Lettera del Superiore Generale
agli amici e benefattori, n° 89

1 marzo 2020


Pubblicata su FSSPX News





Cari fedeli, amici e benefattori,

da lungo tempo ho desiderato indirizzarvi queste poche righe. In effetti, noi ci troviamo attualmente tra due anniversari importanti. Da una parte, cinquant’anni fa è stata promulgata la nuova Messa e, con essa i fedeli si sono visti imporre una nuova concezione della vita cristiana, adattata alle supposte esigenze moderne. Dall’altra, noi festeggiamo quest’anno il cinquantesimo anniversario della fondazione della Fraternità Sacerdotale San Pio X.
Va da sé che questi due anniversari sono in stretta relazione tra loro, poiché il primo avvenimento richiedeva una reazione proporzionata.
E’ di questo che vorrei parlarvi, allo scopo di trarre alcune conclusioni valide per il presente, ma facendo prima un passo indietro, poiché questo conflitto che si è manifestato cinquant’anni fa, in realtà è iniziato durante la vita pubblica di Nostro Signore Gesù Cristo.

Infatti, quando  Nostro Signore annunciò per la prima volta agli Apostoli e alla folla che Lo ascoltava a Cafarnao, il grande dono della Messa e dell’Eucarestia, un anno prima della Sua Passione, certi si separarono da Lui, mentre altri si legarono a Lui in maniera più radicale. Questo è paradossale, ma è l’idea stessa dell’Eucarestia che ha provocato il primo «scisma» e, al tempo stesso, ha spinto gli Apostoli ad aderire definitivamente alla persona di Nostro Signore.

Ecco come San Giovanni riporta le parole di Nostro Signore e la reazione dei suoi ascoltatori:
«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?» (…) Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv. VI, 56-60, 66).

Cerchiamo di rispondere a tre domande che si richiamano l‘una all’altra.
Perché i Giudei si scandalizzarono e cosa rifiutarono allora? Cosa rifiuta a sua volta il cristiano moderno? Cosa dobbiamo fare noi per non cadere a nostra volta in questo errore così antico?

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Il Vangelo ci dice che i Giudei si scandalizzarono, perché non riuscivano a comprendere come Nostro Signore potesse dare da mangiare a loro la Sua Carne. E Nostro Signore, di fronte a questa difficoltà, invece di dar loro delle spiegazioni razionalmente più accessibili, insiste ulteriormente, riaffermando più volte la necessità di mangiare la Sua Carne e bere il Suo Sangue per ottenere la vita eterna. In effetti, quello che mancava ai Giudei era la disponibilità e la fiducia a lasciarsi guidare da Nostro Signore, malgrado il miracolo di cui erano stati testimoni (Cfr. Gv. VI, 5-14).
In poche parole, mancava in loro la fede con la quale il Padre introduce le anime al mistero della Salvezza: «Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna; Io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv. VI, 40).
Facendo questo, i Giudei rifiutarono già quello che avrebbero rifiutato definitivamente un anno più tardi: essi rigettarono il Sacrificio della Croce, di cui la Messa è la continuazione, e la Santa Eucarestia, il frutto.
Essi rifiutarono anche l’economia della Croce, che diventa incomprensibile senza lo sguardo di fede. Per essi, la Croce sarà uno scandalo, esattamente come furono scandalizzati dalle parole di Nostro Signore che annunciava la Santa Eucarestia.
Si tratta dunque di due manifestazioni di uno solo e medesimo «scandalo». In effetti, non si può amare l’Eucarestia se non si ama la Croce, e non si può amare la Croce se non si ama l’Eucarestia.

