Conferenza

di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X


  5 gennaio 2013

Pubblicata nel sito
Un évêque s'est levé!


La conferenza si è svolta sabato 5 gennaio.
Domenica 6 è stata celebrata la S. Messa pontificale cantata, che ha occupato tutta la mattinata. Alla S. Messa è seguito un pranzo amichevole, animato da numerose conversazioni tra i convitati, che si è concluso alle 17,00.

Il testo che segue è stato sottoposto a Mons. Williamson prima di essere pubblicato.

I sottotitoli sono redazionali.




Lo stato della questione

Dopo il Vaticano II, sono stati i laici che hanno fatto molto per salvare il resto, oggi è ben possibile che dopo il Vaticano II bis, siano ancora i laici che faranno molto per salvare il resto del resto.
La situazione, evidentemente, è molto grave. Era grave già cinque anni fa ed è ancora più grave oggi, e rischia di aggravarsi, aggravarsi e aggravarsi, perché il Buon Dio, sicuramente per punizione nel caso in cui questo faccia parte del suo piano, il Buon Dio vuole purificare i cattolici. Egli vuole che noi si comprenda che le mezze misure non servono più. Sembra che non si voglia imparare la lezione. Dunque serve ancora del castigo. Così sembra a me.

Don François Chazal ha detto molto bene, in primavera: “la maschera è caduta, ma dopo il Capitolo del mese di luglio, è tornata al suo posto”. Dunque, Menzingen, con il Capitolo generale, è riuscito ad arginare la resistenza, ad ingannarla, ad ammorbidirla, e dunque la resistenza perde la sua certezza, perde la sua partita, perde la sua ragion d’essere, fintanto che essa crede che la questione sia chiusa perché non c’è più la possibilità, né la probabilità in un prossimo futuro, di un’intesa con Roma.

Costoro sono dei liberali da lunga data: non è da ieri che abbiamo il liberalismo di Don Schmidberger, di Don du Chalard, di Don Lorans, di Mons. Fellay e di Don Pfluger. Si tratta delle teste che dirigono, e di fatto essi hanno questa attitudine da lungo tempo. Farò due esempi. Ma si tenga presente che, come diceva Padre Vallet, spesso citato da Padre Barielle, quand’ero seminarista a Ecône: “un liberale, salvo una grazia speciale, non si converte”.

I liberali sono dei crociati e la loro crociata è divina perché ha una dimensione divina, e ha una dimensione divina perché è una crociata contro Dio. Il liberalismo è la guerra a Dio, la guerra fatta a Dio, e poiché si tratta di silurare Dio, ebbene, tutto è permesso! Tutti i mezzi sono permessi, quindi, mentire, tradire, ingannare, è tutto santo. Non è credibile, ma è così, e noi l’osserviamo e lo constatiamo tutti i giorni! E questo non si cambia da un giorno all’altro. Proprio al contrario.

Dunque, questa squadra che ha sequestrato la Fraternità non demorde. Essa fa un passo indietro per avanzare due passi avanti! E aspetta, questa cupola (come si dice in spagnolo e in italiano), questa cupola della Fraternità aspetta che il deterioramento della Fraternità sia più avanzato, perché la prossima volta passi l’accomodamento con Roma.

Di fatto si può pensare che l’intesa con Roma, l’accordo con Roma, sia solo la nona parte dell’iceberg che si affaccia, mentre al di sotto vi sono sempre gli 8/9 che sono il liberalismo crescente.
Diversi tra voi, l’ho sentito qui e là, diversi tra voi osservano questo liberalismo tra i laici e tra i sacerdoti, e oggi, nel nostro povero mondo, non c’è niente di più tipico, niente è più normale di questo processo di liberalizzazione. In effetti, essendo la crociata del liberalismo ben piazzata ai vertici della Fraternità, non c’è che attendere la prossima volta perché questo accada. Nessuna possibilità che essi invertano rotta e, senza un miracolo, la Fraternità non può essere salvata.
Il Buon Dio ci donerà un miracolo? Non è escluso! Ed è questo che confonde, che blocca i più chiaroveggenti, se posso dire così, cioè coloro che guardano come senza speranza a questa situazione dei vertici della Fraternità, ma quello che è imponderabile, incalcolabile, è un intervento di Dio!
Dunque, è possibile, ma senza di esso, umanamente, la Fraternità è perduta.

L’affare Mater Dei

Faccio due esempi dell’annosità del liberalismo di Menzingen. Si tratta dell’85/86, qualcuno di voi forse se lo ricorda?
Sono passati più di 25 anni da quando c’è stato l’affare Mater Dei, il seminario che si voleva installare a Roma per i seminaristi di Ecône.
C’era un capo tra i seminaristi di Ecône, un capo che guidava un piccolo gruppo di seminaristi. Allora, prima di partire per Roma, essi fecero propaganda in seminario, per attirare il più gran numero possibile di seminaristi, per svuotare Ecône e trasferire a Roma la maggiore quantità possibile di seminaristi.

Come poteva farsi una cosa del genere, senza avere assicurazioni da Roma? È del tutto logico pensare che il Card. Ratzinger fosse della partita.

