NUOVI PRETI DELLA NUOVA CHIESA

Le confusioni di don Stefano Giaquinto

parroco della parrocchia Santa Maria della Vittoria

a Casagiove (Caserta), diocesi di Capua




Dalla notizia vecchia alla notizia nuova: di bene in meglio!


La notizia vecchia

La notiza non è recente, risale al 29 marzo del 2003, ed è stata pubblicata da Lo Spettro (http://www.lospettro.it/pagina689.htm), insieme alla foto. Tuttavia essa è pur sempre di attualità vista la sostanza dell'iniziativa.

Come si vede nella foto, davanti alla chiesa parrocchiale, vi è una croce poggiata su un piedistallo.
Il parroco, che è un “pacifista” super impegnato (da non confondere con i “pacifici” del discorso delle beatitudini), ha pensato bene di appendere alla croce un bel cartellone del tutto “profano”, su cui è riportato l'art. 11 (quello del “ripudio” della guerra) della Costituzione della Repubblica Italiana, la quale, se non andiamo errati, non ha nulla a che vedere con la Chiesa, con i parroci e con la pastorale. Sul cartellone, il prete, mette in risalto il fatto che tale art. 11 sarebbe stato “TRADITO”, dall'Italia, per essersi lasciata coinvolgere in una guerra.

Ovviamente, non è certo l'aspetto politico sostanziato dagli atti di questo prete che ci interessa,, tanto che da questo punto di vista non ci troviamo niente di eccezionale. Infatti, non si contano più i preti che fanno il tifo accanito per questo o per quello (magari più per quello che per questo), scambiando il Vangelo con la retorica e la demagogia; ed oggi, che va di moda “la pace”, tanti preti pensano che non ci sia meglio da fare che darsi all'impegno pacifista. 
Il guaio è che continuano a scambiare la loro ordinazione per una sorta di investitura nel sociale e nell'assistenziale, così da scambiare l'altare con la piazza.
Si legge nella presentazione dell'articolo che: “Don Stefano oramai insieme al sacramento espone sull’altare anche la bandiera della pace e un cartello: 'Cessate il fuoco'.

Ma, ironia della sorte, il povero don Stefano, dopo anni di permanenza in questa parrocchia, non si è ancora accorto che la “sua” chiesa, quella ove espone in maniera blasfema la bandiera arcobaleno del New Age, è intitolata a Santa Maria della Vittoria.
Bisogna davvero essere molto, ma molto distratti, molto, ma molto poco preti, per non accorgersi che il titolo della sua chiesa è un formidabile inno alla clamorosa vittoria di Lepanto che la flotta cristiana conseguì contro la flotta turca, il 7 ottobre del 1571.
E bisogna essere davvero alquanto confusi, per non accorgersi che ogni anno, il 7 di ottobre, tutti i parroci della Chiesa Cattolica dicono Messa in onore della Beata Maria Vergine del Rosario, mentre lo stesso don Stefano dice Messa in onore della Madonna della Vittoria, titoli, questi, con i quali si indica la Madonna come protettrice della flotta cristiana e come propiziatrice della vittoria di  Lepanto.

Povero don Stefano: vuoi vedere che non conosce neanche il significato del titolo che porta la sua chiesa?

Ma, in effetti, sembra proprio che don Stefano non sia neanche andato in seminario, almeno da come parla, o, se c'è stato, si sarà trattato di uno dei seminari peggiori.
Sentite un po' come parla di Nostro Signore, che dovrebbe poi essere il suo “Principale”.
« Ma i simboli della speranza sono là,  don Stefano indica un alberello di ulivo ai piedi del tabernacolo, Lì c’è la verità, quel giovane morto a trentatré anni dopo aver fatto vedere come si fa a essere uomini»
Più confuso di così! Più irriverente di così! 
Più blasfemo di così! Più acristiano di così!
 

La coerenza nella confusione.
La notizia nuova

In occasione della festa della canzone italiana di San Remo 2006, don Stefano, amico dei cantanti “I Nomadi”, ha organizzato, con i fedeli, una campagna di sostegno a favore del gruppo canoro.

