Colloqui con Mons. Marcel Lefebvre

Ricordi di Mons. Tomás de Aquino



Pubblichiati nel Supplemento n° 12 al numero di dicembre 2017 del
Bollettino del monastero della Santa Cruz
http://beneditinos.org.br/wp-content/uploads/2018/01/SUPLEMENTO-5.pdf





Fu nel 1975 che vidi Mons. Lefebvre per la prima volta. Era venuto nel nostro monastero di Santa Maria Maddalena a Bedoin, nel Sud della Francia, per conferire gli Ordini Minori a due dei nostri fratelli: Frate Jehan de Belleville e Frate Joseph Vannier. La predica di Mons. Lefebvre mi impressionò per la sua serenità. Egli respirava la pace, quella pace che è la divisa dei Benedettini e che lui sembrava possedere più di noi.

Questa cerimonia non sfuggì ai progressisti, che non ce la perdonarono. Ricevere Mons. Lefebvre! Lasciare che conferisse gli Ordini ai nostri studenti! La cosa non poteva passare senza una punizione esemplare. Il Superiore generale della nostra Congregazione ci venne a trovare vestito alla maniera progressista, come esigevano i tempi moderni, in giacca e cravatta. Forse la cravatta è frutto della mia immaginazione, ma la giacca me la ricordo bene. Conclusione: fummo espulsi dall’Ordine benedettino. In verità, era Mons. Lefebvre che intendevano colpire, e per meglio dire, era Nostro Signore che perseguitavano.

Nel 1976 ebbi modo di ascoltare una predica di Mons. Lefebvre a Ecône, all’inizio di quell’estate che fu conosciuta come “l’estate calda”, a causa della gravità degli avvenimenti che segnarono la vita della Fraternità San Pio X e della Chiesa in quei giorni eroici, quando Mons. Lefebvre dovette dire di no a Paolo VI.
Interrogato dai giornalisti sulla sua attitudine, Mons. Lefebvre rispose con semplicità: «Quando sarò dinanzi al mio Giudice, non voglio che Egli mi possa dire: “Anche tu, anche tu hai lasciato distruggere la Chiesa”» (1).

Ma fu solo nel 1984 che ebbi un contatto personale con Mons. Lefebvre. Ero stato inviato al seminario di Ecône, ero già sacerdote, per completare i miei studi e curare la mia salute.

Approfittando della presenza di Mons. Lefebvre, andai a vederlo con una certa frequenza. La sua bontà paterna rese facili quelle conversazioni, di cui trascrivo qui l’essenziale. Per la stesura di questo articolo uso le note da me allora redatte, poiché avevo l’abitudine di appuntarmi il contenuto di quei colloqui dopo ogni incontro.

Martedì 6 novembre 1984, Mons. Lefebvre mi parlò dell’ecumenismo:
«Se le altre religioni non sono opera del diavolo, non c’è ragione per non ammetterle; non c’è ragione per combatterle. Ora tutte le religioni, al di fuori della religione cattolica, sono opere che non vengono da Dio. “Chi non è con me è contro di me”, ha detto Nostro Signore. Ogni religione, al di fuori della religione cattolica, è opera del diavolo. Ogni attenuazione di questa verità concorre alla perdita delle anime. Questa eresia è talmente diffusa che persino i nostri fedeli non sfuggono completamente alla sua influenza. Penso che siamo di fronte ad una vera eresia. La penso come Mons. Antonio de Castro Mayer, ma non l’ho voluto dire pubblicamente fino ad ora».

Il 12 marzo 1985, Mons. Lefebvre mi parlò della questione degli accordi con Roma. Penso che Mons. Lefebvre affrontò questa questione a causa di Dom Gérard che all’epoca cercò di ottenere da Mons. Lefebvre l’appoggio per un accordo con Roma. Dom Gérard diceva che era possibile intendersi col cardinale Ratzinger e che Mons. Lefebvre era troppo chiuso. Nondimeno egli cercava l’approvazione di Mons. Lefebvre, senza la quale non avrebbe avuto l’approvazione dei fedeli della Tradizione.