Quindi, in seminario c’era questo gruppo di seminaristi, e in quel momento il Superiore del Seminario di Ecône era Don Lorans, mentre Don Schmidberger era il Superiore generale della Fraternità. Certo, nel 1985 Mons. Lefebvre era ancora in vita, e in seminario si cominciava a sapere molto bene chi fosse impegnato nella cosa.
Alla fine la cosa preso corpo e il gruppo partì per Roma. Don Lorans e Don Schmidberger proibirono che Mons. Lefebvre fosse informato dei dettagli. In altre parole, Don Lorans e Don Schmidberger, forse, forse, erano già in combutta col Card. Ratzinger. Comunque sia, essi nascosero qualcosa a Mons. Lefebvre!

Eravamo ancora nell’85/86, e nel prosieguo la cosa a Roma si incasinò – non so se il termine è elegante, vi chiedo scusa [risate];
il capo dei seminaristi scrisse a Mons. Lefebvre per scusarsi in qualche modo, dicendogli: siamo stati ricevuti molto male a Roma, tutto quello che ci era stato promesso non ci è stato dato… esattamente come aveva previsto Mons. Lefebvre.
Al momento delle consacrazioni, Mons. Lefebvre ne approfittò per indicare che per la Tradizione non c’era nulla da sperare da parte del Card. Ratzinger e da parte di Roma.
Questo è un esempio di quel liberalismo! C’è almeno il sospetto della presenza di quel liberalismo, in questi due dirigenti della Fraternità!

Il G.R.E.C.

L’altro esempio è il G.R.E.C.! Questo è noto adesso dal piccolo libro che ha scritto il Padre Lelong. Quanti di voi hanno letto il libro? Si intitola Pour la nécessaire réconciliation. Qualcuno l’ha letto? Sì, se n’è sentito parlare! Esso non è difficile da riassumere! Non è difficile da descrivere, perché si compone di sole 120/130 pagine, un piccolo libro, facile da leggere…

[dalla sala arriva una domanda incomprensibile.
– Risposta: Ho risposto a tutto, su internet! (risate)]


Tutto il bene, tutto il male è su internet. E in mezzo a tutta la spazzatura, certo, sicuramente, sicuro, vi sono quanto meno delle verità su internet, ed è per questo che la cupola si scaglia contro internet, perché internet infrange il monopolio dell’informazione, ed anche il segreto di Menzingen è fastidioso, fastidioso per il Nuovo Ordine Mondiale. (…)
Perché questo rompe il monopolio dell’opinione pubblica, prima potevano avvelenarci con i loro mezzi di comunicazione, con i loro menzogneri mezzi di comunicazione, adesso i loro giornali sono in calo, perché la gente legge sempre meno, perché per un verso internet è più facile e per l’altro vi sono molte più verità su internet che nei mezzi di comunicazione. Dev’esserci della gente che se ne rende conto e dunque i giornali sono in calo.

Bene, ritorniamo al G.R.E.C. Questo piccolo libro è stato scritto da Padre Lelong, un domenicano, un prete molto accettabile nell’ambiente dei salotti parigini.
Nel 97/98 il vecchio ambasciatore di Francia in Vaticano, il Sig. Gilbert Pérol, ha in testa l’idea di organizzare in privato degli incontri molto discreti tra i preti del Vaticano II e i sacerdoti della Fraternità. La cosa derivava, senza alcun dubbio, dal desiderio di conciliare la buona Messa cattolica di Mons. Lefebvre e la buona autorità di Roma!
Visto che Roma è cattolica e Mons. Lefebvre è cattolico, perché, dice, questo scontro tra i due?
Non ha senso, e allora, da buon diplomatico, il Sig. Pérol scrive un documento: se solo potessimo organizzare degli incontri amichevoli, molto discreti perché questo potrebbe offendere gli uni e gli altri, degli incontri regolari tra le due parti, perché tutti espongano il proprio punto di vista senza arrabbiarsi, non bisogna assolutamente arrabbiarsi, noi non siamo affatto dei teologi – Ah!? -  Io sono un diplomatico dunque penso ai mezzi diplomatici per risolvere questo terribile problema nella Chiesa.

Non siamo teologi”… Sofisma!
Voi non siete dei teologi, i laici non sono dei teologi da seminario o dei teologi laureati, ecc. Cioè i laici devono conoscere bene il catechismo. E conoscendo il loro catechismo essi non hanno bisogno di mettere tra parentesi la dottrina.
È esattamente ciò che ha fatto questo piccolo gruppo del G.R.E.C.; fin dall’inizio essi hanno messo tra parentesi la dottrina. E dunque, con il mezzo diplomatico – che è massonico di fatto, che è l’idea massonica - per mezzo della diplomazia, dell’amicizia, degli incontri amichevoli, della mutua fiducia, …ecco la tiritera…, noi forse potremo creare – modesti, non è vero?
Potremo forse creare un’atmosfera che permetta ai teologi di comprendersi!
Voilà! E allora trafficano sotto banco per queste riunioni molto private.

All’inizio degli anni 2003/2004, la cosa si allarga un po’, gli incontri finiscono col diventare pubblici, questo non sembra spaventare nessuno, nessuno ne parla, l’idea di farli si afferma, vi sono sempre dei sacerdoti della Fraternità nella faccenda, vi sono dei rappresentanti della Fraternità che in queste riunioni prendono la parola.

