Le dichiarazioni rilasciate del Card. Castrillon Hoyos
in occasione della sua visita a Londra il 13-14 giugno 2008

Su invito della The Latin Mass Society of England & Galles, S. Em.za il Card. Castrillon Hoyos è stato a Londra il 13 e il 14 giugno scorsi.
Nel pomeriggio del 13 si è recato in visita presso il Nunzio Apostolico, mons. Sainz Muñoz. La mattina del 14 ha tenuto una conferenza stampa alla presenza di quattro giornalisti (The Times, The Daily Telegraph, Reuters, The Catholic Herald, The Tablet). Dopo la conferenza ha svolto un breve intervento all'assemblea annuale della The Latin Mass Society e successivamente ha avuto un incontro privato col Card. Cormac 
Murphy-O'Connor, arcivescovo di Westminster. Nel pomeriggio ha celebrato una S. Messa pontificale col Rito Tradizionale nella cattedrale di Westminster. La sera è rientrato a Roma.

In questa occasione il Cardinale ha avuto modo di fare alcune precisazioni sull'applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum cura, che hanno suscitato interesse e scalpore.
Ovviamente la stampa e una certa informazione superficiale e frettolosa hanno messo in risalto alcuni degli argomenti trattati del Cardinale, soffermandosi meno su certi altri e soprattutto sull'insieme delle dichiarazioni del Cardinale.
In questa pagina riportiamo l'intervento del Card. Castrillon all'assemblea della The Latin Mass Society, le risposte della conferenza stampa, un brano dell'omelia pronunciata dal Cardinale nel corso della celebrazione della S. Messa e, per comporre un quadro più realistico, un brano dell'omelia che il Cardinale ha pronunciata in occasione della S. Messa per le ordinazioni della Fraternità San Pietro, celebrata a Lincoln, in Nebraska (USA), il 30 maggio scorso.

Data l'importanza delle dichiarazioni, ci è sembrato necessario esporre qualche perplessità, sorta spontanea alla lettura di esse e che abbiamo intercalato nel testo. 
Qui facciamo notare, a titolo introduttivo, che a Londra si è avuta una ulteriore conferma della forte ostilità dei vescovi inglesi (e non solo) nei confronti della Tradizione. Dopo 39 anni si è celebrata la S. Messa tradizionale a Westminster, ad opera di un Cardinale di Santa Romana Chiesa: non un vescovo presente. Messa, Cardinale, Papa e Chiesa… tutti snobbati!




Intervento del Card. Castrillon all'assemblea della The Latin Mass Society
Conferenza stampa
Brano dell'omelia della S. Messa del 14 giugno
Brano dell'omelia della S. Messa del 30 maggio



Intervento del Card. Castrillon all'assemblea della The Latin Mass Society


Signor Presidente, reverendi Monsignori e Padri, Signore e Signori. 

Vi sono grato per il vostro gentile invito e per la vostra calorosa accoglienza. Per me è un piacere essere oggi con voi a Londra in occasione dell’incontro annuale della Latin Mass Society of England and Galles.
Attendo con ansia la gioia di poter celebrare per voi, questo pomeriggio, il Santo Sacrificio della Messa nella grande, storica e bella Cattedrale di Westminster. 

Adesso voglio parlarvi di tre particolari argomenti. 
1. La prima cosa che mi piace dichiarare è che apprezzo il lavoro svolto in questi ultimi quattro decenni dalla Latin Mass Society of England and Galles. Voi avete lavorato con e sotto i vostri vescovi, a volte senza tutti i risultati che vi aspettavate. Ma in tutto quello che avete fatto siete rimasti fedeli alla Santa Sede e al successore di San Pietro, e lo siete stati nel corso di periodo molto difficile per la Chiesa - un periodo che è stato particolarmente pesante per coloro che amano e apprezzano le ricchezze della sua antica liturgia. 

