L'illusione pseudo-anti-liberale

di Don François Laisney, FSSPX


13 marzo 2013

L'articolo è stato pubblicato nel sito della Fraternità in Asia e ripreso dal sito americano Angelus Press

A questo articolo ha risposto un altro sacerdote della Fraternità,  Don François Chazal, col titolo L'illusione liberale
Da qualche tempo, certe persone stanno pubblicando le accuse più gravi contro i Superiori della Fraternità San Pio X, a ritmo quasi ossessivo, senza che si rendano conto di aver perso il contatto con la realtà; esse sono cadute in errori che chiamerò “pseudo-anti-liberali”, perché mentre pretendono di essere anti-liberali, esse stesse cadono nello stesso difetto che condannano, come scrive san Paolo: “… perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose.” (Rm. 2, 1).


UNA REGOLARIZZAZIONE CANONICA - COSA BUONA IN SE’

Dopo aver definito la nozione di liberale - chi rifiuta l’autorità di Dio e la Sua legge –,  allo scopo di concludere che le autorità della FSSPX sono liberali, esse hanno bisogno logicamente di dimostrare che tali autorità avrebbero rifiutato Dio e la Sua legge.
Ora, non solo non sono riusciti a dimostrare che Mons. Fellay e le autorità della FSSPX rifiutano Dio e la Sua Legge, ma non sono riusciti a riconoscere che è proprio per obbedire alla legge di Dio, che - seguendo l'esempio di Mons. Lefebvre (che ha sempre rigettato il sedevacantismo) - queste autorità sono legate alla Chiesa cattolica, com’essa è oggi concretamente (purtroppo sfigurata dal modernismo e dal liberalismo come Cristo era sfigurato sulla Croce), ma che rimane comunque la Chiesa cattolica fondata da Cristo su Pietro e contro la quale le porte dell’inferno non prevarranno.
San Tommaso d'Aquino spiega che ogni legge è essenzialmente un ordine, ordo rationis: la sottomissione alla legge di Dio implica quindi necessariamente l’amore per l’ordine, e quindi il desiderio di essere in ordine all’interno della Chiesa di Dio; una regolarizzazione canonica non ha altro scopo. Non vi è quindi nulla di liberale in questo, anzi.


DISTINZIONE: SOTTOMISSIONE AL SUCCESSORE DI PIETRO

Dove sta allora il problema? Esso deriva dal fatto che molti di coloro che oggi detengono l’autorità nella Chiesa sono infetti di liberalismo a gradi diversi. Questo né Mons. Fellay né alcun sacerdote della FSSPX lo nega. Ma, mentre Mons. Fellay e i sacerdoti fedeli della FSSPX, seguendo l’esempio di Mons. Lefebvre, fanno la distinzione tra l’essere soggetto al successore di Pietro come successore di Pietro e non come liberale, anzi resistono al suo liberalismo, coloro che si oppongono a Mons. Fellay sembrano essere visceralmente incapaci di fare tale distinzione e perseverano nella loro ignoranza dell’insegnamento di Sant’Agostino contro i Donatisti: nella Chiesa cattolica la comunione con i cattivi non danneggia i buoni fintanto che questi non acconsentano alla loro malvagità. La parola cattivi traduce il latino mali. Basta mettere “liberali” al posto di “cattivi”, poiché il liberalismo è un male, e il principio di Sant’Agostino corrisponde esattamente alla posizione di Mons. Fellay e alla confutazione di coloro che gli si oppongono: nella Chiesa cattolica, la comunione con i liberali non danneggia i buoni fintanto che essi non acconsentano al liberalismo dei primi.

Per capire il principio di Sant’Agostino, ci si deve ricordare della grande verità che Padre Calmel spesso ricordava: il capo della Chiesa è Cristo, il Papa è solo il suo vicario. È per questo che la comunione con i membri della Chiesa è prima di tutto comunione con Cristo, che non danneggia i buoni, fintanto che essi non acconsentano al male. Ed è perché dimenticano che è Cristo il capo della Chiesa, che certe persone hanno così paura di questa comunione, prestando attenzione solo al lato umano della Chiesa e dimenticando il Sacro Cuore, che controlla ogni cosa nella Sua Chiesa.
Il loro zelo così amaro – e così opposto allo spirito di Mons. Lefebvre - manifesta questa negligenza del Sacro Cuore. Preghiamo per loro.


