Lettera  del Superiore Generale,
Don Davide Pagliarani,
ai fedeli in questo tempo di epidemia

17 marzo 2020


Pubblicata su FSSPX News

Lettera di Don Davide Pagliarani, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, indirizzata a tutti i fedeli confinati nelle proprie case e che non possono più accedere alla Santa Eucarestia, a causa dell’epidemia del coronavirus.






Carissimi fedeli,

in questo momento di prova certamente difficile per tutti voi, ci tengo ad indirizzarvi queste poche riflessioni.

Non sappiamo quanto tempo durerà questa attuale situazione, né soprattutto come le cose evolveranno nelle prossime settimane. Di fronte a questa incertezza, la tentazione più naturale è di cercare disperatamente delle garanzie e delle spiegazioni tra i commenti e le ipotesi dei più preparati tra gli «esperti». Tuttavia, spesso tali ipotesi – che attualmente abbondano da tutte le parti – si contraddicono e aumentano la confusione, invece di portare un po’ di serenità. Senza dubbio, l’incertezza fa parte integrante di questa prova; spetta a noi saperne trarre partito.

Se la Provvidenza permette una calamità o un male, lo fa sempre allo scopo di ottenere un maggior bene che, direttamente o indirettamente, riguarda sempre le nostre anime.
Senza questa premessa essenziale, rischiamo di disperarci, poiché un’epidemia, un’altra calamità o qualsiasi altra prova ci trovano sempre insufficientemente preparati.

A questo punto, cos’è che Dio vuole farci comprendere? Cosa si aspetta da noi in questa Quaresima così particolare, in cui sembra aver deciso quali sacrifici dobbiamo fare?

Un semplice microbo è capace di mettere in ginocchio l’umanità. Nell’era delle grandi realizzazioni tecnologiche e scientifiche, è soprattutto l’orgoglio umano che esso mette in ginocchio. L’uomo moderno, così fiero delle sue realizzazioni, che installa dei cavi di fibra ottica fin nel fondo degli oceani, che costruisce le portaerei, le centrali nucleari, i grattacieli e i calcolatori o computer, che dopo aver posato il suo piede sulla Luna prosegue la sua conquista verso Marte, quest’uomo è impotente davanti ad un microbo invisibile.
Il tumulto mediatico di questi ultimi giorni e la paura che possiamo avere noi stessi, non devono impedirci di cogliere questa lezione profonda e facile da comprendere per i cuori semplici e puri che considerano con fede il tempo presente. Ancora oggi, la Provvidenza insegna attraverso gli avvenimenti. L’umanità – e ciascuno di noi – ha l’occasione storica di ritornare alla realtà, al reale, abbandonando il livello virtuale fatto di sogni, di miti e di illusioni.

Tradotto in termini evangelici, questo messaggio corrisponde alle parole di Gesù che ci chiede di rimanere uniti a Lui il più strettamente possibile, poiché senza di Lui non possiamo fare niente, né risolvere alcun problema (cfr. Gv. XV, 5). I nostri tempi incerti, l’attesa di una soluzione e il senso della nostra impotenza e della nostra fragilità devono incitarci a cercare Nostro Signore, a implorarLo, a chiederGli perdono, a pregare con più fervore e soprattutto ad abbandonarci alla Provvidenza.

A questo si aggiunge la difficoltà e perfino l’impossibilità di assistere liberamente alla Santa Messa, cosa che aumenta la durezza di questa prova. Ma rimane nelle nostre mani un mezzo privilegiato e un’arma più potente dell’ansietà, dell’incertezza o del panico che possono suscitare la crisi del coronavirus: è il Santo Rosario, che ci lega alla Santissima Vergine e al Cielo.

E’ questo il momento di recitare il Rosario nelle nostre case più sistematicamente e con più fervore dell’ordinario. Non perdiamo il nostro tempo davanti agli schermi e non facciamoci vincere dalla febbre mediatica. Se dobbiamo rispettare l’isolamento, approfittiamone per trasformare il nostro «arresto domiciliare» in una sorta di gioioso ritiro in famiglia, nel corso del quale la preghiera trovi il posto, il tempo e l’importanza che merita. Leggiamo il Vangelo per intero, meditiamolo con calma, ascoltiamolo in pace: le parole del Maestro sono le più efficaci, poiché raggiungono facilmente l’intelligenza e il cuore.