In modo abbastanza evidente, in questi anni non sono mancate tante sofferenze, ma Iddio Benedetto le conosce e, nella Sua Divina Provvidenza, ha voluto ricompensarvi molto bene dei vostri sacrifici e dei sacrifici dei membri della Latin Mass Society che oggi non sono più con noi. A tutti voi, a nome della Chiesa, dico: “Grazie per essere rimasti fedeli alla Chiesa e al Vicario di Cristo; grazie per non aver permesso che il vostro amore per la liturgia Romana classica vi conducesse fuori della comunione con il Vicario di Cristo!” 
Vi dico anche: “Coraggio!”. Infatti, alla vista di tanti giovani che amano l’antica liturgia della Chiesa, in Inghilterra e nel Galles, è evidente che avete lavorato molto bene nel preservare e trasmettere ai vostri figli l’amore per questa liturgia.

Seconda cosa: desidero parlare del Motu Proprio Summorum Pontificum  del nostro amato Santo Padre, Papa Benedetto XVI. So della grande gioia che la pubblicazione del Summorum Pontificum ha prodotto tra i vostri membri e in molti fedeli cattolici nel mondo. In risposta alle preghiere e alle sofferenze di tante persone in questi ultimi quattro decenni, Dio Onnipotente ha suscitato per noi un Sommo Pontefice che è molto sensibile alle vostre preoccupazioni. Il Papa Benedetto XVI conosce e apprezza profondamente l’importanza degli antichi riti liturgici della Chiesa - sia per la Chiesa di oggi, sia per la Chiesa di domani. È per questo che ha promulgato un documento giuridico - un Motu Proprio - che stabilisce la libertà legale per i vecchi riti in tutta la Chiesa. È importante comprendere che il Summorum Pontificum sancisce una nuova realtà giuridica nella Chiesa. Esso conferisce dei diritti ai comuni fedeli e ai preti, diritti che devono essere rispettati da coloro che detengono l’autorità.
Il Santo Padre è cosciente del fatto che in diverse parti del mondo molte richieste di preti e di fedeli laici che desideravano celebrare secondo gli antichi riti, spesso non furono ascoltate; è per questo che egli ora ha autorevolmente stabilito che celebrare secondo la forma più antica della liturgia ? sia il Santo Sacrificio della Messa, sia i Sacramenti e gli altri riti liturgici - è un diritto giuridico accordato a tutti e non un privilegio. 
Certamente ciò deve essere fatto in armonia sia con il diritto ecclesiastico sia con i superiori, ma i superiori devono anche riconoscere che adesso questi diritti sono fermamente stabiliti da una legge della Chiesa emanata dallo stesso Vicario di Cristo. Si tratta di un tesoro che appartiene a tutta la Chiesa cattolica e che dovrebbe essere ampiamente disponibile per tutti i fedeli di Cristo. Ciò significa che i parroci e i vescovi devono accettare le petizioni e le richieste dei fedeli che lo chiedono e che preti e vescovi devono fare tutto ciò che possono per rendere fruibile per i fedeli questo grande tesoro liturgico della tradizione della Chiesa.
 

Considerare che i fedeli debbano rispettare il diritto ecclesiastico e i superiori, e che i superiori debbano riconoscere i diritti dei fedeli è una proposizione del tutto legittima e perfettamente rispondente allo spirito della legge cattolica, ma non può tacersi il fatto che non corrisponde alla situazione reale dell’odierna vita della Chiesa, in generale, e della pratica della liturgia, in particolare. In effetti, non si è mai fatto niente e continua a non farsi niente per i vescovi e i preti che non tengono in alcun conto le disposizioni della Santa Sede. E le cose vanno anche peggio, sia che si tratti dell’uso della liturgia tradizionale in generale, sia che si tratti dell’applicazione del Motu Proprio in particolare.

In questo periodo immediatamente successivo alla pubblicazione del Motu Proprio il nostro compito più immediato è quello di provvedere alla celebrazione della forma straordinaria del Rito Romano, là dove è più desiderato dai fedeli e là dove le loro “legittime aspirazioni” non sono ancora state soddisfatte. Per un verso, nessun prete dovrebbe essere costretto a celebrare secondo la forma straordinaria contro la sua volontà; per l’altro, quei preti che non intendono celebrare secondo il Messale del 1962 dovrebbero generosamente venire incontro alle richieste dei fedeli che lo desiderano. 

