Omelia pronunciata da S. Ecc. Mons. Alfonso De Galarreta 
durante la S. Messa per le ordinazioni sacerdotali
della Fraternità San Pio X
a Ecône, il 27 giugno 2008

Ecône: Ordinazioni, 27 giugno 2008




I neretti sono nostri

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Così sia.

Eccellenze,  cari confratelli, cari ordinandi, miei carissimi fratelli,

quando si consideri qual è il pensiero della Santa Chiesa, sia nelle Sacre Scritture, specialmente in San Paolo, o nella Tradizione, che è come condensato nel Pontificale Romano, si constata che è vero: Monsignor Lefebvre, il nostro santo fondatore, è stato il servitore fidelis et prudens, fedele e prudente, e si potrebbe benissimo aggiungere: forte, valente, che non ha fatto altro che trasmetterci con fedeltà ciò che aveva ricevuto dalla Santa Chiesa, e cioè il vero Sacerdozio cattolico.

S. Ecc. Mons. Alfonso De Galarreta

E questo è vero a tal punto che per noi basta vivere ciò che ci ha trasmesso, vivere ciò che abbiamo ricevuto e, più esattamente, vivere ciò che siamo. La santità sacerdotale è molto semplicemente vivere ciò che siamo.

Io vorrei parlarvi quindi di questo insegnamento che abbiamo ricevuto, di questo Sacerdozio. Evidentemente non in maniera esaustiva, ma nei suoi elementi essenziali, in ciò che penso siano i suoi elementi essenziali.

Innanzi tutto, il prete al Sacerdozio è ordinato al Sacrificio, al Santo Sacrificio della Messa. Il sacerdote è innanzi tutto l’uomo di culto di Dio, l’uomo consacrato e costituito allo scopo di rendere il vero culto al solo vero Dio. Egli è costituito anche come mediatore, intermediario tra Dio e gli uomini per offrire preghiere e sacrifici. Egli è soprattutto ed essenzialmente l’uomo del Santo Sacrificio. Non v’è Sacerdozio, non v’è sacerdote senza il Santo Sacrificio della Messa.

L’Apostolo San Paolo nella Lettera agli Ebrei lo dice in maniera molto chiara: " Poiché ogni sacerdote preso tra gli uomini è costituito per gli uomini a riguardo del culto di Dio, affinché offra dei doni e dei sacrifici ", munera et sacrificia. E dopo aver mostrato che il sacerdote deve patire con i peccatori, e cioè deve avere dei sentimenti di compassione e di misericordia nei confronti dei peccatori, poiché egli stesso è rivestito di debolezza, l’Apostolo insiste: " È per questo che egli deve offrire sia per se stesso sia per il popolo dei sacrifici per i peccati ". E io penso che noi realizziamo tutto questo in tre modi. 
E cioè che dobbiamo fare della Santa Messa il centro, il cuore della nostra vita spirituale, della nostra vita sacerdotale, della nostra vita. È dalla Messa, dalla Santa Messa, dalla celebrazione della Santa Messa che dobbiamo attingere, trarre, tutte le grazie per la santificazione personale e per la santificazione dei fedeli. Questo significa che alla base della santificazione vi è la Santa Messa. È proprio questo che ci ha detto Mons. Lefebvre. 
In seguito, occorre che noi si compia il nostro dovere di mediatore con la preghiera. Vi è una mediazione del sacerdote per mezzo della preghiera, sia pubblica sia privata. Certo, la Liturgia, è chiaro, ma anche la vita di preghiera personale, privata. Il sacerdote è ordinato ad una mediazione tra Dio e gli uomini. In altre parole si tratta di una preghiera di domanda, di intercessione, di mediazione, di riparazione, di espiazione, e soprattutto di propiziazione. 
Nostro Signore stesso ha detto ai suoi Apostoli, nel Vangelo di San Giovanni: " Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga ". E Nostro Signore aggiunge: " perché tutto quello che chiederete al Padre Mio nel mio nome, ve lo conceda ".  Dunque, vi è quanto meno un ufficio di intermediazione per mezzo della preghiera. Potente ufficio, compito del sacerdote, simile a quello di Mosè, per esempio, nel Vecchio Testamento, quando ottenne il perdono del popolo con la sua preghiera. O quando ottenne la vittoria nella battaglia, nella misura in cui pregò per il popolo. Un potere simile a quello di Elia, di aprire o chiudere il cielo, le grazie del cielo. Ed è Nostro Signore stesso che ci ha dato l’esempio. Monsignor Lefebvre parlava di Nostro Signore come fosse sempre in preghiera. Egli è il modello della preghiera sacerdotale per eccellenza. E la preghiera sacerdotale per eccellenza è ancora la Santa Messa. È proprio questo dunque l’esempio che abbiamo ricevuto da Nostro Signore, è questa la meditazione. Allo scopo di rendere propizio Iddio, non solo per la Chiesa, per i Cristiani, ma per il mondo. Come dice San Giovanni Crisostomo, si è costituito per pregare per tutto il mondo.

