SANTA MESSA TRADIZIONALE
Roma 24 maggio 2003
Basilica di S. Maria Maggiore
UNA COINCIDENZA PROVVIDENZIALE
Roma Felix, luglio 2003
Lettera mensile di informazioni della Fraternità Sacerdotale
San Pio X in Italia
Editoriale di Don Michele Simoulin
“Ci voleva. In una basilica romana. In una basilica maggiore.
Una celebrazione pubblica, solenne, con gran concorso di clero e
di popolo:
la celebrazione della Messa cattolica tradizionale, latina e gregoriana
secondo il Messale di san Pio V”.
Ecco delle righe un po’ provocatorie, no?
Rassicuratevi…non si tratta della Messa celebrata dal Cardinale Castrillon
Hoyos il 24 maggio scorso, perché sono state scritte da Jean Madiran
nel “Supplement-voltigeur” della sua rivista “Itinéraires”
il 15 giugno 1975, il cui testo potrete leggere per intero più
avanti.
A che cosa si riferiscono ? Alla Messa celebrata, il sabato della Pentecoste
24 maggio, all’altare papale della Basilica di Santa Maria Maggiore, da
Mons. Marcel Lefebvre. Ecco il fatto storico e provvidenziale:
l’ultima messa di san Pio V fu celebrata allo stesso altare da Mons. Marcel
Lefebvre stesso, appunto il 24 maggio, durante il pellegrinaggio dell’Anno
Santo 1975.
Non so (ma lo credo!) se dobbiamo vedere in questa coincidenza qualche
segno della Santa Provvidenza ma, devo confessare che il fatto mi ha parecchio
commosso. Dopo 28 anni di assenza o di esilio, la Santa Messa è
tornata sull’altare sul quale non era più stata celebrata dopo quella
del nostro fondatore. Dopo di lui, il 24 maggio 1975, nessun aveva mai
potuto offrire l’Ostia Immacolata nel sacro rito canonizzato da san Pio
V, fino alla Messa del Cardinale Castrillon Hoyos il 24 maggio 2003.
“La Messa cattolica è a casa sua in tutte le chiese cattoliche,
continuava Madiran. Non vi ha bisogno di nessuna autorizzazione. È
il nuovo culto che è un intruso, con la sua liturgia di auto-demolizione
e di apostasia immanente.
Pacificamente, solennemente, con tutto il diritto, la Messa tradizionale
è stata dunque celebrata in due delle sante basiliche romane.
A Santa Maria Maggiore. A San Lorenzo fuori le mura.
Lo si vuole nascondere. Bisogna invece farlo sapere.
Affinché altri Vescovi (e dei Cardinali, se ne restano)
si mettano a seguire l’esempio di Mons. Lefebvre, affinché altri
laici si mettano a seguire l’esempio di Michel de Saint Pierre, e organizzino
a Roma stessa, all’altare principale delle basiliche maggiori, la celebrazione
pubblica e solenne del santo sacrificio secondo il rito tradizionale; senza
temere le pressioni e le minacce, che sono piene di odio, ma che sono ridicole”.
Non so neanche se il nostro caro amico Calogero Cammarata conosceva
quest’appello di Madiran nel 75, ma mi sembra che, dopo 28 anni d’attesa,
è stato lui il primo a rispondere alla nostra vecchia richiesta,
e per questo voglio dirgli semplicemente: “grazie”. Voglio che egli sappia
(ma lo sapeva fin dall’inizio) che la Fraternità, che non ha voluto
intervenire per non creare qualche confusione, ha seguito le cose con interesse
e simpatia, e lo ringrazia di aver permesso alla Santa Messa di riprendere
possesso dell’altare sul quale il nostro fondatore l’aveva offerta il sabato
24 maggio 1975. Non si era allora celebrata la festa di Maria Ausiliatrice,
perché quel sabato era il sabato di Pentecoste.