A mio avviso, sono necessari due fattori. 1. Prima di tutto è importante trovare una chiesa con una posizione centrale, conveniente per il maggior numero dei fedeli che hanno richiesto questa Messa. Ovviamente deve trattarsi di una chiesa dove il parroco è disposto ad accogliere questi fedeli provenienti sia dalla sua parrocchia sia dalle parrocchie vicine. 2. È essenziale che vi siano dei preti disposti a celebrare secondo il Messale del 1962, in modo da fornire questo importante servizio pastorale su base domenicale. Spesso ci possono essere uno o più preti in una determinata parte della diocesi, disposti e anche desiderosi di celebrare questa Messa. I Vescovi devono essere sensibili a tali disposizioni pastorali a facilitarle. Si tratta di un intento fondamentale del Summorum Pontificum. È particolarmente triste quando si proibisce ai preti di celebrare secondo la forma straordinaria della Messa, a causa di misure legislative restrittive che sono state prese e che si scontrano con le intenzioni del Santo Padre e con la legge universale della Chiesa. 

A questo proposito ho anche il piacere di elogiare la Latin Mass Society per aver provveduto ad organizzare, l’estate scorsa, una sessione di formazione per preti, presso il Merton College, a Oxford, permettendo a molti sacerdoti di familiarizzare con l’usus antiquior e di imparare a celebrarlo. Sono ben lieto di dare la mia benedizione a questa iniziativa che si svolgerà di nuovo questa estate. 

Lasciatemi dire chiaramente: il Santo Padre vuole che l’uso antico della Messa diventi un evento normale nella vita liturgica della Chiesa, così che tutti i fedeli di Cristo - giovani e anziani - possano acquisire dimestichezza con i riti antichi e godere della loro tangibile bellezza e trascendenza. Il Santo Padre lo vuole per ragioni pastorali e teologiche. 
Nella sua lettera di accompagnamento al Summorum Pontificum, Papa Benedetto ha scritto: “Nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto.”

3. Questo mi porta al terzo punto. 
Voi siete giustamente convinti che l’usus antiquior non è un pezzo da museo, ma una espressione vivente del culto cattolico. Se è vivente, dobbiamo anche aspettarci che si sviluppi. Il nostro Santo Padre è convinto di questo. Come sapete, egli ha scelto “motu proprio” ? di sua propria iniziativa - di modificare il testo della preghiera pro Iudæis della liturgia del Venerdì Santo. L'intenzione della preghiera non è stata in alcun modo indebolita, ma è stata approntata una formulazione che rispettasse le sensibilità.
 

Il Cardinale fa poi bene a parlare della vitalità della liturgia tradizionale, e non si può che concordare con lui che questa non può essere considerata come una sorta di feticcio immodificabile. La forma della liturgia, nelle parti non essenziali di essa, non può che seguire il naturale fluire del tempo, proprio della vita su questa terra. Ma si resta perplessi di fronte all’idea che anche la liturgia tradizionale, pena il ridurla a pezzo da museo, debba essere considerata vivente, cioè debba svilupparsi, cioè debba cambiare, cioè debba mutare come muta oggi tutto nel mondo, come muta oggi tutto nella Chiesa, come muta, per esempio, la liturgia moderna, da luogo a luogo, da giorno a giorno, da prete a prete. E quando il Cardinale fa l’esempio della preghiera per gli Ebrei, proprio quella della liturgia tradizionale, si resta davvero a bocca aperta, poiché non si capisce affatto quale novella sopraggiunta sensibilità si dovesse oggi rispettare nella sua formulazione, visto che la preghiera era stata già cambiata l’altro giorno da Giovanni XXIII.

 Allo stesso modo, come sapete, il Summorum Pontificum ha anche previsto che la Liturgia della Parola possa essere proclamata in lingua volgare, senza che prima il celebrante legga in latino. Nella Messa Pontificale di oggi, naturalmente,  le letture verranno cantate solennemente in latino, ma per le celebrazioni meno solenni la Liturgia della Parola può essere proclamata direttamente nel lingua del popolo. Questo è già un esempio concreto di ciò che il nostro Santo Padre ha scritto nella sua lettera  che accompagna il Motu Proprio Summorum Pontificum: 
“le due forme dell’uso del Rito Romano possono arricchirsi a vicenda: nel Messale antico potranno e dovranno essere inseriti nuovi santi e alcuni dei nuovi prefazi. La Commissione "Ecclesia Dei" in contatto con i diversi enti dedicati all’ "usus antiquior" studierà le possibilità pratiche.” 
 