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E cosa rifiuta a sua volta il cristiano moderno? Anche lui si rifiuta di entrare nell’economia della Croce, e cioè di essere incorporato al Sacrificio di Nostro Signore, che si rinnova sull’altare. Questa prospettiva lo scandalizza anche oggi. Egli non riesce a capire come Dio possa chiedergli una tale cosa, poiché non comprende più come Dio Padre abbia potuto chiedere a Suo Figlio di morire sulla Croce.
Con questo, la sua concezione della vita cristiana cambia irrimediabilmente. Egli non accetta più l’idea di completare in se stesso ciò che manca alle sofferenze di Cristo (Cfr. Col. I, 24). Così, gradualmente, lo spirito della Croce è rimpiazzato dallo spirito del mondo. Il desiderio profondo di vedere il trionfo della Croce lascia il posto ad un vago desiderio di vedere un mondo migliore, una terra più vivibile, il rispetto dell’ecosistema, una umanità migliore, ma senza più sapere a quale scopo e con quale mezzo.
Così, dal momento che questa nuova prospettiva propria del cristiano moderno non ha senso e conduce all’indifferenza, la Chiesa intera, con la sua gerarchia e i suoi fedeli, perde la sua ragion d’essere, entra in una crisi profonda e allora cerca disperatamente di darsi una nuova missione nel mondo, poiché ha abbandonato la sua propria, quella che cerca solo il trionfo della Croce per mezzo della Croce.
Immancabilmente, in questa nuova concezione della vita cristiana e della Chiesa, il Santo Sacrificio della Messa non ha più il suo posto, poiché la Croce stessa non ce l’ha più. Di conseguenza, la Carne e il Sangue di Cristo che gli uomini sono invitati a mangiare e bere per avere la vita eterna, finiscono col rivestire un nuovo significato.
La nuova Messa non è solo un nuovo rito, ma è l’ultima espressione dell’infedeltà alla Croce, così come Nostro Signore l’aveva predicato ai Giudei e come l’avevano predicato gli Apostoli alla Chiesa nascente.
Noi abbiamo qui la chiave di interpretazione sia degli ultimi cinquant’anni della storia della Chiesa, sia della maggior parte degli errori e delle eresie che l’hanno minacciata nel corso di duemila anni.

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Ma allora, che dobbiamo fare nel 2020 per conservare lo spirito della Croce e un amore incondizionato per l’Eucarestia? Perché presto o tardi la stessa tentazione che spinse i Giudei ad allontanarsi da Nostro Signore finirà con l’arrivare anche a noi per altre vie traverse, e Nostro Signore ci chiederà, come chiese agli Apostoli: «anche voi volete andarvene?» (Gv. VI, 67). Come possiamo fare per essere sempre pronti a rispondere come San Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio» (Gv. VI, 68-69)?

La risposta a questa domanda fondamentale si trova nella vera partecipazione al Sacrificio della Messa e in una vita veramente eucaristica. La Santa Messa rinnova le nostre anime nella misura in cui noi entriamo nel mistero della Croce, che facciamo nostro, non solo assistendo al rito che esprime la nostra fede nel Sacrificio, ma entrando noi stessi in questo Sacrificio, in maniera tale che esso divenga perfettamente nostro, pur rimanendo perfettamente quello di Nostro Signore. Per pervenirvi, per offrire noi stessi con Nostro Signore è innanzi tutto necessario accettare sinceramente la Croce, con tutte le sue conseguenze. Si tratta di staccarci da tutto per essere veramente in misura di tutto offrire con e per Nostro Signore: il nostro ego, la nostra volontà, il nostro cuore, le nostre aspirazioni, le nostre ambizioni, le nostre affezioni, in una parola ciò che noi siamo e ciò che noi abbiamo e persino le nostre frustrazioni.

Con queste disposizioni, quando il Figlio si offre al Padre, anche noi siamo nel Figlio, poiché la Croce ci unisce a Lui e fonde la nostra volontà con la Sua. In questo modo, noi siamo pronti per essere offerti al Padre con Lui. E noi non possiamo offrirci veramente al Padre se non siamo un solo essere con Cristo. Ed è solamente grazie a questa unione alla Vittima divina che l’offerta di noi stessi acquista un grande valore.
Ora, questo può realizzarsi unicamente nella e per la Santa Messa.

Ed è dopo questo dono totale di noi stessi, rinnovato ad ogni Messa, che noi siamo in grado di ricevere in cambio il Tutto: questa è la Santa Eucarestia, frutto del Sacrificio, nella quale il Figlio si offre e nella quale noi ci offriamo con Lui. L’Eucarestia ci purifica, aumenta in noi il disgusto del mondo e ci santifica; e questo a patto che da parte nostra non vi sia resistenza alla spoliazione radicale, che è la condizione previa per questa trasformazione.
Ecco cos’è la Santa Messa ed ecco perché bisogna riscoprire ogni giorno il suo valore.
Dopo cinquant’anni bisogna che noi riscopriamo sempre più la grandezza della grazia che abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere con la Santa Messa di sempre.