Si può dire che dei laici dimentichino l’importanza della dottrina? E sia!
Che dei preti del Novus Ordo dimentichino la dottrina? È il loro mestiere!
Ma che dei sacerdoti della Fraternità San Pio X si infilino in un contesto in cui per principio si mette tra parentesi la dottrina… questo è un tradimento!

E dunque si possono avere dei dubbi sui quattro sacerdoti della Fraternità la cui immagine appare in questo libro (perché qua e là vi sono anche delle fotografie)… vi sono quattro sacerdoti della Fraternità: Don Schmidberger, Don du Clalard, Don Lorans e Mons. Fellay, vi sono tutti!

[discussione incomprensibile in sala]
[qualcuno  ricorda il titolo del lavoro di Paul Chaussée: seguito alla pubblicazione del libro in collaborazione Célier/Pichon Benoît XVI et les traditionalistes, del 2007]

Mons. Williamson riprende:

Don Célier scrive un lavoro di 40 pagine sulle ragioni per le quali Mons. Fellay dovrà discutere un accordo con Roma. La prima parte spiega perché Mons. Fellay non deve firmare adesso, la seconda parte perché potrà firmare domani. Conclusione, tutto dipende dal gran pezzo grosso, dal gran capo irrefrenabile, saggio come nessun altro, che è Mons. Fellay. Questa era la conclusione in quel momento.

La cosa rimase riservata, salvo qualcuno che si distinse tra i membri del Consiglio generale di cui facevo parte in quel momento.
Allora, qualcuno mise la cosa in mano ad un laico, che la pubblicò, e da quel momento Mons. Fellay fece marcia indietro in pubblico e sconfessò pubblicamente Don Célier! Perché Mons. Fellay non è niente se non fa il politico! In rapporto all’intra è un politico molto abile. Ad extra ingenuo come nessuno!
Davanti ai politici di Roma è un imbecille! Io penso che egli creda di essere più volpe delle volpi romane. E questa è una cosa imbecille! Imbecille! Ma per tirare le redini all’interno della Fraternità, capacissimo.
Una volta che si scopre il personaggio, egli non seduce più, ma fino ad allora è un gran seduttore!

Verso il 2007, la cosa diventa più pubblica, questa idea si allarga, e poi hanno dovuto pensare che i colloqui dal 2009 al 2011 siano stati il compimento della spinta operata da questo Groupe de Réflexion Entre Catholiques [– GREC – Gruppo di riflessione tra cattolici]… cattolici, sia della Tradizione, sia della Chiesa conciliare, si ha tutti lo stesso nome “cattolico”… dunque bisogna intendersi.

Ecco qual’era l’idea! E poi i colloqui non hanno funzionato. E questo ha dovuto essere una crudele delusione, penso, per questi non-teologi che, se avessero avuto anche solo un po’ di buon senso cattolico, si sarebbero resi conto che si cercava di conciliare gli inconciliabili, ma, giustamente, mancando di questo poco buon senso del catechismo, mancando totalmente del senso della dottrina – ecco cos’è grave! – mancando totalmente del senso della dottrina, la cosa non è riuscita… perché – non so come – Mons. Fellay mise nel gruppo Mons. de Galarreta, Don de Jorna, Don Gleize e Don de La Roque. Non ci mise Don Célier! Probabilmente perché pensava che non sarebbe passato!
Perché Don Célier è bruciato, se così posso dire, dopo l’intervento del Sig. Chaussée!
Don Célier è un personaggio, se posso dirlo, di gran malaugurio!
La spinta del G.R.E.C. per il momento si è fermata, ma certo quelli non si convertono. E non so cosa fanno per il momento.

[nuovo scambio di battute con la sala, difficile da seguire!]

Mons. Williamson:

Moderati e liberalismo… sono testa e croce di una stessa moneta! Apparentemente è sorprendente, ma un liberale può farsi moderato e un moderato può diventare facilmente liberale. Mi sembra.
Non è per ridicolizzare i sedevacantisti, che sono molto più simpatici dei liberali! Perché i sedevacantisti hanno la fede, altrimenti le deficienze del Papa non li preoccuperebbero, ed hanno anche della logica. Dunque riflettono e hanno la fede, molto più che i liberali! Il liberale è la dissoluzione di ogni pensiero, la dissoluzione di ogni verità, la dissoluzione di ogni dottrina. Ed è questo che è grave.

Tutto questo vuol dire che questi quattro eminenti sacerdoti della Fraternità San Pio X non hanno mai compreso Mons. Lefebvre. Ecco la mia conclusione.

Mons. Lefebvre, colomba e falco

Io ero in seminario tra il ’72 e il ’76. A quel tempo si facevano 5 anni con Mons. Lefebvre, ma egli stringeva il più possibile per mettere in campo e per dare al mondo dei sacerdoti il più presto possibile. Perché mancavano totalmente dei sacerdoti, era questa la preoccupazione di Mons. Lefebvre in quel momento!