Per quanto riguarda la cosiddetta liturgia della parola, bisogna dire, per la verità, che nel Motu Proprio il Papa non dice che le letture (nel Motu Proprio non si parla di “liturgia della parola”) possono essere fatte in volgare senza che siano precedute dalla lettura del testo in latino, e sorprende ovviamente che il Cardinale precisi che nella Messa pontificale, invece, si canteranno in latino. 
Perché nella Messa pontificale non si leggeranno in volgare e si canteranno in latino mentre  in altre celebrazioni meno solenni si potrà fare al contrario? 
Nasce il sospetto che in qualche modo la liturgia tradizionale si finisca sempre con l’apprezzarla in funzione estetica e spettacolare. 
Perché i fedeli che assistono ad una Messa pontificale possono seguire il canto delle letture in latino, mentre per i fedeli che assistono ad una Messa solenne della Domenica sarebbe meglio una semplice lettura in volgare? Quando addirittura si tratta degli stessi fedeli?

Naturalmente saremo felice per il vostro contributo in questa importante materia. Vi chiedo semplicemente di non essere contrari in linea di principio ai necessari adattamenti auspicati dal nostro Santo Padre.
 

È chiaro che qui il Cardinale afferma una cosa quasi scontata, ma proprio per questo non si capisce il motivo per cui abbia sentito il bisogno di dirla, e proprio in quel contesto. Egli sa bene che esistono tante motivate e articolate resistenze nei confronti delle vociferate modifiche che potrebbero venire apportate alla liturgia tradizionale, ed allora è come se tagliasse netto dicendo: Le modifiche vanno fatte, perché necessarie, attenzione a non opporsi ad esse.

Questo mi porta ad un altro punto importante. So che la risposta della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” riguardo ai Sacri Giorni di precetto ha provocato un certo fastidio in alcuni ambienti. Va osservato che le date di questi Sacri Giorni restano le stesse in entrambi i Messali, quello del 1962 e quello del 1970. Là dove la Santa Sede ha dato alla Conferenza Episcopale di un determinato paese l’autorizzazione a spostare alcuni Sacri Giorni alla Domenica successiva, questo dovrebbe essere rispettato da tutti i cattolici in quel paese. Nulla impedisce la celebrazione della festa l'Ascensione, per esempio, il giovedì precedente, ma dovrebbe essere chiaro che non si tratterà allora di una Messa di precetto e che la Messa dell'Ascensione dovrà essere celebrata anche la Domenica seguente. Si tratta di un sacrificio che vi chiedo di compiere con gioia come un segno della vostra unità con la Chiesa cattolica del vostro Paese. 
 

Non si si può evitare di chiedersi se ormai nella Chiesa non sia più importante il calendario profano e mondano piuttosto che il calendario liturgico. 
Già si commise un grosso errore col far valere la Messa del sabato come Messa di precetto, avallando così la priorità del fine settimana sul rispetto del “giorno del Signore”.
Lo spostamento dell’Ascensione, per esempio, alla Domenica, effettuata non solo dal punto di vista pratico, ma anche dal punto di vista liturgico, finisce con l’azzerare il valore simbolico della decorrenza dei 40 giorni dalla Pasqua. Con la scomparsa della ricorrenza al giovedì, scompare anche uno dei pezzi che compongono l’anno liturgico.
Una cosa è dire che l’Ascensione ricorre sempre 40 giorni dopo la Pasqua e che, purtroppo, per colpa dei tempi bui in cui viviamo, siamo costretti a ripetere solennemente la Messa anche la Domenica successiva, per aiutare i fedeli impediti e costretti dal mondo moderno. Altra cosa è stabilire definitivamente che il Signore, ai giorni nostri, non sale più in cielo 40 giorni dopo la Pasqua, ma 43 giorni dopo. Come se si trattasse di una convenzione tra uomini e non di un fatto divino.

Infine chiedo le vostre preghiere per quelli di noi chiamati ad assistere il Santo Padre a Roma in questo delicato lavoro di agevolazione dell’antica tradizione liturgica della Chiesa. Vi preghiamo di essere pazienti con noi: siamo molto pochi e c'è molto lavoro da fare. Ci sono molte questioni da studiare e a volte si può sbagliare! 