Dunque è la Santa Messa e il Sacrificio della Messa che devono essere come il modello e la forma della preghiera sacerdotale. E noi realizziamo questo primo aspetto essenziale anche conformandoci a Nostro Signore Gesù Cristo sacerdote e vittima. È dunque richiesta una identificazione, una crescente conformità a Nostro Signore, nella nostra vita sacerdotale Imitamini quod tractatis ? dice il pontificale romano: imitate ciò che trattate. Imitate dunque Nostro Signore nella Santa Messa. 
Ora, Nostro Signore nella Santa Messa è il sacerdote. È l’oblazione. È il sacrificio. È la vittima. E allora vi è una duplice imitazione. Noi dobbiamo cercare di assomigliare ogni giorno di più a Nostro Signore Sacerdote. Quindi, nella Sua santità, nella ricerca che Egli ha fatto in tutto il tempo della Gloria di Dio. Tutto è ordinato alla Gloria del Padre. E anche nella Sua cura per la Salvezza delle ànime, nella Sua Misericorda. Santità, Gloria di Dio, Misericordia. 
Ma noi dobbiamo anche conformarci a Nostro Signore vittima, oblazione, sacrificio. 
Ora, il sacrificio implica sempre una distruzione. Esso è necessariamente una distruzione, una morte, misticamente parlando. Soprattutto alla Messa. Ed è soprattutto all’esempio della Messa che dobbiamo attingere questo spirito che è il vero spirito sacerdotale. E per dirla con parole semplici, è là che dobbiamo accettare le sofferenze con gioia, volentieri. Le avversità, le difficoltà, le incomprensioni, le miserie… La lista delle sventure dell’uomo è molto lunga. È dunque questo che bisogna assumere, accettare con rassegnazione di soffrire la Croce. Non si può evitare di sentire la Croce come una Croce. Diversamente non sarebbe più una Croce. In unione con Nostro Signore, viverla in Lui, per tutto il bene di cui abbiamo bisogno, e per i peccatori, e per la Santa Chiesa. Io penso che sia questo il culmine della vita sacerdotale, il fiore, o piuttosto il frutto.

Il secondo elemento essenziale al Sacerdozio: la predicazione della Verità. Nostro Signore Gesù Cristo è la verità stessa. " Io sono la verità ". Ed Egli è venuto in questo mondo per rendere testimonianza alla Verità. Come dice davanti a Cefa. E la Santa Chiesa cattolica è la colonna e il sostegno della Verità. Ne consegue dunque che compito essenziale del sacerdote è predicare la verità. Il sacerdote deve dunque prepararsi. Egli dev’essere o deve diventare capace di insegnare la Verità. E deve consacrarsi alla predicazione. Per San Paolo, essere Apostoli significa essenzialmente predicare, insegnare. Essere un dottore, un messaggero, un araldo che proclama sempre la parola di Dio. Sono le sue esatte parole. La Parola di Dio, la Parola della Verità, le parole sante di Nostro Signore Gesù Cristo. Le parole della Fede. La Santa Dottrina. Ed è l’esempio che ci ha dato proprio Nostro Signore. La Sua vita pubblica è una vita di predicazione, di insegnamento. Di rivelazione della Verità, proprio. Ed è anche il suo comandamento: " Andate e insegnate a tutte le creature ". Cioè a tutti gli uomini. Tutti gli uomini. E questa predicazione dev’essere fedele. Ciò che è richiesto dunque nell’esercizio dei propri doveri è avere la fedeltà. Ciò che si chiede al ministro è che sia fedele. Un ministro dev’essere fedele al suo ministero, a ciò che gli si chiede di trasmettere. Ed essere fedele significa prima di tutto predicare l’integrità della Dottrina. Predicare, insegnare questa dottrina in tutta la sua purezza. Dunque voi vedete: tutta la Fede, nient’altro che la Fede. Niente si può aggiungere, niente si può togliere.

