Discorso pronunciato da S. Em.za il Cardinale Francis
Arinze
Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e
la Disciplina dei Sacramenti
in occasione del Colloquio per la celebrazione del
Giubileo d'Oro
dell'Istituto Superiore di Liturgia dell'Istituto
Cattolico di Parigi
26 ottobre 2006
Di un certo interesse è l'esposizione che il
Cardinale fa circa il significato, la funzione
e l'attuazione della Liturgia, mettendo così
in luce una pratica liturgica
quarantennale del tutto contraria alla Tradizione
della Santa Chiesa.
Neretti e sottolineature sono nostre
Al servizio dei Misteri di Cristo
1. Felice celebrazione. Tempo di Grazia.
Dio sia lodato per la celebrazione di questo cinquantesimo
anniversario della vita e del servizio dell’Istituto Superiore di Liturgia.
Durante questi cinquant’anni, l’Istituto ha offerto alla
Chiesa un importante e significativo contributo di riflessione, di vita
e di formazione nel dominio della Liturgia.
Preghiamo il Signore Gesù di voler benedire e
ricompensare tutti coloro che, nel passato e ancora oggi, hanno prestato
e prestano la loro collaborazione a questa importante sezione dell’Istituto
Cattolico di Parigi.
La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti indirizza all’Istituto le sue più calorose felicitazioni.
La celebrazione di un giubileo come questo non è
solo una occasione per rendere grazie, ma ci offre l’opportunità
di svolgere una riflessione, in vista di un riesame degli orientamenti,
tale da tracciare chiaramente la strada che conviene seguire e da assumere
delle decisioni per il futuro.
Affronteremo alcuni temi sui quali si deve ritenere che
un Istituto Superiore di Liturgia come questo possa sforzarsi di rendere
certi servizi.
È importante mostrare un cammino di luce nei diversi
dominii che compongono la Liturgia. In questo senso, come vedremo tra poco,
l’Ars
Celebrandi e l’Omelia meritano una particolare attenzione.
Al tempo stesso, nel quadro dell’ecclesiologia della
comunione, è importante sottolineare con chiarezza i ruoli assunti
dal prete e dal Vescovo diocesano.
Esaminati questi punti, saremo in grado di presentare,
come conclusione, una lista dei principali servizi che ci si può
aspettare da un Istituto di Liturgia.
2. Mostrare un cammino di luce del dominio della Liturgia.
Per prima cosa, uno dei doveri di un Istituto Superiore
di Liturgia è di essere un faro che indichi un cammino di luce in
tema di Liturgia. Assumere una tale funzione permette di informare ed anche
di formare dei responsabili, i quali siano capaci di apprezzare nel loro
giusto valore le ricchezze contenute nel culto pubblico della Chiesa, e
siano anche pronti a condividerle con gli altri.
Questo permette di chiarire e di spiegare meglio lo
stretto legame che esiste tra la teologia e la liturgia, tra la fede della
Chiesa e la celebrazione dei Misteri di Cristo, tra la lex credendi
e la lex orandi.
Vero è che un Istituto Superiore di Liturgia deve
promuovere la ricerca. Tuttavia, è opportuno che, per prima cosa,
esso fondi i suoi lavori sulle basi solide e durature della fede e della
Tradizione della Chiesa, nonché sull’eredità costituita dai
testi, dai gesti e dalle attitudini liturgiche.
Un tale Istituto, quindi, dev’essere felice di considerare
che la santa Liturgia è un dono che noi riceviamo dal Signore tramite
la Chiesa. Infatti, la Liturgia non è qualcosa che si inventa,
essa contiene sia degli elementi immutabili, provenienti dal nostro Salvatore
Gesù Cristo, sia degli elementi mutabili che sono stati accuratamente
trasmessi e conservati dalla Chiesa.
In campo liturgico, molti abusi hanno origine, non dalla
cattiva volontà, ma dall’ignoranza, " giacché per lo più
si rigetta ciò di cui non si coglie il senso più profondo,
né si conosce l’antichità" (Redemptionis Sacramentum,
9). Di conseguenza, certi abusi traggono origine dal posto indebito
che si accorda alla spontaneità o alla creatività, oppure
ad una falsa idea di libertà, o anche a quell’errore che si chiama
" orizzontalismo " e che consiste nel piazzare l’uomo al centro della celebrazione
liturgica invece che indurlo a volgersi verso l’alto, verso Cristo e i
suoi Misteri.