GRADI DI LIBERALISMO

Mons. Lefebvre ha spesso sottolineato che ci sono molti gradi di liberalismo. Alcuni rifiutano sistematicamente il principio stesso di ogni legge e di ogni obbligo: questi liberali non hanno chiaramente la vera Fede. Altri, pur riconoscendo Dio e la Sua legge, e tutte le verità della fede cattolica, non le applicano in misura sufficiente alle situazioni concrete o non hanno il coraggio di riconoscere le loro conseguenze nella società moderna; e tra questi liberali ci sono diversi gradi. Questi hanno ancora la fede, anche se si meritano questo rimprovero di Nostro Signore ai suoi Apostoli: “Oh, gente di poca fede” (Mt 8, 26, 17, 16, ecc.)
Non si devono quindi condannare indifferentemente tutti coloro che sono affetti dal liberalismo, come se fossero tutti ugualmente colpevoli del delitto più orribile, cioè di essere in guerra con Dio. Inoltre non si deve sistematicamente interpretare ogni azione di un liberale come il male; nel XIX secolo, alcuni grandi cattolici anti-liberali come Papa Pio IX o il Cardinale Pie non temevano di lodare il bene fatto da alcuni liberali come Mons. Dupanloup o il Conte Montalembert, pur denunciando con forza il loro liberalismo.


LA CHIESA VISIBILE

Inoltre vi è una sorprendente carenza di logica negli accusatori di Mons. Fellay. Cito: «Dicono che dobbiamo riunirci alla Chiesa visibile, perché essa è la Chiesa cattolica. Ma anche la “chiesa” anglicana è visibile, in tutta l’Inghilterra. Questo la rende cattolica?»
Questo argomento starebbe in piedi solo se i dirigenti della FSSPX avessero detto: “è cattolica perché è visibile” o “tutte le chiese visibili sono cattoliche”. Ma evidentemente essi non hanno detto nulla di simile; così che questa pretesa confutazione (“ma anche la chiesa anglicana”) è un mero sofisma.

La verità su cui Mons. Fellay e le autorità della FSSPX insistono è che la Chiesa cattolica è visibile, non solo ieri ma anche oggi. Era questa visibile, concreta, romana, Chiesa cattolica, che ieri era riconosciuta da Mons. Lefebvre e che oggi è riconosciuta da Mons. Fellay e dalla FSSPX (di cui siamo stati membri fin dal suo inizio nel 1970, e nella quale abbiamo il dovere di essere “in ordine”). Non c'è nulla di liberale in tutto questo.

Se coloro che si oppongono a Mons. Fellay oggi rifiutano questa visibile, concreta, romana Chiesa cattolica, qual è la loto chiesa? Dov’è? È visibile? O essa è come la loro “libera associazione”, senza autorità né obblighi?
Tale concetto non ha nulla di cattolico!
Non che io pensi che questa sia la loro idea di Chiesa, ma mi sembra che il loro errore consista nel considerare l’unità della Chiesa come secondaria e accessoria rispetto alla fede, come se l’avere la fede li dispensasse dalla comunione ecclesiale con gli altri membri della Chiesa, quantunque siano liberali.

Certo, si dovrebbe mantenere salda la fede in tutta la sua purezza, perché “senza la fede è impossibile piacere a Dio” (Eb 11, 6), ma la fede senza la carità non dà alcun profitto (1 Cor 13, 3). È la carità “il vincolo di perfezione” (Col 3, 14), che impone di mantenere questo vincolo di comunione, come ha spesso spiegato Sant’Agostino (Mons. di Noia ha citato alcuni bei passi sull’argomento, e se ne potrebbero facilmente trovare un gran numero di simili).
Ecco un vero brutto pericolo: per salvare la fede tradizionale, si guarda alla sola fide?