E questa predicazione, integrale e pura, dev’essere necessariamente quella della Tradizione. 
Si deve predicare secondo l’insegnamento della Tradizione. Secondo la predicazione tradizionale, che è il criterio e la norma della Fede. Il primo e il principale criterio della Fede. 
È così che lo chiama San Paolo. " Noi non siamo come molti che snaturano, che adulterano la Parola di Dio. Ma è in tutta purezza, come da parte di Dio, come davanti a Dio, in Cristo, che parliamo ". 
Si chiede giustamente di non adulterare la Fede. Ed egli consiglia a Timoteo: " Abbi come modello le sante parole che hai ascoltato da me nella Fede e nella Carità di Cristo ". L’insegnamento puro, perfetto. E aggiunge: " Conserva il prezioso deposito della Fede, per mezzo dello Spirito Santo, che abita in noi ". Quindi il sacerdote riceve lo Spirito Santo, specialmente nel Sacerdozio, al fine di conservare questo insegnamento, questa Tradizione, al fine di insegnarla, di predicarla. Sono questi i criteri della cattolicità. Ricordatevi le parole di San Paolo nella Lettera ai Galati: " Se anche noi stessi o un angelo del cielo", quindi chiunque sia, un sacerdote, un vescovo o un cardinale o un papa " vi predicasse un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, che avete ricevuto, sia anàtema ". Il criterio della Fede cattolica e della predicazione del sacerdote è la Tradizione. La conformità con la Tradizione della Chiesa cattolica. E noi facciamo sempre appello a questo. È questo che fa la nostra forza. Noi non facciamo un magistero " al di sopra del magistero del Papa". Noi facciamo appello al magistero del Papa e all’insegnamento costante, alla Tradizione della Chiesa cattolica, che è al di sopra di noi e al di sopra del Papa.

In seguito, il sacerdote deve predicare e insegnare con autorità. Con forza ? qualità essenziale della predicazione. Evidentemente, questo non significa con violenza, con aggressività. Significa: " forza". Essere forte. San Tommaso dice proprio che il sacerdote deve predicare e insegnare con autorità perché è lo strumento, il ministro di Dio. Dunque egli ha l’autorità, è rivestito dell’autorità di Dio per questo ufficio. Allora, egli, non solo deve insegnare la Dottrina, non solo deve esortare i fedeli ? esortarli al Bene, alla pratica del Bene -, ma deve anche correggere gli errori e le deviazioni. Sia denunciando il Male, sia rimproverando i colpevoli. E se è una questione di Fede, una questione dottrinale, egli è obbligato a produrre una solida confutazione. E San Paolo dice: " … capace di convincere o confondere i contraddittori ". Convincere o far tacere i contraddittori.  A Tito dice: " Di’ queste cose, esorta e riprendi con tutta la tua autorità ". E gli dice anche: " …il sacerdote dev’essere fortemente attaccato alle parole autentiche, come sono state insegnate, tale da essere capace di insegnare la Santa Dottrina e di confondere i contraddittori della Fede". Queste sono le parole di San Paolo a Tito.
Dunque, attiene a quest’obbligo predicare per difendere i fedeli da ogni contaminazione dottrinale. Il sacerdote deve lottare contro gli errori e contro i falsi dottori. Contro le eresie e contro gli eretici. Perché è il guardiano delle verità di Fede, per prima cosa. Ma è anche il guardiano del Bene delle ànime. Di cui il primo è giustamente questa Verità in loro, la Fede cattolica. San Paolo è molto esplicito a questo proposito. 
Ricordatevi: " Ti scongiuro ", dice a Timoteo, " davanti a Dio e a Nostro Signore Gesù Cristo: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, esorta, convinci, rimprovera, con ogni magnanimità e dottrina". Il che non significa con pazienza. Certo, ci vuole pazienza con i fedeli o con i colpevoli, per correggerli. Ma egli qui non ne parla, dice che bisogna farlo con pazienza perché è difficile, è una sofferenza, è un combattimento. Ed egli annuncia ? ed è il testamento spirituale di San Paolo ? egli ricorda che verranno tempi in cui gli stessi Cattolici si allontaneranno dalla Verità e volgeranno le loro orecchie alle favole. È su questo allora che il sacerdote deve vigilare. "Sopporta la sofferenza. Adempi il tuo ministero. Fai opera da evangelista ". Dunque è proprio un dovere questa salvaguardia della Fede e delle ànime. E si devono denunciare gli errori, le eresie, ma anche i fautori degli errori e delle eresie. E questo, evidentemente, suppone la forza. Nella misura in cui la battaglia, la crisi, durano, sono soprattutto la nostra pazienza e la nostra forza ad essere messe alla prova. È per questo che San Paolo dice a Timoteo: " E tu, uomo di Dio, combatti la buona battaglia della Fede ". E per San Paolo si tratta di una buona battaglia, non di una cattiva battaglia. Ma allora bisogna battersi, bisogna lottare. E per questo è necessario che noi si sia forti nella Fede. E San Paolo ricorda a Timoteo che con l’imposizione delle mani noi non abbiamo ricevuto uno spirito di timidezza, e cioè di timore, ma uno spirito di forza, di carità e di saggezza. Egli dice prima di tutto " di forza ".