Le tenebre si fugano con la luce e non con delle condanne
verbali.
In questo senso, un Istituto Superiore di Liturgia deve
aver cura di formare degli esperti sulla scia della migliore ed autentica
tradizione teologico-liturgica della Chiesa. Li formerà allora all’amore
per la Chiesa e per il suo culto pubblico, ed insegnerà loro a seguire
le norme e gli orientamenti dati dal Magistero.
Nella stessa ottica, un tale Istituto prevede anche dei
corsi appropriati per coloro che vogliono promuovere la formazione permanente
dei chierici, delle persone consacrate e dei fedeli laici.
Come scriveva il Papa Giovanni Paolo II alla Plenaria
della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,
un mese prima della sua morte: "È urgente che nelle comunità
parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali si assicurino
adeguati percorsi formativi, perché la liturgia sia meglio conosciuta
nella ricchezza del suo linguaggio e venga vissuta in pienezza. Nella misura
in cui lo si farà, si sperimenteranno benefici influssi sulla vita
personale e comunitaria. " (Lettera al Card. Francis Arinze in occasione
della Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti, 3 marzo 2005, n° 5).
3. La promozione dell’Ars celebrandi
Una solida base teologico-liturgica, una formazione di
qualità nel dominio della fede e il rispetto del carattere proprio
della Liturgia, permettono di favorire quella realtà che porta il
nome di " Ars celebrandi ". In effetti, questa sarà promossa
non solo dal prete celebrante, ma anche da tutti coloro che prendono parte
all’azione liturgica: innanzi tutto il diacono, ma anche i serventi all’altare,
i lettori, i direttori del canto e tutta l’assemblea che partecipa all’azione
liturgica.
L’Ars celebrandi è fondata sulla verità
teologica che il Concilio Vaticano II esprime in questi termini: "Giustamente
perciò la liturgia è considerata come l'esercizio della funzione
sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell'uomo
è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo
proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è
esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo
e dalle sue membra" (Sacrosanctum Concilium, 7).
Un Istituto di Liturgia dovrebbe aiutare chi partecipa
ad una celebrazione liturgica ad apprezzare questa verità. Questo
riguarda in primo luogo il prete celebrante e il Vescovo. Se essi sono
sufficientemente inseriti nella comprensione delle celebrazioni liturgiche,
che hanno a Capo Gesù Cristo, se essi rispettano la Scrittura, la
Tradizione, i fondamenti storici dei testi sacri e le ricchezze teologiche
delle espressioni liturgiche: allora tutto questo manifesterà in
maniera ammirabile l’Ars celebrandi. Le celebrazioni liturgiche
manifesteranno lo splendore della fede della Chiesa, nutriranno la fede
dei partecipanti, allontaneranno da questa fede il torpore e l’indifferenza,
rimanderanno a casa i fedeli con l’ardente decisione di vivere una vita
veramente cristiana e di diffondere ovunque la Parola di Dio.
Ci si troverebbe allora ben lontani da questa freddezza,
da questo orizzontalismo che mette l’uomo al centro dell’azione liturgica,
e talvolta lontani anche da quel manierismo apertamente egocentrico che
le nostre assemblee domenicali sono spesso costrette a subire.
La lettera di Papa Giovanni Paolo II, che abbia citata
prima (n. 3), nonché il Sinodo dei Vescovi dell’ottobre 2005 (proposizione
25), hanno entrambe sottolineata l’importanza dell’Ars celebrandi.
4. L’Omelia
Il Concilio Vaticano II dice che " l’Omelia è
fortemente raccomandata come facente parte della stessa Liturgia"(Sacrosanctum
Concilium, 52). Nell’Omelia, si distribuisce ai fedeli il pane
della Parola di Dio. Le Sacre Scritture sono messe in relazione con le
realtà della vita nel mondo d’oggi. Ed è vero che una buona
Omelia, ben preparata, riempie d’ardore i cuori del fedeli che l’hanno
ascoltata, ardore che equivale a quel " fuoco" di cui parla il Vangelo
dei due discepoli di Emmaus (Cf. Luca 24, 32).
