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TV Libertes del 28 gennaio 2017 pubblicata il 29 gennaio 2017 ![]() https://www.tvlibertes.com/2017/01/29/13989/terres-de-mission-n17-fellay Intervista condotta da Jean-Pierre Maugendre, Presidente di Renaissance Catholique. Giornalista: Grazie Eccellenza, per essere venuto. Lei,
dal 1994, è il Superiore Generale della FSSPX, fondata nel 1970
da Mons. Lefebvre a Friburgo, in Svizzera, paese di cui Lei è
originario. La Fraternità conta oggi 613 sacerdoti, 117 frati,
80 oblati, 215 seminaristi. Nella Chiesa, lo sappiamo, ogni
società religiosa ha la propria vocazione, legata ai suoi
carismi di fondazione. Ricordiamo la povertà per i figli di San
Francesco, lo zelo missionario per i Domenicani. Qual è, secondo
Lei, la spiritualità propria della Fraternità San Pio X?
Mons. Fellay: Ebbene, la
spiritualità propria della Fraternità è quella di
non averne. Bisogna precisare che essa una ce l’ha, ma non è la
propria, piuttosto essa si è appropriata della
spiritualità della Chiesa. Dunque è molto più
universale. Di che si tratta, dunque? Ecco, è la salvezza che ci
viene dalla Croce di Nostro Signore Gesù Cristo. Dunque è
il sacerdozio, poiché Nostro Signore ci salva col Suo
sacerdozio, e con l’atto sacerdotale che è la Croce, dunque la
Messa. E’ questa la spiritualità della Fraternità.
Quindi, essa si occupa dei sacerdoti, di formare dei sacerdoti, di
santificarli, e poi, dopo, si spera che essi faranno il loro lavoro.
Giornalista: Una spiritualità centrata sul sacerdozio e la Santa Messa. Mons. Fellay: Perfettamente.
Giornalista: Il 21 novembre scorso, nella lettera apostolica Misericordia et Misera, il Papa Francesco ha rinnovato, per i sacerdoti della Fraternità, il potere di dare validamente e lecitamente le assoluzioni sacramentali. Nello stesso tempo, la dichiarazione postsinodale Amoris Laetitia, accordando a certe condizioni ai “divorziati risposati” la possibilità di accedere alla Santa Comunione, non è certo un testo che vi soddisfi. Come interpreta questi due testi, a priori, contraddittori? Mons. Fellay: io rischio di
sbagliarmi; penso che vengano da uno stesso movimento. E questo
movimento è la cura del Santo Padre per i rifiutati, di tutti i
confini.
Giornalista: Per le periferie. Mons. Fellay: Ecco, per le
periferie. E beninteso, noi non siamo delle periferie materiali, noi
non siamo dei rifiutati, non siamo in prigione, ma siamo dei rifiutati
quanto meno dalla corrente maggioritaria della Chiesa. E in questo
senso, noi siamo degli emarginati. E io credo, posso sbagliarmi, ancora
una volta, che questo viene da lì: da questa cura di occuparsi
di queste persone che, io credo, il Papa rimproveri alla Chiesa, nel
suo insieme, di aver dimenticato o messo da parte.
Giornalista:
A proposito di questo testo, Amoris Laetitia, di cui abbiamo appena parlato, un certo
numero di cardinali, i cardinali Burke, Brandmüller, Caffarra e
Meiser, hanno rivolto al Papa ciò che si chiamano, in termini
tecnici, dei «dubia», e cioè hanno posto della
domande, diverse domande, per avere dei chiarimenti su questo testo. E’
da molto tempo che questo non accadeva nella Chiesa, cioè che
dei vescovi interpellassero pubblicamente il Papa su un atto del
magistero. Nel 1969, la riforma liturgica segnò ugualmente una
rottura con la tradizione precedente. All’epoca, due cardinali si
fecero avanti, i cardinali Ottaviani e Bacci, e poi, dopo aver reso
noto al Sommo Pontefice le loro perplessità, rientrarono nei
ranghi. Non sembra che sia esistita, da cinquant’anni, una resistenza
organizzata, dei cardinali, dei vescovi, per esempio, contro le derive
dottrinali, come quelle sui nuovi catechismi. Seconde Lei, i tempi
sarebbero cambiati?
Mons. Fellay: C’è
qualcosa che sta per cambiare, è vero. E io credo che si tratti
del fatto che le cose si sono aggravate. Non tanto al livello dei
principii, ma questi principii danno adesso i loro frutti, le loro
conseguenze. Io non credo che noi siamo già arrivati alle
conseguenze ultime, ma ciò che avviene è grave e perfino
molto grave, talmente grave che un certo numero di vescovi, di
cardinali, ritengono, in coscienza, di dover dire: «adesso
basta!»,. Non sono numerosi quelli che si manifestano in
pubblico, sono molto più numerosi, per così dire, in
privato; E questo movimento aumenterà? E’ ancora troppo presto
per dirlo. Io penso che bisogna sperare, io oso sperarlo, senza
crederlo, che il tutto continui in questo senso, perché,
veramente, le cose vanno male. E finalmente si comincia a dirlo, e
sarà un’apertura per riflettere seriamente, questa volta, sulle
cause e dunque sui veri rimedii.