Il terzo elemento essenziale è che il Sacerdozio è interamente ordinato a Nostro Signore Gesù Cristo. Interamente ordinato a far regnare Nostro Signore. " Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che è stato posto, che è Gesù Cristo". Ancora parole di San Paolo. 
In altri termini, non si può cercare di costruire l’edificio mistico che è la Chiesa cattolica al di là del solo fondamento che è Nostro Signore Gesù Cristo.  Colui che costruisce su un diverso fondamento, costruisce un edificio puramente umano. E, come vediamo oggi, umanista. Dunque per prima cosa, il sacerdote nel suo Sacerdozio, in tutta la sua vita, nel suo apostolato, deve fondare tutto su Nostro Signore Gesù Cristo in quanto base. 
Ma, al tempo stesso, Nostro Signore dev’essere il fine di tutti i suoi sforzi. Poiché noi siamo costituiti allo scopo di omniainstaurare in Christo ? instaurare tutto in Cristo.
Instaurare tutto, restaurare tutto, riunire tutto ? come dice il greco ? in Nostro Signore Gesù Cristo. Quindi il fine dell’apostolato, il fine del Sacerdozio, il fine della Santa Chiesa, è Nostro Signore Gesù Cristo. È di fondare tutto su Nostro Signore Gesù Cristo. Ispirare tutto a Nostro Signore. Il sacerdote non può avere altro desiderio, altra volontà, che quella di consacrare la sua vita, tutta la sua vita, tutti i suoi sforzi, tutto il suo lavoro per far sì che Nostro Signore Gesù Cristo sia tutto, in tutto e in tutti. Voglio dirlo un po’ come Sant’Agostino: Nostro Signore dev’essere tutto in tutto e in tutti. Ma dev’essere tutto Nostro Signore: la Sua dottrina, il Suo Sacerdozio, la Sua grazia, il Suo sacrificio, la sua Regalità, la Sua Chiesa, la Sua Santissima Madre. Tutto Nostro Signore. 
Poi dev’essere Nostro Signore per tutti. Per tutti. Giustamente, non v’è salvezza al di fuori di Nostro Signore. Non v’è altro nome per il quale possiamo salvarci. E dunque si tratta di un dono, e al tempo stesso di un’esigenza. Dunque, Nostro Signore per tutti. Non solo per i Cattolici o per gli altri che praticano bene il loro culto. Ebbene, no! Nostro Signore è per tutti. 
Poi occorre ordinare tutto a Nostro Signore. Tutto per Nostro Signore. San Paolo è chiaro: " Tutto è per voi, voi siete per Cristo e Cristo è per Dio". Ecco la volontà di Dio, del Padre. Che tutto sia ricondotto a Dio, al Padre stesso per Nostro Signore Gesù Cristo.

