati di ciò che può renderli felici: la grazia. Questa privazione della grazia non costituisce uno stato neutro, ma uno stato di inimicizia con Dio. Uno stato di imprigionamento, di schiavitù nelle mani del demonio, conseguenza di questo primo peccato che si chiama peccato originale. Una sola creatura ne è stata preservata: la Santissima Vergine Maria.

L’Immacolata Concezione, privilegio straordinario della Santa Madre di Dio

La festa odierna celebra precisamente questo privilegio assolutamente straordinario. Ella non ha la detta eredità. Perché? In previsione dei meriti del suo Figlio, Nostro Signore, il Salvatore. E Dio ha voluto che Suo Figlio – il Figlio di Dio – venisse al mondo da una madre che fosse preservata dal peccato, dall’opposizione a Dio, fin dall’inizio della sua esistenza.
Immacolata! Immacolata fin dalla sua concezione. E questa Immacolata Concezione conserverà tale carattere immacolato per tutta la sua vita. In tutta la sua vita, la Santissima Vergine Maria non peccherà mai, mai offenderà il Buon Dio. Privilegio veramente straordinario! Salutiamo veramente, salutiamo la Madre di Dio, la Regina del Cielo e della terra, nostra madre, per questo privilegio così bello, così magnifico!

Preservata o risparmiata, questo può suggerirci una certa idea negativa. Ma quando si dice per esempio di una tovaglia, che è senza macchia, con questo non si dice qualcosa di negativo. Se una tovaglia è senza macchia, se è immacolata, essa è tutta bella. E quando si dice che la Santa Vergine è preservata dal peccato, non significa che Ella si trova in uno stato di neutralità in rapporto a Dio. Ella si trova in uno stato di grazia, e non di una grazia qualunque. Pio IX, per stabilire questo dogma dell’Immacolata Concezione, si baserà sulle parole del saluto dell’Angelo che abbiamo ascoltato nel Vangelo: «piena di grazia», «Ave, piena di grazia». L’Angelo chiama Maria «piena di grazia» (Lc. 1, 28). È il titolo che Le dà. Una pienezza di grazia, una grazia santificante, è una partecipazione alla vita di Dio.
Vedete, all’inizio della storia degli uomini non vi era questo stato di natura opposto allo stato di sovranatura. Il Buon Dio, fin dall’inizio, destina l’uomo a molto di più di ciò che l’uomo può fare. Lo destina a divenire un figlio di Dio. Lo destina al Cielo. E quando si dice il Cielo, si intende dire: partecipare alla Sua felicità, alla Sua beatitudine. Quando crea l’uomo, Egli vuole che divenga partecipe della Sua natura, della Sua vita divina. In questo stato di natura si considera la natura umana così com’è stata creata; ma uno stato neutro, cioè di pura natura, non esiste. O si è con Dio o si è contro Dio. È terribile, ma è così. E anche i bambini che muoiono senza battesimo, che non hanno peccato personalmente, che non hanno questa responsabilità, resteranno lo stesso privi della visione beatifica, privi di questa vita di Dio, di questa vita con Dio. Saranno in uno stato che si chiama “limbo”, uno stato in cui si è privi precisamente di questa felicità di Dio. Resterà loro una felicità, diciamo naturale, umana, ma niente di più. Non si tratta dell’Inferno delle pene, destinato a coloro che hanno peccato personalmente, ma neanche della felicità che il Buon Dio vuole donarci. Così, ancora una volta, quando si saluta l’Immacolata Concezione si saluta la meraviglia, la più bella di tutte le creature, quella che è stata più ricolma dal Buon Dio.

San Tommaso non esiterà a dirci che è lei che arriva ai limiti, se così si può dire, dell’infinito di Dio, della perfezione di Dio. Ella ha ricevuto le maggiori grazie, i maggiori benefici di Dio. Così, chiamandola Immacolata Concezione, si dice una cosa straordinaria, estremamente bella, perfetta. Allo stesso grado, Ella è arricchita di tutte le virtù, di tutti i doni, veramente colma, in vista del Salvatore e dunque della salvezza degli uomini. È il trionfo di Dio. È una vittoria, e una vittoria straordinaria per noi che vediamo attorno a noi tantissimi mali, tantissimi peccati, tantissime mancanze, opposizioni, arroganze e insolenze contro Dio. Certuni arrivano perfino a dubitare di Dio, è l’obiezione famosa: «Vi è così tanto male, se il Buon Dio ci fosse, tutto questo male non ci sarebbe», e così via. Ebbene! Nell’Immacolata Concezione il Buon Dio ci dà il segno che Egli è Dio e che è infinitamente al di sopra di tutte queste miserie che si possono vedere nella creazione.