Che la Beata Vergine Maria, Madre di Dio, interceda per tutti in questa terra che è così bellamente chiamata “la dote della Madonna”, e attraverso le sue preghiere possano tutti i fedeli di Cristo cogliere sempre più profondamente le grandi ricchezze della sacra liturgia della Chiesa, in tutte le sue forme. 




Conferenza stampa del 14 giugno 2008


The Tablet: Eminenza, vorrei chiedere la sua opinione sulla risposta dei Vescovi dell’Inghilterra e del Galles al Motu Proprio del Papa.

Card. Castrillon: Penso che sia buona.  Ci sono alcuni problemi perché si tratta di un nuovo modo di celebrare la liturgia ed hanno bisogno di tempo per preparare preti e catechisti sui contenuti della Forma Straordinaria.

Reuters: In alcune parti del mondo sembra esserci della resistenza da parte dei vescovi locali nell’accordare ai fedeli piena libertà di celebrare la Forma Straordinaria. Che suggerimenti ha per i fedeli?

Card. Castrillon: Di informarsi. Tante difficoltà sorgono perché non conoscono la realtà del Rito Gregoriano ­ questo è il nome giusto della Forma Straordinaria, perché questa Messa non è mai stata vietata, mai. Oggi per tanti vescovi è difficile perché essi non hanno preti che conoscono il latino. Molti seminari prevedono poche ore di latino ­ non abbastanza da dare la preparazione necessaria per celebrare bene la Forma Straordinaria. Altri pensano che il Santo Padre stia andando contro il Concilio Vaticano II. Questa è ignoranza assoluta. I Padri del Concilio non hanno mai celebrata una Messa che non fosse la Gregoriana. L’altra [Messa] venne dopo il Concilio… Il Santo Padre, che è un teologo e che prese parte alla preparazione del Concilio, sta agendo esattamente in linea con il Concilio, offrendo con libertà i diversi modi di celebrare. Questa celebrazione, la Gregoriana, è stata la celebrazione della Chiesa per più di mille anni... Altri dicono che non si può celebrare con le spalle al popolo. Questo è ridicolo. Il Figlio di Dio si è sacrificato al Padre con la faccia rivolta il Padre. Ciò non è contro il popolo. È per il popolo…
 

Per prima cosa colpisce questa novità del Rito Gregoriano. Sembra che il Cardinale l’abbia usata per indicare la vetustà del Rito Tradizionale, ma anche così si tratterebbe di una improprietà. Anche a voler considerare il rito messo a punto da San Gregorio Magno, è certo che questo oggi non esiste più. Piuttosto, si ha l’impressione che si voglia far passare l’idea che come esiste il Rito Ambrosiano o il Mozarabico, ecco che esisterebbe il Rito Gregoriano. La cosa però non sta in piedi, perché anche nel Motu Proprio il Papa sostiene che, sia col Vetus Ordo sia col Novu Ordo, siamo al cospetto di un solo ed unico Rito, con due forme.
Vero è che anche questa precisazione lascia perplessi, visto che non si comprende come possano esserci due forme per uno stesso rito, che è come dire due riti per un rito. Ma, se fosse come dice il Cardinale, ci troveremmo di fronte all’ammissione che la Messa di Paolo VI è una cosa diversa dalla Messa Tradizionale. Ci troveremmo quindi in contraddizione col Motu Proprio.
Ben inteso… non è che le cose, di fatto, non stiano così, ma è indubbio che se stanno così, non si può chiedere ai vescovi di considerare il Rito Tradizionale come fosse pari, in dignità e contenuti, al Novus Ordo di Paolo VI.
È singolare, peraltro, che sia poi lo stesso Cardinale ad affermare l’esistenza di tale forte diversità. Come si vedrà dopo.

