I  NUOVI PRETI DELLA NUOVA CHIESA
 

UNA DONNA MESSA A CAPO DI UN SEMINARIO DI GESUITI

a Innsbruck, in Austria 
 

"Col permesso delli Superiori"?


 


Il 16 novembre 2004 il quotidiano di Vienna Der Standard ha reso noto che la Curia viennese ha nominata la signora Brigitte Proksch, di 42 anni, responsabile della formazione degli aspiranti preti del seminario gesuita internazionale Canisianum di Innsbruck nel Tirolo.
È la prima volta che una donna viene posta a capo di un seminario.

Questa signora sembra sia una “teologa”, cosa che non stupisce dati i tempi.
Intendiamoci, non è assolutamente in questione la possibilità che una donna possa interessarsi, e anche con merito, di teologia: la Chiesa ha annoverato nei secoli delle donne eccelse anche in questo campo; le nostre riserve si basano sull’esperienza degli ultimi tempi, nel corso dei quali non sono pochi i danni che hanno prodotto e che continuano a produrre certe signore che si piccano di discettare di teologia.
D’altronde, la colpa è anche di coloro che concedono eccessivo spazio a certe fisime moderne, nelle cui pieghe si infiltrano donne e uomini preoccupati solo di distruggere la Chiesa con la moderna copertura dialettica del “rinnovamento”.

Noi non conosciamo la signora in questione, e chi guardiamo bene dall’esprimere giudizi nei confronti della sua competenza “teologica”, sappiamo però che è Segretaria Generale dell'Istituto per i Cattolici dell'Africa, Asia e America Latina nell'Arcidiocesi di Vienna (Austria) e che il Santo Padre, il 9 agosto del 2004, l’ha nominata tra i Consultori del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.
Ciò significa che la signora è ben conosciuta e apprezzata in Vaticano.

Nel dare la notizia di questa novità, il 16 novembre 2004, l’agenzia Ansa riportava anche le seguenti frasi, che dobbiamo ritenere come realmente pronunciate dalla signora; ed è basandoci su di esse che ci permettiamo di esprimere la nostra preoccupazione.

"Il celibato previsto per i sacerdoti non deve significare mancanza di relazioni interpersonali con il mondo femminile ma anche imparare a rapportarsi quotidianamente con questo"
Questa è una di quelle frasi capziose, rivelatrici di una mentalità intrisa di mille preconcetti assolutamente infondati e malevoli. Mentre per un verso la frase esprime un’ovvietà, per l’altro lascia intendere che i sacerdoti cattolici, per duemila anni, non hanno mai avuto relazioni interpersonali con il mondo femminile, e questo a causa del celibato. 
Ora, o la signora è un po’ ignorante e non sa quello che dice, oppure, come accade spesso oggi, si fa portavoce consapevole di una falsità messa in giro per cercare di demolire il celibato dei preti.
Chissà che razza di istruzione fornirà ai 55 aspiranti preti che le sono stati affidati così inopportunamente.
 
"Un seminario non dev'essere un mondo per soli uomini. I seminaristi devono essere consapevoli che non potranno vivere una relazione esclusiva privata, eterosessuali o omosessuali che siano"
Non è molto chiaro il senso della seconda frase, forse a causa del fatto che è stata estrapolata dal contesto, ma sono indubbiamente chiare le allusioni che si fanno in entrambe le frasi.
Se un seminario non dev’essere un mondo per soli uomini, occorrerà forse arricchirlo con un nutrito stuolo di belle ragazze: magari attente studiose di teologia, e allo scopo di istruire gli aspiranti preti?
La domanda è d’obbligo, soprattutto quando, nella frase successiva, si allude alla condizione sessuale dei seminaristi: “eterosessuali o omosessuali che siano”. 
È più che palese che la signora, più che essere preoccupata dei rapporti interpersonali dei seminaristi, è occupata a mettere a fuoco i loro rapporti sessuali, dando anche per scontato che l’eterosessualità sia del tutto interscambiabile con l’omosessualità. 
E questo secondo i migliori canoni dell’insegnamento cattolico?
Veramente la vediamo brutta per quei poveri seminaristi, e non ci stupiremmo se metà di loro lasciasse il seminario e l’altra metà abbandonasse l’abito dopo l’ordinazione.
La signora ha spiegato che il suo motto sarà il multiculturalismo della Chiesa, l'adeguarsi ai tempi e rendere lo studio della teologia piacevole ai seminaristi.
"Questa novità è in sintonia con il concetto di “aggiornamento” enunciato nel Concilio Vaticano Secondo che ancora non è stato sufficientemente fatto proprio dalla Chiesa", ha ancora detto.
E come c’era da aspettarsi, alla fine viene fuori il naturale: questa gente ha una sola preoccupazione: imbastardire l’insegnamento cattolico e immettere nella Chiesa ogni sorta di novità, di modo che, con la scusa dell’“aggiornamento”, i concetti e le deviazioni moderne prendano via  via il posto degli insegnamenti del Signore.

Tutto questo in Vaticano lo si sa: perché si avallano e si promuovono cose come queste?
A che serve poi, a cose fatte, emanare documenti correttivi che non saranno più in grado di correggere alcunché?
 




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