«Sottomettersi a uomini che non hanno l’integrità della fede cattolica? Sottomettersi a uomini che proclamano princípi contrari ai princípi della Chiesa? O saremo costretti a rompere di nuovo con loro e la situazione diventerà peggiore di prima, o saremo condotti insensibilmente alla diminuzione e alla perdita della Fede.
«Vi è una terza possibilità. Una vita difficile a causa dei frequenti contatti con uomini che non hanno la Fede cattolica, il che porta al disorientamento e all’indebolimento dello spirito combattivo dei fedeli

Questa questione portò Mons. Lefebvre a parlare delle consacrazioni:
«Ho sperato il più possibile che Dio mi illuminasse circa le consacrazioni. A Roma, loro affondano sempre più nei loro errori. Io penso che sia necessario assicurare la permanenza del sacerdozio cattolico. Speravo in una conferma di questo dovere. Sembra che debba assolverlo comunque.
«Il liberalismo è un’eresia. Non volevo dirlo finora. Non si poteva immaginare che un Papa giungesse fino a questo punto. Ma per questo, allora non è Papa? Non penso che si possa affermarlo. E’ qualcosa che non si poteva immaginare

E tornado alla questione degli accordi:
«La nostra posizione, com’è adesso, ci permette di rimanere uniti nella Fede. Tutti quelli che hanno voluto fare un compromesso con i modernisti si sono persi. Io penso che non dobbiamo sottometterci a loro.
«Io diffido immensamente. Passo le notti a pensarci. Non siamo noi che dobbiamo firmare qualcosa. Sono loro che devono dare la garanzia che accettano la dottrina della Chiesa. Essi vogliono la nostra sottomissione, ma non ci danno la dottrina

Bella conclusione! Sottomissione? Ma con la dottrina. Senza la Verità Rivelata, senza la Tradizione, non si può fare niente, perché sarebbe il suicidio della Fede e la perdita della vita eterna.

Il 30 marzo 1985, Sabato di Passione, Mons. Lefebvre, conversando con i professori del seminario di Ecône, fece delle osservazioni interessanti sulla politica:
«Invece dell’ONU, il Vaticano avrebbe dovuto incoraggiare l’unione degli Stati cattolici. Ci fu un periodo dopo la guerra che in Europa c’erano diversi capi di Stato cattolici: Salazar in Portogallo, Franco in Spagna, De Valera in Irlanda, Alphonsini in Italia, Cotti in Francia e Adenauer in Germania. il quale, nonostante non fosse cattolico, aveva alcuni principi cattolici

Parlando di Salazar, Mons. Lefebvre raccontò che il grande Presidente portoghese si lamentava dei vescovi del suo paese.

«E’ necessario riformare le Università, ma i vescovi non mi aiutano. Sembra che non ne comprendano l’importanza. Ma senza di questo, come arrivare ad avere una generazione francamente cattolica?»

Nello stesso giorno, poco dopo, Mons. Lefebvre, commentando l’illusione di alcuni che erano sempre alla ricerca di un compromesso, disse:
«De Saventhem è sempre ambiguo. Egli vuole portarci al compromesso. “Se la Messa non è eretica, è ortodossa”, afferma de Saventhem. Come? E tutte le sfumature e i gradi tra eresia ed ortodossia?» (1a)

E parlando dei vescovi che cercano di diffondere questo clima di ambiguità, disse:
«Essi si sforzano di diffondere la Messa dell’indulto (2), ma allo scopo di avvicinare i fedeli alla nuova Messa e alla dottrina del Vaticano II

Il 14 maggio del 1985, nel suo studio, Mons. Lefebvre mi parlò del Concilio:
«Essi vivono nella menzogna. Forse inconsciamente. Ma oggettivamente vivono nella menzogna. Al Concilio dicevano “Il Concilio è pastorale”. Lo stesso Papa diceva: “Il Concilio è pastorale e non dogmatico”. E ora vogliono imporlo come un Concilio dogmatico

Il lunedì di Pentecoste, Mons. Lefebvre mi parlò del ritiro che doveva predicare a Le Barroux. All’epoca, i rapporti con Dom Gérard erano molto tesi, a causa degli accordi che questi voleva concludere con Roma.
«Sono in grande imbarazzo.», disse Mons. Lefebvre, «Ho paura delle parole che mi potrebbero uscire dalla bocca».