L’altra perplessità nasce dalla supposta indisponibilità di celebranti. Vecchia questione, peraltro. Come se nelle diocesi vi fossero richieste per diecine di Messe, impossibili da soddisfare per mancanza di celebranti. La realtà è esattamente al contrario. Per una Messa richiesta vi sono diversi potenziali celebranti, ma il no pregiudiziale del vescovo o della curia a cui il vescovo soggiace.
D’altronde, se i celebranti non fossero disponibili perché non hanno studiato il latino o non lo hanno studiato bene, è inevitabile pensare che il Motu Proprio bisognava farlo entrare in vigore tra cinque anni almeno, il tempo necessario perché tanti preti o seminaristi imparassero il latino.
Ma si sa bene che le cose non stanno così, e che si tratta invece della pesante e diffusa opposizione al Motu Proprio e al Papa di preti e vescovi.

Telegraph: Eminenza, il Santo Padre vorrebbe che le parrocchie ordinarie in Inghilterra che non conoscono il Rito Gregoriano vengano introdotte ad esso? 

Card. Castrillon: Sì, certo. Non possiamo celebrarlo senza la conoscenza del linguaggio, dei segni, dei modi del Rito, ed alcune istituzioni della Chiesa stanno aiutando in questo senso. 
 

Per l’introduzione della conoscenza del Rito tradizionale nelle parrocchie, le cose si complicano. Sembra infatti che il cardinale si riferisca ad una conoscenza del Rito Tradizionale relativa, non solo ai celebranti, ma anche ai fedeli. Il che dovrebbe necessariamente comportare una sorta di nuova catechesi liturgica per i fedeli che, inevitabilmente, potrebbe svolgersi seriamente solo la Domenica. Quando la parrocchia è congregata. Ci si chiede: chi farà questa catechesi? I preti e i vescovi che si oppongono alla liturgia tradizionale?

Telegraph:  Quindi il Papa vorrebbe vedere tante parrocchie ordinarie far posto al Rito Gregoriano?

Card. Castrillon: Tutte le parrocchie. Non tante ­ tutte le parrocchie, perché questo è un regalo di Dio. Egli offre queste ricchezze, ed è molto importante per le nuove generazioni conoscere il passato della Chiesa. Questo tipo di culto è così nobile, così bello ­ il modo teologico più profondo per esprimere la nostra fede. La celebrazione, la musica, l’architettura, la pittura, creano un insieme che è un tesoro. Il Santo Padre vuole offrire a tutti questa possibilità, non solo a pochi gruppi che lo chiedono, così che tutti conoscano questo modo di celebrare l’Eucaristia nella Chiesa Cattolica.
 

Per di più, incalzato dalle domande, il Cardinale si lascia sfuggire che il Papa vorrebbe che tutte le parrocchie facessero posto al Rito Tradizionale.
Siamo i primi a gridare a voce alta: Non ci sarebbe cosa migliore per la vita della Chiesa e per la salvezza delle ànime! Ma questo davvero sembra essere un grido di dolore.
Dopo aver gridato per 40 anni queste cose, non si può rimanere indifferenti al fatto che sia un alto prelato della Santa Sede a farle sue. Ma più che il compiacimento è lo stupore ad avere il sopravvento, lo stupore per la leggerezza con cui il Cardinale tratta una materia così grave.
Egli dice addirittura che celebrare secondo il Rito Tradizionale è il modo teologico più profondo per esprimere la nostra fede. È vero!
Ma allora è inevitabilmente vero che il Novus Ordo è manchevole dal punto di vista teologico, è sicuramente ben al di sotto del Vetus Ordo, è meno nobile e meno bello.
Non abbiamo difficoltà a riconoscerlo. È anni che lo diciamo. Ed ecco che siamo di nuovo di fronte a due riti.
E ci viene subito da pregare per il Cardinale: per allontanare da lui tutti gli accidenti che gli manderanno i suoi confratelli più o meno moderni.

The Catholic Herald: Riguardo a ciò, vorrebbe vedere tutti i seminari in Inghilterra e Galles insegnare ai seminaristi come celebrare nella Forma Straordinaria?

Card. Castrillon: Mi piacerebbe, e sarà necessario.  Stiamo scrivendo ai seminari, e siamo d’accordo che dobbiamo fornire una preparazione approfondita non solo per il Rito, ma anche per la teologia, la filosofia, la lingua Latina...

Telegraph: Quali sarebbero i passi pratici per le parrocchie ordinarie ?

