NUOVI PRETI DELLA NUOVA CHIESA

Sussidio della CEI per la Quaresima 2010

Lettera di Don Francesco Cupello a Mons. Crociata

La conferenza Episcopale Italiana ha approntato un sussidio per la prossima Quaresima, reperibile nelle librerie cattoliche al prezzo di un Euro e cinquanta. Esso è stato allegato gratuitamente al numero di gennaio della rivista Vita Pastorale. Su internet è reperibile sul sito dell’Ufficio Liturgico Nazionale.

Questo sussidio ci è stato segnalato da Don Francesco Cupello il quale, appena lo ha avuto in mano, è rimasto "esterrefatto, scandalizzato, costernato e avvilito" per alcune illustrazioni ivi contenute e da lui ritenute molto diseducative riguardo al come celebrare il Santissimo Sacrificio dell'Altare, e si è sentito in dovere di scrivere subito a Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI, per esprimergli i suoi sinceri sentimenti.

Don Francesco Cupello fu tra i primi a rimbeccare, subito dopo la pubblicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum cura, quel tizio di Genova che per sfortuna dei cristiani genovesi è iscritto nei registri dei presbiteri dell’Arcidiocesi, un tale Paolo Farinella, di triste memoria e di puerile fama, la cui occupazione principale è la provocazione.
Il libretto scritto da Don Francesco è stato pubblicato, nel 2008, dall'Editrice Fede e cultura  e rintuzza i presuntuosi e superficiali appunti che il tizio in questione, nella sua supponenza, aveva sollevato a riguardo del riconoscimento papale che la Santa Messa tradizionale non fosse mai stata abrogata; ha infatti come titolo: La Messa antica. Nessun ritorno, è sempre rimasta a casa.

Pubblichiamo, per il suo interesse, il testo della lettera che Don Francesco Cupello ha scritto a Mons. Crociata. Precisando che, leggendo il sussidio, ci siamo resi conto che non sono poche le stramberie che contiene. Così ci siamo ripromessi di chiosarne alcune nei prossimi giorni, a riprova che i “nuovi preti della nuova Chiesa” non demordono, ma intendono confermare che non di ermeneutica della continuità si debba parlare, bensì di nuova liturgia e nuova dottrina che si fa beffe o ignora la liturgia e la dottrina tradizionali.

Verrebbe da pensare “no pasaran!”, ma evitiamo, perché sappiamo bene che potrebbero subito rispondere: “siamo passati e passeremo!”
Dio non voglia… che duri ancora.

Per comodità del lettore,
abbiamo inserito nel testo le immagini di cui si tratta

L'impaginazione, i neretti e le sottolineature sono nostre




22 gennaio 2010

Ecc.za Rev.ma
Mons. Mariano CROCIATA
Segretario Generale CEI
ROMA

Per conoscenza:

Eminenza Rev.ma
Card. Angelo BAGNASCO
Presidente CEI
ROMA

Em.mo Presidente
Commissione Pontificia
ECCLESIA DEI
CITTA’ DEL VATICANO


    Eccellenza Reverendissima,

    Sono esterrefatto, scandalizzato, costernato e avvilito al vedere certe fotografie proprio nell’Anno Sacerdotale e proprio su una pubblicazione della CEI.
Credevo che dopo le follie degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso e dopo i recenti e severi richiami dell’Enciclica Ecclesia de Eucharistia e del susseguente Documento della Congregazione per il Culto e la Disciplina dei Sacramenti Redemptionis Sacramentum, fossimo definitivamente fuori da quella sciagurata stagione postconciliare, e invece vedo ancora con sgomento certi obbrobri e ciò addirittura con l’avallo della CEI, per quanto possa supporre che il tutto sia più dovuto alla poca vigilanza da parte di chi doveva controllare prima di stampare, che non a scelte poco oculate.

    Mi riferisco al sussidio liturgico-pastorale Ritornate a me con tutto il cuore pubblicato dalla CEI per la Quaresima-Pasqua 2010 con i tipi delle Edizioni San Paolo e offerto a tutti i sacerdoti con la rivista “Vita Pastorale”, nonché in vendita nelle Librerie cattoliche.

    Le foto incriminate sono quelle di pag. 23, pag.28 e pag. 75.





    Pag. 23: Il sacerdote concelebrante sembra essere in maniche di camicia; il camice, grossolanamente indossato, lascia platealmente fuori la borghesissima camicia sottostante; sicché il prete sembra più un infermiere in corsia; e poi è proprio irriverente tenere in mano il calice consacrato, nel momento solenne della dossologia, con il braccio tutto nudo e nella posa di chi sta facendo un brindisi. Addio senso del sacro!
   




