Intervista di S. Ecc. Mons. Fellay,
Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X,

rilasciata al quindicinale DICI

16 luglio 2005

(le sottolineature sono nostre)


A tre mesi dall'elevazione al Soglio Pontificio di S. S. Bendetto XVI

“Perché Dio non cambia”



DICI: In occasione dell’elezione di Benedetto XVI lei ha fatto pubblicare un comunicato nel quale si parlava di una “luce di speranza”. Cosa intende con questa espressione?

Mons. Fellay: La nostra speranza si fonda innanzi tutto su Gesú Cristo. È vero che le cose non vanno bene nella Chiesa: è una tragedia; ma di fronte a questa drammatica situazione vi è la promessa di Nostro Signore: " le porte dell’inferno non prevarranno contro la Chiesa ". 
La nostra speranza si fonda su questa certezza e sulla sua concreta applicazione.
La piú semplice soluzione di questa crisi potrebbe essere la venuta di un Papa che ristabilisca l’ordine delle cose. Da qui una segreta attesa e un insieme di indizi che potrebbero alimentarla.
Per esempio, alla Via Crucis del Venerdí Santo il cardinale Ratzinger ha tracciato un quadro molto realistico della Chiesa: " La barca è in procinto di affondare ". 
Egli è anche colui che ha piú parlato contro la nuova Messa ed elogiato l’antica. 
Di piú, bisogna riconoscere che Benedetto XVI è stato eletto per un moto di reazione. In seno alla gerarchia vi è una certa attesa a fronte dello stato disastroso della Chiesa. 
Si può anche pensare che egli sia stato eletto in opposizione al progressismo: alla quarta votazione ha raccolto piú di 100 voti. I progressisti hanno accolto questa elezione come una disfatta. 
Tutto questo ci dà un po’ di speranza. 
Senza alcun dubbio il cardinale Ratzinger sa che la Chiesa si trova in una situazione terribile. Non dimentichiamo che egli conosce il 3° segreto di Fatima.
Tuttavia, non è facile parlare del futuro. Uno sguardo sull’avvenire è qualcosa di delicato, quando si sa che parlare di uomo significa parlare di libertà, di contingenze… dunque di probabilità. Non si può andare oltre.
Nondimeno, uno sguardo sul futuro si basa anche sul passato, e noi conosciamo molto bene il cardinale Ratzinger. Ciò che possiamo pensare del Cardinale possiamo anche pensarlo per Benedetto XVI, in particolare sulla sua posizione hegeliana relativa all’evoluzione della storia e al suo sviluppo. Riconoscendo comunque che vi sono le grazie di stato e una particolare assistenza dello Spirito Santo.


DICI: Tre mesi dopo l’elezione, questa luce di speranza si è ampliata o spenta?