Dopo 28 anni di lotte, di sofferenze, di critiche, di calunnie, di
condanne, la Messa è tornata sull’altare romano al quale Mons. Lefebvre
l’aveva affidata! 28 anni di lotte per far tornare sull’altare di Santa
Maria Maggiore la Santa Messa della Tradizione Cattolica! 28 anni di lotte
per una Messa! È poca cosa, diranno alcuni. È tutto, diranno
altri, fra i quali sono io.
Infatti, niente può equivalere una Messa cattolica, e questa
Messa, aspettata da 28 anni è stata una prima vittoria della Messa
stessa.
“La Messa continua. Ed è la Messa, celebrata con audacia
se necessario, è la Messa che salverà la Messa”,
concludeva Madiran.
È vero, e il mio unico rimpianto sta nel fatto che dopo l’‘88,
colui che scrisse linee così belle e vere, abbia lasciato Mons.
Lefebvre continuare solo la lotta per la Messa e per il sacerdozio.
Mi hanno detto che era presente a Santa Maria Maggiore il 24 maggio
2003, e voglio sperare che sia stato per lui anche un atto di fedeltà
alla memoria del Vescovo di cui era stato l’amico per tante anni.
Immagino che, solo forse fra tutti i presenti, il suo pensiero tornava
con emozione e riconoscenza a questo 24 maggio 1975, quando Mons. Lefebvre
doveva fare battaglia con il cerimoniere della basilica che voleva mettergli
sotto gli occhi il messale di Paolo VI!
Non posso, non voglio dubitare che Madiran ringraziasse segretamente
nel suo cuore Mons. Lefebvre di aver accettato di incorrere nelle condanne
più gravi e più ingiuste, per permettere alla Messa di tornare
all’altare del 24 maggio per salvare la Messa.
Nello stesso articolo, Madiran riportò la minaccia di Mons. Adam
a Mons. Lefebvre:
“Se Lei celebra pubblicamente la Messa di san Pio V in una basilica
romana, il Papa lo considererà un insulto personale”… Così
nel ‘75! E nel 2003, la stessa messa nello stesso rito è stata celebrata
“per onorare il Santo Padre” e per ringraziarlo (comunicato
della Pontificia commissione Ecclesia Dei) …e “Sua Santità,
riconoscente per il filiale gesto, si unisce spiritualmente al devoto omaggio”
(Messaggio del cardinale Angelo Sodano).
L’insulto personale, dopo 28 anni, è diventato “atto di devozione…omaggio”etc.!
Ecco la logica della chiesa diplomatica!
Ciò che era insulto è diventato omaggio!
È vero che dal ‘75, molte cose sono cambiate nel Vaticano, che
Giovanni Paolo II non è Paolo VI, che il Cardinale Castrillon non
è il Cardinale Villot, ma come si potrebbe avere la stessa realtà
così trasformata da insulto in omaggio?
Ecco un miracolo del tempo che passa, un miracolo dell’evoluzionismo
delle verità conciliari!
Allora, possiamo davvero fidarci a queste verità mobili come
sabbie? Pazienza!
La battaglia, quindi non è finita. Anzi!
Questa battaglia, però, se bisogna ricordarlo, non la facciamo
per noi stessi.
Alcuni vorrebbero che noi smettessimo di sostenere le nostre richieste,
perché se il Vaticano, ad esempio, accettasse di concedere in
ogni diocesi una Messa Tridentina (come ne gira la voce!), sarebbe
allora inutile continuare a stare “fuori” dalla Chiesa pretendendo chissà
che.
Ahimè! Quante volte dovremo chiedere chi è davvero “fuori”dalla
Chiesa, fra i Cardinali, vescovi, sacerdoti, suore, profeti o veggenti
apertamente eretici o ribelli all’autorità della Chiesa, e questi
poveri vescovi e sacerdoti che si confidano totalmente all’insegnamento
invariabile della Santa Chiesa, dai suoi primi dottori ai suoi ultimi Papi?