Non è il momento per fare entrare il mondo a casa nostra, adesso che le circostanze e le misure delle autorità ci separano dal mondo! Traiamo profitto da questa situazione; diamo la priorità ai beni spirituali, che nessun microbo può attaccare: accumuliamo dei tesori in Cielo, dove né i vermi, né la ruggine hanno presa. Poiché là dove si trova il nostro tesoro, c’è anche il nostro cuore (cfr. Mt. VI, 20-21).

Approfittiamo dell’occasione per cambiare vita, sapendoci abbandonare alla divina Provvidenza. E non dimentichiamo di pregare per coloro che soffrono in questo momento. Noi dobbiamo raccomandare al Signore tutti coloro per i quali si avvicina il giorno del giudizio, chiedendoGli di avere pietà di tanti dei nostri contemporanei che sono incapaci di trarre dagli avvenimenti attuali le buone lezioni per la loro anima. Preghiamo, perché una volta superata la prova, essi non riprendano la stessa vita di prima, senza alcun cambiamento.
Le epidemie sono sempre servite a riportare i tiepidi alla pratica religiosa, al pensiero di Dio, a detestare il peccato. Noi abbiamo il dovere di chiedere questa grazia per ciascuno dei nostri concittadini, senza eccezione, compresi – e soprattutto – i pastori che mancano dello spirito di fede e non sanno più discernere la volontà di Dio.

Non scoraggiamoci: Dio non ci abbandona mai. Sappiamo meditare le parole piene di fiducia che la nostra Santa Madre Chiesa mette sulle labbra del sacerdote in tempo di epidemia: « O Dio, che non vuoi la morte ma la conversione dei peccatori, volgiti con benevolenza verso il tuo popolo che a te ritorna e, poiché ti è devoto, liberalo con misericordia dalle piaghe della tua collera».

Io vi raccomando tutti all’Altare e alla paterna protezione di San Giuseppe.
Che Dio vi benedica.

Don Davide Pagliarani +






 a tre domande che si richiamano l‘una all’altra.
Perché i Giudei si scandalizzarono e cosa rifiutarono allora? Cosa rifiuta a sua volta il cristiano moderno? Cosa dobbiamo fare noi per non cadere a nostra volta in questo errore così antico?

* * *

Il Vangelo ci dice che i Giudei si scandalizzarono, perché non riuscivano a comprendere come Nostro Signore potesse dare da mangiare a loro la Sua Carne. E Nostro Signore, di fronte a questa difficoltà, invece di dar loro delle spiegazioni razionalmente più accessibili, insiste ulteriormente, riaffermando più volte la necessità di mangiare la Sua Carne e bere il Suo Sangue per ottenere la vita eterna. In effetti, quello che mancava ai Giudei era la disponibilità e la fiducia a lasciarsi guidare da Nostro Signore, malgrado il miracolo di cui erano stati testimoni (Cfr. Gv. VI, 5-14).
In poche parole, mancava in loro la fede con la quale il Padre introduce le anime al mistero della Salvezza: «Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna; Io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv. VI, 40).
Facendo questo, i Giudei rifiutarono già quello che avrebbero rifiutato definitivamente un anno più tardi: essi rigettarono il Sacrificio della Croce, di cui la Messa è la continuazione, e la Santa Eucarestia, il frutto.
Essi rifiutarono anche l’economia della Croce, che diventa incomprensibile senza lo sguardo di fede. Per essi, la Croce sarà uno scandalo, esattamente come furono scandalizzati dalle parole di Nostro Signore che annunciava la Santa Eucarestia.
Si tratta dunque di due manifestazioni di uno solo e medesimo «scandalo». In effetti, non si può amare l’Eucarestia se non si ama la Croce, e non si può amare la Croce se non si ama l’Eucarestia.