Pag. 28: Qui siamo al culmine della più totale e sconcertante banalizzazione della celebrazione eucaristica.
La foto ritrae giovani di ambo i sessi stretti gli uni agli altri in tenuta semibalneare e scompostamente seduti (o meglio “stravaccati”).
Che si tratti di una celebrazione eucaristica lo si capisce dal sacerdote che indossa camice e stola; ipotesi questa rafforzata dal fatto che al suo fianco c’è un altro sacerdote con camice e stola. L’altare è un tavolino rotondo da salotto, che sembra non più largo di 70 cm. e non più alto di 50 ; se non fosse un altare non si capirebbe la sua funzione, dal momento che è coperto da una tovaglia bianca e c’è un lumino acceso sopra. Data l’altezza del tavolino c’è da supporre che il celebrante abbia celebrato stando sempre seduto.
Una ulteriore conferma che si tratta di una celebrazione eucaristica è data dal fatto che alle spalle del celebrante si vede una pagnotta di pane (altro gravissimo abuso!) e un calice con sopra il purificatoio. Chissà se avranno usato il Messale, dato che non si vede.
Rabbrividisco solo al pensiero di come quella pagnotta sia stata spezzata per distribuirla ai comunicandi e di come avranno fatto a non far cadere frammenti in terra, ma poi mi tranquillizzo pensando che la gravità degli abusi sia stata tale da rendere invalida la consacrazione.
Resta comunque lo scandalo e il cattivo esempio offerto a chi venga in possesso dell’opuscolo, ma soprattutto il danno derivante dal fatto che tanti preti, già propensi a certi comportamenti, si vedrebbero così avallati nientedimeno che dall’alto.
   
Converrà con me, Eccellenza, che non è certamente questo il miglior modo di educare i giovani al senso del sacro, né quello di richiamare i sacerdoti al grave dovere di essere umili ministri e non padroni e arbitri delle cose sacre. Non so se quei giovani siano stati in siffatta maniera convinti della presenza reale di Cristo nel pane e nel vino eucaristici. Di una cosa però sono certo: essi non tarderanno molto a lasciare la Chiesa e a perdere la fede!



   

Pag. 75: A tutto c’è un limite.
L’”inculturazione” non può essere superiore all’esigenza di un minimo di distinzione tra sacro e profano, tra celebrazioni liturgiche ed esibizioni folkloristiche. L’inculturazione deve fare i conti con l’Incarnazione, altrimenti si finisce per pretendere che il pane eucaristico possa essere sostituito dalla manioca e il vino dalla birra.
Non credo che gli aborigeni o i moderni indios vadano sempre in giro mezzo nudi: lo dimostra il fatto che nella foto alcuni dei presenti vestono normalmente. Ridurre poi l’altare a un banchetto da venditore ambulante, non so proprio quale senso del sacro possa trasmettere: quella bottigliaccia di plastica con il latte sull’altare accanto al calice e alla patena con le ostie, a tutto fa pensare, eccetto che a quei santi misteri che si è proclamato di accingersi a celebrare. Altro che mistero! Qui sembra di essere al mercatino  delle occasioni.

Eccellenza, siamo in tanti in Italia e nel mondo ad auspicare che i Vescovi svolgano con decisione e senza timidezze il loro fondamentale e primario dovere di “sorveglianti” (non significa questo la parola “vescovi”?) e richiamino severamente i sacerdoti che compiono certi abusi, anche a costo di dover prendere gravi provvedimenti disciplinari.
Meglio un sacerdote in meno che uno in più che faccia danni!
Fossi vescovo io non avrei nessun dubbio ad intervenire come di dovere. Diversamente non vedrei proprio come si possano legittimamente e coerentemente richiamare coloro che, di fronte a certi gravi abusi, altro rimedio non trovano che rifugiarsi nell’antichissimo, santissimo e intangibile rito antico, che non lasciando spazio veruno a personalismi di alcun genere, si rivela la più formidabile barriera contro l’anarchia liturgica.

La mia esasperazione, che dura dai primi anni ’70, per gli abusi liturgici postconciliari e per la inammissibile tolleranza verso di essi da parte di vescovi e superiori religiosi, mi ha portato a un passo dal ritorno alla liturgia preconciliare.
Passo che non escludo ancora di poter fare, se non vedessi prendere, da parte dei singoli Vescovi e della CEI, provvedimenti concreti e decisi volti a porre fine una volta per tutte alla infausta stagione della sciaguratissima tolleranza verso ogni forma di abuso in campo liturgico.

    A dimostrazione che una decisa reazione a certi comportamenti non può mancare di portare i suoi buoni frutti, Le allego qui una mia recente lettera ai miei Superiori Maggiori, in seguito alla quale questi ultimi hanno silenziosamente preso atto di non poter sfidare le norme liturgiche. E’ solo quindi questione di chiarezza e parresia evangelica.

    Grato per la benevola attenzione, colgo volentieri l’occasione per esprimerLe il mio più devoto ossequio e augurarLe un Ministero fecondo di bene nella Chiesa che è in Italia.

                                                                           Don Francesco Cupello ssp


febbraio 2010



Ritorna a Sommario I frutti del Concilio
Ritorna a Documenti