Chiarimenti forniti da Mons. Perl
nel corso dell’Assemblea dei Delegati di Una Voce
Internazionale
Questa comunicazione è stata letta da Mons. Camille Perl, segretario
della Commissione Pontificia Ecclesia Dei, nella riunione dell’Assemblea
generale di Una Voce Internazionale tenutasi a Roma dal 13 al 17 novembre
1999.
Mons. Perl, dopo aver letto la comunicazione, si è rifiutato
di rispondere alle domande poste dai delegati e di accettare ogni commento
alla sua dichiarazione, lasciando bruscamente la riunione.
Il testo della presente dichiarazione è stato distribuito ai
delegati.
Chiarimenti
Recentemente la Pontificia Commissione Ecclesia Dei è stata oggetto
di attacchi provenienti da alcuni circoli tradizionali; attacchi dovuti
per un verso all’ignoranza dei fatti e, per l’altro, a delle discutibili
informazioni diffuse senza autorizzazione su internet. Allo scopo di ristabilire
la verità, la Commissione ritiene opportuno rendere noti i seguenti
chiarimenti.
1. - La Commissione Pontificia è stata istituita nel 1988 dal
Santo Padre con il “compito di collaborare con i vescovi, i dicasteri
della Curia romana e gli ambienti
interessati, allo scopo di facilitare la piena comunione ecclesiale dei
preti, dei seminaristi,
ecc… che desiderano rimanere uniti
al successore di Pietro nella Chiesa cattolica, conservando le loro tradizioni
spirituali e
liturgiche” (Motu Proprio “Ecclesia
Dei”, n° 6a). Per assolvere questo compito, la Commissione deve collaborare
con i
vescovi, senza di che questa unione
ecclesiale è impensabile.
Non è dunque il caso di
criticare la commissione per questa collaborazione.
2. - La Fraternità Sacerdotale San Pietro è stata eretta
nel 1988 dalla Commissione Pontificia per gli speciali poteri concessi
dal
Sommo Pontefice. La Commissione non
ha mai avuto l’intenzione di modificarne gli statuti. Sfortunatamente,
in questi
ultimi mesi, nel seno di questa famiglia
religiosa sono nati alcuni disaccordi interni.
Dei documenti relativi alla questione,
e che avrebbero dovuto rimanere strettamente confidenziali, sono stati
pubblicati. La
Commissione non può che riprovare.
I responsabili di questa pubblicazione
hanno fatto un gran torto alla Fraternità San Pietro. Mentre ci
si può anche chiedere
con quale diritto delle associazioni
di laici si siano impegnate in importanti atti di pressione su un argomento
che riguarda
in maniera esclusiva un istituto religioso.
3. - Diversi preti della Fraternità San Pietro hanno indirizzato
una lamentela alla Commissione Pontificia. I firmatari hanno
fatto uso del loro diritto di appellarsi
alla Santa Sede - un diritto che possiede ogni fedele cattolico.
La Commissione ha il dovere di ricevere
un tale ricorso e di proporre un mezzo per risolvere i problemi: a tal
fine, essa ha
deciso alcune misure preventive per
preparare una discussione serena sui problemi tra tutti i membri della
Fraternità,
preoccupandosi di proteggere i firmatari
del ricorso da ogni possibile cambiamento.
Coloro che sostengono che questo costituisce
un abuso di potere non comprendono la vera situazione giuridica: e cioè
che
la Commissione esercita la piena autorità
della Santa Sede sulla Fraternità in oggetto. Affermare che esiste
l’intenzione di
modificare l’orientamento tradizionale
della Fraternità non solo è assurdo, ma è una offesa
grave contro la verità e contro i
membri della Commissione Pontificia.
4.- Al centro di questa crisi vi è il problema della concelebrazione
dei preti che si sentono legati alla tradizione liturgica latina,
al momento di una messa celebrata secondo
il rito attualmente in vigore. Questa possibilità è stata
richiesta, e da certi preti
applicata, in occasione delle messe
con il vescovo diocesano; ma essa è stata rifiutata in maniera categorica
dalla
maggioranza. La Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, dopo aver consultato il Pontificio
Consiglio per l’Interpretazione dei
Testi Legislativi, e chiesto il parere della Commissione Pontificia “Ecclesia
Dei”, ha
pubblicato delle “Risposte Ufficiali”
nel periodico Notitiæ, ed ha spiegato le sue ragioni ai superiori
degli istituti
interessati. Queste risposte costituiscono
una affermazione sul piano giuridico: coloro che hanno il privilegio di
celebrare
secondo i libri liturgici in uso prima
della riforma di Paolo VI non perdono per questo motivo il diritto di celebrare
secondo
il Messale di Paolo VI - un diritto
che appartiene ad ogni prete del rito romano.
Non è detto in alcun posto che
questi preti sono obbligati a farlo, ma che ne hanno il diritto, e che
nessun superiore può
impedir loro di fare ciò che
loro permette la legge generale della Chiesa. “Un diritto esclusivo” a
celebrare secondo i libri
del 1962 non esiste, né mai è
esistito, e nessun testo ufficiale ne fa menzione. I testi della Congregazione
per il Culto
Divino sono molto chiari e non lasciano
adito a dubbi. È dunque manifestamente falso dire che si vuole togliere
alla
Fraternità un suo diritto esclusivo,
perché un tale diritto non è mai esistito. D’altra parte,
occorre sottolineare che non esiste
alcun intenzione di abrogare i privilegi
concessi ai preti e agli istituti legati alla tradizione liturgica latina.
5. - La concelebrazione è una manifestazione della comunione
che esiste tra il vescovo e i preti preposti ad una missione
pastorale nella sua diocesi.
Questo segno di comunione, reintrodotto
nella Chiesa dal Concilio Vaticano II, svolge oggi un importante ruolo
come
espressione della comunione tra i preti
- anche tradizionalisti - e i vescovi, nelle diocesi in cui essi esercitano.
Non si può
rifiutare questo segno liturgico senza
dare l’impressione di rifiutare la stessa comunione. È per questo
che la Pontificia
Commissione “Ecclesia Dei” esorta questi
preti ad accettare la concelebrazione con il loro vescovo, poiché,
giustamente, la
sua missione è di facilitare
questa comunione ecclesiale dei preti e dei fedeli, garantendo il rispetto
delle loro tradizioni
spirituali e liturgiche.
Torna a Documenti
|