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E cosa rifiuta a sua volta il cristiano moderno? Anche lui si rifiuta di entrare nell’economia della Croce, e cioè di essere incorporato al Sacrificio di Nostro Signore, che si rinnova sull’altare. Questa prospettiva lo scandalizza anche oggi. Egli non riesce a capire come Dio possa chiedergli una tale cosa, poiché non comprende più come Dio Padre abbia potuto chiedere a Suo Figlio di morire sulla Croce.
Con questo, la sua concezione della vita cristiana cambia irrimediabilmente. Egli non accetta più l’idea di completare in se stesso ciò che manca alle sofferenze di Cristo (Cfr. Col. I, 24). Così, gradualmente, lo spirito della Croce è rimpiazzato dallo spirito del mondo. Il desiderio profondo di vedere il trionfo della Croce lascia il posto ad un vago desiderio di vedere un mondo migliore, una terra più vivibile, il rispetto dell’ecosistema, una umanità migliore, ma senza più sapere a quale scopo e con quale mezzo.
Così, dal momento che questa nuova prospettiva propria del cristiano moderno non ha senso e conduce all’indifferenza, la Chiesa intera, con la sua gerarchia e i suoi fedeli, perde la sua ragion d’essere, entra in una crisi profonda e allora cerca disperatamente di darsi una nuova missione nel mondo, poiché ha abbandonato la sua propria, quella che cerca solo il trionfo della Croce per mezzo della Croce.
Immancabilmente, in questa nuova concezione della vita cristiana e della Chiesa, il Santo Sacrificio della Messa non ha più il suo posto, poiché la Croce stessa non ce l’ha più. Di conseguenza, la Carne e il Sangue di Cristo che gli uomini sono invitati a mangiare e bere per avere la vita eterna, finiscono col rivestire un nuovo significato.
La nuova Messa non è solo un nuovo rito, ma è l’ultima espressione dell’infedeltà alla Croce, così come Nostro Signore l’aveva predicato ai Giudei e come l’avevano predicato gli Apostoli alla Chiesa nascente.
Noi abbiamo qui la chiave di interpretazione sia degli ultimi cinquant’anni della storia della Chiesa, sia della maggior parte degli errori e delle eresie che l’hanno minacciata nel corso di duemila anni.

* * *

Ma allora, che dobbiamo fare nel 2020 per conservare lo spirito della Croce e un amore incondizionato per l’Eucarestia? Perché presto o tardi la stessa tentazione che spinse i Giudei ad allontanarsi da Nostro Signore finirà con l’arrivare anche a noi per altre vie traverse, e Nostro Signore ci chiederà, come chiese agli Apostoli: «anche voi volete andarvene?» (Gv. VI, 67). Come possiamo fare per essere sempre pronti a rispondere come San Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio» (Gv. VI, 68-69)?

La risposta a questa domanda fondamentale si trova nella vera partecipazione al Sacrificio della Messa e in una vita veramente eucaristica. La Santa Messa rinnova le nostre anime nella misura in cui noi entriamo nel mistero della Croce, che facciamo nostro, non solo assistendo al rito che esprime la nostra fede nel Sacrificio, ma entrando noi stessi in questo Sacrificio, in maniera tale che esso divenga perfettamente nostro, pur rimanendo perfettamente quello di Nostro Signore. Per pervenirvi, per offrire noi stessi con Nostro Signore è innanzi tutto necessario accettare sinceramente la Croce, con tutte le sue conseguenze. Si tratta di staccarci da tutto per essere veramente in misura di tutto offrire con e per Nostro Signore: il nostro ego, la nostra volontà, il nostro cuore, le nostre aspirazioni, le nostre ambizioni, le nostre affezioni, in una parola ciò che noi siamo e ciò che noi abbiamo e persino le nostre frustrazioni.

Con queste disposizioni, quando il Figlio si offre al Padre, anche noi siamo nel Figlio, poiché la Croce ci unisce a Lui e fonde la nostra volontà con la Sua. In questo modo, noi siamo pronti per essere offerti al Padre con Lui. E noi non possiamo offrirci veramente al Padre se non siamo un solo essere con Cristo. Ed è solamente grazie a questa unione alla Vittima divina che l’offerta di noi stessi acquista un grande valore.
Ora, questo può realizzarsi unicamente nella e per la Santa Messa.

Ed è dopo questo dono totale di noi stessi, rinnovato ad ogni Messa, che noi siamo in grado di ricevere in cambio il Tutto: questa è la Santa Eucarestia, frutto del Sacrificio, nella quale il Figlio si offre e nella quale noi ci offriamo con Lui. L’Eucarestia ci purifica, aumenta in noi il disgusto del mondo e ci santifica; e questo a patto che da parte nostra non vi sia resistenza alla spoliazione radicale, che è la condizione previa per questa trasformazione.
Ecco cos’è la Santa Messa ed ecco perché bisogna riscoprire ogni giorno il suo valore.
Dopo cinquant’anni bisogna che noi riscopriamo sempre più la grandezza della grazia che abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere con la Santa Messa di sempre.

