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e il giudizio della FSSPX basato sui motivi addotti per la sua “esclusione” è privo di effetti fonte In
questo articolo non giudicheremo la forma, ma il fondo, non ci
occuperemo dei fatti rimproverati, poiché non ci interessano, ma
solo del diritto, del fondamento.
Se Mons. Williamson arrivasse in Cassazione, davanti al tribunale romano che sembra piacere tanto a Mons. Fellay, egli la spunterebbe facilmente, le sentenze di Mons. Fellay sono nulle e non pronunciate, esse devono essere prive di effetti, come spiega in questa sintesi un canonista. Un vescovo della Fraternità
può esprimersi liberamente?
1/ CIC 1917, can. 627. § 1. Religiosus, renuntiatus Cardinalis aut Episcopus sive residentialis sive titularis, manet religiosus, particeps privilegiorum suae religionis, votis ceterisque suae professionis obligationibus adstrictus, exceptis iis quas cum sua dignitate ipse prudenter iudicet componi non posse, salvo praescripto can. 628. § 2. Eximitur tamen a potestate Superiorum et, vi voti obedientiae, uni Romano Pontifici manet obnoxius. §
1. Il religioso, eletto Cardinale o Vescovo, residenziale o titolare,
rimane religioso, partecipa dei privilegi della sua religione, è
soggetto ai voti e a tutte le altre obbligazioni della sua professione,
eccetto quelle che, in base alla sua prudenza, egli stimi come non
compatibili con la sua dignità, salvo quanto prescritto dal Can.
628. [il Can. 628 tratta solo il diritto dei beni materiali].
§ 2. Egli è esente comunque dalla potestà dei suoi Superiori e, in forza del suo voto d’obbedienza, rimane sottomesso solo al Romano Pontefice. 2/ CIC 1983, can. 705. Religiosus ad episcopatum evectus instituti sui sodalis remanet, sed vi voti oboedientiae uni Romano Pontifici obnoxius est, et obligationibus non adstringitur, quas ipse prudenter iudicet cum sua condicione componi non posse. Il
religioso elevato all’episcopato continua ad essere membro del suo
istituto, ma in forza del voto di obbedienza è soggetto
solamente al Romano Pontefice e non è vincolato da quegli
obblighi che, nella sua prudenza, egli stesso giudichi incompatibili
con la propria condizione.
3/ Lettera di Mons. Lefebvre ai futuri vescovi, 28 agosto 1987 a/ «io mi vedo costretto dalla Divina Provvidenza a trasmettere la grazia dell’episcopato cattolico che ho ricevuta, affinché la Chiesa e il sacerdozio cattolico continuino a sussistere per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. È per questo che, convinto di compiere solo la santa Volontà di Nostro Signore, con questa lettera vi chiedo di accettare di ricevere la grazia dell’episcopato cattolico, come l’ho già conferito ad altri sacerdoti in altre circostanze». b/ «Lo scopo principale di questa trasmissione è di conferire la grazia del sacramento della Cresima ai ragazzi e ai fedeli che ve la chiederanno». c/ «Infine, io vi scongiuro di rimanere legati alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, di rimanere profondamente uniti tra voi, sottomessi al suo Superiore Generale, nella fede cattolica di sempre, ricordatevi di queste parole di San Paolo ai Galati: «Sed licet nos aut angelus de coelo evangelizet vobis praeterquam quod evangelizavimus vobis, anathema sit. Sicut praedicimus et nunc iterum dico: si quis evangelizaverit praeter id quod accepistis, anathema sit.» [se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema! L’abbiamo detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema! (Gal. 1, 8-9)].» Domanda Mons.
Williamson è vescovo ausiliare della Fraternità San Pio
X, non ha alcun incarico nella Fraternità San Pio X.
È accusato di essersi espresso liberamente nel suo blog su internet (Commenti Eleison) e di avere amministrato dei sacramenti (Cresime in Brasile) senza mandato del suo Superiore generale. In
che misura questo è compatibile con l’ubbidienza al Superiore
generale? Posto che nella particolare circostanza delle consacrazioni
episcopali del 1988, Mons. Lefebvre ha scongiurato gli eletti
all’episcopato a rimanere sottomessi al Superiore generale?
Risposta Il
vescovo membro di un istituto, non è un membro come gli altri.
Il suo episcopato, la sua dignità per il Codice del 1917 o la
sua condizione per il Codice del 1983, è indipendente dai suoi
Superiori. Il Diritto Canonico gli riconosce l’esenzione dagli obblighi
del suo istituto quando questi siano incompatibili col suo episcopato:
e il discernimento circa questa esenzione rientra nella sua prudenza
(ipse prudenter) (Can. 627, § 1).
Che questo vescovo possieda o meno il governo, non cambia niente circa questo elemento del diritto. Il Codice del 1917 considera il vescovo sia residenziale sia titolare, cioè che governi o meno una diocesi. Il Codice del 1983 si attiene al religioso elevato all’episcopato, senza altra precisazione. In effetti, il diritto della Chiesa protegge qui l’episcopato senza riserve. Le circostanze delle consacrazioni del 1988 non cambiano alcunché: Mons. Lefebvre, il 30 giugno 1988, trasmette evidentemente il suo stesso episcopato (cfr. 3a), quello stesso che gli è stato trasmesso: l’episcopato cattolico. Questo episcopato non si restringe alla trasmissione dei sacramenti dell’Ordine e della Cresima: Mons. Lefebvre dice che questa è la sua prima intenzione, il suo scopo principale (cfr. 3b), dunque non lo scopo esclusivo. Il monito di Mons. Lefebvre di rimanere «sottomessi al suo Superiore Generale» (cfr. 3c), si applica nel quadro del Can. 627/1917, ripreso dal Can. 705/1983. Così: visti i canoni 627 e 705;
visto il monito di Mons. Lefebvre:
Mons. Williamson si trova nel suo giusto diritto e il giudizio della FSSPX basato sui motivi addotti per la sua “esclusione” è privo di effetti. (torna
su)
ottobre 2012 |