<>Intervista di Famille Chretienne
 a
don Alain Lorans
Portavoce della Fraternità San Pio X

a proposito del “preambolo dottrinale”

20 settembre 2011



Pubblicata sul sito di Famille Chretienne

Per la Fraternità San Pio X il margine di interpretazione del Concilio
è «la» questione

Andiamo verso la fine di uno scisma, la riconciliazione tra gli eredi di Mons. Lefebvre e Roma? Oggi sembra che la palla sia nel campo della Fraternità San Pio X. Il suo Superiore, Mons. Fellay, accetterà il preambolo dottrinale consegnato dal Card. Levada il 14 settembre? E se lo farà, la Fraternità lo seguirà? Le risposte del suo portavoce Don Lorans, che l’accompagnava a Roma.


È un momento storico o si tratta di una semplice ripresa?
È piuttosto una tappa. Dopo i preliminari proposti da Mons. Fellay al Santo Padre sulla Messa tradizionale, le sanzioni canoniche contro i vescovi della Fraternità e i colloqui dottrinali sul Concilio Vaticano II, era normale considerare le prospettive per l’avvenire. È ciò che è stato fatto il 14 settembre.
Si può segnalare la grande franchezza dei teologi della Fraternità, i quali nel corso di questi colloqui hanno esposto senza remore le difficoltà dottrinali che sollevano certi testi del Concilio. Questa franchezza non ha impedito una nuova tappa. Chiaramente, Roma conosce assai esattamente le nostre posizioni ed è con questa esatta conoscenza che il Card. Levada ha presentato a Mons. Fellay questo preambolo dottrinale.

La Fraternità seguirà Mons. Fellay, se egli darà il suo assenso a questo preambolo?
Un accordo con Roma risolverebbe la situazione canonica della Fraternità San Pio X. Ma non è tanto questo che è importante, quanto rendere alla Tradizione – spesso criticata, cioè perseguitata da più di 40 anni – il suo diritto di cittadinanza nella Chiesa. Cosa che è incominciata con il Motu Proprio Summorum Pontificum che ha dichiarato che la Messa tradizionale non era mai stata abrogata. Se dopo lo studio attento che Roma gli chiede, Mons. Fellay potrà dare il suo assenso, la Fraternità sarà certamente favorevole.

Qual è il margine legittimo del dibattito sui testi del Vaticano II?
Questa è «la» questione!
Dal momento che il preambolo dottrinale rimane riservato, io non posso aggiungere niente a quanto detto nel comunicato ufficiale: «lasciando nel medesimo tempo alla legittima discussione lo studio e la spiegazione teologica di singole espressioni o formulazioni presenti nei documenti del Concilio Vaticano II e del Magistero successivo».
Certuni ritengono che i punti del Concilio che presentano le difficoltà potrebbero essere discussi senza che questo metta in problematica l’appartenenza alla Chiesa. Cosa che equivale a riconoscere che questi testi controversi non esigono l’adesione richiesta per i dogmi.
Altri insistono sul fatto che questo preambolo dottrinale – che ricordiamo, non è pubblico – esigerebbe il rispetto in blocco del Concilio, della sua autenticità e della legittimità del suo insegnamento. Per costoro, riprendendo i termini della sua domanda, la semplice possibilità di una discussione sul Vaticano II appare «un po’ troppo».
Quello che si può constatare è una differenza tra il comunicato del 14 settembre 2011 e la nota redatta della Segreteria di Stato il 4 febbraio 2009, che diceva: «Per un futuro riconoscimento della Fraternità San Pio X è condizione indispensabile il pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI».
Tra queste dichiarazioni vi sono due anni di discussioni teologiche che secondo Mons. Fellay «hanno permesso di approfondire e di chiarire i problemi dottrinali».
Vi è stata evoluzione da parte di Roma tra il 2009 e il 2011?
Vi ha contribuito l’esposizione fatta dai teologi della Fraternità?
Lascio a Lei la risposta.



 

settembre  2011

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