SANTA MESSA TRADIZIONALE
Roma 24 maggio 2003
Basilica di S. Maria Maggiore
A margine della celebrazione:
curiosità
Riceviamo, e pubblichiamo, un auspicio espresso dal compianto Don Giuseppe
Pace, in un suo racconto di fantasia.
La strana (?) coincidenza con la celebrazione del 24 maggio sta nella
previsione che
la prima S. Messa tradizionale celebrata a Roma dopo la riforma liturgica
sarebbe stata una
S. Messa in onore della Beata Vergine Maria: Salve sancta parens
Come tutti i venerdì pomeriggio, nella piccola Cappella dei Padri
Laurini, in preparazione della Confessione settimanale, il Papa stava compiendo
il pio esercizio della Via Crucis, lo terminava verso le 15,00, ora alla
quale giungeva il suo direttore spirituale, padre Gregorio.
Dopo la confessione gli disse:
-Anche un Papa non è esonerato dall'adempimento delle promesse.
Mi riferisco alla promessa che facesti a suor Rosa, o te ne sei dimenticato?
-Affatto!
Camillo gli espose tutto un piano per fargli adempire quella promessa;
il più pratico.
-Avvisare anzi tempo il sacrestano della Cappella del Santissimo
non conviene:si commuoverebbe mezzo Vaticano e si susciterebbero proteste
intempestive. Bisogna fare così: indossare i paramenti nella cappella
privata del suo primo appartamento. Per il sacrestano sarà la sorpresa
più bella della sua vita! Me lo immagino. Correrà ad accendere
le candele ed a riempire la pisside più grande.
-La pisside grande? Penso che ne basterà una non tanto grande.
Sarà anche più maneggevole. Oltre la direttrice della clinica
e la donatrice del calice non credo che abbiano a venire molte altre persone.
-Santità- osservò Camillo- meglio che ne avanzino, pittosto
che ne abbiano a mancare. Io, il sacrestano, la suora, la benefattrice,
siamo già in quattro. Non crede, Vostra Santità, che ognuno
di noi non inviti qualche intimo?
Il Papa disse a padre Gregorio:
-Domani mattina, alle 7, nella cappella del Santissimo, nella
basilica di San Pietro.
L'indomani, giunto già paludato per la Messa, il Papa attese
che Camillo ed il sacrestano avessero rivestito la talare e la cotta. Appena
il pendolo ebbe scoccato il settimo rintocco, il sacrestano solennemente
comandò:
-Reverentia cruci!, Procedamus
Aprì la porta che immetteva nella cappella ed il Papa vi fece il
suo ingresso, con gli occhi bassi.
Non vide nulla, ma ebbe l’impressione che il locale fosse pieno, di
angeli forse.
Quel giorno era Sabato, ed era il 2 luglio, festa della Visitazione,
secondo il calendario tradizionale della Chiesa cattolica. Il Messale era
aperto, stampato a caratteri così grandi che si poteva leggere anche
dalla balaustra l'introito: SALVE, SANCTA PARENS, di Celio Sedulio, poeta
latino del V Secolo.
Pio XIV cominciò:
" In nomine Patris... Introibo ad altare Dei" e rimase
sorpreso.
Al suo sommesso "Introibo" aveva risposto un coro concorde di mille
voci. La cappella era stipata all'inverosimile.
Di là dei cancelli, nella navata della basilica altrettanti
fedeli si accalcavano per sentire la Messa.
Quella Messa di cui erano stati privati contro ogni loro aspettativa.
Quella Messa che, da una triste domenica d'Avvento avevano preso ad
amare, se possibile, ancora di più.
La suora della clinica aveva telefonato alla donatrice del calice ed
a poche altre persone.
Tra quelle c'erano anche delle altre suore, che, a loro volta, diramarono
qualche invito.
Da parte sua, la signora del calice avvisò delle persone amiche
che, dai giorni del Vaticano II, si erano associate per la difesa della
liturgia apostolica.
Tra di loro c'era un tipografo, che volle informarsi su quale Messa
sarebbe stata celebrata.
-Quella della Visitazione, ovviamente!- rispose la signora.
- Ma nel calendario riformato non figura più.
-In quello di Pio XIV figura sempre.- Rispose categorica la signora,
anche se non era per nulla sicura.
-Quanti saremo?- chiese il tipografo.
-Almeno mille.
Quella notte il tipografo e la sua famiglia non riposarono. Al mattino,
alla 6, diemila copie di proprio ed ordinario della messa della Visitazione,
in latino ed in volgare, erano pronte. Le distribuì tutte e non
volle nulla. Piangeva dalla felicità.
Finita la Confessione, ai piedi dell'altare, il Papa salì ai
piedi dell'altare, lo baciò, si portò in cornu epistolae
,e stava per pronunciare l'introito quando fu come travolto da un’onda
che scendeva dalla cantoria.
“Salve sancta parens, enixa puerpera regem” - cantavano
in un bel gregoriano trenta voci vibranti - "qui coelum terramque
regit in saecula saeculorum."
Dal cielo Celio Sedulio, guardò giù. In quindici secoli
quelle sue note erano state cantate tante volte, ma mai con tanta gioia.
(…)
Dopo il Vangelo del Magnificat, il Papa stette un po' a pensare se era
il caso di un fervorino.
Avrebbe potuto parlare delle sue visite alla casa di Zaccaria, dove
risuonò per la prima volta tegaddel naphshi Adonay,
Magnificat
anima mea Dominum, (…)
Si volse verso i fedeli. Dischiuse le labbra per parlare e gli uscì
un singhiozzo, un singhiozzo contagioso.
Tutta la cappella si riempì di singhiozzi che si protrasssero
fin che un angelo non ispirò l'organista.
Per tutta la cappella si duffusero le note del CREDO III, ed il canto
alterno del Credo raffrenò le lacrime.
Da Pio XIV di Walter Martin (Don Giuseppe Pace).
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