Dunque si stringeva molto, ed io ero là in quel momento, e vedevo tanti bravi giovani che erano con me e che entravano in seminario con me e vedevo una crisi liberale di cui non capivo niente, ero un poveretto perduto, menato per il naso dal Buon Dio, credo di poterlo dire! Dio è Dio! (risate).

Bene! Crisi liberale del ’73! Crisi liberale del ’75! Crisi liberale del ’77!
Io non c’ero più.

Dopo questa crisi del ’77, Mons. Lefebvre mi riporta subito a Ecône, perché erano andati via diversi professori, Don Gotfried, Don d’Argenson, Don Bertaud il più triste di tutti! E allora c’erano dei buchi da tappare.
Mi ricordo della prima lezione di teologia che ho tenuto – sono molto fiero di questo giuoco di parole, dissi: “reverendi, io sono un tappa buchi, cioè un buco con una grande bocca!” [in francese: scherzoso equivoco tra bouche-trou e trou avec bouche].

E ogni volta c’erano delle piccole colombe e il falco Mons. Lefebvre arrivava e rimetteva tutto in ordine.
Nel ’73 ci fu il caso di Don Jacques Masson.
Nel 75 ci fu la sospensione a divinis e molti professori andarono via, compreso il domenicano, il bravissimo teologo, il domenicano Thomas Merlet di Friburgo, non voleva più insegnare.
Vi fu un grande abbandono di professori, e anche di qualche seminarista!

In quella occasione, io andai nell’ufficio di Mons. Lefebvre per dirgli più o meno: “Mons. Lefebvre, cos’è che sta facendo, che succede? La cosa è un po’ grave”. E mi ricordo la sua risposta: “Ebbene, se tutti i professori ci lasciano, bisognerà che i seminaristi imparino da soli nei manuali“.
Cioè: io non cambio rotta, non cambio direzione, io so esattamente dove voglio andare, so dove conduco i seminaristi e se non c’è nessuno che mi aiuta ad istruirli, allora impareranno dai vecchi manuali la buona dottrina di ieri.

Nel ’77 ci fu ancora una grave partenza…

Il fatto è che Mons. Lefebvre aveva due lati, il lato colomba e il lato falco. Per la dottrina era un falco! Per la pastorale era una colomba! E la colomba attirava perché il falco non si mostrava. E ci si poteva lasciare attirare da Mons. Lefebvre come dalla più attraente colomba cattolica! Ma non c’era da aspettare molto per incontrare il falco che c’era sotto, ed era il falco che dirigeva la colomba e non la colomba che dirigeva il falco. L’essenziale di Mons. Lefebvre era questo fondo dottrinale.
Prima dell’88 ci si poteva sempre sbagliare con questo istinto liberale del mondo moderno, ci si poteva sempre sbagliare pensando che il falco non fosse il vero Mons. Lefebvre. Non si voleva discernere. Si voleva che Mons. Lefebvre fosse solo una colomba. Si voleva che egli fosse molto semplicemente la migliore continuazione degli anni ’50, che peraltro furono spazzati via dal Concilio.

Il “Cinquantismo”

Negli anni ’50 vi era ancora un cattolicesimo conveniente, senza volerlo ingiuriare troppo. Comodo. Vale a dire che si era cattolici, si credeva, si aveva la fede, si voleva vivere e morire cattolici. Ma intanto le pressioni del mondo moderno in dolcezza e in violenza, erano talmente forti che si voleva vivere non troppo in guerra col mondo moderno.
Il cattolicesimo degli anni ’50 si trovava ancora ad una certa altezza, infatti se non si fosse ad una certa altezza non si potrebbe cadere, e il Vaticano II è stato una gran caduta!
Dunque, il cattolicesimo, prima del Vaticano II, si troava ancora ad una certa altezza. E Mons. Lefebvre ne è stato la prova, perché egli aveva svolto un ministero magnifico in Africa, sostenuto dal Papa, sostenuto dai cardinali di Roma, con i quali si intratteneva spesso quanto tornava dall’Africa, fu Monsignore che scrisse la gran parte di una enciclica firmata da Pio XII: sulle missioni, sulla necessità dei sacerdoti per le missioni.
Dunque egli era assolutamente autentico. Ma io credo che si possa pensare che nella persona di Mons. Lefebvre, la colomba e il falco non fossero perfettamente integrati. Intendo dire che la gente rimaneva sorpresa appena vedeva apparire il falco.
Penso che in Mons. Lefebvre la pastorale indebolisse la dottrina, una pastorale che corrispondeva ad una dottrina che non era la sua. Credo che fosse stato modellato dalla Chiesa degli anni ’30, ’40 e ’50, e bisogna tenere presente che il verme era già nel frutto fin dagli anni ’20: si pensi all’Action française e a tutta la decadenza che ne seguì!

