Lettera agli amici e benefattori, n° 70
di S. Ecc. Mons. Bernard Fellay
Superiore generale della Fraternità San Pio
X
25 febbraio 2007
Cari Amici e Benefattori,
È ormai da tempo che desideriamo inviarvi questa
lettera per darvi notizie della nostra cara Fraternità.
Ne abbiamo differito l’invio perché intendevamo
esporvi il nostro atteggiamento dopo la pubblicazione del motu proprio
annunciato da qualche mese riguardante il permesso della Messa di San Pio
V.
Infatti, durante lo scorso mese di ottobre, mentre componevamo
il bouquet spirituale per ottenere la liberalizzazione della Santa
Messa, tutto lasciava intendere la pubblicazione prossima di un motu
proprio riguardante la questione,
Sembra, però, che le violente opposizioni di alcuni
episcopati abbiano costretto il Sommo Pontefice a differire “un poco”.
Questo poco sta diventando di durata indeterminata, sicché non aspettiamo
oltre per fornirvi qualche apprezzamento sulla situazione.
Siate innanzitutto vivamente ringraziati per la vostra
generosa preghiera.
Il nostro Capitolo si era prefissato lo scopo di arrivare
ad offrire un milione di corone del Rosario entro il mese di ottobre. La
messe è stata abbondante, dal momento che alla fine abbiamo inviato
al Papa un bouquet spirituale di due milioni e mezzo di corone del
Rosario.
Nella lettera di accompagnamento abbiamo indicato che
volevamo mostrare con questo gesto concreto la nostra volontà di
collaborare alla ricostruzione della Chiesa e della Cristianità.
È per noi evidente che questa crisi terribile, che affligge la Chiesa
a partire dal Concilio Vaticano II, non si terminerà senza uno sforzo
immane ed una grande determinazione da parte della gerarchia, incominciando
dal Vicario di Cristo.
Si tratta infatti di vincere non solo la letargia venutasi
a creare con un cattiva abitudine, ma di combattere degli errori, delle
eresie e degli atteggiamenti totalmente incompatibili con la dottrina delle
Chiesa, Sposa di Cristo, che si sono incrostati nel Corpo mistico.
Non si può sperare un felice risultato senza il
soccorso potente del Cielo.
È per questo motivo che ci siamo rivolti e ci
rivolgiamo verso la Madonna e Nostro Signore per ottenere un miglioramento
nella Chiesa.
Anche se sino ad ora l’atteso risultato non si è
ancora realizzato, tuttavia durante questo mese di ottobre siamo stati
testimoni di una scena mai vista in questi ultimi decenni in ciò
che riguarda la Messa di sempre. Infatti, contrariamente allo slogan abituale
che attribuisce alla nostalgia o ad una sensibilità particolare
l’attaccamento all’antica liturgia latina, questa volta dei seri argomenti
sono stati evocati: la libertà della Messa tridentina pone dei problemi
dottrinali, si dice; questa Messa mette in pericolo le acquisizioni del
Vaticano II.
Non è forse lecito rallegrarsi di una tale scoperta?
Se consideriamo da vicino gli argomenti portati questa
volta, in particolare in seno all’episcopato francese, ma anche a Roma
ed in Germania, ci si accorge che i Vescovi hanno, di fatto, paura di questa
Messa.
Roma stessa si occupa con cura di non sconfessare la
riforma di Paolo VI allorché evoca la possibilità di un ritorno
all’antica Messa.
La paura dei progressisti è tale che bisogna giustificare
all’estremo e con argomenti validi il permesso allargato della Messa tridentina.
Certamente questo spiega anche il fatto che non abbiamo
ricevuto né ringraziamenti né risposta tanto da parte del
Papa che del Vaticano.
Nella presente situazione possiamo e dobbiamo trarre delle
conclusioni per il futuro, anche se ancora non conosciamo il tenore esatto
di questo famoso motu proprio.
1. Se consideriamo in quale modo i documenti
romani dell’ultimo decennio sono stati ricevuti dall’episcopato e dai fedeli,
bisogna dire che ciò che domina è una grandissima indifferenza,
la quale ha reso praticamente inefficaci le misure preconizzate da tali
testi.
Che si tratti del ruolo dei laici nella liturgia, oppure,
più recentemente, delle prescrizioni liturgiche; che si tratti della
dichiarazione Dominus Jesus, o della condanna dell’aborto e dell’eutanasia,
si è obbligati a constatare che i documenti non hanno avuto alcun
effetto reale.
Sin da ora ci si può chiedere se il motu
proprio non conoscerà la stessa sorte.