Tre mesi fa, in un testo intitolato “Diverse chiese?” ho scritto: “Si può leggere [in uno dei loro articoli]: ‘Solo una parte della Chiesa visibile è cattolica, che è una, santa, universale e apostolica. Il resto è ogni sorta di marciume’. Subito sorge la domanda: la Chiesa cattolica  è semplicemente ‘una parte della Chiesa visibile’? E questo porta a un’altra domanda più fondamentale: è legittimo distinguere tra Chiesa cattolica, Chiesa di Cristo e Chiesa visibile? Al contrario, la fede cattolica non ci obbliga a professare l’identità tra Chiesa di Cristo, Chiesa cattolica e Chiesa visibile? Sì! La Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica e questa Chiesa è visibile!
Questa era la fede di Mons. Lefebvre.


LA LOTTA CONTRO LA “ROMA CONCILIARE”

A me sembra che chi “non ha mai capito la fede di Mons. Lefebvre” siano veramente coloro che rifiutano questa visibile, concreta, romana Chiesa cattolica, nella quale credeva Mons. Lefebvre e alla quale egli dedicò tutta la sua vita, inclusi i suoi ultimi anni.

Un’altra accusa contro Mons. Fellay è che egli “usa la sua autorità per obbligare i suoi sottoposti a seguire una direzione contraria a quella che avevano quando si sono uniti alla FSSPX, vale a dire il rifiuto della lotta contro la Roma conciliare.
Innanzi tutto, si deve chiarire l’espressione “Roma conciliare”: se con essa si intende lo spirito conciliare, gli errori del Vaticano II e le loro molteplici applicazioni, una tale accusa è una calunnia, cioè è falsa e gravemente offensiva della reputazione di Mons. Fellay. La stessa scelta dei membri della FSSPX per i colloqui teologici con Roma dimostra che Mons. Fellay non ha voluto alcuna debolezza nella difesa della verità cattolica contro le novità conciliari, e proprio all’inizio dello scorso anno ha chiaramente fissato come suo primo principio: “nessun compromesso sulla fede!” E i mesi successivi hanno provato solo che è rimasto fedele a questo principio, nonostante le false profezie che annunciavano che avrebbe compromesso la FSSPX.
Se invece per “Roma conciliare” si intende una struttura ecclesiale diversa dalla Chiesa cattolica, allora bisogna dire che queste persone avevano una errata concezione della crisi della Chiesa, una concezione diversa da quella di Mons. Lefebvre!
No, Mons. Fellay non è un “padre depravato”, quanto piuttosto un padre fedele (con un piccolo numero di bambini ribelli!).


PER
ROMA CATTOLICA

Si aggiunga, e questo è un argomento fondamentale, che la posizione essenziale di Mons. Lefebvre non era primariamente una posizione contro, ma una posizione per. È perché era per la totale fedeltà alla fede cattolica di tutti i tempi, che Mons. Lefebvre fu contro le novità conciliari. Tale atteggiamento prima di tutto “per” e solo poi “contro” è molto chiaro nella sua celebre dichiarazione: «Noi aderiamo con tutto il cuore e con tutta l'anima alla Roma cattolica custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento della stessa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità. Noi rifiutiamo, invece, e abbiamo sempre rifiutato di seguire la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel Concilio Vaticano II e dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne sono scaturite.»
Ma coloro che assumono per prima cosa la posizione contro lo stato di modernismo trionfante come quello degli anni ‘70 e ‘80, non possono poi più porsi in una posizione diversa, come nei confronti di Benedetto XVI che promosse un tentativo (incompleto ma reale) per correggere alcune evidenti deviazioni e tornare ad un approccio più tradizionale sulla liturgia e la vita della Chiesa. Essi non sanno più come collocare se stessi, perché non hanno (o hanno dimenticato) il principio positivo superiore, che di per sé rimane valido in ogni situazione.