Mons. Fellay: Non bisogna nasconderselo: fin dall’inizio vi è stato un problema che minaccia di spegnere la luce: Benedetto XVI rimane legato al concilio. È la sua opera, una sua filiazione. Egli giunse al concilio come il piú giovane degli esperti, insieme a colui che piú tardi diventerà il cardinale Medina.
Nel 1985, il cardinale Ratzinger ha espresso un parere sul concilio: secondo lui è stata la cattiva comprensione del concilio che ha prodotto questi frutti guasti. Secondo noi è nello stesso concilio che si trovano degli errori, delle ambiguità che conducono a molti altri errori ancora peggiori. Vi è uno spirito che non è cattolico.
Allora, Roma cerca di trovare una formula " accettabile " [" bevibile "]: si tratterebbe di accettare il concilio alla luce della Tradizione. Ma quale Tradizione? Nel 1988 venne rimproverato a Mons. Lefebvre di avere una nozione incompleta della Tradizione, un concetto " fissista ": il " passato "; mentre invece la Tradizione " si farebbe oggi " - espressione delle piú ambigue. Eppure il concetto è ben riassunto nell’adagio tradizionale " nihil novi, nisi quod traditum est " (niente di nuovo, niente che non sia stato trasmesso).
Lo stesso dicasi per la Messa. 
Ci si propone di accettare che la nuova Messa sia valida se è celebrata con l’intenzione di compiere il sacrificio di Nostro Signore. Ma questo non è il primo problema che pone la nuova Messa: quantunque valida, essa è un veleno, un lento veleno contro la fede, principalmente a causa delle omissioni sull’essenziale: il sacrificio espiatorio, la presenza reale e il ruolo del prete. In tal modo essa non nutre piú la fede come dovrebbe e soprattutto conduce per omissione all’errore e all’eresia protestante.
Sfortunatamente, malgrado tutti i problemi attuali, oggi Roma non riesce a sganciarsi dal concilio e dalle riforme conciliari.
In modo particolare, bisogna riconoscere che fin dall’elevazione al sovrano pontificato Benedetto XVI ha una precisa idea ? che sarà l’idea-chiave del suo pontificato ?: la riunificazione con gli ortodossi. Vero è che si riduce sensibilmente l’ecumenismo, ma questo concetto di unità con i " fratelli separati " non sarà " né un assorbimento né una fusione". In che cosa consiste allora questo concetto di unità secondo le autorità romane? Il cardinale Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, dice che " non sarà un agglomerato di Chiese ". In ogni caso non potrà trattarsi delle due cose insieme: assorbimento-fusione e agglomerazione, pena la contraddizione. Il papa Giovanni Paolo II diceva che tutti i cristiani hanno la stessa fede, il cardinale Kasper afferma che " per avere la stessa fede non è necessario avere lo stesso credo ". La famosa domanda di Pilato: " che cos’è la verità? " non se la pone più nessuno, oggi si vive dicendo che " tutti sono belli, tutti sono gentili ", l’uomo moderno vive senza preoccuparsi della verità né di ciò che è bene.
Benedetto XVI è in mezzo a cardinali come il cardinale Kasper, cos’è che potrà fare? Cos’è che vorrà fare? La nomina di Mons. Levada, arcivescovo di San Francisco, a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede lascia presagire un disastro.


DICI: Malgrado ciò, conserva ancora una luce di speranza?

Mons. FellayPrima della ascesa di Benedetto XVI al sommo pontificato la Chiesa era in caduta libera, possiamo dire che il Papa aprirà un paracadute e si produrrà un certo colpo di freno. Un colpo di freno che potrà essere piú o meno importante a seconda che il paracadute sarà piú o meno grande. La direzione resta la stessa. 
Dobbiamo sperare in qualcosa di piú di questo colpo di freno? 
Le promesse di Nostro Signore valgono per sempre, e il Buon Dio si serve di tutto per fare andare la Chiesa là ove Egli vuole.
Permettetemi di esprimere un’opinione personale: se Benedetto XVI viene messo con le spalle al muro, in una situazione di crisi, di fronte ad una reazione molto violenta dei progressisti, oppure di fronte ad una crisi politica, a delle persecuzioni, io penso ? considerando come ha agito e reagito fino ad oggi ? che farà la scelta giusta.
Ecco alcuni fatti:
- Al momento della sua nomina a vescovo di Monaco, nel 1977, pur essendo stato fino ad allora professore di teologia, egli entra subito nel pratico e si vede costretto a proibire ad un suo amico di occupare la cattedra di teologia della facoltà; cosa che gli procura l’ostilità dei suoi vecchi amici.
- In Francia, nel 1983, egli ricorda che il Catechismo è quello romano, cioè quello del concilio di Trento; allora affrontò l’ira dei vescovi di Francia.
- Si sa che il cardinale Ratzinger era contrario all’incontro interreligioso di Assisi del 1986, e quella volta non fu presente. La seconda volta, nel 2002, continuando la sua opposizione fu costretto ad arrendersi. Piú volte presenterà le sue dimissioni da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, a causa dei suoi disaccordi col Papa, in particolare su Assisi.
- La Carta di Colonia, del 1989, firmata da 500 teologi contro il magistero romano, vedeva insieme la gran maggioranza delle forze intellettuali cattoliche dell’epoca. Questi manifestarono apertamente la loro ostilità a Roma e al magistero. Il Cardinale pubblicò allora degli scritti sulla nuova teologia: con una descrizione molto acuta e realistica egli metteva  in evidenza l’estensione della gravità della cosa. Sfortunatamente i rimedi proposti erano molto al di sotto della diagnosi: quasi nulli.
Adesso che il cardinale Ratzinger è papa ci si può aspettare che, di fronte alla gravità della situazione, Roma rivolga la sua attenzione a tutti coloro che sono legati alla Messa antica. Si delineano due strade: una che tende a sostenere la Fraternità San Pio X, l’altra che si propone di rafforzare l’Ecclesia Dei e di intaccare la Fraternità. 
Sembra che quest’ultima prevalga. 
Vi saranno certamente due livelli d’azione: uno teso al rafforzamento degli elementi a sostegno di coloro che vogliono la Messa antica, l’altro volto a rafforzare i gruppi dell’Ecclesia Dei. E fino a qui noi constatiamo che in definitiva tutto torna a nostro vantaggio e a vantaggio della Tradizione; tutto considerato il Buon Dio si serve della Fraternità San Pietro come trampolino per la Fraternità San Pio X. In questo senso non si può che rallegrarsi di ogni apertura a favore della Messa antica.