E noi sacerdoti non facciamo che cooperare a riunire tutto in Cristo. Ed è per questo che Monsignor Lefebvre riassumeva spesso la nostra posizione con queste parole di San Paolo: " Opportet illum regnare ". Bisogna che Egli regni. Sì, bisogna che regni. Bisogna che Nostro Signore regni. E il sacerdozio è un’opera di cristianizzazione. Gli offici sono totalmente ordinati a cristianizzare e a stabilire il regno di Nostro Signore in tutta la sua estensione. Su tutti gli individui, come su tutte le istituzioni e le società. Sugli uni e sulle altre. Evidentemente, " in quantum possumus ": nella misura in cui oggi possiamo. Ma in definitiva noi siamo per questa regalità, sia nei confronti degli individui che delle società. Noi lavoriamo per questo. E noi siamo per la confessionalità dello Stato, che ne è una conseguenza. Noi siamo per la regalità sociale di Nostro Signore, e dunque per la confessionalità dello Stato. E non si tratta di una questione semplicemente politica; non è una questione di possibilismo: è possibile o no? In definitiva è una questione di Fede! " Opportet illum regnare ". San Gregorio Magno diceva già: Vi sono degli eretici che negano la divinità di nostro Signore, altri che negano l’umanità di Nostro Signore, e altri eretici che negano la regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. Degli eretici.

Allora, voi vedete, miei carissimi fratelli, come questa semplice descrizione del Sacerdozio e i suoi elementi essenziali, metta in evidenza quanto Monsignor Lefebvre sia stato fedele nel trasmetterci il vero Sacerdozio cattolico. E questo mette anche in evidenza la deriva alla quale assistiamo nelle autorità ecclesiastiche della Chiesa. Poiché vi è una opposizione radicale nei confronti di tutto ciò che ho detto qui. E questo lo constatiamo anche oggi. Prendete, per esempio, il viaggio del Santo Padre negli Stati Uniti. È un esempio, per così dire, tipico. Che è sempre soggiacente. Dunque si applica a diversi gradi, secondo le persone e secondo le circostanze. Noi non diciamo che egli predica solo l’errore, che egli predica sempre l’errore. Non diciamo questo. Ma se si colgono i principi soggiacenti, noi troviamo giustamente questo spirito naturalista. Naturalista. Umanista. Che non è esattamente soprannaturale. Ma piuttosto umano. Una visione umana, in cui l’uomo è il centro un po’ di tutto. È una predicazione che favorisce la libertà di coscienza e la libertà religiosa. E giustamente questo è il contrario della cristianizzazione. Ricondurre tutto a Cristo. Ebbene, no. Tutto è indipendente. L’uomo è autonomo. Sia nella sua coscienza, sia nella sua vita sociale, nella società. Sì, essi fanno un’opera di scristianizzazione. Diametralmente opposta a queste regole di Nostro Signore Gesù Cristo. Che lo vogliano o no. Perché? Perché essi aderiscono a dei principi liberali modernisti. Denunciati dalla Chiesa da due secoli. Hanno solo da leggere le encicliche dei Papi precedenti.
Poi non si predica più la Verità. Si è in cerca della verità. E allora, il principale mezzo di apostolato è il dialogo. Cos’ha a che vedere con la vocazione del sacerdote? Che deve predicare, e predicare la Verità. Insegnare. E secondo la Tradizione. E vediamo come ciò che è veramente una cattedra di Verità, di Saggezza, divenga, nei migliore dei casi, una cattedra di confusione. E nel peggiore dei casi una cattedra di terrore. È terribile. È a questo che assistiamo. Il Sacrificio della Messa è assolutamente sminuito, sfumato, oscurato. Al punto che diviene perfino un ostacolo per la Fede, per la Grazia di Nostro Signore. Per il vero spirito cattolico e cristiano che è fondato sulla Croce e sul Sacrificio della Croce. È terribile. La Scrittura dice, parlando dei figli di Elia: " I loro peccati erano molto gravi, poiché allontanavano gli uomini dal sacrificio". I loro peccati erano gravi e sono stati condannati da Dio. E Sono morti a causa di ciò.
 
