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Superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X al settimanale spagnolo Vida Nueva del 2 febbraio 2017 pubblicata il 3 febbraio 2017 http://www.vidanueva.es/2017/02/02/bernard-fellay-la-condicion-es-que-roma-nos-acepte-tal-y-como- somos-lefebvrianos-fraternidad-sacerdotal-san-pio-x/ Intervista condotta da Miguel Ángel Malavia e Josè Beltrán I neretti nel testo delle risposte sono nostre “La condizione è che Roma ci accetti così come siamo” Otto anni dopo che Benedetto XVI
ha rimesso la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani e che la
prelatura personale sotto l’autorità del Papa sembra possa
essere la soluzione, un accordo tra la Fraternità Sacerdotale
San Pio X (FSSPX) e Roma appare sfuggente.
In questa intervista in esclusiva con Vida Nueva, Bernard Fellay, suo attale Superiore, riconosce che il cammino sta quasi per concludersi. Ma, a sua volta, dice chiaramente che “non cederemo” su quello che per loro sono le “linee rosse”, l’applicazione del Concilio Vaticano II nel dialogo ecumenico e interreligioso, nella relazione Chiesa-Stato o nella celebrazione della liturgia. A che punto sono le
conversazioni sulla comunione con Roma di un movimento presente in 72
paesi, con cinque seminari e due noviziati dove si formano 206 futuri
sacerdoti, e con 191 centri per un totale di 613 sacerdoti, 116
fratelli laici, religiosi e 80 religiose?
Se c’è qualcuno che può saperlo bene è Bernard Fellay, Superiore generale della FSSPX e principale interlocutore con la Santa Sede in questi otto anni di dialogo. In questa intervista in esclusiva con Vida Nueva. Fellay riconosce che “ non c’è più alcun ostacolo insormontabile per un riconoscimento canonico della Fraternità” e che vede più che fattibile lo sbocco della prelatura personale. E così, nonostante sottolinei che Francesco è stato colui che ha dato l’impulso definitivo al procedimento e ammetta che ha incontrato in lui “un papa comprensivo e benevolo”, Fellay afferma chiaramente che vi sono delle “linee rosse sulle quali non cederemo”: “La condizione è che Roma ci accetti così come siamo”. Giornalista: La Fraternità Sacerdotale San Pio X sta vivendo una primavera vocazionale, come dimostra il suo nuovo seminario in Virginia, negli Stati Uniti. Cos’ha il suo carisma per attrarre nuovi giovani al sacerdozio? Mons. Fellay: In
realtà, non possiamo parlare di “primavera vocazionale” nella
Fraternità. Il numero di vocazioni è stato costante nel
corso di questi ultimi decenni. Crediamo che l’elemento fondamentale
che garantisce il rinnovo delle vocazioni è precisamente
l’aspetto “tradizionale” della nostra congregazione. Fino agli anni 60,
la Chiesa aveva una determinata disciplina, certi usi e costumi e,
soprattutto, uno spirito sacerdotale chiaramente definito. Ma poi
è cambiato tutto col Concilio Vaticano II, in particolare la
concezione del sacerdozio.
Giornalista: Quando uno naviga su Internet per cercare
della documentazione sulla FSSPX, incontra due aggettivi che sogliono
caratterizzare negaticamente la ricerca: “ultraconservatori” e
“settari”. Che direbbe a coloro che vi classificano in questo modo?La cosa più specifica della nostra congregazione è lo spirito del Sacrificio della Croce, del Sacrificio dell’Altare, che il sacerdote rinnova in intima unione con Nostro Signore e con cui deve identificarsi. Mons. Fellay: Se si vuole
squalificare la Fraternità come “ultraconservatrice” e
“settaria”, allora bisogna condannare tutta la Chiesa cattolica, per
tutta la sua storia. Noi semplicemente seguiamo e applichiamo
ciò che fu praticato dalla Chiesa in tutto il mondo nel corso
dei secoli.
Ora, negli anni cinquanta e dopo col Concilio si è voluta cambiare la Chiesa. Ma noi non abbandoniamo il ricco patrimonio della nostra Santa Madre Chiesa, e questo semplice fatto basta per conferirci un aspetto conservatore. Quando, per certe attitudini o posizioni, ci si etichetta come “settari”, si interpretano malamente le nostre reazioni per difenderci e proteggerci dagli attacchi che ingiustamente abbiamo sofferto fin dagli anni ’70. Formula adeguata
Giornalista: Proprio in Virginia, Lei assicurò che la nuova prelatura personale sarebbe “quasi pronta”. Considera la forma della prelatura la più adeguata? Mons. Fellay: Crediamo che
le autorità romane ritengano che la prelatura personale sia la
struttura canonica che meglio rifletta la nostra situazione reale. E
anche noi pensiamo che la prelatura personale sia il regime più
adeguato alla Fraternità nelle attuali circostanze.
Giornalista: Crede possibile che si raggiunga una piena
comunione con Roma in poco tempo? E’ azzardato porre una scadenza?