Confessione commovente, che dimostra come Mons. Lefebvre fosse un combattente, ma non era insensibile e gli costava trovarsi di fronte a certe situazioni. Ma ciò nonostante egli si recò al monastero e predicò il ritiro annuale del 1985.
Questo ritiro fu per me una nuova occasione per parlare con Mons. Lefebvre. Ogni volta si ritornava sulla questione delle consacrazioni.

«Devo consacrare un vescovo? Questo mi ripugna – diceva -, ma mi citi un solo vescovo che ha un seminario dove si dà una formazione cattolica senza miscuglio col modernismo. Penso che se non ne facessi niente, Nostro Signore mi riprenderebbe dopo la mia morte dicendo: “Avevi il carattere episcopale e dovevi assicurare la continuazione del sacerdozio cattolico”».

In un’altra occasione, Mons. Lefebvre avanzò quest’altra ragione per le consacrazioni, ragione che mi sembrò decisiva e che mi si impresse nella memoria:
«Se Roma fosse in grado di formare dei sacerdoti cattolici, io non avrei alcuna ragione di consacrare senza l’autorizzazione di Roma. Ma Roma non è più in grado

Allora era necessario consacrare nuovi vescovi. Tuttavia Mons. Lefebvre aspetterà ancora due anni, a riprova della sua grande prudenza. Voleva avere la certezza che fosse veramente il suo dovere. Forse voleva anche preparare i sacerdoti e i fedeli per quest’atto tanto necessario e anche tanto insolito.

Nel gennaio del 1986, di passaggio da Ecône, mi fermai per parlare con Mons. Lefebvre. Fra le altre cose, egli mi disse:
«Il Papa ha annunciato un congresso di tutte le religioni ad Assisi. Un congresso di tutte le religioni! Che dio invocheranno? Io vedo solo il Grande Architetto! Tutto ciò è un’idea massonica. Credo che ci saranno delle reazioni. Italia, Assisi, sono ancora troppo cattoliche. Forse chiederanno un luogo meno cattolico. Forse Gerusalemme.»

Di fronte a tutto questo, chiesi a Mons. Lefebvre quale fosse l’essenza della dottrina del Santo Padre. Mons. Lefebvre rispose:
«Che non ha la verità. Che la verità evolve. Ciò che conta è la vita
“Ma questa è l’essenza del modernismo”, replico io.
«Essi sono modernisti.» Mi rispose Mons. Lefebvre.
«Ratzinger e il Papa sono modernisti. E’ questo il motivo per cui non capiscono alcunché delle nostre proteste. Loro dicono: “Ma che male c’è in tutto questo?”. E’ per questo motivo che sono stati scelti. Per il loro spirito errato. Mai avrebbero dato questi posti a qualcuno che avesse lo spirito scolastico, lo spirito chiaro, limpido. No. Costoro non vogliono questo.
«E’ la massoneria che dirige il Vaticano. Lo stesso cardinale Gagnon mi disse che non sono necessariamente quelli che occupano i posti principali ad essere massoni, ma questi massoni sono collocati in maniera da dirigere tutto

Alla fine del 1986, Don Josè Vannier ed io fummo inviati a vedere un terreno che ci era stato offerto per fondare un monastero in Brasile. Prima di lasciare l’Europa ci recammo a Ecône a salutare Mons. Lefebvre. Allora egli ci parlò di Assisi e di un disegno esplicativo che voleva diffondere per mettere sull’avviso i fedeli circa la gravità di questa riunione ecumenica. Ci fece vedere due disegni. Uno era di un seminarista e l’altro di una suora della Fraternità. Quello del seminarista era molto ben fatto, ma quello della suora era più rispettoso. Mons. Lefebvre preferiva quello della suora. Egli non voleva una caricatura, voleva semplicemente spiegare con le immagini il peccato gravissimo della riunione di Assisi. Prima di partire, assicurammo a Mons. Lefebvre la nostra adesione senza riserve all’idea del disegno.

