PONTIFICIA COMMISSIONE  ECCLESIA DEI

Lettera Prot. n° 500/90
Indirizzata ai vescovi americani

 
Il testo seguente è quello di una lettera della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, non datata e recante il riferimento di Prot. n° 500/90. 
Questa lettera, a firma del  Card. Paul Augustin Mayer, Presidente della Commissione, è stata inviata alla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti e distribuita successivamente a tutti i Vescovi  americani, con un memorandum del 19 aprile 1991, dall’Ufficio della Segreteria Generale della stessa Conferenza Episcopale.
 
Il testo inglese è stato pubblicato nel sito della 
The Latin Mass Society of England and Wales

La traduzione è nostra.

Eccellenza,

Le scrivo quale fratello nel collegio episcopale, incaricato dal Santo Padre dell’applicazione delle disposizioni contenute nella Sua Lettera Apostolica Ecclesia Dei del 2 luglio 1988. Nel rivolgermi a Lei adesso mi propongo di incoraggiarLa nell’esercizio del suo ministero pastorale nei confronti di coloro che legittimamente chiedono la celebrazione della Santa Messa secondo il Messale Romano nell’edizione tipica del 1962.

In questo senso penso potrà essere utile ripercorrere le tappe che hanno condotto alla pubblicazione del Motu Proprio Ecclesia Dei.

3. Il 3 ottobre 1984 la Sacra Congregazione per il Culto Divino pubblicava la lettera Quattuor abhinc annos, in cui il Santo Padre dava ai vescovi diocesani “la possibilità di usufruire di un indulto, onde concedere ai sacerdoti insieme a quei fedeli … di poter celebrare la S. Messa usando il Messale Romano secondo l'edizione del 1962 …”.

Venivano stabilite le seguenti condizioni: 

a) che coloro che richiedono il permesso non mettano “in dubbio la legittimità e l'esattezza dottrinale del  Messale Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970”; 
b) che “la celebrazione sia fatta soltanto per l'utilità di quei gruppi che la chiedono, … non, però, nelle chiese parrocchiali, a meno che il vescovo lo abbia concesso in casi straordinari… e alle condizioni fissate dal vescovo”; 

c) che le celebrazioni “… devono essere fatte secondo il Messale del 1962 ed in lingua latina.”; 

d) che sia “… evitata ogni mescolanza tra i testi ed i riti dei due Messali.”; 

e) che ogni Vescovo “… informi questa Congregazione delle concessioni da lui date e, trascorso un anno dalla concessione dell’indulto, riferisca sull’esito della sua applicazione.”
 

2. Nel dicembre del 1986 si riunì una speciale Commissio cardinalitia ad hoc ipsum instituta (*) col compito di esaminare l’applicazione dell’indulto. In quella sede i cardinali convennero unanimemente che le condizioni contenute nella Quattuor abhinc annos fossero troppo restrittive e dovessero essere attenuate.

3. Come Ella certamente sa, in risposta alle illecite ordinazioni episcopali avvenute a Ecône il 30 giugno 1988, e desiderando tenere fermi i principi fissati nel precedente e sfortunatamente infruttuoso dialogo con l’Arcivescovo Marcel Lefébvre, il Santo Padre, il 2 luglio del 1988, ha pubblicato il Motu Proprio Ecclesia Dei.
Il Santo Padre, mentre ha ribadito che la radice dell’atto scismatico dell’Arcivescovo Lefébvre “è individuabile in una incompleta e contraddittoria nozione di Tradizione”, la quale “non tiene sufficientemente conto del carattere vivo della Tradizione” (n. 4), ha anche sottolineato con uguale fermezza che “è necessario che tutti i pastori e gli altri fedeli prendano nuova consapevolezza, non solo della  legittimità ma anche della ricchezza nella Chiesa legate alla diversità dei carismi, delle tradizioni di spiritualità e dell’apostolato" (n. 5a) (**)

Di conseguenza, rivolgendosi “A tutti questi fedeli cattolici, che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche e disciplinari della tradizione latina”, e non solo a coloro che seguono l’Arcivescovo Lefébvre, egli ha espresso la sua volontà di “garantire il rispetto delle loro giuste aspirazioni.” (n. 5). 

Per venire incontro ai legittimi desideri di questi fedeli, egli ha costituita questa Pontificia Commissione ed ha espresso la sua primaria preoccupazione stabilendo che:

“… dovrà essere ovunque rispettato l’animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un’ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla Sede Apostolica, per l’uso del Messale Romano secondo l’edizione tipica del 1962” (n. 6c).
Ciò premesso, desideriamo esortare Vostro Eccellenza a facilitare la idonea e devota celebrazione  dei riti liturgici secondo il Messale Romano del 1962, ovunque si manifesti in questo senso il genuino desiderio da parte dei preti e dei fedeli. Questo non deve essere inteso come una promozione di quest’ultimo Messale a scapito di quello promulgato otto anni dopo, ma semplicemente come un provvedimento pastorale che viene incontro alle “giuste aspirazioni” di coloro che desiderano la celebrazione del Culto secondo la tradizione liturgica Latina, come è avvenuto per secoli.