Questo può sembrare paradossale: da un lato, la Santa Messa resta sempre per noi l’oggetto di una battaglia nella quale non possiamo risparmiare i nostri sforzi; dall’altro, la trasformazione che essa opera nell’anima produce la pace ineffabile di cui solo Nostro Signore può essere l’Autore. Infatti, colui che riceve Nostro Signore e che vive in Lui, perde a poco a poco ogni altro desiderio. Soprattutto non ha il timore di perdere qualunque cosa, compresa la propria vita. Di conseguenza, nella sua anima non vi è più niente che non corrisponda alla volontà di Dio. Così, il disagio abituale, proveniente dalla lotta tra l’uomo vecchio e l’uomo nuovo, non tocca più l’anima trasformata dalla Messa e dall’Eucarestia. Quest’anima vive in pace, pacificata dalla Santa Comunione: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo» (Gv. XIV, 27).

La Santa Comunione ci trasforma anche e soprattutto per l’unione che essa stabilisce con Nostro Signore: di fatto, ogni santità e ogni vita spirituale si riassumono in questa unione intima con Lui, e qualsiasi altra cosa che non sia questa unione non è altro che verbosità.
In definitiva, essa è la sola cosa che importa a Lui ed è la ragione per la quale Egli ha fondato la Sua Chiesa. Egli non si aspetta che una cosa: che questa unione sia perfetta e imperitura nell’eternità: «Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo» (Gv. XVII, 24).

Con la Santa Eucaristia Egli inizia questa unione e prepara già l’eternità: infatti, l’Eucaristia è il pegno della vita eterna e il mezzo con cui questa vita inizia già qui in terra. Colui che la riceve con le disposizioni richieste è ben cosciente che nella Comunione si nasconde il germe della vita eterna. E’ la Santa Comunione che fa crescere in noi la virtù della speranza, poiché ogni Comunione aumenta in noi il desiderio della vita eterna e ci radica ogni volta di più nel Paradiso.
L’eternità è infatti una comunione con Nostro Signore che non ha mai fine, poiché essa riempirà le nostre anime totalmente e perfettamente, essendo per sempre tutto in tutto. L’eternità è una lunga Pasqua senza fine nella quale Nostro Signore manifesterà di nuovo la Sua gloria come nel giorno della Resurrezione, e ci assocerà alla Sua gioia e alla Sua gloria; e nondimeno questa associazione delle nostre anime alla Sua gioia e alla Sua gloria, attualmente nascosta, comincia già attraverso la nostra unione con Cristo nascosto nell’Eucarestia.

Dobbiamo vivere di tutto questo, dobbiamo essere impregnati di questo amore per la Santa Messa e per la Santa Eucarestia, e bisogna trasmetterla agli altri, soprattutto ai più giovani, poiché essi si trovano spesso davanti alla terribile scelta tra Nostro Signore e il mondo. E li si prepara a scegliere Nostro Signore nella misura in cui essi possono percepire nei loro anziani questo amore incondizionato per l’Eucarestia, il quale non si può trasmettere con una lezione di dottrina teorica, ma solo con una vita veramente cristiana e completamente assorbita da un tale ideale.
La Santa Messa è molto di più di un semplice rito al quale siamo legati, come molti miscredenti ci rimproverano. La Santa Messa è la nostra vita, perché Cristo è la nostra vita. Noi aspettiamo tutto da Lui e non ci aspettiamo alcunché al di fuori di Lui. E tutto quello che ci aspettiamo da Lui, siamo sicuri di trovarlo ogni giorno nella Santa Eucarestia: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete» (Gv. VI, 35).

Ecco come bisogna ritemprarci senza posa per conservare lo spirito della Croce, che è ad un tempo spirito di penitenza e di gioia, di mortificazione e di vita,  di disprezzo del mondo e di amore per la Santa Eucarestia. Ecco come dobbiamo preparare la nostra Pasqua: quella che andremo a celebrare tra alcune settimane, ma anche e soprattutto quella che celebreremo nell’eternità.

Dio vi benedica!

Menzingen, 1 marzo 2020, prima Domenica di Quaresima.

Don Davide Pagliarani
Superiore Generale






marzo 2020

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