Lettera di Mons. Marcel Lefebvre
a Mons. de Castro Mayer

  4 dicembre
1990


Carissimo Mons. de Castro Mayer,

mi giungono voci dal Brasile sulla sua salute, che declina! La chiamata di Dio sarebbe prossima? Niente più di questo pensiero mi riempie di un profondo dolore. In quale solitudine mi verrei a trovare senza il mio caro fratello maggiore nell’episcopato, senza il combattente esemplare per l’onore di Gesù Cristo, senza l’amico fedele e unico nel deserto spaventoso della Chiesa conciliare?

Ma, d’altra parte, risuonano nelle mie orecchie tutti i canti della liturgia tradizionale dell’officio dei Confessori Pontefici! E’ l’accoglienza celeste per il buono e fedele servitore! Tale è la volontà del Signore.

In queste circostanze io sono più che mai accanto al suo letto, vicino a lei, e le mie preghiere per lei non cessano di salire a Dio, affidandola a Maria e Giuseppe.

Io vorrei approfittare di questa occasione per mettere per iscritto, per lei e per i suoi cari sacerdoti, la mia opinione, perché si tratta solo di un’opinione, su un’eventuale consacrazione episcopale per assicurarle la successione nella trasmissione della fede cattolica e nella collazione dei sacramenti riservati ai vescovi.

Perché considerare una tale successione al di fuori delle norme canoniche abituali?

Perché i sacerdoti e i fedeli hanno il preciso diritto a dei pastori che professino la fede cattolica nella sua integrità, essenziale per la salvezza delle loro anime, e a dei sacerdoti che siano dei veri pastori cattolici.

Perché la «Chiesa conciliare», essendo ormai presente universalmente, diffonde degli errori contrari alla fede cattolica e, in ragione di questi errori, ha corrotto le fonti della grazia, che sono il Sacrificio della Messa e i sacramenti. Questa falsa Chiesa è in rottura sempre più profonda con la Chiesa cattolica.

Da questi princípi e da questi fatti deriva la necessità assoluta di continuare l’episcopato cattolico per continuare la Chiesa cattolica.

Il caso della Fraternità Sacerdotale San Pio X si presenta in maniera diversa dal caso della diocesi di Campos.
Mi sembra che il caso della diocesi di Campos sia più semplice, più classico, poiché si tratta della maggioranza dei sacerdoti diocesani e dei fedeli che, con il consiglio del loro vecchio vescovo, designano il successore e chiedono a dei vescovi cattolici di consacrarlo.

Si tratta della maniera con cui si è realizzata la successione dei vescovi durante i primi secoli, in unione con Roma, come lo siamo anche noi, in unione con la Roma cattolica e non con la Roma modernista.

Ecco perché, a mio avviso, non bisogna legare il caso di Campos alla Fraternità. L’appello ai vescovi della Fraternità per l’eventuale consacrazione non è fatto in quanto vescovi della Fraternità, ma in quanto vescovi cattolici.

I casi devono essere separati. Non è senza importanza per l’opinione pubblica e per la Roma attuale. La Fraternità non dev’essere in causa e rimette tutta la responsabilità, peraltro legittima, ai sacerdoti e ai fedeli di Campos.

Perché questa distinzione sia ben chiara, sarà preferibile che la cerimonia abbia luogo a Campos o almeno nella diocesi. Sono il clero e i fedeli di Campos che si danno un successore degli Apostoli, un vescovo cattolico e romano, perché non possono più averne uno dalla Roma modernista.

Ecco la mia opinione; io penso che essa si basi sulle leggi fondamentali del Diritto ecclesiastico e sulla Tradizione.

Caro Monsignore, io le sottometto semplicemente i miei pensieri, ma è lei che giudica e io mi rimetto al suo giudizio.

Si degni Iddio di rendere la sua salute tanto robusta da compiere questa consacrazione episcopale!

Creda, caro Monsignore, nella mia profonda e rispettosa amicizia in Gesù e Maria.

Mons. Marcel Lefebvre.

4 dicembre 1990.
 



ottobre 2017

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