Sfortunatamente, molte Omelie pronunciate da preti
o da diaconi non raggiungono questo scopo tanto desiderato. Certe assomigliano
in gran parte a dei discorsi segnati da considerazioni di ordine sociologico,
psicologico o, peggio ancora, politico. Queste Omelie non sono particolarmente
ancorate nella Sacra Scrittura, nei testi liturgici, nella Tradizione della
Chiesa, in una solida teologia.
In certi paesi vi è della gente che non apprezza
il fatto che l’Omelia, durante la celebrazione del Sacrificio eucaristico,
sia un ministero pastorale riservato ai soli ministri ordinati: il diacono,
il prete, il Vescovo. Ora, mentre è vero che i fedeli laici possono
assicurare benissimo la catechesi al di fuori della Messa, è altrettanto
vero che essi non sono abilitati a pronunciare l’Omelia, per la quale è
richiesta l’ordinazione.
Un Istituto Superiore di Liturgia può aiutare a
diffondere delle corrette convinzioni a riguardo dell’Omelia. Può
aiutare a creare la giusta atmosfera per delle Omelie in cui il Popolo
di Dio potrebbe trovare un nutrimento spirituale più sostanzioso.
A questo proposito, è opportuno ricordare che
per molti cattolici l’Omelia è probabilmente la sola formazione
religiosa e catechetica permanente che ricevono durante la settimana (Cf.
Lettera del Papa Giovanni Paolo II, n. 4; Sinodo dei Vescovi di ottobre
2005, Proposizione 19).
5. Il ruolo liturgico del prete
Per un Istituto Superiore di Liturgia, è essenziale
precisare con chiarezza quel è esattamente il ruolo del prete nella
santa Liturgia. In effetti, il Concilio Vaticano II dice che: "l'auspicato
rinnovamento di tutta la Chiesa dipende in gran parte dal ministero sacerdotale
animato dallo spirito di Cristo" (Optatam Totius, Proemio).
Il sacerdozio comune di tutti i battezzati e il sacerdozio
ministeriale dei presti ordinati derivano da Cristo stesso. Ora, se
nella costituzione gerarchica della Chiesa si confondono i ruoli degli
uni e degli altri, si provocano sempre dei danni. Per di più,
una posizione siffatta non contribuisce a promuovere la testimonianza
da rendere a Cristo, né la santità del clero e dei fedeli
laici. Infine, né i tentativi di clericalizzazione dei laici,
né gli sforzi tesi alla laicizzazione del clero, possono essere
portatori di grazie divine.
Il Concilio Vaticano II dice che " Nelle celebrazioni
liturgiche ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio
si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura
del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza " (Sacrosanctum
Concilium, 28). Ne consegue che un prete che cerca di condividere
con dei fedeli laici il ruolo da lui svolto nella liturgia in quanto prete,
e quindi il ruolo a lui strettamente riservato, dà certo prova di
falsa umiltà, manifestando una inammissibile concezione della democrazia
o della fraternità.
Allora, non è superfluo affermare che un Istituto
Superiore di Liturgia, al pari di ogni facoltà teologica,, dovrebbe
aiutare il popolo a comprendere che il sacerdozio ministeriale è
parte integrante e costitutiva della struttura della Chiesa, così
che noi abbiamo assolutamente bisogno di preti ordinati per celebrare la
santa Messa, per assolvere i fedeli dai loro peccati col Sacramento della
penitenza, e per amministrare l’Unzione degli Infermi a coloro che ne hanno
bisogno (Cf. Tc 5, 14-15).
