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di Mons. Marcel Lefebvre e Mons. Antonio de Castro Mayer 21 novembre 1983
Questo documento era allegato alla lettera aperta che i due Prelati rivolsero a Giovanni Paolo II e che presentarono pubblicamente il 9 dicembre 1983 nel corso di una conferenza stampa tenutasi all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. Esso è noto anche come “Manifesto Episcopale” La lettera completa in formato pdf Concezione “latitudinarista” ed ecumenica della Chiesa La concezione della Chiesa come “popolo di Dio” si incontra ormai in numerosi documenti ufficiali: gli atti del Concilio Unitatis redintegratio, Lumen gentium; il nuovo Codice di Diritto Canonico (can. 204.1); la lettera di Papa Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae, e l’allocuzione nella chiesa di Canterbury; Il Direttorio ecumenico Ad totam Ecclesiam del Segretariato per l’Unità dei Cristiani. Essa esprime un senso latitudinarista e un falso ecumenismo. Sono i fatti a testimoniare con evidenza questa concezione eterodossa: le autorizzazioni per la costruzione di sale destinate al pluralismo religioso, l’edizione delle Bibbie ecumeniche che non sono più conformi all’esegesi cattolica, le cerimonie ecumeniche come quella di Canterbury. Nell’Unitatis redintegratio si insegna che la divisione dei cristiani «è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura. […] Lo Spirito di Cristo infatti non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza». Questo stesso errore è ripetuto nel documento Catechesi tradendae di Giovanni Paolo II. È con lo stesso spirito e con delle affermazioni contrarie alla fede tradizionale, che Giovanni Paolo II ha dichiarato nella cattedrale di Canterbury, il 25 maggio 1982, «che la promessa di Cristo ci ispira la fiducia che lo Spirito Santo guarirà le divisioni introdottesi nella Chiesa fin dai primi tempi dopo la Pentecoste», come se nella Chiesa non fosse mai esistita l’unità del Credo. Il concetto di “Popolo di Dio” porta a credere che il protestantesimo non sarebbe altro che una forma particolare della stessa religione cristiana. Il concilio Vaticano II insegna «una vera unione nello Spirito Santo» con le sette eretiche (Lumen gentium, 15) e «una certa comunione, sebbene imperfetta» con esse (Unitatis redintegratio, 3). Questa unità ecumenica contraddice l’enciclica Satis cognitum di Leone XIII, che insegna che «Gesù Cristo non formò la sua Chiesa in modo che abbracciasse più comunità dello stesso genere, ma distinte e non collegate insieme con quei vincoli che formano una sola e individua Chiesa». Del pari, questa unità ecumenica è contraria all’enciclica Humani generis di Pio XII, che condanna l’idea di ridurre ad una formula qualunque la necessità dell’appartenenza alla Chiesa cattolica, ed è contraria anche all’enciclica Mystici corporis dello stesso Papa, che condanna la concezione di una Chiesa “pneumatica” che sarebbe il legame invisibile di comunità separate nella fede. Questo ecumenismo è anche contrario agli insegnamenti di Pio XI nell’enciclica Mortalium animos: su questo punto è opportuno esporre e confutare una certa opinione falsa che è alla radice di questo problema e di questo complesso movimento per mezzo del quale i non cattolici si sforzerebbero di realizzare una unione di Chiese cristiane. Quelli che aderiscono a questa opinione citano costantemente queste parole di Cristo: «perché tutti siano una sola cosa … diventeranno un solo gregge e un solo pastore» (Gv. 17, 21 e 10, 16), e pretendono che con queste parole Cristo esprimesse un desiderio o una preghiera che non è mai stata realizzata. E da questo pretendono che l’unità di fede e di governo, che è uno dei segni distintivi della vera Chiesa di Cristo, praticamente non sia mai esistita fino ad oggi e non esiste ancora. Questo ecumenismo, condannato dalla morale e dal diritto cattolici, si spinge fino a permettere di ricevere i sacramenti della Penitenza, dell’Eucarestia e dell’Estrema Unzione, da «ministri non cattolici» (can. 844 del nuovo CDC) e favorisce «l’ospitalità ecumenica», autorizzando i ministri cattolici ad amministrare il sacramento dell’Eucarestia a dei non cattolici. Tutte queste cose sono apertamente contrarie alla divina Rivelazione, che prescrive la «separazione» e respinge l’unione «tra la luce e le tenebre, … tra un fedele e un infedele, … tra il tempio di Dio e gli idoli» (2 Cor. 6, 14-18). Governo collegial-democratico della Chiesa Dopo avere scosso l’unità della fede, i modernisti odierni si sforzano di far vacillare l’unità di governo e la struttura gerarchica della Chiesa. La dottrina già suggerita dal documento Lumen gentium del concilio Vaticano II, è stata ripresa esplicitamente dal nuovo Codice di Diritto Canonico (can. 336); dottrina secondo la quale anche