Giunti nell’America del Sud, la nostra prima visita fu al seminario della Fraternità San Pio X, in Argentina. Mons. Lefebvre e Mons. de Castro Mayer si trovavano lì quell’anno per le ordinazioni, nel corso delle quali ricevettero il sacerdozio due padri di Campos: Don Hélio Rosa e Don José Paulo Vieira, insieme a Don Alvaro Calderón e ad alcuni altri sacerdoti della Fraternità San Pio X.
Incontrando Mons. Lefebvre, egli ci parlò di nuovo di Assisi e commentò le reazioni che c’erano state riguardo ai due famosi disegni:
«Sono rimasto sorpreso dalla reazione. Me l’aspettavo, ma non così tanto. E’ stata una lezione di catechismo! Lo stesso si può dire di tutti i peccati. In Cielo non ci sono ecumenisti, così come in Cielo non ci sono divorziati. In Cielo non c’è nessuno in stato di peccato mortale.
«Prego il Cielo che questi disegni giungano in mano al Santo Padre e che egli si svegli e dica “Dove andrò a finire se continuo così?” E’ necessario che il Santo Padre salvi la sua anima!
«Ha invitato i capi delle religioni a pregare nei loro errori. E’ un invito a rimanere nell’errore. E’ un riconoscimento dato a questi errori

Dopo di che, disse che mancava solo che danzasse col diavolo.
«E sembra che il Papa lo abbia già fatto, danzando al suono di rock, con la stola, in mezzo alle ragazze, in Australia. Alcuni sono scandalizzati più per questo che per la riunione di Assisi. E’ una mancanza di spirito della Fede. Assisi è più grave; è più teologico.
«La riunione che si è svolta il giorno prima è stata anche peggio. Le parole del principe di Edimburgo furono blasfeme

Questo principe, marito della regina d’Inghilterra, disse che era necessario finirla con questo scandalo, che dura da duemila anni, di un uomo che disse: “Io sono la Via, la Verità, la Vita”. E cosa ci si può aspettare di diverso, quando si invitano tutti gli eretici, gli scismatici e gli infedeli ad esprimersi?

Sempre nello stesso seminario in Argentina, parlando delle consacrazioni Mons. Lefebvre ci disse:
«Dal punto di vista teologico, Mons. Antonio de Castro Mayer non vede difficoltà, ma tanto lui che io pensiamo che sia meglio aspettare un poco».

E riguardo al Papa, aggiunse:
«Quanto a dire che il Papa non è Papa, non lo so. I teologi non sono d’accordo a riguardo. Non voglio entrare nella questione. La cosa non mi sembra ancora molto chiara. Preferisco dire solo che egli è un pubblico peccatore. Un concilio deciderà dopo la sua morte se è stato Papa o no

In seguito ci parlò del cardinale Villot:
«Villot ha mentito a Paolo VI, dicendo che io avevo fatto firmare ai seminaristi un documento contro il Papa. Quando potei vedere Paolo VI, Villot era furioso. Egli impose che Benelli fosse presente all’incontro. Il Santo Padre mi parlò di questo famoso documento che avrei fatto firmare ai seminaristi. Io dissi chiaramente a Paolo VI che non esisteva niente del genere. In seguito, il cardinale Benelli, su L’Osservatore Romano, negò che noi avessimo parlato della cosa. Sono dei banditi. Non hanno nemmeno la più elementare onestà.
«Villot aveva organizzato tutto. Diceva che entro sei mesi la Fraternità non sarebbe più esistita.
«Poi c’è stata la visita canonica a Ecône, la chiamata a Roma, l’intervista a Garrone, Tabera e Wright e quello che seguì. Peggio dei sovietici; nemmeno l’apparenza di un giudizio. Io l’ho detto a Giovanni Paolo II. Lui sorrise. Niente di più. Anche lui è un bandito.»