2. Tuttavia, poiché il documento accorda un
favore piuttosto che una restrizione, e che, d’altra parte, si rivolge
a delle persone che vi trovano un grande interesse, è possibile
che l’attesa dei fedeli e dei sacerdoti faccia uscire dalla loro letargia
le gerarchie di alcuni paesi e le scuota dalla loro ostilità. È
in relazione a questa possibilità che alcuni Vescovi evocano il
rischio di una anarchia liturgica nelle loro diocesi.
Tuttavia, quando si osserva la molteplicità di
forme che ha preso concretamente la nuova Messa, è lecito domandarsi
da dove provenga questa paura di “divisione”.
Al contrario, la liturgia tradizionale si è sempre
mostrata come fattore di unità, specialmente grazie alla lingua
sacra latina.
3. È molto poco probabile che questo motu
proprio sarà seguito da una reazione di massa. I sacerdoti ed
i fedeli che desiderano la liturgia antica sono in proporzione poco numerosi,
e gli altri ne hanno perso il gusto e l’interesse. Ci vorranno molti e
seri sforzi per rimettere in onore in tutta la Chiesa il rito venerabile
che ha santificato secoli e secoli di Cristianità.
4. Sarà piuttosto un movimento che partirà
lentamente, ma che a poco a poco prenderà forza, man mano che si
riscopriranno le ricchezze e la bellezza della liturgia perduta.
Infatti, il fatto stesso di accordare semplicemente alla
Messa tridentina il diritto di esistere (questa Messa non è mai
stata abrogata!), farà sì che essa s’imporrà poco
a poco, non potendo la nuova Messa competere con essa.
5. Ad ogni modo, un permesso allargato di celebrare
l’antica Messa è una benedizione per la Chiesa.
Certo, la pubblicazione di questo documento potrebbe
generare nei nostri ambienti una certa confusione, nel senso che questo
potrebbe dare l’impressione di un ravvicinamento tra la Chiesa ufficiale
e la Tradizione.
In questa occasione bisogna aspettarsi, da parte di Roma,
un rinnovato appello all’unità.
Per la Fraternità, una più ampia liberalizzazione
della Messa è causa di gioia, un passo avanti verso la restaurazione
della Tradizione; tuttavia la diffidenza di trent’anni di difesa e di battaglie
contro "coloro che dovrebbero essere nostri pastori" non potrà essere
vinta così facilmente.
Bisogna, infatti, considerare che la nuova Messa è
più un effetto che una causa della crisi che fa soffrire la Chiesa
da ormai quarant’anni.
In altre parole, la nostra situazione non sarà
quasi per nulla cambiata dal ritorno dell’antica Messa fino a quando questo
non sarà accompagnato da altri provvedimenti di governo assolutamente
essenziali.
6. L’ecumenismo, il liberalismo e questo spirito
del mondo che infanga la Sposa di Cristo sono sempre i princìpi
che fanno vivere la Chiesa conciliare. Tali princìpi uccidono lo
Spirito di Dio, lo spirito cristiano.
Per noi è più che mai necessario comprendere
le radici della crisi per evitare di buttarci a capofitto nella nuova situazione
che la pubblicazione del motu proprio provocherà.
È necessario, prima di pensare a delle misure
globali di regolarizzazione canonica, di passare attraverso ad una discussione
di fondo su tali questioni.
Speriamo che Roma ascolti, infine, la nostra richiesta
di farle precedere da ciò che chiamiamo preliminari, di cui uno
potrebbe essere realizzato dal motu proprio.
Durante trent’anni ci siamo rifiutati di prendere il
veleno; è per questo che siamo rigettati, ed è ancora la
condizione (più o meno velata) che Roma impone per accettarci.
L’ecumenismo, la libertà religiosa e la collegialità
sono sempre i punti imprescindibili sui quali ci si scontra.
7. Quanto detto fin qui non sono che speculazioni.
Le circostanze concrete, le disposizioni reali del motu proprio
richiederanno forse altre precisazioni.
Iniziando la Quaresima, ricordiamoci che i doni del
Cielo si ottengono con la preghiera e la penitenza purificatrici. Dio ascolta
più volentieri la preghiera di un cuore puro e che si umilia. Continuiamo,
dunque, la nostra crociata di preghiera, unendovi delle penitenze volontarie
per strappare al Cielo ciò che gli uomini di Chiesa fan così
fatica a dare alle nostre anime. Anche se Dio sembra non ascoltare le nostre
suppliche, non ci scoraggiamo. Egli ci mette alla prova e vuole farci guadagnare
ancora più meriti.
1a Domenica di Quaresima
25 febbraio 2007
+ Bernard Fellay
marzo 2007
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