il collegio dei vescovi unito al Papa godrebbe del potere supremo nella Chiesa, e questo in maniera abituale e costante. Questa dottrina del doppio potere supremo è contraria all’insegnamento e alla pratica del Magistero della Chiesa, specialmente del Vaticano I (DS 3055) e dell’enciclica di Leone XIII Satis cognitum. Solo il Papa ha questo potere supremo, che egli comunica nella misura in cui lo giudica opportuno e in circostanze straordinarie. A questo grave errore si riallaccia l’orientamento democratico della Chiesa, secondo il quale i poteri risiederebbero nel Popolo di Dio, come è definito nel nuovo Diritto Canonico. Questo errore giansenista è condannato dalla bolla Auctorem fidei di Pio VI (DS 2602). Questa tendenza a far partecipare la «base» all’esercizio del potere si ritrova nell’istituzione del Sinodo, delle Conferenze Episcopali e dei Consigli presbiteriali e pastorali, e nella moltiplicazione delle Commissioni romane e delle Commissioni nazionali, come in seno alle Congregazioni religiose (si veda a proposito il concilio Vaticano I, DS 3061, e il nuovo CDC, can. 447). La degradazione dell’autorità nella Chiesa è la fonte dell’anarchia e del disordine che oggi vi regnano dappertutto. Falsi diritti naturali dell’uomo La dichiarazione Dignitatis humanae del concilio Vaticano II afferma l’esistenza di un falso diritto naturale dell’uomo in materia religiosa, contrariamente agli insegnamenti pontifici che negano formalmente una simile blasfemia. Così, Pio IX, nella sua enciclica Quanta cura e nel Syllabus, Leone XIII, nelle sue encicliche Libertas praestantissimum e Immortale Dei, Pio XII, nella sua allocuzione “Ci riesce” ai giuristi cattolici italiani, negano che la ragione e la Rivelazione fondino un tale diritto. Il Vaticano II crede e professa, in maniera universale, che «la verità non si impone che per la forza della verità stessa», il che si oppone formalmente agli insegnamenti di Pio VI contro il giansenismo del Concilio di Pistoia (DS 2604). Il Concilio si spinge fino all’assurdità di affermare il diritto di non aderire e di non seguire la verità, di obbligare i governi civili a non fare più discriminazioni per motivi religiosi, stabilendo l’uguaglianza giuridica fra la vera religione e le false. Queste dottrine si fondano su una falsa concezione della dignità umana, proveniente dagli pseudo-filosofi della Rivoluzione francese, agnostici e materialisti, che sono già stati condannati da San Pio X nella lettera ai vescovi francesi “Notre charge apostolique”. Il Vaticano II afferma che dalla libertà religiosa scaturirà un’era di stabilità per la Chiesa. Gregorio XVI, al contrario, afferma che è una suprema impudenza affermare che la smodata libertà d’opinione sarebbe benefica per la Chiesa. Il Concilio, nella Gaudium et Spes, esprime un principio falso, quando ritiene che la dignità umana e cristiana viene dal fatto dell’Incarnazione, che avrebbe restaurata questa dignità per tutti gli uomini. Questo stesso errore è affermato nell’enciclica Redemptor hominis di Giovanni Paolo II. Le conseguenze del riconoscimento da parte del Concilio di questo falso diritto dell’uomo, distruggono le fondamenta del Regno sociale di Nostro Signore, fanno vacillare l’autorità e il potere della Chiesa nella sua missione di far regnare Nostro Signore negli animi e nei cuori, e minano la battaglia contro le forze sataniche che soggiogano le anime. Lo spirito missionario sarà accusato di proselitismo esagerato. La neutralità degli Stati in materia religiosa è ingiuriosa per Nostro Signore e la Sua Chiesa, quando riguarda Stati a maggioranza cattolica. Potere assoluto del Papa Certo, il potere del Papa nella Chiesa è un potere supremo, ma non può essere assoluto e senza limiti, dal momento che è subordinato al potere divino, che si esprime nella Tradizione, nella Sacra Scrittura e nelle definizioni già promulgate dal Magistero ecclesiastico (DS 3116). Il potere del Papa è subordinato e limitato dal fine per il quale esso gli è stato dato. Questo fine è chiaramente definito da Papa Pio IX nella Costituzione Pastor aeternus del concilio Vaticano I (DS 3070). Sarebbe un abuso di poter intollerabile modificare la costituzione della Chiesa e pretendere di appellarsi al diritto umano contro il diritto divino, come nel caso della libertà religiosa o dell’ospitalità eucaristica, autorizzate dal nuovo Diritto Canonico, al pari dell’affermazione dei due poteri supremi nella Chiesa. È chiaro che in questi casi e in altri simili, è dovere di ogni chierico e laico cattolici resistere e rifiutare l’obbedienza. L’obbedienza cieca è un controsenso, e nessuno è esente da responsabilità per aver obbedito agli uomini piuttosto che a Dio (DS 3115), e questa resistenza dev’essere pubblica se il male è pubblico ed è oggetto di scandalo per le anime (S. Th. II, II, 33, 4). Questi sono dei principii elementari di morale, i quali regolano i rapporti dei soggetti con tutte le autorità legittime. D’altronde, questa resistenza trova una conferma nel fatto che ormai coloro che si attengono fermamente alla Tradizione e alla fede cattolica sono penalizzati, mentre quelli che professano una dottrina eterodossa o compiono dei veri sacrilegi non sono affatto disturbati. È la logica dell’abuso di potere. Concezione protestante della Messa La nuova concezione della Chiesa, come l’ha definita Papa Giovanni Paolo II nella costituzione che precede il nuovo Diritto Canonico, richiede un profondo cambiamento nell’atto principale della Chiesa, che è il Sacrificio della Messa. La definizione della nuova ecclesiologia dà esattamente la definizione della nuova Messa: cioè un servizio e una comunione collegiale ed ecumenica. Non si può meglio definire la nuova Messa che, come la nuova Chiesa conciliare, è in rottura profonda con la Tradizione e il Magistero della Chiesa. È questa concezione più protestante che cattolica che spiega tutto ciò che è stato indebitamente esaltato e tutto ciò che è stato diminuito. Contrariamente agli insegnamenti del Concilio di Trento nella XXII sessione, contrariamente all’enciclica Mediator Dei di Pio XII, si è esagerato il posto dei fedeli nella partecipazione alla Messa e si è diminuito il posto del sacerdote, divenuto semplice presidente. Si è esagerato il posto della liturgia della Parola e si è diminuito il posto del Sacrificio propiziatorio. Si è esaltato il pasto comunitario e lo si è laicizzato, a spese del rispetto e della fede nella presenza reale attuata con la transustanziazione. Sopprimendo la lingua sacra si sono pluralizzati all’infinito i riti, profanandoli con degli apporti mondani o pagani, e si sono diffuse delle false traduzioni, a spese della vera fede e della vera pietà dei fedeli. Eppure, i concilii di Firenze e di Trento avevano pronunciato degli anatemi contro tutti questi cambiamenti e hanno affermato che la nostra Messa, nel suo Canone, risale ai tempi apostolici. I Papi San Pio V e Clemente VIII hanno insistito sulla necessità di evitare i cambiamenti e le mutazioni, conservando in perpetuo questo rito romano consacrato dalla Tradizione. La desacralizzazione della Messa, la sua laicizzazione, comportano la laicizzazione del sacerdozio, alla maniera protestante. La riforma liturgica di stile protestante è uno dei più grandi errori della Chiesa conciliare e il più rovinoso per la fede e per la grazia. La libera diffusione degli errori e delle eresie La situazione della Chiesa, posta in stato di ricerca, introduce nella pratica il libero esame protestante, risultato della pluralità dei “credo” all’interno della Chiesa. La soppressione del Sant’Uffizio, dell’indice, del giuramento antimodernista, hanno provocato nei teologi moderni il bisogno di nuove teorie, che disorientano i fedeli e li impegnano verso il carismatismo, il pentecostalismo,, le comunità di base. È una vera rivoluzione diretta in definitiva contro l’autorità di Dio e della Chiesa. I gravi errori moderni, sempre condannati dai Papi, ormai si sviluppano liberamente all’interno della Chiesa: 1. Le filosofie moderne
antiscolastiche, esistenzialiste, anti-intellettuali, sono insegnate
nelle università cattoliche e nei grandi seminarii.
2. L'umanesimo è favorito per questo bisogno delle autorità ecclesiastiche di farsi eco del mondo moderno, facendo dell’uomo il fine di tutte le cose. 3. Il naturalismo — l’esaltazione dell’uomo e dei valori umani — fa dimenticare i valori soprannaturali della Redenzione e della grazia. 4. Il modernismo evoluzionista causa il rigetto della Tradizione, della Rivelazione e del Magistero di venti secoli. Non vi sono più verità fisse, né dogmi. 5. Il socialismo e il comunismo. Il rifiuto del Concilio di condannare questi errori è stato scandaloso e ha fatto credere legittimamente che oggi il Vaticano sarebbe favorevole ad un socialismo o ad un comunismo più o meno cristiano. L’attitudine della Santa Sede durante questi ultimi quindici anni conferma questo giudizio, tanto al di là, quanto al di qua della cortina di ferro. 6. Infine, gli accordi con la massoneria, il Concilio ecumenico delle Chiese e Mosca, riducono la Chiesa allo stato di prigioniera, la rendono totalmente incapace di compiere liberamente la sua missione. Si tratta di veri tradimenti che gridano vendetta verso il Cielo, al pari degli elogi tributati in questi giorni all’eresiarca [Lutero] più scandaloso e più nocivo per la Chiesa. E' tempo che la Chiesa recuperi la sua libertà di realizzare il Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo e il Regno di Maria, senza preoccuparsi dei suoi nemici. (torna
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marzo 2014 |