Parlando di Montini e Pio XII, Mons. Lefebvre ci disse:
«All’inizio del Concilio, ho saputo della storia di Montini. ‘Promoveatur ut removeatur’ (3). Il giorno della consacrazione di Montini, Pio XII fece un discorso elogiativo. Che costume disastroso! Perfino Pio XII. (4).

Poi vennero gli anni della fondazione del monastero della Santa Croce [Nova Friburgo, Brasile], durante i quali Mons. Lefebvre ci aiutò con i suoi preziosi consigli. Io ero in coscienza abbastanza disturbato a causa delle modifiche liturgiche introdotte da Dom Gérard nella Messa. Non si trattava ancora della nuova Messa, ma intanto non era più il Messale di Giovanni XXIII del 1962. Si trattava di alcune modifiche introdotte da Paolo VI e dallo stesso Dom Gérard. Scrissi allora a Mons. Lefebvre, il quale, quantunque non approvasse Dom Gérard, mi consigliò di conservare soprattutto i buoni rapporti col nostro monastero in Francia, a Le Barroux. Il che fa vedere come Mons. Lefebvre fosse abbastanza conciliante. Se si era opposto al Santo Padre, era perché non aveva realmente altra soluzione. Egli si oppose per dovere, non per inclinazione naturale.

Dopo, Mons. Lefebvre mi scrisse una lettera, datata 18 agosto 1988, in cui diceva:
«Mi dispiace che lei sia partito prima degli avvenimenti di Le Barroux (5). Sarebbe stato più facile considerare la situazione derivante dalla disastrosa decisione di Dom Gérard.
«Don Tam si è offerto di farle visita di ritorno dal Messico e le consegnerà queste righe.
«Dom Gérard, nella sua dichiarazione, espone ciò che gli è stato concesso e che accetta di porsi all’obbedienza della Roma modernista, la quale resta fondamentalmente antitradizionale, il che ha motivato il mio allontanamento.
«Egli vorrebbe contemporaneamente conservare l’amicizia e l’appoggio dei tradizionalisti, il che è inconcepibile. Ci accusa di “resistenzialismo”.
«Io l’avevo avvisato, ma la sua decisione era già stata presa da molto tempo e non intendeva più ascoltare dei consigli.
«Adesso le conseguenze sono inevitabili. Non manterremo più alcuna relazione con Le Barroux e avviseremo tutti i nostri fedeli di non dare più alcun aiuto ad un’opera che da qui in avanti è nelle mani dei nostri nemici, dei nemici di Nostro Signore e del Suo Regno universale.
«Le suore benedettine sono angosciate. Verranno a farmi visita. Io consiglierò loro di conservare la loro libertà e di rifiutare ogni legame con questa Roma modernista.
«Dom Gérard usa tutti i suoi argomenti per paralizzare la resistenza […].
«Lei deve mettersi insieme a Dom Lorenzo e all’argentino (6) e ai suoi novizi […].
«Voi tre, con i novizi di Campos, potrete continuare, e costituire un monastero indipendente da Roma. E’ necessario non esitare e affermarlo pubblicamente. Dio giudicherà.
«E lei, in seguito, dopo qualche tempo, potrebbe ricostituire un monastero in Francia. Avrebbe molti appoggi e vocazioni.
«Dom Gérard ha suicidato la sua opera.
«Don Tam le dirà a viva voce ciò che non ho scritto. Prego la Madonna che la aiuti nella difesa dell’onore del suo Divino Figlio.
«Che Dio la benedica e benedica il suo monastero.»