DICI: Se Lei fosse ricevuto dal Papa, cosa gli chiederebbe?

Mons. Fellay: Gli chiederei la libertà della Messa per tutti e in tutto il mondo. 
Per ciò che ci riguarda personalmente si tratterebbe di revocare il decreto di scomunica relativo alla consacrazione episcopale. 
Sono i due preamboli che non possiamo separare da ogni discussione dottrinale ulteriore. 
Si sa bene che non è tutto limitato alla Messa e che occorre cominciare dal concreto, dall’inizio. 
Si produrrebbe cosí una breccia profonda e importante nel sistema progressista, e questo condurrebbe gradualmente ad un cambio di atmosfera e di spirito nella Chiesa.
Un capo dicastero, a Roma, vedendoci in processione in occasione dell’Anno Santo nel 2000, ha esclamato: " Ma questi sono cattolici, siamo obbligati a fare qualcosa per loro ". Vi sono ancora dei vescovi e dei cardinali cattolici, ma il male è talmente diffuso che Roma non osa piú prendere in mano il bisturi.
Si comprende bene che la Chiesa attraversa la stessa fase di Nostro Signore sulla croce. 
Mi chiedo se la terza parte del messaggio di Fatima non riguardi una morte apparente della Chiesa.
Noi viviamo una situazione inaudita, ma la grazia del Buon Dio è anche potente. 
Possiamo vivere cristianamente, è ancora possibile dimostrare che la religione cattolica esiste e che si può vivere di essa; e questo esempio vivente della Tradizione conta parecchio nelle nostre relazioni con Roma.
Poiché Ecône non è contro Roma, come dicono i giornalisti, noi condividiamo con il papa Benedetto XVI la stessa valutazione sulla situazione drammatica della Chiesa: e come si potrebbe non essere d’accordo quando si constata il crollo delle vocazioni. 
A Dublino, in Irlanda, l’anno scorso non v’è stato alcun ingresso in seminario! 
Presso i gesuiti è da un anno o due che si contano solo sette professioni perpetue per tutta la congregazione! 
Ma Roma non risale alla causa che ha prodotto gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti, perché questo equivarrebbe a rimettere in discussione il concilio. 
Bisogna che Roma ritrovi la sua Tradizione. 
Certo, non siamo noi che convertiamo, è Dio che converte, ma noi possiamo apportare la nostra piccola pietra alla restaurazione, noi dobbiamo fare tutto quello che possiamo. 
Occorre far comprendere che la Tradizione non è una condizione archeologica, ma lo stato normale della Chiesa anche oggi.
Possiamo anche presentare alle autorità ecclesiastiche degli studi teologici sul concilio. 
Ci vuole del tempo. Poi vi è tutto un lavoro da svolgere presso i vescovi e i preti. 
Tanti fedeli sono pronti a prendere il giusto cammino, e sono molti di piú di quel che si crede. Per i preti sarà piú difficile: quelli che hanno l’età del concilio, che hanno mollato tutto e si sono lanciati in questa avventura non riusciranno piú a tornare indietro; i piú giovani sono molto piú aperti.


DICI: Voi chiedete la libertà per la Messa tradizionale, quale soluzione potrebbe apportare questa Messa alla crisi attuale?

