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NUOVI PRETI DELLA
NUOVA CHIESA La bellezza liturgica della Chiesa conciliare Il caso della chiesa
Questa la facciata della
chiesa,
La navata, con sullo sfondo
la statua di Maria Santissima
Un certo numero di
fedeli si sono indignati, La loro
bella chiesa sarà trasformata dalla furia iconoclasta dei nuovi
preti della nuova Chiesa.
Ai tanti che si meravigliano sarà bene
ricordare che il Concilio Vaticano II è un amaro calice che va
bevuto fino in fondo. Ed ecco allora che i preti moderni hanno
capito che era giunto il momento di adeguare la chiesa ai tempi e alle
nuove sensibilità… non si
poteva permettere che queste moderne sensibilità continuassero
ad essere mortificate da una struttura che continuava a ricordare che
quella era una “casa di Dio”. I fedeli si indignano… ma forse non sanno
che è proprio in ossequio al Vaticano II e in ubbidienza ai
documenti della CEI che la loro chiesa dev’essere distrutta. E
dev’essere distrutta perché si debbono mettere in evidenza:
l’altare, l’ambone e il prete. L’altare perché
è il tavolo da pranzo della nuova liturgia commensalizia. L’ambone perché è il
luogo dove tutti vanno ad esercitarsi e a mettersi in mostra, prete
compreso. Una volta, stoltamente, al centro del
presbiterio c’era il tabernacolo che ospitava il Santissimo, oggi, dopo
tanta crescita e maturazione, dopo tanto cammino, al centro deve stare
il “don”, come si dice modernamente, cioè quel tizio per il
quale il moderno Messale romano prescrive che si debbano tenere un po’
di minuti di silenzio dopo che ha declamato la sua omelia. Come cambiano i tempi! Una volta…
nei tempi bui e crepuscolari… il silenzio era riservato al Sacrificio
di Cristo, … oggi la maturazione è tale che il silenzio
è prescritto solo per riflettere (!) sulle chiacchiere del prete
di turno… alla faccia dell’anticlericalismo. A questo punto i fedeli, invece di indignarsi,
dovrebbero riflettere, poiché in definitiva come loro pastori
hanno la fortuna di avere dei preti illuminati, tanto illuminati da
proporre alle anime affidate alla loro cura, non più la vecchia controversa
immagine del Corpo martoriato di Cristo, immolatosi per il riscatto dei
nostri peccati, bensì la gloriosissima croce nuda, di metallo
lucente, che, come si è venuto a sapere da dopo il
Vaticano II, è da sempre universalmente considerata portatrice
di gloria e di luce… a patto che non ci sia il Crocifisso. Non tutti i fedeli cattolici hanno la fortuna
di avere dei preti così (…per
fortuna!). Non v’è dubbio che si tratta di una presentazione suggestiva, ma è altrettanto indubbio che tolta la suggestione, ciò che resta è un cumulo di fesserie. Andiamo con ordine. Trascuriamo l’ipocrisia della “nobile ed elevata tribuna”, dopo che per cinquant’anni si sono distrutti tutti i pulpiti delle nostre chiese secolari, e consideriamo la nuova terminologia: “polo liturgico” a sé stante. La liturgia della Chiesa, pur nella
completezza rappresentata dall’insieme del rito che va dalle preghiere
ai piedi dell’altare alla benedizione finale, si è sempre
caratterizzata per la parte che non a caso si è sempre chiamata
“canone”, cioè prescrizione liturgica vera e propria. La parte
istruttiva della Messa, compresa l’omelia, è sempre stata
preparatoria, perché la Messa vera e propria è il
rinnovamento del Sacrificio di Nostro Signore, tale che la Messa ha un
solo e unico polo: Gesù Cristo che si offre al Padre per la
redenzione degli uomini. Seconda fesseria: “cerniera tra l’assemblea e l’altare”. Da che mondo è mondo l’ambone, “nobile ed elevata tribuna”, si collocava ai limiti del presbiterio, non perché facesse da cerniera, ma perché segnasse la divisione tra il luogo sacro della celebrazione e la restante navata. Addirittura, quando il celebrante, che una volta era un sacerdote, si recava nel pulpito, si toglieva i paramenti e restava solo con la stola, a marcare la differenza tra rituale liturgico e semplice predica. Nessuna commistione liturgica tra il ministro ordinato e il semplice fedele, tra la celebrazione dei Santi Misteri e i fedeli che assistono al rito. Terza
fesseria: “il giardino in cui risuona la gioia dell’annuncio di
Pasqua”. Ora, se non siamo pazzi, questo giardino in cui risuona
dovrebbe essere proprio la navata e non l’ambone. Ma come fa a
risuonare l’annuncio di Pasqua dall’ambone? Invero un mistero, tranne
che ci si voglia appellare alla licenza poetica, quasi a confermare
che, avendo una certa bocca, si possa dire di tutto. Quindi, la prima preoccupazione di questi
moderni committenti e progettisti è di mettere in risalto il
loro lavoro, secondo i più aggiornati canoni dell’individualismo
sfrenato: Un tempo ci
si vantava per la fedeltà a Dio e alla Chiesa, oggi, che le cose
sono cambiate e che la consapevolezza dei fedeli ha raggiunto vette
inimmaginabili… ci si vanta per la fedeltà al Concilio! Una volta, l’elemento chiave della struttura
architettonica della “casa di Dio” era l’armonia, l’armonia qui in
terra che con tutti i limiti suoi propri si sforzava di rispecchiare
l’armonia del cielo. Oggi scopriamo
che si può menar vanto della disarmonia, dello squilibrio, della
confusione, come se la chiesa non fosse più “la casa di Dio”, ma
“la casa del diavolo”. ![]() A questo punto i lavori sono andati avanti e il presbiterio è già stato distrutto, le balaustre, dice il documento della CEI, «eventualmente rimosse devono essere conservate con cura, non alienate, e, se del caso, restaurate e collocate opportunamente, evitandone comunque la destinazione ad altri usi». (Nota, n. 16) Cosa significa?