Ecco come Mons. Lefebvre vedeva la situazione. Seguimmo i suoi consigli. Facemmo una dichiarazione pubblica e ci separammo da Dom Gérard. Quella dichiarazione fu fatta con l’aiuto di Don Fernando Rifan, di Don Tam e del Dr Julio Fleichman, padre di Dom Lorenzo. Mons. Lefebvre voleva che questa dichiarazione fosse conosciuta dai monaci di Le Barroux e che questi deponessero Dom Gérard “se non decidesse di rompere con Roma” (7).

«Le consacrazioni hanno apportato un rafforzamento nella vita della Tradizione», scriveva Mons. Lefebvre nella stessa occasione. «I fedeli sono contenti. E’ per questo che la defezione di Dom Gérard è duramente criticata e nessuno lo segue, eccetto alcuni falsi tradizionalisti

Dopo le consacrazioni e passati gli eventi che ne seguirono, Mons. Lefebvre dovette affrontare una dura prova con la crisi causata da Padre Morello in Argentina. Questo non gli impedì di continuare a consigliarci con la sua paterna sollecitudine.
Intanto, era soprattutto Mons. Antonio de Castro Mayer, suo amico e fratello nell’episcopato, che occupava il cuore di Mons. Lefebvre.

«Mi giungono voci dal Brasile», scriveva a Mons. de Castro Mayer, «riguardo alla sua salute, che declina. La chiamata di Dio sarà prossima? Questa eventualità mi riempie di  profondo dolore. In che solitudine verrò a trovarmi senza il mio più vecchio fratello nell’episcopato, senza il combattente esemplare per l’onore di Gesù Cristo, senza l’amico fedele e unico nel terribile deserto della Chiesa conciliare!» (8).

Mons. Lefebvre e Mons. de Castro Mayer morirono quasi nello stesso periodo, nel 1991, lasciandoci un esempio della loro Fede e del loro spirito combattivo, acquisito a Roma durante gli anni del seminario, presso la tomba del Principe degli Apostoli.

Che le loro eroiche virtù e i loro meriti ci ottengano la grazia della fedeltà.

+ Tomás de Aquino



NOTE

1 - Mons. Tissier de Mallerais, Mons. Marcel Lefebvre, una vita, Chieti, ed. Tabula Fati, 2005, p. 691.
1a - NdT – Eric Vermehren de Saventhem (1919-2005) nel 1967 fu uno dei fondatori della Federazione Internazionale Una Voce e suo primo Presidente. Tedesco di famiglia luterana si era convertito al cattolicesimo insieme alla sorella, diventata suora. Oltre che dirigente d’azienda, fu diplomatico e membro attivo del controspionaggio in Germania, Inghilterra e Svizzera.
2 – L’indulto del 1984 per poter celebrare la Messa di San Pio V, concesso dal Papa Giovanni Paolo II, ma con una restrizione: non rigettare la Messa di Paolo VI. Conclusione: un indulto solo per coloro che non hanno intenzione di fare uso esclusivo della Messa di San Pio V. Come diceva scherzando uno scrittore francese.: “Questo indulto è riservato esclusivamente a coloro che non hanno alcun motivo per chiederlo”. In verità, come notava Mons. Lefebvre, questo indulto ha lo scopo di abituare i sacerdoti e i fedeli alle due Messe, e così far loro accettare la nuova Messa, come è stato il caso di Mons. Fernando Rifan e di tanti altri.
3 – Promosso per essere rimosso.
4 – Montini aveva tradito Pio XII, essendo suo Segretario di Stato. Pio XII lo destituì, ma gli conferì l’incarico di Arcivescovo di Milano e fece un discorso elogiativo sul suo cattivo servitore.
5 – Io ero tornato in Brasile prima della conclusione, o almeno della pubblicazione, degli accordi di Dom Gérard con Roma.
6 - Dom João da Cruz.
7 – Lettera del 2 settembre 1988.
8 – Lettera del 4 dicembre 1990.







febbraio 2018

Ritorna a Documenti
A
LA RESISTENZA CATTOLICA