Questo è più che il semplice annuncio, è già la vittoria di Dio sul peccato, sul demonio – vittoria che sarà completa con Nostro Signore Gesù Cristo.

Gli impegni nella Fraternità Sacerdotale San Pio X

Ed è nel giorno di questa festa così bella della santità, che Mons. Lefebvre ha voluto che i membri della Fraternità rinnovino il loro impegno, e che quelli che desiderano entrarvi pronuncino il loro primo impegno nella Fraternità. È in questo giorno, sotto questo patronato così bello, sotto la sua protezione, che i seminaristi entrano nella Fraternità.

Un giorno importante per voi, cari seminaristi, quindi non prendetelo alla leggera. Le domande che vi vengono poste oggi e le risposte che voi date ad esse, sono molto serie, molto esigenti. Non perché non sono dei voti, non perché si tratta di impegni canonicamente di grado inferiore, come una promessa solenne fatta davanti a Dio – non molto lontana dalla definizione di voto, ma canonicamente un grado al di sotto – non per questo bisogna prendere le cose alla leggera. Le rinunce di cui si parla nella formula di impegno, sono le rinunce che corrispondono ai consigli evangelici. Se Mons. Lefebvre non ha voluto che i membri della Fraternità emettessero direttamente i voti, è unicamente a causa delle circostanze nelle quali noi viviamo, delle circostanze nelle quali si esercita il nostro apostolato, nelle quali spesso non è materialmente possibile osservare i voti, come si dovrebbe. Per esempio nell’obbedienza, occorre chiedere il permesso, ma se si è del tutto soli nella missione e si deve prendere una decisione, non ci si può riferire al superiore, in sé questo è contro il voto dell’obbedienza, almeno contro la lettera dell’obbedienza. La povertà, si deve decidere rapidamente di fare un acquisto, con i voti occorre chiedere il permesso. Quindi è a causa di queste condizioni molto pratiche che Monsignore non ha voluto che i membri della Fraternità emettessero dei voti. Ma questo non vuol dire che Monsignore ha voluto o avrebbe voluto dispensarci dallo spirito dei voti. Più precisamente, l’esigenza della rinuncia, questa esigenza del dono totale al Buon Dio e alla Santissima Vergine – questa consacrazione alla Vergine Santa che si trova nei vostri impegni – è qualcosa di molto prezioso, che vi impegna molto chiaramente; ci si obbliga a perseguire la perfezione. Non sottraetevi dunque a tali obblighi, dicendo: «non siamo dei religiosi, siamo dei secolari». Dire questo, sarebbe come offendere la Fraternità. Non è questo che la Fraternità si aspetta dai suoi membri. Se si guarda alle virtù – in effetti, Monsignore ha voluto descrivere negli Statuti alcune delle virtù dei membri - si rimane anche colpiti dall’altezza di tali esigenze. La prima virtù è la carità, una carità verso Dio, ci dice Monsignore, verso la Santissima Trinità, tale da generare naturalmente proprio tutto il distacco che si trova nei voti, nei consigli evangelici. Naturalmente, il distacco dal mondo, la povertà, il distacco che si trova nella castità, il distacco dalla propria volontà nell’obbedienza.

Mi sembra che oggi, in questa festa dell’Immacolata Concezione, guardando alla Santissima Vergine Maria, noi abbiamo il più bel modello per la pratica delle virtù.

Il combattimento spirituale della Fraternità San Pio X

Quando si saluta la Santa Vergine e le sue virtù, non vi si pensa immediatamente, ma la Chiesa ci ricorda che non si tratta solo di una bellissima perfezione, ma anche di una vittoria. E chi dice vittoria, dice anche combattimento, lotta. Se la Fraternità vuole tendere verso questa santità, deve lottare. I suoi membri devono lottare. Contro loro stessi, certo, ma devono lottare anche contro il mondo, e questo è un po’ tutto il nostro programma. Qui si scopre qualcosa di molto misterioso: l’epoca in cui viviamo. Per un gran mistero, Dio ha permesso che lo spirito del mondo provasse ad introdursi nella Chiesa. E bisogna battersi non solo contro i nemici esterni, ma anche contro uno spirito non cattolico che è entrato nella Chiesa. Con tutti i recenti cambiamenti, si vede bene, manifestamente, che l’introduzione di questo spirito si è prodotta al momento del Concilio Vaticano II. È una tragedia senza nome. È un gran mistero questo male. Paolo VI ha parlato di «fumo di Satana». È come se il diavolo avesse messo piede nel santuario. Ed è una realtà che ci raggela. È radicalmente il contrario di ciò che è la Chiesa. Al Credo, noi la cantiamo santa, noi la crediamo santa. Ed ecco che dei prelati, dei vescovi, dei cardinali, perfino dei papi, invitano a fare ciò che la Chiesa ha sempre vietato, con gravi interdizioni, con minacce che andavano fino alla scomunica. Ecco perché Mons. Lefebvre ha detto: «non posso». E voi stessi, se siete qui è per lo stesso motivo: no, non si può, perché queste cose offendono Dio.