Alla luce del Motu Proprio del Santo Padre, quindi, suggeriamo le seguenti direttive e proposte:

1. Non vi è alcuna ragione per cui la cosiddetta “Messa Tridentina” non possa essere celebrata in una chiesa parrocchiale, ove ciò rappresenti un autentico servizio pastorale per i fedeli che lo richiedono. Bisogna ovviamente preoccuparsi di stabilire un’armonica integrazione di questa celebrazione in seno al piano parrocchiale esistente.

2. La regolarità e la frequenza della celebrazione di questa liturgia, se debba avvenire la Domenica, le feste e/o i giorni feriali, dipenderà dalle necessità dei fedeli. Raccomandiamo che nei luoghi in cui i fedeli abbiano richiesta una regolare celebrazione della Messa secondo il Messale Romano del 1962, questa venga fissata ogni settimana, la Domenica e le feste, in un luogo centrale e in un’ora adeguata, per un periodo di diversi mesi a titolo sperimentale. Successivamente potranno essere effettuati ulteriori valutazioni e aggiustamenti.

3. Naturalmente i celebranti della Messa “Tridentina”, nella predicazione e nei rapporti con i fedeli che partecipano a queste Messe, non dovranno trascurare di sottolineare la loro adesione alla legislazione della Chiesa universale e il loro riconoscimento del valore dottrinale e canonico della liturgia come è stata riveduta dopo il Concilio Vaticano II. A queste condizioni non sembra necessario, ma anzi appare inopportuno e doloroso, imporre ulteriori restrizioni a coloro che desiderano partecipare a tali celebrazioni.

4. Nonostante il Santo Padre abbia conferito a questa Pontificia Commissione la facoltà di concedere l'uso del Messale Romano nella edizione tipica del 1962 a tutti coloro che ne fanno richiesta, dopo avere informato l'Ordinario competente, noi preferiremmo meglio che tale facoltà venisse esercitata dallo stesso Ordinario, così da rafforzare la comunione ecclesiale tra i preti e i fedeli interessati e i loro Pastori.

5. Considerando l’“ampia e generosa applicazione delle direttive” contenute nella Quattuor abhinc annos e le disposizioni dei Padri del Concilio Vaticano II (Sacrosanctum Concilium n. 51 e 54), il nuovo Lezionario in lingua volgare potrebbe essere utilizzato nelle Messe celebrate secondo il Messale del 1962 come un mezzo “Affinché la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza”. 
Tuttavia, noi crediamo che quest’uso non possa essere imposto a quelle comunità che desiderano mantenere decisamente la tradizione liturgica nella sua interezza, come previsto nel Motu Proprio Ecclesia Dei. Al tempo stesso, una eventuale imposizione in questo senso sembra anche meno adatta a favorire la piena comunione con la Chiesa di coloro che persistono nel culto scismatico.

6. Dal momento che vi è un gran numero di preti anziani e a riposo che hanno un profondo attaccamento alla precedente tradizione liturgica Latina, e che si sono rivolti ai loro Ordinari e anche alla Pontificia Commissione per ottenere il celebret per l’uso del messale del 1962, sembrerebbe particolarmente opportuno servirsi ove possibile dei servizi di questi preti per la celebrazione di questa Messa. Si potrebbe scoprire  che anche dei preti in riposo che non hanno chiesto il celebret potrebbero essere disposti a compiere questo speciale servizio pastorale a favore di coloro che lo hanno richiesto.

Infine, Eccellenza, è mio sincero augurio che questa lettera fraterna possa essere per noi che siamo membri del collegio episcopale un incentivo all’esercizio di quel munus episcopale così deliziosamente espresso al n° 23 della Lumen Gentium:
“I singoli vescovi, che sono preposti a Chiese particolari, esercitano il loro pastorale governo sopra la porzione del popolo di Dio che è stata loro affidata, non sopra le altre Chiese né sopra la Chiesa universale. Ma in quanto membri del collegio episcopale e legittimi successori degli apostoli, per istituzione e precetto di Cristo sono tenuti ad avere per tutta la Chiesa una sollecitudine che, sebbene non sia esercitata con atti di giurisdizione, contribuisce sommamente al bene della Chiesa universale. Tutti i vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l'unità della fede e la disciplina comune all'insieme della Chiesa …”

Sono lieto di cogliere l’occasione per rivolgere i miei migliori auguri a Lei e all’insieme dei fedeli affidati alla sua cura, nonché per assicurarLe la mia piena collaborazione affinché, in ogni circostanza, Iddio sia glorificato nel culto della Sua Santa Chiesa.

Augustin Card. Mayer, Prefetto



NOTE del Traduttore
(*) - Commissione cardinalizia istituita espressamente a questo scopo  (torna al testo)
(**) - Questa citazione non è presente nel testo del Motu Proprio Ecclesia Dei, né al n° 5a citato, né altrove.  (torna al testo)


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