E già… perché il Signore
istituì l’Eucarestia a tavola, non in chiesa, e lo fece
circondato dai Dodici, senza alcuna separazione. Solo dopo sono
arrivate le sovrastrutture ideologiche dei preti, come il presbiterio e
la balaustra. Finalmente… dopo
duemila anni… col Vaticano II siamo tornati alla vera origine, come
voluta da Cristo. a)
il Signore Gesù aveva fatto predisporre una sala apposita
e appartata per celebrare ritualmente la Pasqua ebraica. Gli Apostoli
si limitarono agli ultimi preparativi.
b)
il Signore Gesù ha compiuto il rito pasquale a porte
chiuse, in presenza dei soli Apostoli, esclusi tutti gli altri
discepoli e perfino le pie donne.
c) il Signore Gesù ha eseguito al meglio le prescrizioni del rituale ebraico, la legge liturgica di allora, dando l’esempio agli Apostoli perché nulla venisse trascurato di quanto prescritto, per rendere culto a Dio. d) il Signore Gesù ha comandato agli Apostoli di ripetere ciò che Lui stesso ha fatto, dopo aver realizzato miracolosamente, non la divisione del pane e la distribuzione del vino, ma la trasformazione del pane nel Suo Corpo e del vino nel Suo Sangue. Il Sacrificio che venerdì si compirà sul Calvario, Gesù lo realizza spiritualmente e sostanzialmente già il giovedì. Il Corpo e il Sangue che mangiano e bevono gli Apostoli il giovedì, non sono solo pane e vino, ma sono esattamente il Corpo e il Sangue di Gesù Crocifisso. È già giovedì che questi vengono offerti per la remissione dei peccati, ed è da giovedì che il Signore comanda di rinnovare questo Sacrificio da lui compiuto giovedì e realizzato sensibilmente il venerdì. e) Non c’è popolo, non c’è partecipazione comunitaria, non c’è coralità in quel famoso giovedì, in cui si compie il mistero dei misteri destinato a rinnovarsi per i secoli futuri fino alla parusia. C’è solo Gesù, i Dodici, e solo i Dodici, assistono e partecipano quel tanto che è necessario per rispondere all’ingiunzione: prendete e mangiate, prendete e bevete. f) Non c’è neanche una sala aperta, ma una sala chiusa e interdetta a tutti, anzi una sala così ristretta da corrispondere al solo presbiterio, se non addirittura al solo altare. g) Gli Apostoli e i loro successori, per duemila anni, si sono offerti come strumenti perché si rinnovasse il miracolo di allora, perché il Signore Gesù stesso lo rinnovasse, e per far questo, e per farlo come il Signore aveva comandato, hanno mantenuto fedelmente la separazione tra l’altare e il presbiterio, tra il presbiterio e la navata… tra il luogo della celebrazione e il resto della chiesa… tra il celebrante e i suoi assistenti e il resto dei fedeli… fino a quando non ci è capitato tra capo e collo l’adeguamento liturgico del Vaticano II. Balaustre distrutte, separazioni annullate, un unico grande salone, preti e laici che si affollano intorno ad una tavola, un gran via vai di gente da e per la navata, gesti inconsulti, richiami, battimani, musiche ritmate, e per finire… buona giornata a tutti. Confessiamo che ci viene un groppo in gola: dove sono la chiesa e la Chiesa dei gloriosi tempi bui? Signore, Ti preghiamo, facci riavere la
vecchia chiesa dove ognuno stava al suo posto,
(dicembre 2011) (torna su)
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