Intervista di
Mons. Gerhard Ludwig Müller
nuovo Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede,

rilasciata alla KNA,
agenzia della Conferenza Episcopale Tedesca
e pubblicata su Kath.net


il 4 luglio 2012

le sottolineature sono nostre

KNA: Signor Arcivescovo, cosa prova per questa sua nomina?
Mons. Müller: Gratitudine per la fiducia accordatami dal Papa. Non è un compito facile, considerando la totalità della Chiesa mondiale, ma è un bel compito quello di poter servire il Papa nel suo insegnamento. L’incarico ha una dimensione ecclesiastica universale e non ha niente a che fare con la centralizzazione.

KNA: Quando ha saputo che sarebbe dovuto andare a Roma?
Mons. Müller: Già da un po’. Ma il cambiamento di incarico deve seguire il suo iter ordinato.

KNA: Sa perché il Papa lo ha nominato? Voleva un tedesco, un teologo, qualcuno di cui fidarsi?
Mons. Müller: Certo non per la nazionalità, come cattolici apparteniamo tutti alla Chiesa mondiale. Ma il Santo Padre conosce me e il mio lavoro teologico, non solo come autore, ma anche come esperto del Sinodo dei Vescovi a Roma e dei comitati per l’ecumenismo e la fede della Conferenza Episcopale tedesca.

KNA: Quando avrà inizio il suo incarico?
Mons. Müller: Ho già iniziato, il 2 luglio.

KNA: Lei adesso è una delle persone più importanti del Vaticano e uno dei più stretti collaboratori del Papa. Quali saranno i suoi primi passi?
Mons. Müller: Mi sono già incontrato con i responsabili della Congregazione, per avere un quadro delle procedure e delle responsabilità quotidiane. Il lavoro è molto ampio: la Congregazione per la Dottrina della Fede si compone di tre uffici: dottrinale, disciplinare e matrimoniale. Il Prefetto è anche Presidente della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale. Abbiamo circa cinquanta impiegati diretti. Poi c’è la Feria quarta, la riunione di cardinali che si tiene ogni quattro settimane.

KNA: Quali sono le vostre sostanziali priorità?
Mons. Müller: La Congregazione è responsabile della promozione della dottrina della fede e non solo della sua protezione. La riorganizzazione del 1965 ha posto quest’aspetto positivo al centro. Si tratta di promuovere la teologia e il suo fondamento nella Rivelazione, per garantirne la qualità, nonché di considerare gli importanti sviluppi intellettuali su scala mondiale. Non possiamo semplicemente e meccanicamente ripetere la dottrina della fede. Essa dev’essere associata agli sviluppi intellettuali del tempo, ai cambiamenti sociologici, al pensiero della gente.

KNA: Cosa si vuole sottolineare in particolare? Soprattutto, cosa si vuole affrontare nel prossimo futuro?
Mons. Müller: La Congregazione ha il compito di sostenere il Papa nel suo magistero. Dobbiamo orientarci sulla base delle accentuazioni che egli pone nelle sue dichiarazioni. Durante il suo viaggio in Germania, Benedetto XVI ha posto al centro la questione di Dio. Ha anche parlato della mondanità della Chiesa – un argomento non relativo alla sola Germania. Si tratta della giusta comprensione della natura e della missione della Chiesa, di trovare il giusto equilibrio tra il separarsi dal mondo e l’adattarsi ad esso, così che possiamo servire realmente il mondo in nome di Gesù Cristo. In particolare dobbiamo contrastare una diffusa apatia in materia di fede. L’“Anno della Fede”, con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio e il ventesimo del Catechismo della Chiesa Cattolica, sarà un contributo essenziale in questo senso.

KNA: Lei inizierà il suo lavoro in un momento turbolento per il Vaticano. O il Vaticano attualmente è nuovamente a posto?
Mons. Müller: Concretamente, non so molto di questo. Resta da vedere cosa riveleranno le indagini. Quello che mi sembra importante è che non si può trascurare il buon lavoro svolto da molte centinaia di impiegati d Curia. Essi sono ingiustamente associati a queste azioni individuali, si è creata l’impressione che siano tutti coinvolti. Questo è assolutamente fuori questione.

KNA: Un altro argomento importante a Roma è l’anniversario del Concilio. Cosa si aspetta da uno sguardo retrospettivo?
Mons. Müller: Non abbiamo bisogno di un’ermeneutica che si imponga al Concilio dall’esterno. È importante approfondire l’ermeneutica che è inclusa nel Concilio stesso: l’ermeneutica della riforma nella continuità, come ha ripetutamente sottolineato il Santo Padre. Un Concilio è l’espressione del più alto magistero della Chiesa, dei vescovi in comunione col Papa.
In questo senso, il Concilio Vaticano II è stato un evento meraviglioso, sebbene di un tipo po’ diverso rispetto ai concili precedenti. La sua legittima intenzione era, non solo di rispondere a certi errori per correggerli, ma di fornire una visione globale della fede cattolica. Non mirava a singoli elementi, ma al quadro generale, alla grande architettura della Chiesa attuale composta da ampie sale dove ci si può sentire a casa e vivere gioiosamente.

KNA: E tuttavia il Concilio ha creato dei problemi, per esempio con la Fraternità San Pio X.
Mons. Müller: Chiunque si dica cattolico, deve anche mantenere i principi della Fede cattolica. Questi non sono stabiliti dalla Congregazione per la Dottrina della Fede o da chiunque altro, ma ci sono dati dalla Rivelazione di Dio in Gesù Cristo, che è stata affidata alla Chiesa. Non si può quindi prendere da essa ciò che rientra in una data struttura. Occorre piuttosto essere aperti all’insieme della fede cristiana, all’intera professione di fede, a tutta la storia della Chiesa e allo sviluppo del suo insegnamento. Si dev’essere aperti alla Tradizione vivente, che non finisce da qualche parte – diciamo nel 1950 -, ma va avanti. Nella misura in cui apprezziamo la storia con i suoi grandi successi, dobbiamo comprendere che ogni epoca è anche collegata direttamente a Dio. Ogni epoca ha le sue sfide. Non si può spiegare un’epoca storica secondo il modello classico, ma si cammina da una sommità alla successiva.





luglio 2012

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