Quante volte dovremo ripetere che ubbidiamo totalmente al Papa…tranne
i casi nei quali non parla da Papa? Non è al Papa che disubbidiamo
ma all’uomo che non parla da Papa quando lo dovrebbe!
E non vogliamo altro che stare con il Papa per aiutarlo, se la cosa
può esser espressa così, a fare sempre il Papa, come l’hanno
fatto i suoi predecessori.
E poi, come dire: a noi “tradizionalisti” viene concessa la Messa,
e degli altri chi se ne importa?
Ma di chi ci si burla?
Che cos’è questa strana carità?
Come sarebbe concepibile di privare il popolo cristiano più
semplice, quello che ha preferito andare via sulla punta dei piedi anziché
subire le “liturgie rinnovate”, da queste “ricchezze della veneranda forma
liturgica” della santa Messa il cui “diritto di cittadinanza” sarebbe d’altra
parte riconosciuto?
Perché limitare l’usufrutto di questo diritto ad un piccolo
gruppo di privilegiati?
Ciò sarebbe una grave ingiustizia perché tutti i battezzati
hanno bisogno di pregare con tutta la fede della loro anima e tutto l’amore
del loro cuore, senza limite e senza aver bisogno di chiederne il permesso.
Chiediamo, perciò, il riconoscimento del diritto della Santa
Messa detta di san Pio V di essere celebrata ovunque e da tutti i sacerdoti.
Una delle cause (fra tante altre) della rovina della fede e della carità
nella Chiesa è stato la divisione in classi: giovani, ragazzi, ragazze,
fanciulli, donne, uomini, anziani, sposati, studenti, lavoratori, padroni,
ecc.
Altrettanti partiti creati nell’unico gregge del Buon Pastore, partiti
inevitabilmente condannati ad affrontarsi.
Ecco la lotta delle classi introdotta nella Chiesa per rovinarvi la
carità!
Adesso, si dovrebbe creare nuove classi fra i credenti: quelli di terza
classe con la messa di Paolo VI in italiano il sabato sera, quelli di seconda
classe con la Messa di Paolo VI in latino la domenica, e poi quelli di
prima classe con la Messa di san Pio V (chi vuole potrà invertire
la disposizione della classe secondo la sua concezione della dignità
del culto). E si vorrebbe che noi collaborassimo a questa sovversione dell’ordine?
Niente da fare.
La Fraternità non lavora per se stessa ma per la Chiesa, della
quale è la figlia e lo sarà sempre...
Lavora per la Chiesa, per la fede della Chiesa, per la vita contemplativa
della Chiesa, della quale la Santa Messa è l’atto supremo purché
sia offerta quale sacrificio d’amore e non quale adunanza del popolo di
Dio...
Lavora per le anime che hanno bisogno di godere i tesori della Chiesa
per vivere questi doni della fede, della speranza e della carità
ricevuti nel battesimo, tesori purtroppo resi spesso inaccessibili dalla
rivoluzione conciliare...
Lavora per liberare questi tesori, non per se stessa (comunque, li
ha tenuti per lei e ne gode già!) ma per tutti i piccoli, i semplici
che non possono goderne per far vivere la loro fede e il loro amore di
Gesù e Maria.
Apostoli di Gesù e Maria, vogliamo unicamente che tutte le
anime possano accedere al cibo che Gesù ha lasciato alla Chiesa
per loro: la sua verità e la sua vita, la sua presenza e il suo
sacrificio.
Quando faccio il paragone fra la Messa del 24 maggio del 1975 e quella
del 2003, vedo che l’unica realtà che abbia fatto il legame
è appunto la Fraternità!
“Credo” e Michel de Saint Pierre, “Clamor ad coelum” e Elisabeth Gerstner,
“la Pensée Catholique” e l’abbé Luc-J. Lefèvre, “Itinéraires”…
tutti sono spariti ? morti o silenziosi - tranne Jean Madiran.
La Fraternità, però, anche senza Mons. Lefebvre, è
sempre viva…eccome!