Card. Castrillon: Il parroco dovrebbe scegliere un ora, di Domenica, per celebrare la Messa, e preparare la comunità con la catechesi per capirla, per apprezzare il valore del silenzio, il valore del modo sacro di stare davanti a Dio, la teologia profonda, per scoprire come e perché il sacerdote rappresenta la persona di Cristo e a pregare con il prete. 

The Tablet:  Eminenza, penso che tanti cattolici siano piuttosto confusi da questa nuova enfasi sul Rito Tridentino, principalmente perché ci è stato insegnato che il nuovo Rito ha rappresentato un vero progresso, e molti di noi che siamo cresciuti con esso lo vediamo come vero progresso, perché ci sono ministri dell’Eucaristia, donne nel santuario, perché siamo tutti sacerdoti, profeti e re. A molti di noi questa nuova enfasi sembra negare tutto ciò.

Card. Castrillon: Cos’è il progresso? “Progredire” vuol dire il meglio a Dio... Sono sorpreso, perché tanti giovani sono entusiasti della celebrazione del Rito Gregoriano…

The Tablet:  Nel Motu Proprio, il Papa sottolinea che vi é un Rito e due forme, e definisce il Rito Tridentino come “straordinario”. Straordinario vuol dire eccezionale, non qualcosa da celebrare ogni Domenica.

Card. Castrillon: No “eccezionale”. Straordinario significa “non ordinario”, no “eccezionale”.  

The Tablet:  Dovrebbe quindi superare il nuovo Rito? Dovremmo tornare indietro?

Card. Castrillon: Non significa tornare indietro: significa usare un tesoro che è presente, ma non era disponibile… Ma ci vuole tempo. L’applicazione delle riforme del Concilio Vaticano II hanno richiesto anni. Ci vuole tempo per comprendere la profondità del vecchio Rito. Il Santo Padre non sta tornando al passato; sta prendendo un tesoro dal passato per offrirlo a fianco della ricca celebrazione del nuovo Rito. La seconda preghiera Eucaristica del nuovo Rito attualmente è una delle più antiche. Non è il caso di uno scontro ma di un dialogo fraterno.

Telegraph: Ci sarà una chiarificazione del Motu Proprio?

Card. Castrillon: Non esattamente una chiarificazione del Motu Proprio in sé, ma di materie trattate nel Motu Proprio, come il calendario, l’ordinazione al suddiaconato, il modo di usare i paramenti, il digiuno Eucaristico. 

Telegraph: Cosa ci dice del “gruppo stabile”? 

Card. Castrillon: È una questione di buon senso… In ogni vescovado possono esserci tre o quattro persone. Questo è un gruppo stabile… Non è possibile celebrare la Messa per due persone, ma due qui, due lì, due da un’altra parte ­ per loro si può celebrare. Sono un gruppo stabile.

Telegraph: Da parrocchie diverse? 

Card. Castrillon: Non c’è problema! Questo è il nostro mondo. I manager delle imprese non vivono tutti insieme, ma sono un gruppo stabile.
 

In attesa di leggere questo più volte annunciato documento applicativo, soffermiamoci sul cosiddetto gruppo stabile.
Sembra che il Cardinale voglia sostenere che per gruppo stabile si debba intendere un gruppo appartenente non ad una parrocchia, ma ad un dato comprensorio, e che frequenterà stabilmente la S. Messa Tradizionale quando questa verrà celebrata. La cosa è, non solo plausibile, ma l’unica praticabile, poiché anche solo per quello che è stato detto fin qui è impossibile che esistano gruppi stabili a priori nelle singole parrocchie.
Il problema nasce quando si va dal vescovo a fare questo discorso e lui tira fuori il testo del Motu Proprio, che è legge della Chiesa, e fa notare che lì non sta scritto così. Ed è inutile citare il cardinale Castrillon, perché subito il vescovo risponderà: nella Chiesa le opinioni dei singoli prelati non fanno testo!
È quello che è accaduto per anni e continua ad accadere ancora adesso, pur di fronte alle citazioni di eminenti cardinali e dei papi.



Brano dell'omelia della S. Messa del 14 giugno

Come ha scritto il Papa Benedetto ai vescovi nella sua lettera che accompagna il Motu Proprio: “le due forme dell’uso del Rito Romano possono arricchirsi a vicenda”, e io mi auguro sinceramente che il vostro amore per la forma classica del Rito Romano non si traduca mai in polemica contro la forma ordinaria dello stesso rito e sia sempre aperto a tutte le successive indicazioni che la Santa Sede darà per la sua celebrazione. 
 