Questo può sembrare paradossale: da un lato, la Santa Messa resta sempre per noi l’oggetto di una battaglia nella quale non possiamo risparmiare i nostri sforzi; dall’altro, la trasformazione che essa opera nell’anima produce la pace ineffabile di cui solo Nostro Signore può essere l’Autore. Infatti, colui che riceve Nostro Signore e che vive in Lui, perde a poco a poco ogni altro desiderio. Soprattutto non ha il timore di perdere qualunque cosa, compresa la propria vita. Di conseguenza, nella sua anima non vi è più niente che non corrisponda alla volontà di Dio. Così, il disagio abituale, proveniente dalla lotta tra l’uomo vecchio e l’uomo nuovo, non tocca più l’anima trasformata dalla Messa e dall’Eucarestia. Quest’anima vive in pace, pacificata dalla Santa Comunione: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo» (Gv. XIV, 27).

La Santa Comunione ci trasforma anche e soprattutto per l’unione che essa stabilisce con Nostro Signore: di fatto, ogni santità e ogni vita spirituale si riassumono in questa unione intima con Lui, e qualsiasi altra cosa che non sia questa unione non è altro che verbosità.
In definitiva, essa è la sola cosa che importa a Lui ed è la ragione per la quale Egli ha fondato la Sua Chiesa. Egli non si aspetta che una cosa: che questa unione sia perfetta e imperitura nell’eternità: «Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo» (Gv. XVII, 24).

Con la Santa Eucaristia Egli inizia questa unione e prepara già l’eternità: infatti, l’Eucaristia è il pegno della vita eterna e il mezzo con cui questa vita inizia già qui in terra. Colui che la riceve con le disposizioni richieste è ben cosciente che nella Comunione si nasconde il germe della vita eterna. E’ la Santa Comunione che fa crescere in noi la virtù della speranza, poiché ogni Comunione aumenta in noi il desiderio della vita eterna e ci radica ogni volta di più nel Paradiso.
L’eternità è infatti una comunione con Nostro Signore che non ha mai fine, poiché essa riempirà le nostre anime totalmente e perfettamente, essendo per sempre tutto in tutto. L’eternità è una lunga Pasqua senza fine nella quale Nostro Signore manifesterà di nuovo la Sua gloria come nel giorno della Resurrezione, e ci assocerà alla Sua gioia e alla Sua gloria; e nondimeno questa associazione delle nostre anime alla Sua gioia e alla Sua gloria, attualmente nascosta, comincia già attraverso la nostra unione con Cristo nascosto nell’Eucarestia.

Dobbiamo vivere di tutto questo, dobbiamo essere impregnati di questo amore per la Santa Messa e per la Santa Eucarestia, e bisogna trasmetterla agli altri, soprattutto ai più giovani, poiché essi si trovano spesso davanti alla terribile scelta tra Nostro Signore e il mondo. E li si prepara a scegliere Nostro Signore nella misura in cui essi possono percepire nei loro anziani questo amore incondizionato per l’Eucarestia, il quale non si può trasmettere con una lezione di dottrina teorica, ma solo con una vita veramente cristiana e completamente assorbita da un tale ideale.
La Santa Messa è molto di più di un semplice rito al quale siamo legati, come molti miscredenti ci rimproverano. La Santa Messa è la nostra vita, perché Cristo è la nostra vita. Noi aspettiamo tutto da Lui e non ci aspettiamo alcunché al di fuori di Lui. E tutto quello che ci aspettiamo da Lui, siamo sicuri di trovarlo ogni giorno nella Santa Eucarestia: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete» (Gv. VI, 35).

Ecco come bisogna ritemprarci senza posa per conservare lo spirito della Croce, che è ad un tempo spirito di penitenza e di gioia, di mortificazione e di vita,  di disprezzo del mondo e di amore per la Santa Eucarestia. Ecco come dobbiamo preparare la nostra Pasqua: quella che andremo a celebrare tra alcune settimane, ma anche e soprattutto quella che celebreremo nell’eternità.

Dio vi benedica!

Menzingen, 1 marzo 2020, prima Domenica di Quaresima.

Don Davide Pagliarani
Superiore Generale






marzo 2020

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