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NUOVI PRETI DELLA NUOVA CHIESA Negata la santa Comunione
Accade nella chiesa di Santa Maria Annunziata
Pubblichiamo il testo della lettera inviata al parroco prepotente
e blasfemo
OGNI COMMENTO È SUPERFLUO
Don Giuseppe
Gallinari
e p.c. S.E. Giuseppe Petrocchi
Egregio Don Giuseppe,
“Buon giorno sig. Parroco, Lei mi ha negato l’Eucaristia”.Non sto a specificarLe la sofferenza che ho provato nel sentirmi privato del Corpo di Gesù, lascio questa valutazione alla sensibilità della Sua anima e della Sua coscienza ma, con l’anima ancora in lacrime, vengo a chiederLe con quale autorità Lei mi ha negato l’Eucaristia. Come giustifica lei, se mai ritenga di doversi giustificare, l’aver impedito l’incontro giornaliero della mia anima con Dio. Può considerarsi una colpa il prostrarsi dinanzi a Dio e il desiderare di riceverLo in ginocchio, di dare il giusto tributo a Colui che desidera dimorare in me donandomi Sé stesso? Può citarmi un documento della Chiesa nel quale viene disposto che si neghi la Comunione a chi si genuflette dinanzi al Santissimo? Chi Le conferisce l’autorità di impormi di alzarmi? Come è possibile che le indicazioni della Gerarchia della Chiesa in proposito, vengano posposte alle usanze locali? Don Giuseppe, mi permetto di esortarLa ad impiegare un poco del Suo tempo ? sicuramente già impegnato nelle molteplici attività che il Suo ministero sacerdotale impone - nel documentarsi sulle disposizioni della Santa Chiesa in materia di norme che regolano la disciplina del Sacramento dell’Eucaristia, alle quali tutti (vescovi, sacerdoti, diaconi e laici) debbono conformarsi. “Troppo grande è il Mistero dell’Eucaristia perché qualcuno possa permettersi di trattarLo con arbitrio personale… Chi, anche se Sacerdote, agisce così, assecondando proprie inclinazioni, lede la sostanziale unità del rito romano…e compie azioni in nessun modo consone con la fame e sete di Dio vivente…né svolge autentica attività pastorale o corretto rinnovamento liturgico, ma priva piuttosto i fedeli del loro patrimonio e della loro eredità. Atti arbitrari infatti non giovano a un effettivo rinnovamento, ma ledono il giusto diritto dei fedeli all’azione liturgica…” (Redemptionis Sacramentum, Cap. 11).Lei, che è stato così solerte nel privarmi del Pane del Cielo secondo i Suoi discutibili convincimenti, è egualmente solerte nel richiamare i fedeli allorquando si accostano all’Eucaristia senza il necessario discernimento? Quando si accostano con le braccia dietro la schiena o, come si vede frequentemente, con le mani in tasca? E perché Lei, così solerte nel negare la comunione a me per essermi genuflesso al mio Dio e Salvatore, non usa il piattino per evitare che l’Ostia o qualche Suo frammento cada in terra, così come esortato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti? Lo sa Lei, a cui piace somministrare la Comunione in piedi, che coloro che vi si accostano in tale condizione debbono fare la debita riverenza? Perché non ha invitato i Suoi parrocchiani a fare la riverenza prima di ricevere il Signore, al fine di infondere nell’animo dei Suoi parrocchiani il rispetto, la solennità e la gioia di questo momento in cui Cristo diventa nostro ospite? A quale scopo uniformare sempre i comportamenti scendendo ai livelli sempre più bassi? Perché, anziché paventare fanatismi (?), non coglie l’occasione per catechizzare i fedeli sul giusto tributo (anche con gesti) da dare a Dio? Egregio don Giuseppe, la mia prima comunione risale al
1958, quando i venti riformisti non avevano ancora spalancato le porte
alla modernità, ed all’epoca mi insegnarono a ricevere Gesù
in ginocchio e tale era l’insegnamento generale della Chiesa ed ovunque
ci si genufletteva nel ricevere la Sacra Ostia.