Giornalista: Nella sua conferenza in occasione delle Journées de la Tradition, l’8 ottobre scorso, a Port-Marly, Lei ha ricordato un crescendo di contatti tra la Fraternità San Pio X e un certo numero di sacerdoti e di vescovi. Malgrado ciò, non si può dire, in ogni caso, per ciò che riguarda la Francia, che i vescovi si dimostrino molto aperti nei confronti delle richieste di celebrazioni secondo la forma straordinaria del rito romano, in applicazione del motu proprio Summorum pontificum. Secondo Lei, che ha esperienza, per i suoi viaggi, dell’insieme del mondo cattolico, dell’insieme del pianeta, si tratta di una particolarità francese? Mons. Fellay: Francamente,
non lo so. C’è qualcosa, certo, i Francesi restano i Francesi…
Giornalista: Allora, questo cosa significa secondo Lei? Mons. Fellay: Si può
discutere molto e quindi porre delle domande, disputare anche, ma se si
vuole parlare a livello della crisi della Chiesa, di ciò che
succede, io credo che essa è veramente generale. E anche al
livello delle reazioni, esse sono francamente presenti in tutta la
Chiesa. Certo ci sono dei vescovi che hanno preso contatto con noi e ai
quali abbiamo detto «noi siamo con voi», ma questo avviene
benevolmente…
Giornalista: In questa riflessione delle vostre relazioni con Roma, il Papa Francesco vi ha fatto la proposta di una prelatura personale per la Fraternità San Pio X. Questa situazione canonica conserverebbe una vostra totale indipendenza riguardo ai vescovi. Mons. Schneider, che era qui qualche mese fa, ha visitato i vostri seminari, vi ha esortato ad accettare questa proposta anche se è cosciente che la situazione della Chiesa non è ancora soddisfacente al cento per cento. Non c’è il rischio, col tempo, della creazione di una Chiesa più o meno autonoma, autocefala, se dovesse perdurare questa situazione, diciamo, di distanza costante da Roma, dal Papa, dalla Curia, dai vescovi? Per firmare una proposta di Roma, aspettate l’apparizione sul Soglio di Pietro di un Pio XIII, al quale noi aspiriamo, ma che non è un’ipotesi di lavoro? Mons. Fellay: Io penso che
non sia necessario attendere che tutto sia in regola nella Chiesa, che
tutti i problemi siano appianati. Vi sono, tuttavia, un certo numero di
condizioni che sono necessarie e per noi la condizione essenziale
è la condizione della sopravvivenza. Io ho fatto sapere a Roma,
senza alcuna ambiguità, che, come aveva detto Mons. Lefebvre a
suo tempo, vi è una condizione sine qua non, e cioè che
se la condizione non è soddisfatta, noi non ci muoviamo. E
questa condizione è che noi vogliamo rimanere ciò che
siamo, il che significa conservare tutti i principii che noi abbiamo
mantenuti come cattolici. Noi siamo effettivamente… noi abbiamo
dei rimproveri gravi nei confronti di ciò che è accaduto
a partire dal Concilio nella Chiesa, un certo numero: la famosa
questione della maniera in cui è condotto l’ecumenismo, per
esempio…; quella che si chiama libertà religiosa, è
un’espressione assai complicata, ma che regola, da una parte la
questione delle relazioni fra la Chiesa e lo Stato e poi la
libertà o no da dare o a che titolo dare a ciascuno la
libertà di esercitare la sua religione. Un tempo, la Chiesa
spiegava che, in certe circostanze, bisognava tollerare e, oggi si
può dire che, vista la situazione, i miscugli, questa tolleranza
dev’essere molto ampia, ma si tollera, quando si tollera, si tollera un
male, non si può dire che è un bene. E una certa
religione, io credo che oggi non ci sia bisogno di dire quale, si vede
che quand’essa incomincia crescere, diventa un argomento di terrore, vi
è qualcosa che non funziona, dunque bisogna… guardare bene a
tutto questo. E io penso che si avanzi, penso che da questo lato si
avanzi nella giusta direzione, e cioè che Roma sta per avviarsi.
