NUOVI PRETI DELLA NUOVA CHIESA
 

INCULTURAZIONE
O
DISTRUZIONE  DELLA  FEDE ?

Presentiamo in questa pagina alcune immagini relative
a dei gruppi cattolici composti da nativi americani, riuniti nella Tekakwitha Conference.
Pur facendo parte della Chiesa Cattolica di Rito Romano,
costoro hanno licenza di usare una liturgia diversa da quella romana.

Si tratterrebe del moderno lavoro di “inculturazione della fede”.

Eccone i risultati.

Le foto che seguono non illustrano uno dei tanti casi di “abusi liturgici” che ormai tutti condannano perché è diventato di moda, qui si tratta invece di qualcosa che corrisponde alla volontà della Santa Sede,
come dimostra la presenza attiva del Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, S. Em.za Rev.ma il Cardinale Francis Arinze.


Questi gruppi nascono nel 1977 con lo scopo dichiarato di costituire delle comunità con una propria forma di culto, in cui fossero presenti elementi degli ormai scomparsi culti indigeni. 

Nel 1980 ricevono un avallo particolare dalla Santa Sede con la beatificazione di Kateri Tekakwitha, originaria di Kahnawake, nel Quebec (qui a fianco in una raffigurazione ideale con l'abbigliamento indigeno). 

Da allora si costituisce la Tekakwitha Conferenceche stabilisce il suo centro nazionale a Great Falls nel Montana.

Nel 1987 Giovanni Paolo II si reca in visita in uno dei centri, a Phoenix, Arizona.

Dal 1998 si tengono dei raduni annuali in varie città dell'America del Nord, da Spokane (Washington) a Tucson (Arizona), quest'anno il raduno si terrà nella diocesi di Seattle (Washington).

I gruppi appartengono alle diverse “nazioni” un tempo presenti in tutta l'America del Nord e il Canada. 
Si sa che tali gruppi sono stati ridotti a quasi niente, anche col concorso del massacro sistematico delle popolazioni indigene attuato dai vari “pionieri europei”.

Vero è che tra il 1500 e il 1700 la popolazione indigena si ridusse di circa il 90 per cento a causa delle malattie, delle epidemie, delle carestie e delle guerre, ma è altrettanto vero che i coloni nordamericani, con l'avallo dei vari governi statali e confederali,  attuarono una sistematica eliminazione diretta e indiretta del maggior numero possibile di individui.

Non bisogna dimenticare che nel Nord America, lo “spirito” che ha sempre animato la volenterosa edificazione del “nuovo mondo”, fin dall'arrivo dei famosi “padri pellegrini” (la Mayflower salpò da Plymouth nel 1620), è lo “spirito protestante”, di cui i “padri pellegrini” si consideravano come i più osservanti (puritani).
Tale spirito impregna ancora oggi la cultura nordamericana, e se ne può avere una riprova nell'importanza che continua a mantenere il famoso “giorno del ringraziamento” (Thanksgiving Day), inaugurato dai “padri pellegrini” nel lontano 1621 per ringraziare il Signore del primo buon raccolto ottenuto.

Diventa inevitabile ricordare che ben altro fu lo spirito che animò i pionieri che colonizzarono Il Sud America.
Mentre nell'America del Nord gli indigeni vennero considerati poco più che degli animali, così che nessuno si preoccupò mai di battezzarne alcuno; 

Kateri Tekakwitha, beatificata nel 1980
 

Il card. Arinze viene benedetto da una capo indigeno
che usa delle penne d'aquila per una sorta di aspersione

nell'America del Sud, i coloni cattolici spagnoli e portoghesi, stimolati dall'insegnamento della Chiesa Cattolica, giunsero fino alla pratica dei matrimoni misti, tanto comuni che ancora oggi è facilmente riscontrabile un diffuso meticciato.
Di fatto, gli unici indigeni nordamericani che oggi possono vantare di avere degli antenati battezzati sono quelli che provengono o ancora risiedono nelle zone a ridosso del Messico, un tempo colonie spagnole e ancora oggi designate con nomi spagnoli (dalla California alla Florida).

Oggi invece, nella Chiesa moderna, va di moda il “meticciato religioso”, altrimenti detto “inculturazione della fede”, per di più con una variante peggiorativa: la prevalenza degli aspetti cultuali pagani.
Intediamoci, qui non si vuole negare alcuna “buona fede”, ma di contro nessuno può negare che la prevalenza delle forme indigene finisce solo per realizzare una catechesi che porta inevitabilmente ad una “cattiva Fede”, e cioè ad un culto e ad una religione dove di cristiano vi sono solo elementi residuali, mentre il sentimentalismo e il folklorismo la fanno da padroni.
 
 

Questa dovrebbe essere una chiesa cattolica, nel momento in cui si celebra la S. Messa.
Il fondale del presbiterio è costituito da coperte trapunte che riproducono delle stelle.
Ai piedi della pedana del presbiterio vi sono dei vasi di piante officinali.
Sui paramenti liturgici prevalgono i motivi ornamentali che si vedono anche
sulle tovaglie d'altare e sui due banchetti davanti al presbiterio.
Vero è che si scorge anche una croce, ma sfidiamo chiunque a dimostrare che non si tratti di un accessorio.
 