Dunque, il male era già ben piazzato nella Chiesa fin dagli anni ’20. Mons. Lefebvre era molto leale, egli ha saputo apprendere dal Padre Le Floch al seminario francese, ha saputo assimilare la buona dottrina. La buona dottrina delle encicliche anti-liberali che imparò da Padre Le Floch, ma lui stesso ci diceva che quando arrivò in seminario credeva ancora alla separazione tra la Chiesa e lo Stato. Le sue idee liberali erano quelle del tutto correnti già da un secolo.
In altre parole, quando si analizza la cosa adesso, io penso che ci sia stato un aspetto “cinquantista” anche in Mons. Lefebvre. E credo che sia questo che abbia determinato il pasticcio, perché il minimo difetto in un fondatore si mostra ineluttabilmente in seguito. Vi è un detto, molto divertente, ma non molto elegante, in spagnolo: “È quando sale sull’albero che alla scimmia le si vede il fondo schiena!”. È solo un’immagine, ma che dice una grande verità! E cioè che più si è superiori, più le deficienze sono pericolose. È per questo che è necessario che i Superiori siano più perfetti possibile.
Infine, bene…

Domanda: Lei crede che si tratti di una deficienza di ordine dottrinale, piuttosto che di ordine pastorale?

Risposta: In questo caso, sì! Perché ogni pastorale corrisponde ad una data dottrina! E bisognerebbe riflettere di più per precisare meglio la cosa, ma il “cinquantismo” era già molto diffuso. Io non ero cattolico in quel momento!
Evidentemente, dire questo non significa togliere alcunché all’eroismo di Mons. Lefebvre, alla sua grande fede, a quell’incredibile impresa con la quale ha costruito una piccola piramide sotto la grande piramide che faceva di tutto per schiacciarla, che gravava con tutto il suo peso su questa piccola piramide, per eliminarla.
Egli ha tenuto testa, ha mantenuto, ha conservato, ha salvato… è un modo di dire, ma che corrisponde in gran parte alla verità… egli ha salvato il sacerdozio, ha salvato i sacramenti.
Dove saremmo oggi senza tutto questo? E ci ha trasmesso ciò che aveva ricevuto.
Non è stato assolutamente perfetto, bene! Ma a fianco di ciò che si possono considerare come le sue imperfezioni… che grande uomo di Dio!
Questo non vuol dire togliere qualcosa alla sua grandezza, ma cercare di riparare le radici del male. Del male odierno.

Le radici non sono difficili da individuare: sono il liberalismo del mondo moderno. È il liberalismo che ha fatto quello che si chiama “cinquantismo”, questo cattolicesimo seriamente deficitario degli anni cinquanta, che si collocava ancora ad una certa altezza, tanto che gli anni ’60 sono stati una terribile caduta! D’altronde, il cattolicesimo degli anni ’50 era troppo a ridosso del dirupo, altrimenti non sarebbe potuto cadere.
Il cattolicesimo degli anni ’50, a confronto con ciò che è seguito, era ancora angelico, ma è responsabile di ciò che è seguito.

Il liberalismo della Chiesa conciliare ai vertici della Fraternità San Pio X

Il punto essenziale, qui, è che Mons. Fellay, Don Lorans, Don du Chalard, Don Schmidberger, questi quattro – che sono i quattro che compaiono nelle pagine del piccolo libro di Padre Lelong -, questi quattro vedevano in Mons. Lefebvre solo la migliore continuazione del cattolicesimo degli anni ’50. Non vedevano, non discernevano il fondo dottrinale di Mons. Lefebvre! E non lo comprendevano, perché, come quasi tutti oggi, in questo mondo fabbricato dai massoni, essi non comprendevano l’importanza della dottrina.
E chi sa oggi dell’importanza della dottrina? Pochi, pochissimi!

Per esempio, abbiamo il termine “indottrinamento”, che è un brutto termine perché è peggiorativo. “Indottrinamento”, cioè che ogni dottrina è malvagia perché è necessaria la libertà di pensiero. Ogni dottrina chiude il pensiero e invece è necessario che il pensiero rimanga aperto e libero di andare dove vuole! Ed allora, ecco che tutto il mondo moderno, seguendo la massoneria, va a dissolvere il modo di pensare, per dissolvere la verità, per dissolvere la dottrina e la verità che conduce a Nostro Signore e che porta le anime in Cielo.

La Massoneria vuole tutte le anime all’Inferno, quindi va in profondità! I massoni sanno quello che fanno col libero pensiero e la dissoluzione del modo di pensare, è una cosa terribile, orribile! E oggi questo è dappertutto e è questo il problema.

In questo piccolo libro del G.R.E.C. abbiamo la testimonianza di questa debolezza dei chierici che sono passati per i seminari di Mons. Lefebvre.
Quattro chierici che hanno conosciuto tutti direttamente Mons. Lefebvre, che sono stati in seminario a Ecône quando c’era Mons. Lefebvre e hanno potuto capire tutto!
Ma ecco il problema odierno, di cui mi sono reso conto dirigendo il seminario della Fraternità negli Stati Uniti per 20 anni.

Negli Stati Uniti il liberalismo è il substrato, in Europa è il substrato, paesi un tempo cattolici, dove il substrato dovrebbe essere il cattolicesimo! In tutti i paesi d’Europa ci sono stati secoli e secoli di cattolicesimo e il liberalismo è arrivato solo dopo. Il liberalismo è la corruzione del cattolicesimo.
Ed è interessante vedere come il liberalismo corrompe il cattolicesimo. È col valore dell’individuo.
Ma questo valore dell’individuo è squilibrato, perché si dimentica, si svalorizza, si mette da parte il bene comune, non si comprende più l’aspetto sociale. Non si comprende più che l’uomo è naturalmente un essere sociale, come dei bambini che corrono dappertutto e si inseguono, e non si muovono in modo individuale. Per Jean-Jacques Rousseau: “l’uomo è per natura individuale”, nient’affatto!

