Fraternità Sacerdotale San Pio X

Dichiarazione della Fraternità San Pio X
a riguardo dell’Esortazione post-sinodale Amoris Lætitia di Papa Francesco, del 19 marzo 2016

2 maggio 2016

pubblicato su DICI


C’è di che piangere

«È una esortazione apostolica che ha per titolo: La gioia dell’amore,
e che ci fa piangere
»

Sermone di Mons. Fellay a Puy-en-Velay, 10 aprile 2016

Tra le numerose prese di posizione, spiegazioni e commenti pubblicati sull’Amoris Lætitia, tre studi fatti da dei sacerdoti della nostra Fraternità sono recentemente pubblicati: L’esortazione post-sinodale Amoris Lætitia: una vittoria del soggettivismo, di don Matthias Gaudron; Brevi considerazioni sul capitolo 8 dell’esortazione apostolica Amoris Lætitia, di don Jean-Michel Gleize; Dopo il Sinodo: l’indissolubilità in questione, di don Christian Thouvenot.
La Casa generalizia approva questi testi e li sottoscrive interamente. Essi si completano in modo armonico e danno una vista d’insieme del documento del Papa Francesco.

La procedura seguita in occasione dei due sinodi e le circostanze che li hanno accompagnati hanno già sollevato numerosi interrogativi: al concistoro straordinario del febbraio 2014, solo il Card. Walter Kasper era stato invitato a precisare il tema del sinodo, allorché è notorio militasse da anni per togliere la proibizione di diritto divino di dare il Corpo di Cristo ai pubblici peccatori. La relazione intermedia, Relatio post disceptationem, pubblicata nell’ottobre 2014 durante il primo sinodo, non corrispondeva al risultato delle discussioni. Nella relazione finale sono stati introdotti alcuni temi che non erano stati approvati. Poco prima del secondo sinodo ordinario, il Papa pubblicava due Motu proprio riguardanti esattamente il soggetto del sinodo, facilitando la procedura canonica delle dichiarazioni di nullità dei matrimoni. Inoltre, una lettera confidenziale di tredici Cardinali che esprimevano dei timori sul risultato del sinodo, era stata pubblicamente qualificata di «cospirazione».

La questione dell’ammissione del divorziati «risposati» alla Santa Comunione è già stata trattata più volte dalla Chiesa, che anche in questi ultimi tempi [1] vi ha chiaramente risposto. Di conseguenza, una nuova discussione dell’insegnamento costante e della pratica della Chiesa non poteva che essere pregiudizievole e di natura tale da oscurarli piuttosto che di metterli in luce.
È quanto è accaduto.

Da un documento pontificio ci si attende di trovare una esposizione chiara del magistero della Chiesa e della vita cristiana. Ora, come alcuni hanno a ragione sottolineato, Amoris Lætitia è piuttosto «un trattato di psicologia, di pedagogia, di teologia morale e pastorale, e di spiritualità». La Chiesa ha la missione di proclamare l’insegnamento di Gesù Cristo opportune et importune e di trarne le conclusioni che s’impongono per il bene delle anime. È suo compito ricordare la Legge di Dio, non di minimizzarla né di teorizzare come essa sarebbe, in certi casi, inapplicabile. Essa ha il dovere di affermare i princìpi, la cui applicazione concreta è lasciata ai pastori della anime, al confessore e alla coscienza illuminata dalla fede, regola prossima dell’agire umano.

Nella sua ricerca di una pastorale della misericordia, il testo è in certi punti segnato dal soggettivismo e dal relativismo morale. La regola oggettiva è sostituita, alla maniera protestante, dalla coscienza personale. Questo veleno è radicato, tra l’altro, nel personalismo che, nella pastorale familiare, non mette più il dono della vita ed il bene della famiglia in primo piano, ma la realizzazione personale e lo sviluppo spirituale degli sposi. A questo proposito, non si può che deplorare, ancora una volta, l’inversione dei fini del matrimonio già tratteggiata dalla costituzione pastorale Gaudium et spes del Concilio Vaticano II, inversione che si ritrova anche in Amoris lætitia. La cosiddetta «legge della gradualità» stravolge la morale cattolica.

Le conseguenze dell’Amoris lætitia già si fanno sentire nella Chiesa: un parroco, come è suo dovere, rifiuta di dare il Corpo di Cristo ai peccatori pubblici, mentre un altro invita tutti a fare la Comunione.
Il Presidente della Conferenza episcopale delle Filippine ha dichiarato che l’Amoris lætitia sarà immediatamente messa in pratica nel suo paese e di conseguenza, in certi casi, delle persone divorziate e «risposate» riceveranno la Comunione [2]. Una profonda divisione si delinea in seno all’episcopato e al Sacro Collegio. I fedeli sono disorientati, tutta la Chiesa soffre di questa frattura. Rimettere in discussione l’obbligo di osservare in ogni caso i comandamenti di Dio, in particolare quello della fedeltà coniugale, significa capitolare davanti al diktat dei fatti e dello spirito del tempo: già in numerosi paesi – come la Germania, per esempio – si calpesta da molto tempo la pratica che deriva dal comandamento divino. Invece di elevare ciò che è al livello di ciò che deve essere, si abbassa ciò che deve essere a ciò che è, alla morale permissiva dei modernisti e dei progressisti. I fedeli il cui matrimonio è stato infranto, ma che in questa situazione sono rimasti fedeli, in modo molto virtuoso e talvolta eroico, alla promessa fatta davanti all’altare, si sentono traditi.
C’è di che piangere.

Noi imploriamo il Santo Padre umilmente, ma risolutamente, di riprendere in esame l’Esortazione Amoris Lætitia e specialmente il capitolo 8. Come nei testi del Vaticano II, ciò che è ambiguo deve essere interpretato in modo chiaro, e ciò che è in contraddizione con la dottrina e la pratica costante della Chiesa deve essere ritirato, per la gloria di Dio, per il bene di tutta la Chiesa, per la salvezza delle anime, specialmente di quelle che sono in pericolo di lasciarsi ingannare dall’apparenza di una falsa misericordia.
 
Menzingen, 2 maggio 2016, 
Festa di Sant’Atanasio

NOTE

1 - Cfr. Esortazione apostolica Familiaris consortio (n. 84); Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1650); Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede del 14 settembre 1994; Dichiarazione del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi del 24 giugno 2000.
2 - Dichiarazione del 9 aprile 2016: «Si tratta di un’elargizione di misericordia, di un’apertura del cuore e dello spirito che non ha bisogno di nessuna legge, che non esige nessuna direttiva, né aspetta istruzioni. Può e deve essere attuata immediatamente».



maggio 2016

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