Mons. Fellay: Noi chiediamo la liberalizzazione della Messa antica e ogni apertura in questa direzione può solo farci piacere. 
Perché? 
Perché la Messa antica esige la fede, chiede tutta la fede e dà tutta la fede. Dal momento che si celebra la Messa antica non si vuol piú celebrare la nuova.
Questa Messa apporta tutto il resto. È il cuore della Chiesa, rigenera tutto il Corpo. Come il cuore pulsa in tutto il corpo umano il sangue, fonte della vita, cosí nel Corpo mistico si diffonde la grazia, fonte della vita, per mezzo della Messa attraverso il canale dei Sacramenti. Se la pompa si ferma, si ferma la vita. Anche la Chiesa ha bisogno di questa pompa soprannaturale che è la Messa. Tutto il senso cattolico, tutta la vita cattolica, grazie alla Messa, passano in tutta la Chiesa. 
D’altronde, è a causa di questo stesso principio che la nuova Messa, difettando, causa tanti danni. Il nuovo Ordo Missae è una sorta di cuore che cede, talvolta anche fino all’infarto.

È impossibile concedere questa libertà per la Messa tradizionale? 
Un esempio può servire a dimostrare che non è cosí. Il cardinale Ratzinger e il cardinale Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, si erano recati dal papa Giovanni Paolo II per far collocare in un posto chiave un vescovo convinto che la Chiesa non uscirà da questa crisi senza il ritorno alla Messa antica, e persuaso che il prete non può trovare la sua identità nella nuova Messa.
Un altro fatto: il cardinale Castrillon Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero e Presidente della Commissione Ecclesia Dei, in una conferenza a Münster ha dichiarato: " La nuova Messa è stata riconosciuta dal Papa. È infallibile. Dunque è buona ", e in privato ha confessato: " È vero che manca qualcosa a questa nuova Messa ". Ora, il male è propriamente privazione di un bene, questo " qualcosa " che manca crudelmente alla nuova Messa.
Roma si rende perfettamente conto che è in atto una ingiustizia, sa perfettamente che la Messa antica non può essere interdetta; e dicendo Roma penso alla Curia, a Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI; il cardinale Medina, già Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, riconosce pubblicamente che non v’è alcun documento che proibisce la Messa antica.
È possibile che la liberalizzazione si realizzi in questo pontificato, ma vi è una forte opposizione da parte delle diocesi.


DICI: Si sente talvolta questa obiezione: Con la libertà per la Messa tradizionale i fedeli ritorneranno nelle loro parrocchie, che ne sarà della Fraternità San Pio X?

Mons. Fellay: Il cardinale Ratzinger lavorava al rafforzamento d’Ecclesia Dei, oggi questo potrebbe tradursi nella costituzione di identità piú o meno esenti dall’autorità dei vescovi. Ritengo che a quel punto la nostra situazione sarà piú difficile rispetto al tempo di Giovanni Paolo II, poiché molti potrebbero rimanere ingannati.
Noi chiediamo tutta la fede, tutti i Sacramenti, tutta la disciplina cattolica, e non la Messa in libertà vigilata: la Messa di San Pio V insieme ad una predicazione conciliare. 
Perché? 
Anche qui, ecco dei fatti:
- Guardate la Fraternità San Pietro. Qui le si permette solo di dire la Messa, là un po’ di piú. In Germania, al massimo un quarto d’ora prima della Messa per le confessioni, in Svizzera il Catechismo è proibito. Un vescovo americano rifiuta di concedere la Messa ad un gruppo di 250 fedeli nonostante siano perfettamente in regola agli occhi di Roma.
- Mi si dirà: " Ma guardate Campos! ". La verità è che le autorità romane hanno scelto Mons. Rifan che era disposto a dire la nuova Messa. " Non lo faccio ? ha detto egli a Roma ? perché la cosa causerebbe troppo scompiglio tra i miei fedeli ". Da parte sua, il cardinale Cottier, teologo del Papa, a proposito dello statuto accordato a Mons. Rifan, dichiarava: " È stata posta in essere una dinamica che li condurrà alla nuova Messa ".

La Chiesa, che il cardinale Ratzinger riconosce fare " acqua da tutte le parti ", ha bisogno di ritornare verso la sua Tradizione dimenticata. Noi viviamo e gioiamo pienamente di essa. Noi siamo la prova che la Tradizione non è superata, ma al contrario è adattata al tempo presente, perché essa è universale, perché è posta nella linea ininterrotta dei principi eterni. 
E perché Dio non cambia.




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