Si arriva al fondo del problema: la Chiesa cattolica ha dato valore all’anima individuale, alla salvezza della persona, dell’anima individuale, ma questo nel caso di uno Stato naturale e della comunione dei Santi soprannaturale.
In altri termini, la Chiesa cattolica non ha mai concepito il valore dell’individuo senza inquadrarlo in un corpo sociale sano e quanto più santo, che porterà in Cielo, dove non vi saranno più per niente degli individui, ma la comunione dei Santi.
Dunque, la Chiesa non dimentica l’aspetto sociale e insiste perché lo Stato sia cattolico, ed ha difeso come poteva questa dottrina sociale. Vi è un nome per la dottrina della Chiesa cattolica che contrasta il liberalismo scatenato dalla Rivoluzione, si chiama “Dottrina sociale della Chiesa”, ed è questo che la distingue dal liberalismo. Cioè il rifiutarsi di concepire l’individuo solo come un individuo, cosa che invece fa il liberalismo.
Questa falsa idea del valore dell’individuo imperversa a partire dalla Rivoluzione francese, infetta il mondo intero e penetra in mezzo ai cattolici e nella Chiesa cattolica.
Il Vaticano II è la religione dell’Uomo; l’uomo-individuo ha un valore tale che egli ha il diritto, nella sua condizione civile, di essere lasciato libero di scegliersi la religione.
Cosa che è profondamente falsa, e che Mons. Lefebvre chiamava blasfemia, e voi vi ricordate cosa disse Mons. Fellay alla televisione americana: “la libertà religiosa del Concilio è una cosa limitata, molto, molto limitata!
Egli ha completamente perduto la linea di Mons. Lefebvre!
Don Schmidberger è molto deciso nel predicare il regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, ma non l’ha capito! È un “cinquantista” di fatto! Un bravo ragazzo nato nel 1947, se non mi sbaglio, nella Svevia, regione molto cattolica del sud-ovest della Germania, nato in una famiglia cattolica come il Card. Ratzinger, nella Germania del Sud, in una famiglia anch’essa molto cattolica.
Il piccolo Ratzinger, come si legge nella sua autobiografia, assorbe la liturgia di Natale e in quel momento ha un grande amore per questa liturgia classica, che fa sì che egli voglia che la liturgia non sia troppo moderna, ecc., ecc. Ma è un amore basato su una falsa dottrina. La testa conduce il cuore.
La testa del Card. Ratzinger si è completamente deteriorata al tempo del seminario, ricostituito velocemente dopo la guerra, a Monaco, con dei professori metà moderni e metà tradizionali.
Si legga la piccola autobiografia del Card. Ratzinger. S’intitola “La mia vita”, ne vale davvero la pena! In 120 pagine egli mostra la sua pecca, la sua terribile pecca, generata giustamente dall’essere stato esposto ad un miscuglio di professori.
Dopo la fine della guerra è stata rastrellata tutta la Germani, per raccogliere dei professori cattolici universitari che ricostituissero un piccolo seminario vicino a Monaco, dove si sarebbe potuto rilanciare, per così dire, la Chiesa.
Ne La mia vita, il cardinale racconta che quanto sosteneva la sua tesi su San Bonaventura davanti ai professori del seminario, questi si misero a discutere tra loro al punto da dimenticare che stavano esaminando un piccolo seminarista o un piccolo potenziale dottore!
Il cardinale si sarà trovato davanti a dei professori vecchio stile e a dei professori nuovi, e molto probabilmente i professori nuovo stile saranno stati più interessanti, probabilmente più giovani, più attraenti, meno retrogradi, …e conosciamo già il ritornello…, e così il bravo ragazzo si è lasciato sedurre.
Egli lesse San Tommaso e racconta direttamente nella sua biografia che per lui San Tommaso era troppo oggettivo, troppo impersonale, troppo logico, troppo chiuso, troppo scientifico, tutte cose per le quali una mente sana ammira e si diletta di San Tommaso d’Aquino.
Egli trovava molto più interessanti i filosofi moderni e si potrebbe fare un elenco di nomi bollati dalla Chiesa classica.

Questo per la Chiesa ufficiale.

Mons. Fellay, Don Schmidberger e l’attuale Papa, si assomigliano più di quanto non appaia! Si potrebbe dire che Mons. Fellay è un modernista che non si riconosce tale. Egli si vuole cattolico, io penso, egli si pensa cattolico, ma non capisce cosa significhi. Egli non capisce più che cosa significhi, ammesso che l’abbia mai capito. Si dice che Mons. Lefebvre avesse detto: “Giovanni Paolo II non è più cattolico, ammesso che lo sia mai stato!”. Cosa che egli avrebbe detto in Sudamerica.
Dunque, il problema è profondo, molto profondo, ed è quindi del tutto normale, sfortunatamente, che la Fraternità sia caduta o sia sul punto di cadere; ed è del tutto normale che dopo la morte di Mons. Lefebvre, nel ’91, dalla fine di quel decennio vi sia stato un G.R.E.C. a Parigi e perfino che si sia potuto avere, già prima, un sospetto di concertazione tra il Superiore della Fraternità, il Superiore di Ecône e il Card. Ratzinger a Roma.