RESISTENZA INETTA

Vi è un'altra fin troppo frequente illusione tra questi critici: paragonano la loro resistenza a Mons. Fellay alla resistenza di Mons. Lefebvre alle novità conciliari; li sentiamo che mettono in parallelo “la rivoluzione conciliare e la rivoluzione accordista”, ma questa comparazione mostra piuttosto l’inanità della loro posizione. Anzi, questo paragone si rivela essere invece un forte contrasto. Possiamo considerare tre aspetti.
In primo luogo, Mons. Lefebvre resistette alle novità conciliari dopo che furono introdotte: fu dopo il Concilio e dopo la nuova Messa che iniziò il suo lavoro a Ecône; fu dopo Assisi che fece le consacrazioni. Al contrario, è stato prima di ogni compromesso, nel timore di un compromesso a venire e che non è mai venuto, che questi critici attaccano Mons. Fellay.
In secondo luogo, consideriamo la portata della causa. Da un lato vi sono il Concilio, la nuova Messa (e tutta la riforma liturgica, dato che non è stato risparmiato alcun sacramento) e Assisi: che sono stati  degli scandali enormi, che hanno causato immensi danni a milioni di anime. Dall’altro vi è la segnalazione di poche parole tratte da un’intervista improvvisata e da un paio di altre occasioni che si possono contare sulle dita di una mano. Tra i due vi è un tale contrasto che fa pensare alla cecità di chi non vede.
In terzo luogo, Mons. Lefebvre non chiese mai le dimissioni di Paolo VI, nonostante la gravità delle riforme conciliari e di quella liturgica, né di Giovanni Paolo II, nonostante la gravità di Assisi, mentre invece questi critici chiedono le dimissioni di Mons. Fellay. Sant’Agostino insegna che non è la sofferenza e la morte che fanno il martire, ma prima di tutto la sua causa: Mons. Lefebvre aveva una causa giusta e proporzionata per la sua resistenza alle novità conciliari e liturgiche, mentre invece nei critici di Mons. Fellay non c’è proporzione per la loro resistenza, che è un’evidente ribellione.


LIBERALI ANTI-LIBERALI

Ho scritto all’inizio che “pretendono di essere anti-liberali, … ma… cadono nello stesso difetto che condannano”. Infatti, la caratteristica dei liberali è il rifiuto dell’autorità, sia essa l’autorità della verità dogmatica, della legge divina o dell’autorità ecclesiastica. “Il liberale è un fanatico dell’indipendenza, egli la promuove fino all’assurdo, in tutti i campi”, così lo definiva Canon Roussel, citato da Mons. Lefebvre (Lo hanno detronizzato, Ed. Amicizia Cristiana, 2009, p. 26).
Ed ora, ecco i nostri grandi anti-liberali propongono “cellule indipendenti”, cioè una libera associazione tra di loro ... senza autorità! Perché non avendo saputo come obbedire, adesso non sanno come comandare. E dal momento che l’autorità viene dall’alto, dopo aver separato se stessi dai loro legittimi superiori, hanno perso ogni autorità. Al contrario, Mons. Lefebvre fondò la sua Fraternità come un ramo vivente ben radicato nel tronco della Chiesa, con l’approvazione canonica di Mons. Charrière, e quindi con una linea legittima di autorità, come ogni opera veramente cattolica ... non è lo stesso per i nostri critici.

Mons. Lefebvre stesso sapeva come esercitare questa autorità (tra gli altri esempi, espellendo i sedevacantisti). Anche qui si vede il contrasto tra la legittima resistenza di Mons. Lefebvre e la ribellione dei nostri critici, i quali, per il loro rifiuto dell’autorità, sono caduti nello stesso peccato che criticano.
Vi è una grande illusione nel pretendere di “contare su un modello di paternità (che include l’autorità) e non su una struttura autorevole come tale”, perché proprio rifiutando quella struttura autorevole ricadono volenti o nolenti in una paternità senza autorità, tipica del liberalismo.
Essi dicono: “se non fosse contraddittorio, vorrei prevedere una struttura senza autorità, ma con la paternità, sì, con la paternità! Questo è indispensabile!” Purtroppo per loro, questo è contraddittorio! La stessa parola autorità deriva dalla parola autore, un padre che non fosse l’autore dei suoi figli non sarebbe davvero padre! Un padre che rifiutasse di avere una vera autorità sui suoi figli sarebbe ... un padre liberale! Non c'è vera paternità senza autorità. Fanno bene a denunciare il liberalismo come “una religione senza regole, tranne la propria volontà.” Ma perché allora stanno facendo una libera associazione di sacerdoti, un’associazione senza regole, tranne la propria volontà?

Preghiamo perché si correggano e umilmente chiedano di essere riammessi nella Fraternità San Pio X. Che San Giuseppe ottenga questa grazia per loro!

Don François Laisney







aprile  2013

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