Come riporta l'agenzia Caserta 24 ore (http://www.caserta24ore.it/news/
articolo.asp?id=10560&TT=Attualità)
don Stefano non riesce a contenere il suo entusiamo: « Quest'anno al Festival di San Remo ci saranno anche i Nomadi e come osava dire il mitico Augusto: 'Ci saremo.'. La storia dei Nomadi è nel cuore di tutti, giovani e meno giovani, da oltre quaranta anni. Questo gruppo è in giro per il mondo per denunciare le ingiustizie e per schierarsi apertamente in difesa degli ultimi. »

Noi dobbiamo confessare che non sappiamo chi sia il mitico Augusto (magari si tratta di un altro amico di don Stefano) ***, ma se fosse quello che sospettiamo c'è da credere che questo prete, invece di “pascere le pecorelle” a lui affidate faccia opera di annientamento delle anime dei fedeli della sua parrocchia. 

Viene spontaneo chiedersi: ma chi ha ordinato questo prete ?  Chi lo mantiene in quel posto in maniera incontrollata ?  Chi permette che questo simpatico signore continui a far finta di fare il prete, prendendosi beffe della Chiesa, della Religione e di Nostro Signore ?

La croce col manifesto di protesta.
In primo piano don Stefano Giaquinto 
in abiti rigorosamente borghesi.
Lui è un pacifista e la divisa non la porterà mai!



 
 
 
 

A favore degli smemorati
e
in soccorso degli ignoranti

La battaglia di Lepanto si svolse il 7 ottobre del 1571, per cercare di fermare l'invasione dei Turchi Ottomani.

Sollecitata da San Pio V per preservare la civiltà cristiana, essa vide schierata la “Lega Santa” al comando di don Giovanni d'Austria, contro le forze turche al comando di Mehmet Alì Pascià

Scesero in campo
per conto della “Lega Santa”:

209 galere, 30 navi da carico, 6 “galeazze”, 15.000 marinai, 30.000 rematori e 33.000 fanti, con 1815 cannoni
per conto dei Turchi Ottomani:
219 galere, 60 navi più piccole, 20.000 marinai, 25.000 rematori (di cui 14.000 Cristiani in catene) e 34.000 fanti, con 750 cannoni
Nel tardo pomeriggio, grazie a Dio e all'assistenza della Santa Vergine Maria, che tutti i Cristiani pregavano ininterrottamente per il buon esito della battaglia navale, questa si risolse con la disfatta dei Turchi.

La “Lega Santa” lasciò in mare 12.000 uomini e  15 navi. I Turchi 35.000 uomini e 107 navi.

Altro che pacifismo!


 
Il Segretario di Stato di San Pio V, il Cardinale Rusticucci, ricorderà poi che il pomeriggio del 7 ottobre, mentre col Papa e altri prelati esaminavano dei conti, senza un preciso motivo il Pontefice si alzò di scatto, si avvicinò ad una finestra e rimase fisso a guardare a Oriente. Trasfigurato in volto, ritornò poi verso gli altri annunciando che la battaglia era vinta ed intimando che non ci si occupasse più di conti, ma si andasse in chiesa a cantare il Te Deum.

Il messo che portava la notizia della vittoria giunse a Roma tre giorni dopo, e solo allora si sciolsero le campane a stormo.


 

Allegoria della battaglia di Lepanto
in un dipinto di Paolo Veronese.
La Santa Vergine accoglie le preghiere dei combattenti cristiani.

***
Dopo la pubblicazione di questo articolo, alcuni gentili amici (che ringraziamo per la collaborazione) ci hanno fatto notare che, sulla base della devozione che questo prete professa nei confronti de “I Nomadi”,  il “mitico Augusto” dovrebbe essere tale Augusto Daolio, uno dei due fondatori del gruppo nel 1963, scomparso nel 1992 dopo breve malattia.
E così è venuta fuori anche una cosa curiosa. 
Il tanto devoto don Stefano sembra confondersi anche nei confronti del gruppo canterino che lo appassiona. Ci dicono che il “mitico Augusto” non ha mai cantato “noi ci saremo”, bensì “noi non ci saremo”. Che sarebbe il titolo stesso di una vecchia canzone a carattere pacifistico-apocalittico, nelle cui cinque strofe il “noi non ci saremo” è ripetuto ben 11 volte.
Intendiamoci. La cosa non è poi così importante, ma ci sembra giusto che si dia ad ognuno il suo.
 



febbraio 2006



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