In questo brano dell’omelia il Cardinale tocca due punti dolenti, la supposta polemica con il Novus Ordo e gli adattamenti che verranno dettati per la celebrazione del Rito Tradizionale.
Quanto al primo, basta leggere quanto dice lo stesso Cardinale per rendersi conto che non si può mai parlare oggettivamente di polemica, quanto della semplice descrizione di uno stato di fatto.
Quanto al secondo, non possiamo che aspettare di conoscere queste indicazioni per poterci pronunciare, senza che ci si debba sentire obbligati fin d’ora a disporsi in modo aperto nei loro confronti.
Sarebbe assurdo se qualcuno pensasse che noi semplici fedeli si abbia la facoltà di giudicare quanto disposto dalla Santa Sede in materia di liturgia, ma sarebbe ugualmente incomprensibile se si chiedesse ai fedeli l’accettazione di cose incoerenti o in contrasto con la Tradizione.



Brano dell'omelia della S. Messa del 30 maggio

In quanto Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei guardo con un occhio particolare a questi giovani che celebreranno il Santo Sacrificio della Messa e i Sacramenti, principalmente secondo i libri liturgici della forma Straordinaria del Rito Romano, che è un tesoro per tutta la Chiesa.
Questo risponde al desiderio di un buon numero di fedeli. Come sono felice di promuovere la volontà espressa dal nostro Santo Padre nel suo Motu Proprio Summorum Pontificum e di incoraggiare l’attuazione di questo importante documento, così vi invito, cari figli e fratelli, a sforzarvi di far parte integrante delle diocesi nelle quali andrete a servire, fratelli dei vostri fratelli, dimostrando un profondo rispetto per la forma ordinaria del Rito Romano, concelebrando con i vostri vescovi alla Messa crismale e quando questo segno di comunione sacerdotale è particolarmente appropriato.
 

Molti si ricorderanno dello scompiglio provocato otto anni fa nella Fraternità San Pietro da diversi prelati della Santa Sede proprio a causa di questa questione. 
I vescovi, soprattutto francesi, volevano espressamente che i sacerdoti della Fraternità celebrassero anche secondo il Novus Ordo, ed imponevano a tanti di partecipare per intanto alla Messa crismale del Giovedì Santo. La Fraternità si faceva forte del suo carisma che le imponeva di celebrare solo col Rito Tradizionale. Da Roma si negò questa possibilità, adducendo la motivazione che il Rito Romano era solo il Novus Ordo, mentre il Vetus Ordo era stato abolito e si poteva celebrare solo in via eccezionale. Il Card. Castrillon arrivò quindi a sostituire d’autorità il Superiore della Fraternità, annullando la decisione del Capitolo.
È sbalorditivo che ancora adesso, dopo il Motu Proprio, si insista su questa insussistente motivazione del gesto di comunione ecclesiale che si concretizzerebbe solo con la concelebrazione.  
Questa volta addirittura il Cardinale ricorda che questi nuovi sacerdoti “tradizionali” (ancora per quanto!?) devono celebrare Messa e Sacramenti anche secondo il Novus Ordo (questi giovani che celebreranno il Santo Sacrificio della Messa e i Sacramenti, principalmente secondo i libri liturgici della forma Straordinaria del Rito Romano) e devono concelebrare il Novus Ordo tutte le volte che “ questo segno di comunione sacerdotale è particolarmente appropriato”. 
Qui non si precisa chi è che debba decidere quale sia il momento appropriato. Ma è evidente che si tratta del vescovo e dei preti.
Ora, tralasciamo ogni ulteriore approfondimento e consideriamo solo che se gli adattamenti al Vetus Ordo che vengono annunciati come necessari saranno di questo tenore, è inevitabile prevedere in tempi più o meno lunghi lo stravolgimento della liturgia tradizionale,esattamente come è avvenuto in questi 40 anni per il Novus Ordo. E tutti sappiamo che lo stravolgimento della liturgia è intimamente legato allo stravolgimento della dottrina.

Speriamo bene. Con l’aiuto di Dio.



giugno  2008

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