È un gran mistero perché nello stesso tempo che viviamo queste cose e che bisogna loro dire «no», bisogna anche continuare a dire che la Chiesa ha le promesse del Buon Dio: «Le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa» (Mt. 16, 18). Da un lato bisogna sostenere che è la Chiesa di Cristo, la Chiesa che Dio ha fondato, e dall’altro si vedono una quantità di elementi che non sono la Chiesa, che sono il contrario della Chiesa, ma sono dentro la Chiesa. Un’immagine esatta che può aiutarci a comprendere tutto questo, è quella della malattia che si introduce in un corpo, questa malattia è come un corpo estraneo, ma questo corpo estraneo è all’interno. Come reagiscono le cellule che si trovano in presenza di questi corpi estranei? È evidente, cercano di difendersi! E in tutto questo, quel che è il peggio, è che gli organi di controllo ci dicono: «non bisogna difendersi». Bisogna avallare tutto, accettare tutto. E da 40 anni, tra poco cinquanta, ci troviamo in questo stato. Poiché fino ad oggi non s’è visto un gran cambiamento.

Le recenti proposte di Roma

Avete sentito tutti che vi è stata una proposta da Roma, una proposta che dice: «siamo pronti a riconoscervi». Il problema è che vi è sempre una condizione. Questa condizione ha potuto variare un po’ nella formulazione, ma in fondo è sempre la stessa. Questa condizione è: bisogna accettare il Concilio. Si potrebbe riassumere la situazione attuale dicendo: «sì, potete criticare il Concilio, ma a una condizione, bisogna prima accettarlo». E noi a rispondere: «cos’è che si potrà criticare dopo?».

Credo che si tratti di un onesto riassunto della situazione attuale. E non è difficile descrivervi la nostra risposta.

In tutta evidenza, le formule sono sempre più interessanti, sempre più vicine a quello che diciamo noi. Attualmente si è giunti ad un punto che esprime bene la profondità del problema. In questa famosa proposta ci si dice: «sui punti del Concilio che presentano difficoltà, vi impegnate a riconoscere che il solo modo per comprenderli è di farlo alla luce della Tradizione continua, perpetua, alla luce del Magistero precedente». La luce della Tradizione è la sola maniera con la quale si possono comprendere dei punti dubbi. Essi vanno ancora più lontano: «tutte le  proposizioni e tutte le interpretazioni di questi testi dubbi, opposte a questo Magistero perpetuo, Magistero continuo della Chiesa, bisogna rigettarle». È quello che abbiamo sempre detto. Ma vi è un piccolissimo inciso che aggiunge: «come dice il Nuovo Catechismo». Ora, il Nuovo Catechismo riprende il Concilio.

In altre parole, sul principio non si può che essere d’accordo. L’applicazione, invece, è completamente opposta. Essi pretendono di applicare il principio dicendo: tutto ciò che si è fatto al Concilio è fedele alla Tradizione, è in coerenza con la Tradizione, sia esso l’ecumenismo o la libertà religiosa. Questo vi dimostra la gravità del problema. Da qualche parte vi è un problema. Non è possibile altrimenti. Il problema sta nella comprensione di certe parole, e queste parole sono certamente «Tradizione» e «Magistero». Il loro modo di comprendere queste parole è soggettivo. Certo, si può eventualmente comprendere «tradizione» nel senso di «trasmettere»: l’atto di trasmettere. È una trasmissione. Ma la maniera abituale di comprendere questa parola verte sul suo contenuto. Cos’è trasmesso? Cos’è trasmesso di generazione in generazione? La definizione classica di Tradizione è «ciò che è stato sempre creduto da tutti, dappertutto e sempre». (Commonitorium di San Vincenzo di Lerino). «Ciò che» indica l’oggetto. Ma adesso è come se si passasse dall’oggetto al soggetto, per finire col guardare solo a colui che trasmette.

