Dichiarazione 

di S. Ecc. Mons. Marcel Lefebvre
Fondatore della Fraternità San Pio X

ripresa dal n° 66 di Fideliter, dicembre 1988




«Noi non abbiamo lo stesso modo di concepire la riconciliazione. Il cardinale Ratzinger la vede nel senso di stringerci, condurci al Vaticano II. Noi la vediamo come un ritorno di Roma alla Tradizione. Non ci si comprende. È un dialogo tra sordi. Io non posso parlare molto di avvenire, perché il mio è dietro di me. Ma se vivrò ancora un po’, e supponendo che da qui a qualche tempo Roma ci rivolga un appello, che voglia rivederci, riprendere a parlare, in quel momento sarò io a porre le condizioni.

«Io non accetterò più di trovarmi nella situazione in cui ci siamo trovati al momento dei colloqui. Basta. Io porrò la questione sul piano dottrinale: “Siete d’accordo con le grandi encicliche di tutti i Papi che vi hanno preceduti? Siete d’accordo con Quanta cura di Pio IX, Immortali Dei e Libertas di Leone XIII, con Pascendi di San Pio X, con Quas Primas di Pio XI, con Humani generis di Pio XII? Siete in piena comunione con questi Papi e con le loro affermazioni? Accettate ancora il giuramento antimodernista? Siete per il Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo? Se voi non accettate la dottrina dei vostri predecessori, è inutile parlare. Fino a quando non accetterete di riformare il Concilio in base alla dottrina di questi Papi che vi hanno preceduti, non è possibile alcun dialogo.
Così le posizioni saranno più chiare.


«Non è una piccola cosa che ci divide. Non basta che ci si dica: “Potete dire la Messa antica, ma dovete accettare questo [il Concilio]”. No! Non è questo [la Messa] che ci divide, è la dottrina. È chiaro. È questo che è grave in Dom Gérard, è questo che l’ha perduto. Dom Gérard ha sempre guardato alla liturgia e alla vita monastica. Egli non vede chiaramente i problemi teologici del Concilio, della libertà religiosa. Egli non vede la malizia di questi errori. Non si è mai preoccupato di questo. Quello che gli interessava era la riforma liturgica, la riforma dei monasteri benedettini. Egli ha abbandonato Tournay dicendo: “io non posso accettare questo”. Allora, egli ha ricostituito una comunità di monaci con la liturgia, secondo il pensiero benedettino. Benissimo, è magnifico. Ma io penso che egli non abbia sufficientemente valutato che queste riforme che l’avevano portato a lasciare il suo monastero, erano le conseguenze degli errori che sono nel Concilio. Posto che gli accordino ciò che cerca, questo spirito monastico e la liturgia tradizionale, egli avrà ciò che cerca, e il resto gli è indifferente. Ma egli cade in una trappola, poiché gli altri non hanno ceduto in niente su questi falsi principii. È un peccato. Perché si tratta almeno di 60 monaci, tra cui una trentina di sacerdoti, e 30 monache. Quasi un centinaio di giovani completamente all’oscuro e le cui famiglie sono inquiete o perfino divise. È un disastro




marzo  2014

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