 
E questo, in ogni caso, dimostra l’importanza e la necessità delle consacrazioni. Poiché se noi abbiamo compiuto quest’atto delle consacrazioni, è giustamente per la sopravvivenza del Sacerdozio cattolico. Dunque oggi noi rivendichiamo le consacrazioni. Noi rivendichiamo quest’atto. Ma non come se fosse una sorta di ribellione contro l’autorità, o contro l’autorità del Papa. Vale a dire che non rivendichiamo quest’atto nella sua apparente disobbedienza. Al contrario, lo rivendichiamo nella sua reale resistenza. Nella misura in cui abbiamo compiuto quest’atto semplicemente allo scopo di salvaguardare il Sacerdozio cattolico. E chi dice salvaguardare il Sacerdozio, dice salvaguardare la Fede cattolica. E la Chiesa cattolica.
E dunque noi rivendichiamo la figura di Sua Eccellenza Monsignor Marcel Lefebvre. È in questo contesto che la sua figura emerge, con la mole di un gigante. Poiché Monsignore è stato, quanto meno, il principale salvatore della Tradizione. E spesso ci si dice: " Siete lefebvriani ". E noi diciamo sempre: " Non siamo lefebvriani, siamo Cattolici ". 

Ecône: Consacrazioni episcopali: 30 giugno 1988

Da sinistra a destra: S. Ecc. Mons. De Castro Mayer 
S. Ecc. Mons. Marcel Lefebvre 
S. Ecc. Mons. Bernard Tissier De Mallerais 
S. Ecc. Mons. Richard Williamson
S. Ecc. Mons. Alfonso De Galarreta
S. Ecc. Mons. Bernard Fellay

Ma io sottolineo anche che noi siamo discepoli di Monsignor Lefebvre, e ne siamo molto fieri. Poiché non bisogna sempre entrare nella logica, nella semantica dei nemici. Certo, " Lefebvriani " è dispregiativo. Vuol dire che saremmo Cattolici perché lefebvriani. Ebbene, no. È perché siamo Cattolici, e Mons. Marcel Lefebvre era molto cattolico, che noi siamo discepoli di Monsignor Marcel Lefebvre. 
E al contrario, oggi la gente crede perché obbedisce. Non obbediscono perché credono. Questo non significa avere la Fede soprannaturale, significa avere l’obbedienza. 
Voi siete Cattolici se obbedite. Non se credete. Ora,  l’obbedienza è una conseguenza della Fede. Quindi, se noi abbiamo seguito quest’uomo, salvatore della Tradizione, è perché egli era veramente Cattolico. Ma, detto questo, precisato questo, noi rivendichiamo la sua figura.  Siamo ben felici di aver condiviso questa battaglia. E saremo ben felici di continuare ancora questa battaglia.  E di condividere le sofferenze, le pene, le avversità e, se volete, le dichiarazioni e perfino le condanne che egli ha patito. Noi non ci vergogniamo del Vangelo di Nostro Signore. Noi non ci vergogniamo di Nostro Signore Gesù Cristo. Non ci vergogniamo della Fede cattolica di sempre. Non ci vergogniamo della Chiesa cattolica di sempre. E quindi non arrossiamo per Monsignor Marcel Lefebvre.

E questo mi porta a parlarvi molto rapidamente della situazione attuale. Avete forse inteso dire, qua e là, che abbiamo ricevuto un ultimatum da parte di Roma. Da parte del Card. Castrillon. Io penso che è troppo parlare di "ultimatum". È eccessivo. Vi è evidentemente una volontà di sospingerci, di intimorirci un po’. Di farci un po’ di pressione. Di pressarci, in direzione di un accordo puramente pratico, che è stata sempre l’intenzione di Sua Eminenza. E allora, evidentemente voi conoscete già il nostro pensiero. Questa strada è una strada morta. E perché per noi si tratta della via della morte. Quindi non è il caso di seguirla. Non possiamo impegnarci a tradire la confessione pubblica della Fede. Non se ne parla. È impossibile. E non vogliamo, dal momento che vogliamo conservare la Tradizione, sfidare l’edificio mistico che è la Chiesa e imbarcarci in un’impresa di demolizione. Impossibile. 
Riflettete su tutto quello che abbiamo detto. È impossibile.
Allora, evidentemente, la nostra risposta va piuttosto in direzione di ciò che abbiamo già chiesto. Di ciò che chiediamo da lungo tempo, le tappe con i preamboli. Che eventualmente sfoceranno in una discussione, in un confronto. Teologico. Più che teologico, meglio, dottrinale. Più che dottrinale, del magistero, E più che del magistero, della Fede. E questa è la sola via che siamo pronti ad accettare. La sola via che chiediamo. Evidentemente la risposta della Fraternità va in questa direzione. E andrà in questa direzione.