Si tratta di qualcosa di molto recente, da due anni si può dire,
che ci si dice che ci sono delle domande che sono state poste, non solo
delle domande, ma anche delle proposte che sono state poste dal
Concilio, che non sono dei criterii di cattolicità. Questo
significa che si ha il diritto di non essere d’accordo e, tuttavia, di
essere considerati come cattolici, e si tratta, precisamente,
dell’insieme delle questioni sulle quali noi abbiamo disputato. Questa
è una prima parte. La seconda parte: vi è un rischio alla
fine di uno scisma, di stabilire una Chiesa parallela? Noi lottiamo
contro di questo e io penso che, ed ho parlato di questo problema col
Papa stesso, entrambi siamo d’accordo. Vi è già adesso un
certo numero di disposizioni pratiche che rendono, si può dire,
praticamente impossibile lo scisma; e cioè, nella pratica, negli
atti di tutti i giorni, noi esprimiamo a Roma… noi dimostriamo la
nostra sottomissione, che noi riconosciamo le sue autorità, e
non solo nella Messa, pronunciando il nome del Papa e quello del
vescovo del luogo nel Canone della Messa, ma anche … Bene, ecco, si ha
l’esempio del Papa che ci dà il potere di confessare; si hanno
anche degli atti giuridici, è un po’ complicato, ma può
accadere che un sacerdote commetta degli atti delittuosi, noi abbiamo
dei riferimenti con Roma, che ci autorizza, che ci chiede di giudicare
questi casi, questa è veramente una relazione normale. Non vi
è solo la confessione, vi è tutto un insieme…
Quest’estate è stato confermato che il Superiore Generale
può, del tutto liberamente, ordinare i sacerdoti della
Fraternità senza dover chiedere il permesso al vescovo del
luogo. Si tratta di un testo di Roma, che non è stato pubblicato
apertamente, ma che dice che la Fraternità ordina lecitamente,
perché può ordinare liberamente. Ecco gli atti già
posti, che sono atti giuridici, atti canonici, che sono già in
atto e che, a mio avviso, escludono già la possibilità
dello scisma. Evidentemente, bisogna sempre vegliare, certo…
Giornalista: E allora, oggi, concretamente, cos’è che manca? Mons. Fellay: Manca il
timbro. E poi anche, giustamente, l’affermazione, questa volta chiara,
che si rispetteranno queste garanzie.
Giornalista: E’ il Papa che può mettere questo timbro e dare queste garanzie? Mons. Fellay: Spetta al
Papa. Sì.
Giornalista: Allora, per concludere questa intervista e, forse, dare un segno di speranza, noi celebreremo quest’anno il centenario delle apparizioni di Fatima. Qual è, secondo Lei, l’attualità di questi avvenimenti, sia per la Chiesa sia per la Fraternità San Pio X? Mons. Fellay: Più
che per la Fraternità, per la Fraternità direi come
conseguenza… Di Fatima noi sappiamo che vi è un segreto. Vi era
un messaggio, e questo messaggio di Fatima annuncia delle cose
difficili, forse terribili; una parte è conosciuta, una parte
non è molto conosciuta. Ad ogni modo, alla fine, dice la Santa
Vergine, «il mio Cuore Immacolato trionferà». Dunque
vi è l’annuncio di una vittoria del Cielo, del Cuore Immacolato
di Maria, che sarà unita ad una consacrazione della Russia, che
vedrà la Russia convertirsi, dunque che ritornerà
cattolica, che sarà riunificata, reintegrata nella Chiesa
cattolica, si avrà un tempo di pace che verrà dato alla
Chiesa. Ne deriva dunque
che il tempo di crisi nel quale
ci troviamo oggi finirà. Adesso, i particolari non li si
conosce, ma, evidentemente, se noi diciamo, e non siamo i soli, che vi
è una crisi nella Chiesa, noi speriamo proprio in questo momento
di trionfo, in cui questo momento della Chiesa passerà. Fin dove
andremo con questo trambusto? Io non lo so, ma noi abbiamo questa
assicurazione che, alla fine, vi sarà un trionfo. E allora, noi
lo sollecitiamo con le nostre preghiere, noi sappiamo bene che questo
dipende dal Buon Dio, le nostre preghiere, questo resta (il giornalista
l’interrompe)
Giornalista: In questa occasione, Lei ha indetto in particolare una crociata del Rosario Mons. Fellay: Certo,
sì, chiedendo ai fedeli, a tutti quelli che vogliono il bene, di
recitare la preghiera che la Santa Vergine ci ha raccomandato,
chiedendoLe precisamente che ciò che Lei ha detto si compia,
cioè che arrivi questo trionfo, che questa consacrazione venga
fatta, come l’ha chiesta Lei, perché si è già
avuto qualcosa, vi sono stati certi effetti… E soprattutto, se si
vuole, se si considerano, e non posso dilungarmi troppo, i grandi
avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale, sono dei dati della Santa
Vergine. E la Santa Vergine che diceva che la pace delle nazioni doveva
essere rimessa dal Buon Dio nelle sue mani. Vi è un intervento,
diciamo un governo del Buon Dio sugli uomini, che è reale. E
dunque, chiedere al Buon Dio che, nella Sua benevolenza, voglia
esercitarlo in maniera tale che gli uomini finiscano di demolire tutto
e si sottomettano al Suo giogo, perché questo può essere
solo una buona cosa.
(torna
su)
gennaio 2017 |