È per questo che si parla di «tradizione vivente», perché colui che trasmette, quando trasmette, è vivente. Ora, la vita si muove, cambia. I papi cambiano… e dunque la tradizione cambia, ma resta sempre la tradizione. È la stessa tradizione, ma che cambia. La Chiesa ha considerato anche questo significato, ma in un modo del tutto secondario. Non è di questo che essa parla quando parla di Tradizione, ma di ciò che si chiama deposito della fede, l’insieme delle verità che il Buon Dio ha affidato alla Chiesa perché essa le trasmettesse di generazione in generazione, affinché le anime siano salvate. Questo è il contenuto. Ed è la ragione per la quale con la definizione dell’infallibilità, al Concilio Vaticano I, la Chiesa insegna che lo Spirito Santo è stato effettivamente promesso a San Pietro e ai suoi successori, dunque ai papi. Ma non è stato promesso in maniera tale che con una nuova rivelazione i papi insegnino qualcosa di nuovo. È stato promesso perché, con l’aiuto dello Spirito Santo, San Pietro e i papi conservino santamente e trasmettano fedelmente ciò che non cambia, il deposito rivelato.

Dov’è il vero problema nella Chiesa?

Ecco dove ci troviamo. Ecco cosa cerchiamo di fare, visto che effettivamente vi è un gesto da parte di Roma nei nostri confronti, bisogna riconoscerlo, un gesto sorprendente dopo questi colloqui dottrinali dove si è constatato che non siamo d’accordo. In effetti è una situazione simile a quella di due persone che si incontrano, discutono e arrivano alla conclusione che non sono d’accordo. Che si fa, allora? Roma ci dice: quantomeno accettate! E noi rispondiamo: non possiamo. Così, oltre a rispondere che non possiamo, noi decidiamo di dire loro: non potreste considerare le cose un po’ diversamente? Non potreste provare a comprendere che non è la Fraternità che costituisce un problema? Nella Chiesa vi è effettivamente un problema, ma esso non è la Fraternità; noi siamo un problema solo perché diciamo che vi è un problema. Allora noi chiediamo che si occupino del vero problema. Noi siamo pronti, noi desideriamo solo una cosa: affrontare il vero problema.

Voi capite bene che perché essi accettino di cambiare una posizione simile, umanamente non v’è una grande speranza. Forse le delusioni della Chiesa? Il fatto che adesso si manifestano in maniera più chiara il disastro, l’infertilità: non vi sono più vocazioni. È spaventoso. Qualche minuto fa guardavo il numero delle Suore di Carità, queste suore che erano dappertutto in Francia: tra i 30 e 40 anni credo che in tutta la Francia ve ne siano solo 3. Sempre 3 tra i 40 e 50 anni. Il gran numero, cioè quasi 200, si situa tra i 70 e gli 80 anni e tra gli 80 e i 90 anni. Certe hanno più di 100 anni, e sono più numerose di quelle che hanno 20, 30, 40 e 50 anni. Se si prendono quelle che hanno da 20 a 50 anni, se ne ha una di più rispetto a quelle che hanno 100 anni e più: 9 a 8. Queste suore che in tutte le campagne si occupavano di tutte le opere di carità! Finite. Ecco un esempio tra mille. Prendete i preti, considerate gli aspetti che volete: è una Chiesa che muore, che sparisce. Questo dovrebbe quantomeno far riflettere. Si pensa, si spera che qualcuno cominci a riflettere. Si ha proprio l’impressione che questo non basti. Certamente, occorre una grazia. Occorre pregare.

Pregate! Pregate perché il Buon Dio veramente liberi la Chiesa, perché la Santa Vergine faccia qualcosa. È Lei che ha promesso che alla fine il suo Cuore Immacolato trionferà per portare la Chiesa fuori da questo disastro. Per noi che siamo implicati in questa grande battaglia per la Chiesa, è un onore straordinario poter essere oggi membri di questa Fraternità. Così chiediamo alla Vergine Santissima di essere dei degni membri di questa Fraternità. Viviamo fedelmente, secondo i suoi statuti. Seguite il regolamento del seminario, come vi è stato chiesto, con tutto il cuore, mettendovi la grande carità che gli statuti della Fraternità ci chiedono. Chiediamo alla Santissima Vergine Maria che tutti i giorni, realmente, possiamo piacere a Dio, santificarci, e con questo possiamo guadagnare delle anime al Buon Dio, queste anime che ci sono state affidate, per la maggior gloria di Dio, per l’onore della Santissima Vergine e per quello della Chiesa. Così sia.





dicembre 2011

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