Che ci prepara dunque il prossimo avvenire? Io non lo so. Io penso che è più probabile che questo porti ad una pausa, ad una stagnazione dei nostri contatti con Roma. Meno probabilmente ad una nuova dichiarazione contro di noi. E ancora meno probabilmente al ritiro del decreto di scomunica e quindi ad una discussione sulla Fede cattolica. Discussione per modo di dire, evidentemente.
Ecco. Ve li ho proposti in ordine decrescente. Secondo me. È una mia congettura, che faccio a mie spese.

Per finire, cari ordinandi e cari confratelli, vi ricordo le parole di Nostro Signore prima di salire al Cielo, le quali mi sembra che contengano dei passi belli, così belli da contenere la quintessenza del Vangelo: " Mi è stato dato ogni potere in Cielo e sulla terra ". È il Cristo Re, Universale, che parla. Il Maestro della Storia e della Chiesa. " Mi è stato dato ogni potere in Cielo e sulla terra ". " Andate, dunque, e ammaestrate tutti gli uomini, tutte le nazioni ". E questo è il Cristo Sacerdote, Dottore, Dottore della Verità. È il Cristo Verità che ce lo dice: " battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ". È il Cristo Vita. È il Cristo Sacerdote che comunica la grazia. Che ci dà quest’ordine di convertirli, di dar loro la grazia. " insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato ". " Tutto ciò che vi ho comandato ". Assolutamente tutto. Ed è il Cristo Legislatore, che stabilisce la loro stessa morale, che ci chiede di insegnare questo. Coloro che crederanno e si faranno battezzare si salveranno. E coloro che non crederanno si condanneranno, saranno condannati. È il Cristo Giudice e Remuneratore che ce lo annuncia. " Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla consumazione dei secoli ". È il Cristo Salvatore, Redentore, il Cristo Capo della Chiesa. È il Sacro Cuore di Gesù che ci annuncia il Suo aiuto, nella Sua Onnipotenza e nella Sua Misericordia. Allora, non abbiamo niente da temere. Lo ha detto Lui stesso agli Apostoli: " Non temete, io ho vinto il mondo ". E Nostro Signore non parla solo del mondo mondano. Il contesto dimostra proprio che in " io ho vinto il mondo", Nostro Signore include le autorità ecclesiastiche dell’epoca, poiché poco prima parlava dei Farisei e dei Sadducei. In altre parole, Nostro Signore ha vinto tutti i suoi nemici.  Noi, noi siamo al servizio di questo così potente Signore, Re dei Re, Signore dei Signori. Quindi non abbiamo nulla da temere. La Provvidenza ci darà per l’avvenire ciò che ci spetta. Come sempre. Talvolta la sofferenza, talvolta la prova, una bonaccia, una piccola battaglia vinta. Noi non conosciamo l’avvenire. Non sappiamo dove porta la storia del mondo, né la stessa Chiesa e il mondo. A cosa ci prepara Iddio? Non lo sappiamo. Ma che si tratti della sofferenza, della battaglia, della gioia, della vittoria, siamo sempre rassicurati. Poiché la nostra Speranza è ben fondata in Dio, nella Sua Provvidenza e in Nostro Signore Gesù Cristo.

Ed è per questo che oggi preghiamo anche la Santissima Vergine Maria, e in particolare l’Immacolata, la Purissima. Poiché è Lei la strada per giungere a Nostro Signore Gesù Cristo, è Lei il cammino assicurato per giungere a Cristo, per vivere della Vita di Cristo. Ma è anche l’Immacolata che ha ricevuto le promesse della Vittoria. Ipsa conteret. La Vittoria è già iniziata, per Maria. La vittoria finale verrà anche per la mediazione dell’Immacolata. Per il trionfo del Cuore Immacolato e doloroso di Maria.

Abbiamo quindi questa fiducia e siamo coraggiosi nel nostro Sacerdozio, nel nostro ministero e nel compimento, ogni giorno migliore, delle esigenze del nostro Sacerdozio Cattolico.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Così sia.

+Alfonso de Galarreta, Ecône,  27 giugno 2008

Ecône: Ordinazioni, 27 giugno 2008




luglio  2008

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