Mons. Fellay: Allo stato
attuale, nella Chiesa vi è una profonda divisione tra
conservatori e progressisti che arriva fino alle alte sfere. In certo
modo, siamo vittime di questa disputa, così che la dichiarazione
ufficiale della nostra comunione con la Sede di Pietro difficilmente
soddisferà entrambe le posizioni. Tuttavia, credo che le autorità
romane abbiano potuto accertare che in noi non ci sono dei problemi
gravi che impediscano il pubblico riconoscimento della nostra
condizione di cattolici. In più, la risposta sarà
condizionata dalle circostanze, tale che è impossibile dare una
scadenza.
Giornalista: Qual è stato il punto di riflessione perché si stabilisse il dialogo tra le parti? Benedetto XVI ha compiuto il primo passo significativo? Mons. Fellay: Lungo questo
cammino, che è iniziato già durante il pontificato di
Giovanni Paolo II, ci sembra che Benedetto XVI abbia giuocato un ruolo
molto importante; da una parte col riconoscere che il rito “antico” non
era mai stato abrogato e dall’altra
nel confermare l’assenza di scomunica dei quattro vescovi della
Fraternità. Tuttavia,
ci sembra che i passi più importanti si sono avuti col
pontificato di Francesco.
Giornalista: Il Papa ha esteso al di là dell’Anno Giubilare della Misericordia e “fino a nuove disposizioni” la validità delle assoluzioni sacramentali dei sacerdoti della Fraternità San Pio X. Come valuta questo gesto? Mons. Fellay: Il sacramento
della penitenza è uno dei più importanti dopo il
battesimo, per ottenere il perdono dei peccati e così accedere
alla vita eterna. Il gesto del Santo
Padre manifesta, da un lato la sua paterna preoccupazione per
facilitare alle anime l’accesso ai sacramenti, dissipando al
tempo stesso qualsiasi dubbio sulla validità del sacramento
della penitenza amministrato dai nostri sacerdoti. Per altro verso, questo gesto dimostra che
non c’è alcun ostacolo insormontabile per un riconoscimento
canonico della Fraternità.
Una linea omogenea
Giornalista: Qual è, oggi come oggi, la principale insidia per dare l’ultimo impulso al procedimento? Mons. Fellay: Tanto oggi,
come ieri, la principale insidia è il grado di obbligo di
adesione al Concilio Vaticano II. Si fece un passo molto importante
quando Mons. Pozzo disse pubblicamente che certi testi del Concilio non
costituiscono criteri di cattolicità; per esempio, quelli che si
riferiscono alla libertà religiosa, alle relazioni con le
religioni non cristiane, all’ecumenismo e anche, in parte, alla riforma
liturgica. Se potessimo accertare che
si tratta della linea di tutta la Chiesa e non di una persona, questo
sarebbe decisivo.
Giornalista: Vi sono linee rosse per la Fraternità Sacerdotale San Pio X? Mons. Fellay: Sì, ci
sono: il modo in cui è praticato l’ecumenismo, incluse le
affermazioni molto pericolose per la fede, che fanno pensare che tutti
abbiano la stessa fede; la questione liturgica o la relazione fra la
Chiesa e lo Stato. Tutti questi sono
temi sui quali non cederemo.
Giornalista: L’interpretazione del Concilio Vaticano II
è uno dei principali punti di divergenza. Quali sono i problemi
che più la preoccupano a riguardo?Non si tratta di una posizione o di un punto di vista personale o solo proprio della nostra congregazione. Semplicemente, sosteniamo quello che la Chiesa ha sempre insegnato e definito su questi temi. Possiamo riassumere dicendo che la conditio sine qua non è che Roma ci accetti così come siamo. Mons. Fellay: La natura
delle relazioni fra la Chiesa e le altre realtà come il mondo,
lo Stato e le altre religioni, sono temi che esigono molti chiarimenti.
Non si tratta di divergenze tra quello che sarebbe una posizione
teologica della nostra congregazione e il magistero attuale della
Chiesa, ma dell’opposizione tra ciò che la Chiesa ha insegnato e
definito in precedenza e le novità del Concilio Vaticano II e
successive.
Giornalista: Lo scorso mese di aprile ha avuto
l’opportunità di incontrarsi con Papa Francesco. Che impressione
le ha fatto?Noi facciamo sentire la nostra voce perché risuoni nel presente quello che la Chiesa ha già insegnato e dichiarato e che sembra dimenticato da tutti. L’unica cosa che facciamo è rendere manifesta questa opposizione. Mons. Fellay: Abbiamo incontrato un Sommo Pontefice
comprensivo, che afferma chiaramente che siamo cattolici, che riconosce
che non siamo scismatici. Ammette che rimangono questioni
canoniche da risolvere, ma non per questo mette in dubbio la nostra
condizione di cattolici. Abbiamo
incontrato un Santo Padre benevolo, che cerca di facilitare il cammino,
senza per questo imporre una determinata soluzione.
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febbraio 2017 |