Ma vi è anche dell’altro. Si constata che le persone
che partecipano numerose alle celebrazioni dei matrimonii e dei funerali,
possono ricavarne dei grandi benefici spirituali, occorre dunque affermare
che, proprio in questi casi, noi abbiamo bisogno di preti per celebrare
il Sacrificio eucaristico, per rivolgere, nelle Omelie importanti, delle
parole ricche di spiritualità a delle persone che in qualche modo
partecipano raramente alla Messa, per benedirle e essere quindi la prova
che la Chiesa è vicina a loro come una pietra miliare posta sul
cammino della loro vita.
E ancora, è indubbiamente necessario che il sacerdozio
del prete non si limiti all’esercizio delle semplici funzioni liturgiche:
le sue attività ministeriali devono provenire dal suo cuore di padre
spirituale, così che la sua presenza pastorale costituisca un nutrimento
spirituale per il popolo.
Se si indebolisce il ruolo del prete o se questo non viene
apprezzato, una comunità cattolica locale può cadere pericolosamente
nel convincimento che sia possibile l’esistenza di una comunità
senza prete. Un tale convincimento non è conforme all’autentica
concezione della Chiesa istituita da Cristo.
Se una diocesi non dispone di un numero sufficiente di
preti, devono prendersi delle iniziative per farli venire da altri posti,
per incoraggiare le vocazioni sacerdotali locali e per mantenere viva nel
popolo quella " fame " autentica di preti al suo servizio (Cf. Giovanni
Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, 32): i membri non ordinati
del Popolo di Dio, a cui si assegnano certe funzioni in assenza di un prete,
debbono fare un sforzo tutto particolare per conservare tale " fame ".
Essi
dovranno anche resistere alla tentazione che consiste nel cercare di persuadere
i fedeli che debbono abituarsi a considerarli come dei sostituti dei preti
(Cf. Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, 32).
Nella Chiesa cattolica non v’è posto per la
creazione di una sorta di " laico clericalizzato " parallelo (Cf. Redemptionis
Sacramentum, 149-153, 165).
Da parte loro, i preti dovranno mostrare esplicitamente
che sono felici nella loro vocazione, cosa questa che si accompagna con
una coscienza molto chiara della loro identità nel quadro delle
funzioni liturgiche. Se i preti celebrano i santi Misteri con fede e devozione,
e in conformità con i libri approvati, la loro testimonianza costituisce
allora una vera predicazione a favore delle vocazioni sacerdotali. Per
altro verso, i giovani non desiderano unirsi ad un gruppo di chierici che
sembrano incerti nella loro missione, che criticano la Chiesa e le disobbediscono,
che celebrano le loro proprie " liturgie " aderendo alle loro scelte personali
e alle loro teorie.
In conclusione, un Istituto Superiore della Liturgia
e una facoltà teologica, sono degli strumenti preziosi di cui la
Chiesa dispone per la diffusione di una corretta teologia sul prete in
quanto strumento di Cristo nella santa Liturgia.
6. Il ruolo del Vescovo
È evidente che la comunione ecclesiale deve significare
comunione col Vescovo diocesano e dei Vescovi col Papa. Nella diocesi,
il Vescovo è il primo dispensatore del Misteri di Cristo. Egli è
il moderatore, il promotore e il guardiano di tutta la vita liturgica della
Chiesa diocesana (Cf. Christus Dominus, 15 ; CIC,
can. 387 ; Redemptionis Sacramentum, 19). Il Vescovo dirige
l’amministrazione dei Sacramenti, in particolare quello della santa Eucaristia.
Quando egli concelebra dalla sua cattedra con i suoi
preti, con l’assistenza del diacono e dei ministri di rango inferiore e
con la partecipazione del santo Popolo di Dio, si è in presenza
della " principale manifestazione della Chiesa " (Sacrosanctum
Concilium, 41).
Le facoltà cattoliche di teologia, gli istituti
liturgici e i centri pastorali sono per vocazione l’aiuto del Vescovo,
in quanto Pastore della diocesi. Essi cooperano anche, in maniera appropriata,
con la Conferenza Episcopale e con la Santa sede; e aiutano a spiegare
e a diffondere i documenti e le istruzioni emesse da queste diverse istituzioni.