Allora, verso dove si va domani?

Allora, verso dove si va domani? Onestamente, in questo non vedo così chiaro e sono interamente aperto alle vostre idee.
Diciamo così: tutti questi quattro, i quattro grossi marpioni che ho ricordato e che compaiono nel piccolo libro del G.R.E.C., questi quattro sono tutti passati per il seminario di Mons. Lefebvre, a Ecône, che era il solo in quel momento. Tutti e quattro hanno avuto una buona dottrina.
Ed ecco che ritorno al problema che ho incontrato negli Stai Uniti: con gli uomini moderni non è difficile riempir loro la testa, ciò che è difficile è farvi passare il senso della buona dottrina, questa è un’altra cosa!

Riempir loro la testa… basta farli sedere sui banchi di scuola e offrir loro la dottrina, e se i giovani sono ammirati davanti al buon Mons. Lefebvre, un uomo talmente carismatico, talmente cattolico, talmente dolce, talmente buono, ecc. ecc., accettano tutto ciò che egli dice loro. Egli dirà che 2+2 fa 5, ed essi lo crederanno! Perché è Mons. Lefebvre!

Era un mondo, quello degli anni ’70, in procinto di marcire, e se i giovani erano in cerca di un personaggio giusto e sincero, un’istituzione solida e onesta, questi erano Mons. Lefebvre e Ecône!
Oggi si trovano molti sacerdoti della Fraternità, anche tra gli anziani, per i quali l’orizzonte si limita a Mons. Lefebvre e a Ecône. Ed è comprensibile, dato il mondo marcio in cui si trovano.
Che negli anni ’70 un giovane avesse questa reazione e questo desiderio di verità, da recarsi da Mons. Lefebvre, da entrare nel suo seminario, era già molto. Molto! Molti altri giovani non ci hanno pensato. Dunque, onore a tutti quelli che vi sono entrati. È molto normale che costoro, entrandovi, non comprendessero bene l’essenziale di ciò che faceva Mons. Lefebvre.

E domani, come formare dei giovani che non cadano nello stesso equivoco?

La grande Chiesa, negli anni ’60, è caduta per la struttura, la gerarchia e l’obbedienza, l’opera di Mons. Lefebvre è in procinto di cadere per la struttura, la gerarchia e l’obbedienza. Dio sa se vi sono dei bravi sacerdoti in tutta la Fraternità, e che continuano ad essere bravi, ma non così bravi da capire Mons. Fellay e la sua squadra, perché si tratta proprio di una squadra!

Per esempio, un bravo fedele, a Parigi, mi ha riferito una frase di Don Baudot, Eymeric Baudot, una frase che per un verso gli fa onore, ma per l’altro rivela come egli sia schierato. Egli avrebbe detto: “Sono dieci anni che frequento da vicino Mons. Fellay e posso dirti che è un santo!”.
Don Baudot, un sacerdote perfetto, un sacerdote che si presenta molto bene, di ottima dottrina, tutto quello che si vuole, e tuttavia gli manca qualcosa di essenziale. Bravo quanto si vuole, ma che non conosce l’essenziale. La parola di San Paolo nel nono capitolo della Lettera ai Romani: “resto scelto dalla grazia”… vero?

E oggi bisogna ricostituire il resto del resto, dunque vi sarà una scelta di Dio, la scelta dei fedeli che andarono da Mons. Lefebvre fu operata certamente per mezzo della grazia, come nel tempo le scelte dei cattolici.
È un classico che il Buon Dio doni la sua grazia a questo e non a quello. Mistero della grazia!
Non si mette in questione l’elezione di Dio, la grazia ha giuocato un ruolo molto importante nella scelta dei cattolici di prima, nella scelta dei tradizionalisti al tempo di Mons. Lefebvre; e nella scelta del resto del resto, la grazia di Dio conterà ancora di più.

Ma al tempo stesso è necessario che gli uomini facciano ciò che compete loro.
E allora, cos’è che bisogna fare oggi per aiutare la grazia di Dio a costituire un resto del resto cattolico, senza che questo resto segua lo stesso percorso funesto della Chiesa prima del Concilio e della Fraternità senza Mons. Lefebvre?

Se Mons. Lefebvre vivesse oggi, sono sicuro che i quattro non sarebbero caduti come sono caduti, e che la Fraternità non sarebbe in procinto di scivolare. Tutto questo rientra nel  buon senso.
Era Mons. Lefebvre che manteneva, come Mons. de Castro Mayer manteneva la diocesi di Campos; e quando Mons. de Castro Mayer è morto, questa in 10 anni ha ceduto. Per la Fraternità c’è voluto un po’ più di tempo, ma il percorso è lo stesso!

Potete metter un giovane su un banco di scuola in un seminario, e dirgli: questo è il liberalismo, questo è il marciume, questo è il mondo moderno. “Oh! Sì, sì, sì sì!” E poi egli va nel mondo: “Oh! Non è poi così cattivo! Ma guarda! Noi condanniamo tutto, ma è così ridicolo condannare tutto!… ecc. ecc.”
E in poco tempo… sviiish… ecco che egli comincia a scivolare.

