atolicismo

 
 

Intervista di S. Em.za il Card. Darío Castrillón Hoyos 

Prefetto Emerito della Congregazione per il Clero 
e Presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”

condotta da Victor Ricardo Moreno Holguín per il giornale colombiano
“El Catolicismo”

giornale ufficiale della Diocesi di Bogotà

29 gennaio 2007





I neretti  sono nostri

 I nuovi impegni di Mons Castrillón

Qual è il compito attuale dell’ “Ecclesia Dei” ?

Ci occupiamo di coloro che non vollero seguire monsignor Lefevre, che non compì propriamente uno scisma. ­ Con giurisdizione in nome del Papa creiamo istituti in Francia e Germania e incardiniamo i preti che ritornano. Dobbiamo seguire la vita di questi preti e delle loro comunità, le fraternità San Pietro.
E quelli che sono andati con Lefevre ?
Vi sono le associazioni San Pio X, con il loro processo di reinserimento: con visite permanenti e con corrispondenza con la richiesta dell’antico rito. Si tratta di 500 sacerdoti e seicento mila fedeli, in numero sempre crescente, con monasteri e seminari, alcuni pieni.
Oggi il rituale della messa riunisce i fedeli intorno all’altare, inculturandosi nella realtà e nella lingua. Tornerà il rituale di San Pio V, col sacerdote di spalle al popolo e recitato in latino ?
Il grande amore di Cristo è l’Eucarestia, non è giusto che ci divida. La messa di San Pio V è stata celebrata per più di mille anni. Non è mai stata proibita. Non capirne le parole è come quando non si comprende molto nel sentire “Questo è il mio Corpo” e intanto si vede solo un pezzo di pane: solamente la fede mi fa credere nella presenza di Cristo. Il Santo Padre amplierà il permesso di questa celebrazione, che non è in contrapposizione con quella di oggi.
Non è un passo indietro ?
Oggi io la celebro, e nella prima parte, quando faccio l’omelia, guardo i fedeli, che sono i miei fratelli e che debbo istruire; dopo mi rivolgo ai fedeli dicendo: ora andiamo verso Dio, è quello l’obiettivo, dare gloria a Dio, e tutti siamo uniti. Non è un passo indietro, si tratta invece di conservare una ricchezza senza contrapporla ad un’altra.
Per rendere la messa allegra e attraente per i giovani di questa cultura dell’immagine, vi sono state delle iniziative come la messa spettacolo, o si sono visti balli di origine erotica in Africa. Si può trattare di un rimedio per frenare questi abusi ?
È un elemento, non “il rimedio”. La nuova liturgia non è stata “il rimedio”. Le nostre chiese erano più piene o più vuote ? Si vanno svuotando ! Certo non è solo per questo motivo, si trasforma la messa in uno dei tanti riti del mondo, e colpire il sacro è una cosa grave. Si è dimenticato il senso del “sacrificio”. L’Eucaristia porta alla resurrezione, però passando per la passione e la morte. È una festa dello spirito per la nostra redenzione. Per Gesù la cosa più importante non fu mangiare con Lui, ma mangiare Lui.
La quinta Assemblea del CELAM [Conferenza Episcopale Latino Americana], a maggio, tratterà dell’Eucaristia e si parlerà di inculturazione e di discepolato…
Molti elementi culturali sono validi nella liturgia, è un problema di discernimento. Che cosa significa essere un discepolo ? Ascoltare il Maestro. E che faceva Gesù quando pregava ? Andava solo in un luogo appartato. Una volta con alcuni discepoli, un’altra con tutti.
Nell’America Latina e in altre parti del mondo, come cercano di vivere le piccole comunità ?
Secondo la Tradizione, e cioè come la prima comunità che ricevette il messaggio: come lo ha ascoltato, come lo ha vissuto, come è stato sensibile di fronte al messaggio di Gesù. Questo ha un valore teologico e si è sviluppato senza perdere il senso del sacro. Già Paolo li rimproverava perché l’agape non fosse la partecipazione tra fratelli.
Durante il suo lavoro alla Congregazione come ha favorito il discepolato del clero ?
Cristo non è un ricordo, è un Dio vivo e presente. Nelle visite del prefetto ai vescovi e ai sacerdoti ho chiesto il recupero della capacità di trascendenza nella cultura, per comprendere l’identità del sacerdote. La Congregazione ha offerto elementi dottrinali della vita e della pastorale. Negli Stati Uniti, per esempio, insieme ai pastori abbiamo creato il catechismo che non c’era.
Usa internet o altri media ? Usa molto la comunicazione ? Qual è l’importanza della comunicazione nella vita del clero ?
L fenomeno della comunicazione è importante, ha fatto del mondo un villaggio. Ha realizzato tele conferenze sull’attualità. Ha diffuso una biblioteca in centomila piccoli CD. Oggi, un curato o un vescovo che non sa che cosa significa chattare non può difendere la purezza dei suoi figli, né l’unità matrimoniale. Un contadino che ascolta la radio può essere più informato di un curato. Oggi, il giornalista è un capo che con la sua capacità di informazione potenzia la sua egemonia, orienta la massa e crea una nuova società. Invece di piangere per l’egemonia perduta dobbiamo deciderci per acquisire una formazione in comunicazione.
Tenersi aggiornati nelle tecniche della cultura moderna…
Si deve studiare la scienza per vedere come la fede non contraddice la ragione, per trattarla con l’amore di Dio. Se conosciamo in profondità il processo della vita possiamo presentarlo all’uomo di oggi. Occorre comprendere tecnica, arte e scienza e la loro relazione con la fede. Questo implica un cambio culturale e la lettura della cultura con gli occhi di Dio, non per condannarla. La quintessenza di questa cultura è l’autonomia, tramite la comunicazione e le leggi. Oggi abbiamo cognizione dell’autonomia e dobbiamo tenerla in conto. Fin dal seminario occorre avere una formazione al dialogo con le tendenze culturali.
Nella cultura e nell’orizzonte attuali è presente una grande influenza dell’Islam. È per questo che studia il Corano ?
È un dialogo che non è stato aperto, siamo in ritardo. Vi sono delle falsità in alcune interpretazioni del Corano condotte da coloro che lo hanno travisato per fare proselitismo…
Comunque devo fare un grande sforzo perché i caratteri arabi sono molto piccoli, mi affaticano la vista… (ride).
Ci dica, per favore, tre soddisfazioni, due frustrazioni e una speranza, in relazione al suo lavoro nella Congregazione per il Clero.
Soddisfazioni ? Aver incontrato tanti curati, soli o in gruppo. Aver celebrato l’Eucaristia in una barca sul lago di Tiberiade, con 1500 sacerdoti, e un Giovedì Santo con 7000 sacerdoti in Piazza San Pietro. Frustrazioni ? Non essere riuscito a raggiungere più sacerdoti e non aver potuto risolvere alcuni grandi problemi che premevano da tempo. Speranza ? Continuare a lavorare per accogliere con un abbraccio i 500 sacerdoti di Lefevre, nell'unità di fede e d’amore comandataci da Gesù Cristo.




febbraio  2007

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