Essi costituiscono evidentemente dei preziosi consiglieri per il Vescovo
diocesano, per le Conferenze Episcopali e per la Santa Sede. Sulla base
della loro competenza, essi aiutano il popolo a comprendere che la santa
Liturgia non è un dominio in cui regna la libera ricerca, ma è
invece la preghiera ufficiale e pubblica della Chiesa, di cui il Papa e
i Vescovi sono primariamente responsabili.
Un istituto cattolico o una facoltà teologica
comprendono allora che non è opportuno impostare una via parallela
a quella del Vescovo o della Santa Sede oppure considerarsi come un osservatore
indipendente o critico.
A questo proposito dobbiamo ringraziare l’Istituto Superiore
di Liturgia per il ruolo positivo che ha svolto in questi cinquant’anni
nella Chiesa, in vista della promozione della santa Liturgia e della comunione
ecclesiale.
Questo ci porta alla conclusione, che comporterà
una lista di alcuni servizi che ci si dovrebbe aspettare da parte di un
Istituto Superiore di Liturgia.
7. Alcuni servizi che ci si deve aspettare da parte
di un Istituto Superiore di Liturgia.
A partire da quanto abbiamo detto, si può concludere
che un Istituto Superiore di Liturgia dovrebbe essere una casa in cui regnano
la luce e l’amore. Esso dovrebbe preparare degli esperti in grado di informare
e di dare a loro stessi una formazione in materia liturgica. Ne consegue
che esso ha il compito di suscitare nel popolo la fede e l’amore della
Chiesa, in modo che esso possa apprezzare che " le norme liturgiche
… sono un'espressione concreta dell'autentica ecclesialità dell'Eucaristia;
questo è il loro senso più profondo. La liturgia non è
mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né
della comunità nella quale si celebrano i Misteri " (Ecclesia
de Eucharistia, 52).
Questo significa che gli istituti di studi liturgici
dovranno mettere a disposizione dei fedeli i mezzi necessari perché
questi siano in grado di rifiutare la banalizzazione, la desacralizzazione
la secolarizzazione, l’orizzontalismo, che conducono il popolo a celebrare
sé stesso invece di celebrare i Misteri di Cristo, con delle conseguenze
nefaste per la fede e per il culto: cosa che dev’essere assolutamente evitata.
Gli istituti liturgici dovranno anche aiutare il popolo
ad apprezzare meglio il legame esistente tra la celebrazione del Sacrificio
eucaristico, da un lato, e il rispetto e l’adorazione della santa Eucaristia
al di fuori della Messa, dall’altro; favorendo pratiche come la visita
al Santissimo Sacramento, la Benedizione eucaristica, l’Adorazione eucaristica,
le Processioni o i Congressi eucaristici (Cf. Redemptionis Sacramentum,
nn. 129-145).
Un Istituto come il vostro esercita una grande influenza
nell’orientamento e nello spirito di coloro che vi studiano, sia con le
sue pubblicazioni e sia pure per l’autorità morale che esercita
allorché diffonde le sue idee e le sue riflessioni ai centri liturgici
e pastorali diocesani e alle case editrici. Questa influenza si estende
al di là della Francia e raggiunge i villaggi dell’Africa, dell’Asia
e del Pacifico.
Un Istituto Superiore di Liturgia deve costituire un
aiuto efficace per il Vescovo, per la Conferenza Episcopale e per la Santa
Sede in ciò che concerne la formulazione delle direttive in materia
liturgica e l’articolazione della teoria soggiacente ai riti liturgici.
Poiché la Liturgia " è il culmine verso cui tende l'azione
della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia
" (Sacrosanctum Concilium, 10), nessuno può negare l’importanza
dell’apostolato di un istituto di studi liturgici.
Caro Istituto Superiore di Liturgia, io ti invio tutti
i miei migliori auguri per i tuoi cinquant’anni !
Per intercessione della Santissima Vergine Maria, Madre
di Nostro Signore, di cui celebriamo i Misteri nella Liturgia, possa questo
Istituto e tutti quelli come lui sparsi nel mondo intero crescere in efficacia
e nell’amore della Chiesa, nel compimento della sua alta vocazione e della
sua nobile missione.
Francis Cardinale Arinze
26 ottobre 2006
ottobre 2006
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