Come risolvere questo problema?
Vi sono di quelli che vogliono che il vostro povero servitore aiuti a rifare un seminario, cosa che capisco molto bene perché servono dei sacerdoti, ma io metto in dubbio il seminario classico.

[discussioni in sala]

I futuri sacerdoti

Per il momento devo occuparmi di molti paesi, non devo concentrarmi sulla Francia o sull’America del Sud, e dunque potrei solo incoraggiare qualcosa, potrei sostenere qualcosa.
Negli Stati Uniti vi è questo piccolo gruppo con Don Chazal e Don Pfeiffer, che è un capo naturale e che agisce in maniera forse un po’ caotica, ma che agisce, che ha dell’energia, molta devozione, molta fede, e che agisce perché si vada in soccorso delle anime in difficoltà, messe male, che si allontanano dalla Fraternità. 
Vi sono dei gruppi di laici negli Stati Uniti, dei gruppi di laici che hanno le idee chiare e che hanno paura per i loro figli, i loro figli piccoli, e l’avvenire della Fraternità. Ebbene… ci sono questi laici, e ciò che egli fa, che deve fare, è assicurare loro i sacramenti.
Vi sono due o tre sacerdoti con lui, che girano per questi centri, e vi sono delle persone con le quali egli ha preso contatto, insieme a Don Chazal, dall’estate. Quindi ci si comincia a muovere, se si vuole.
Essi vogliono il mio sostegno, è chiaro che vogliono che come vescovo io mi metta a capo. Ma io non ci tengo per tre motivi:

Primo: onestamente, io non amo mettermi avanti, onestamente!

Secondo: io credo che la resistenza deve rimanere molto flessibile, senza strutturarsi troppo. Io capisco bene la necessità di un quadro di riferimento perché un giovane sacerdote si decida, certo, ma una struttura sarà veramente necessaria per il ministero di domani? O l’eventualità della clandestinità esigerà meglio che si rimanga senza troppi collegamenti, senza troppe strutture, alla macchia, invece che con una congregazione? Onestamente, io penso più alla macchia.

Terzo: io ricordo dove l’autorità sta per condurre la Fraternità. Se la cosa non è contraddittoria, ciò che io considererei è una struttura senza autorità, ma con la paternità, sì, con la paternità! Questo è indispensabile!
E sempre che sia possibile, sempre che i governi di domani permetteranno ancora una paternità. Ed è per questo, perché essi lo permettano, che non bisogna dare troppo nell’occhio, fare troppa pubblicità. Bisogna che tutto resti discreto. Fintanto che tutto resterà discreto, io penso che infastidirà meno i governi.
Le persone di governo temono sicuramente le persone fedeli che rimangono fedeli.
Il resto del resto sarà sotto l’osservazione dei più intelligenti al governo. Ma mi sembra che nei governi non tutti siano intelligenti. E per questo è necessario che non si declami troppo la nascita di una nuova struttura, a mio avviso occorre andare… piano piano!

[commenti in sala: i fedeli sono in attesa…]

Sì, è così, si è nell’incertezza, il tradimento della Fraternità sembra sia stato evitato e non è sicuro, neanche per domani, non è certo, e dunque bisogna andare lentamente. Se si vuole costruire una resistenza, occorre che in Francia per il momento lo si faccia lentamente. Altrimenti ci si alienerà tanta brava gente che non ne vede la necessità. Quindi bisogna andare a passo felpato se si vuol fare qualcosa.
Quello che è certo è che la resistenza conosciuta da Mons. Lefebvre a suo tempo, ha certo frenato la follia conciliare, non è vero? E io credo che, per un verso la resistenza oggi dev’essere discreta, per non alienarsi troppo le persone che pensano che essa non sia necessaria, ma per l’altro essa deve esistere e farsi sentire.

[commenti in sala]

Attualmente, la politica di Menzingen è quella di muoversi con dolcezza, di spegnere i fuochi, di tranquillizzare, lasciare le cose come sono e non cambiare tutto in ogni caso, perché ci si tranquillizzi di nuovo e, una volta tranquilli, essi si rimetteranno ad andare avanti.

Io sono pronto a cresimare e a ordinare. Mons. Lefebvre ha ordinato molti sacerdoti fuori dai seminari. Io sono del tutto determinato ad offrire la mia paternità a un precettore o a dei seminaristi.

Consacrazione episcopale?

Nel breve scambio che è seguito con Paul Chaussée, e che è stato difficile da seguire, Monsignore ha ricordato:
Mons. Lefebvre era fiero e molto felice di avere quell’autorità che gli veniva dalla Chiesa ufficiale che aveva approvato ufficialmente ciò che faceva e la struttura che aveva eretto. (…) Io ho l’episcopato, certo, ma la giurisdizione non ce l’ho! E non posso darmela, non posso darmi ciò che non ho.”

Paul Chaussé gli ha posto la questione della trasmissione dell’episcopato, ma Monsignore per il momento non sembra pronto.






gennaio 2013

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