Eleison comments CXIV

HAMMERKLAVIER SONATA    

Commenti settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X


  12 settembre 2009

Pubblichiamo il commento di S. Ecc. Mons. Richard Willamson relativo allo svilimento della musica composta in mancanza di Dio.

Questi commenti sono reperibili tramite il seguente accesso controllato:
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L’ultimo arido movimento della 29° sonata per pianoforte di Beethoven, prefigurava chiaramente gli orrori della “musica” moderna, quasi 200 anni fa.


Sonata per pianoforte “Hammerklavier”

La musica, la storia e la teologia sono strettamente intrecciate, perché c’è un solo Dio e tutti gli uomini sono stati creati da Lui per tornare a Lui. La storia riguarda le azioni degli uni con gli altri, secondo che vanno a Lui o no; la musica esprime l’armonia o la disarmonia nelle loro anime, secondo come vivono la loro storia volgendosi a Lui o no. La musica di Beethoven (1770-1827), vista come divisa in tre periodi, ne è un chiaro esempio.

Il primo periodo, che contiene le opere relativamente tranquille del suo apprendistato magistrale da Mozart (1756-1791) e Haydn (1732-1809), corrisponde agli ultimi anni dell’Europa pre-rivoluzionaria. Il secondo periodo, che contiene la maggior parte delle opere gloriose ed eroiche per le quali Beethoven è meglio conosciuto e amato, corrisponde alla diffusione degli sconvolgimenti e delle guerre in tutta Europa e oltre, causate dalla Rivoluzione Francese. Il terzo periodo, che contiene i capolavori profondi ma in qualche modo sconcertanti, corrisponde al tentativo dell’Europa, dopo il Congresso di Vienna (concluso nel 1815), di ricostruire il vecchio ordine pre-rivoluzionario su basi post-rivoluzionarie - un vero rompicapo.

Come la terza sinfonia di Beethoven, “Eroica” (1804), che ha dato in primo luogo piena espressione al suo umanesimo eroico di un nuovo mondo, è stata il lavoro fondamentale tra il primo e il secondo periodo, così la sua 29° sonata per pianoforte, “Hammerklavier” (1818), è stata il lavoro fondamentale tra il secondo e il terzo periodo. Si tratta di un pezzo vasto, elevato, distaccato, ammirevole, ma stranamente inumano… Il primo movimento, che si apre con una risonante fanfara, seguita da una ricchezza di idee nell’Esposizione, da una lotta culminante nello Sviluppo, da una Ricapitolazione variegata e di nuovo da una Coda eroica, presenta tutti i tratti tipici del secondo periodo, ma siamo già in un mondo diverso: le armonie sono fredde, per non dire gelide, mentre la linea melodica raramente è calda o lirica. Il secondo breve movimento è a mala pena un po’ più amichevole: un quasi-Scherzo che trafigge, un quasi-Trio roboante. Il terzo movimento, il movimento di Beethoven più lento di tutti, è un lamento profondo e quasi monotono, in cui momenti di consolazione evidenziano semplicemente il prevalente umore di disperazione virtuale.

Un’introduzione pensosa è necessaria per realizzare la transizione verso l’ultimo movimento della Sonata, di solito rapido ed edificante, ma in questo caso rapido e triste: ritorna un frastagliato tema principale, che rallenta, si volge in avanti e si capovolge nei successivi sgraziati movimenti di una Fuga tripartita. Al crudo dolore del movimento lento risponde la grezza energia di una lotta musicale più brutale che musicale, con l’eccezione di un nuovo breve interludio melodico. Come nella “Grosse Fuge” del movimento del quartetto d’archi, qui Beethoven prefigura la musica moderna. “È magnifico”, avrebbe detto il Generale Francese, “ma non è musica”.

Beethoven stesso scese da questo monte Everest delle sonate per pianoforte, per comporre nei suoi ultimi dieci anni alcuni dei suoi più gloriosi capolavori, in particolare la Nona Sinfonia, ma essi in qualche modo sono tutti ovattati. L’esultanza disinibita dell’eroe del secondo periodo è in gran parte una cosa del passato. È come se Beethoven si fosse in un primo tempo beato del vecchio ordine divino, per scendere in un secondo tempo a riconquistare la sua indipendenza umana, ma spinto a chiedersi in un terzo tempo: Che significa tutto questo? Che significa rendersi indipendenti da Dio?
Gli orrori della “musica” moderna ne sono la risposta, come prefigurato nella “Hammerklavier”.
Senza Dio, sia la storia sia la musica, muoiono.

Kyrie eleison.

Londra, Inghilterra.


agosto  2014

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