In quest'altra celebrazione liturgica si vedono meglio i motivi ornamentali (sacri ?!) presenti in questi locali
che a tutto assomigliano tranne che alla casa del Signore.
La tovaglia d’altare è una coperta indigena, dove è scomparsa perfino la croce.
Sullo sfondo si vede un dipinto a mano che raffigura una vistosa testa d’aquila,
animale solare sacro nelle vecchie credenze indigene.



 
 
 
 

Un capo indigeno esegue una sorta di aspersione
usando una penna d'aquila e volgendosi verso
le quattro direzioni dello spazio.
I concelebranti fanno altrettanto.
L'officiante è un vescovo.



Ovviamente non poteva mancare la danza rituale,
eseguita intorno all'altare nel corso della messa.
L'antica danza tribale fa parte integrante della moderna
liturgia cattolico-romana usata in questi posti.




Ci si prepara alla preghiera con la “sacra pipa”,
offrendo il tabacco verso le quattro direzioni dello spazio.
Il card. Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti, partecipa
devotamente e rivestito con i paramenti liturgici.




In questo rito della “sacra pipa”, essa viene offerta prima 
agli spiriti, volgendosi verso le quattro direzioni dello spazio,
e poi al celebrante, come si vede nella foto seguente.
(questa scena appartiene ad un'altra “messa”, diversa da quella
n cui ha officiato il card. Arinze e che è illustrata nella foto
precedente e in quella successiva a questa)


Ed eccoci alla lettura dell'epistola.
Il lettore veste gli abiti che i nativi vestivano una volta.
L’ambone è un vero e proprio “totem” in legno.
Le letture sono spesso fatte nell’idioma del gruppo
presso cui si fa la celebrazione, mentre in 
contemporanea un altro lettore traduce in inglese.



 
 
 
 


Un vescovo pronuncia l’omelia.
È impossibile non notare i paramenti del vescovo che
riprendono pari pari le decorazioni tribali.
Il gruppo scultoreo dell’ambone è tutto un programma.
Attenzione: qui non si tratta della raffigurazione dell’aquila
di San Giovanni Evangelista, bensì dell’aquila che
rappresenta il “grande spirito”, con a fianco una figura
d'uomo che simboleggia il culto degli antenati. 


 

Dopo che la pipa è stata caricata col tabacco rituale ed è stata offerta agli spiriti delle quattro direzioni, 
il capo la offre al celebrante card. Arinze perché la fumi.
Come si vede: il cardinale la accoglie con grande devozione.
Sarà “un altro modo di dire la Messa” ?  O un' “altra messa” ?
 
 

Ed ecco una fantasmagorica scena del momento della consacrazione.
Le suppellettili, i paramenti liturgici e l'ambiente non hanno assolutamente niente di cattolico.



Le immagini che seguono provengono dalla chiesa del Sacro Cuore a Skiatook in Oklahoma e riproducono i lavori appositamente realizzati per la parrocchia da una fedele di discendenza Osage, le tribù che vivevano nell'Oklahoma.

L'immagine che dovrebbe corrispondere alla raffigurazione del Sacro Cuore, consiste nella riproduzione un ipotetico capo Osage del diciannovesimo secolo. 

Le immagini corrispondenti ai due presunti Arcangeli sono anch'esse delle riproduzioni di figure di guerrieri Osage del diciottesimo secolo.
 
 

Sacro Cuore !?



 
 

A sinistra il presunto San Michele Arcangelo, a destra il presunto San Gabriele Arcangelo



Riteniamo che queste immagini parlino da sole.

Che Iddio si trovi in terrra, in cielo e in ogni luogo non può certo significare che corrisponda a qualunque raffigurazione esistente in qualsivoglia parte del mondo. 

Avallando scelte di questo tipo la Gerarchia si rende complice del travisamento della vera religione cattolica, lasciando credere, per esempio, che l'incarnazione di Nostro Signore a Betlemme sia solo un modo di dire, poiché in realtà Cristo è come se si fosse incarnato in qualsiasi altra parte del mondo e in qualsiasi tempo.

Simili trovate “propagandistiche”, idealizzano la venuta del Verbo in modo tale da trasformarla in una leggenda adattabile da chiunque a proprio piacimento.

In tutto ciò vi è poi un aspetto davvero grottesco. 
Rivisitazioni “postume” del tipo della “sacra pipa”, del culto dell'uccello solare, del culto degli antenati e, soprattutto, dell'epopea “guerriera” degli indiani delle pianure (che, guarda caso, data solo dall'ottocento) assomigliano fin troppo alle famosissime rievocazioni folkloristiche americane perché si possa dar loro un minimo credito di serietà.

Sembra però che a Roma la pensino diversamente. 
A Roma, sussiste ancora il senso del ridicolo ?
 



maggio 2006



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