I Suoi parrocchiani mi hanno riferito che i bambini della Sua parrocchia hanno ricevuto la loro prima Comunione in piedi, e non in ginocchio, come si usa dalla notte dei tempi e dove, per fortuna, è in uso ancora nella mia parrocchia, dove domenica 20 Maggio è stato celebrato il rito.Sapesse come era toccante vedere quei bambini in ginocchio, con le mani giunte, e come era edificante ed educativo scorgere l’Umiltà del Sacerdote nella sacralità dell’atto di chinarsi su quei “piccoli fiori” per porgere loro la Santa Comunione. Ma già, con questi ragazzi non avrà il problema che ha avuto con me perché loro già “sanno” che dinanzi a Gesù non ci si inginocchia e che le Sacre Specie si ricevono sulla mano. Don Giuseppe, le Sue parrocchiane, presenti all’Eucaristia delle ore 8,30 del 18 Maggio, ancora si staranno chiedendo perché Lei mi abbia rifiutato l’Eucaristia. Quelle vecchiette attempate le cui ginocchia chissà quante volte nella loro giovinezza, quando potevano ancora piegarsi, si sono genuflesse all’Altissimo in obbedienza alle leggi del tempo e alle leggi del cuore (Gesù non cambia secondo luoghi, tempi e costumi), si staranno ponendo interrogazioni cui credo debba dare delle risposte. Dia delle risposte all’abuso che ha perpetrato verso la mia anima e nel darle si ricordi che “incorre nel vizio di falsificazione chi per conto della Chiesa manifesta a Dio un culto contro la modalità istituita per autorità divina dalla Chiesa e consueta in essa”. Tenga presente che “i ministri sacri non possono negare…a un fedele la santa Comunione per la semplice ragione che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio…” (Redemptionis Sacramentum, Cap. 91).Riguardo alla mancata obbedienza vengo a chiederle: avrei dovuto io obbedire a Lei che senza conoscermi e senza ragione mi chiede di imperio di alzarmi e svilire il mio tributo al Re dei re ed interrompere il dialogo della mia anima con il Creatore o piuttosto avrebbe dovuto obbedire lei alle disposizioni e alle norme emanate dall’autorità della Chiesa che invitano ed esigono la conformità di pensiero e di parola, degli atti esterni e della disposizione dell’animo? Non sarebbe più semplice e più edificante per il popolo che Lei dia il buon esempio, osservando obbedienza a chi a suo tempo l’ha promessa con voti e solennemente? Non si eviterebbero così scandali che minano ancor più la già fragile fede dei fedeli, e generano sempre più sconcerto? Non sarebbe più conveniente ascoltare e porre in pratica la Parola di Dio che fa dire al Profeta “davanti a me si piegherà ogni ginocchio” (Is.45,23) e a San Paolo che “nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sottoterra” (Fil. 2,10), piuttosto che spadroneggiare sulle anime? Presento all’esame della Sua coscienza l’esortazione della Chiesa “ogni ministro sacro si interroghi, anche con severità, se ha rispettato i diritti dei fedeli laici…Ciascuno ricordi sempre di essere servitore della sacra Liturgia” (Redemptionis Sacramentum, Cap. 186);Potrei continuare per molto ma, al di là degli articoli e delle norme scritte, delle tradizioni e degli esempi dei Santi, degli insegnamenti dei Dottori della Chiesa e delle esortazioni del Papa, vi sono le esigenze dell’anima che reclama timore e rispetto per il Signore crocifisso, morto, sepolto e risorto nella grandezza del Suo Divino splendore e dal più profondo esclama “Signore mio e Dio mio”. Lei, don Giuseppe, rivestito dell’alta dignità
del Sacerdozio ha, quale esercizio essenziale, l’autorità di rimettere
i peccati e di consacrare il pane ed il vino perché diventino il
Corpo ed il Sangue del Signore. Come può Ella, che è canale
di grazia tra l’Infinito e la creatura, frapporsi quale barriera ed impedire
l’unione Eucaristica?
Roma, 21 maggio 2007
P.S.: Come promesso le invio l’istruzione Redemptionis Sacramentum redatta, per disposizione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
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