Anche se non era ufficialmente presente nel 2003, questa Messa del
2003 è la vittoria della sua fedeltà a continuare la battaglia
di Mons. Lefebvre all’altare di Santa Maria Maggiore del 1975.
La messa del 2003 non sarebbe stata possibile senza le ordinazioni
e le consacrazioni fatte da Mons. Lefebvre, e senza le sue battaglie e
quelle della Fraternità.
“È la Messa che salverà la Messa”
e la Messa del 24 maggio 2003 è una vittoria della Messa del 24
maggio 1975.
Sarei, perciò, tentato di dire due cose.
La prima, la dico ai cardinali, vescovi, abati, sacerdoti che erano
in prima fila alla Messa del 24 maggio, senza aver mai fatto niente per
la Messa, ovvero dopo aver lasciato Mons.Lefebvre quando aveva più
bisogno di loro per salvare la Santa Messa e il sacerdozio…tutti coloro
che lo hanno lasciato morire “scomunicato” senza aver cercato di difenderlo,
anzi. Dico loro: “ Voi che non avete mai compromesso la vostra situazione
per la difesa della Messa, se veramente voi amate questa messa, è
ora di esser logici e di riprendere sul vostro conto le nostre stesse richieste:
riconoscenza del diritto universale della Santa Messa ? riabilitazione
di Mons.Lefebvre e della sua Fraternità”.
La seconda, la dico al Cardinale Castrillon: “Coraggio, Eminenza!
Quello che avete fatto è stato bello ma…non basta. Non fateci aspettare
ancora 28 anni! Occorre continuare e far vivere la Messa della Vostra ordinazione
affinché la Messa possa continuare l’opera di Gesù Cristo;
affinché la Messa possa salvare la Messa, e salvare la Chiesa Cattolica
il cui cuore batte sull’altare sul quale Gesù si immola “in sconto
per i nostri peccati” per presentarla pura, immacolata e santa a suo Padre.
Eminenza, per carità, fate vivere questa Messa che è stata
la gioia della Vostra giovinezza, aiutate la Messa a far vivere la Messa,
e avrete fatto per la Chiesa Cattolica la cosa più grande e la cosa
più necessaria”.
La Messa a Roma
in comunione con la Roma eterna nonostante gli arbitrî della
Roma modernista
di Jean Madiran
(da Le Supplement-Voltigeur, 15.06.1975)
Ci voleva. Nelle sante basiliche romane. Nelle basiliche maggiori.
Almeno una volta nel corso dell’anno giubilare. Almeno una volta, una
celebrazione pubblica, solenne, da parte di un Vescovo, con un grande concorso
di Clero e di popolo: la celebrazione della Messa cattolica tradizionale,
latina e gregoriana, secondo il Messale Romano di san Pio V.
È stata dunque celebrata, nonostante le proibizioni fasulle
e le ridicole minacce, è stata celebrata da Mons. Lefèbvre,
con tutti i membri della Fraternità sacerdotale san Pio X, e con
tutti i pellegrini del pellegrinaggio “Credo” di Michel de Saint Pierre,
e tutti quelli che si sono uniti a loro, il gruppo “Clamor ad coelum” di
Elisabeth Gerstner, l’abbé Luc-J. Lefèvre direttore de La
Pensée catholique, una folta rappresentanza di Itinéraires,
etc., etc..
È stata celebrata, il sabato della Pentecoste 24 maggio,
all’altare papale della Basilica di Santa Maria Maggiore.
E il 26 maggio, festa di san Filippo Neri, patrono di Roma, nella Basilica
di San Lorenzo fuori le mura.
Questa celebrazione del santo sacrificio della Messa secondo il rito
tradizionale, questa celebrazione pubblica e solenne in due delle sante
basiliche romane, ecco quello che si voleva proibire con l’arbitrio e l’intimidazione.
Non avendo potuto impedirlo, hanno voluto in seguito negarlo e sopprimerlo
con la menzogna.
Tanto accanimento confermerebbe, se fosse necessario, che la Messa
è l’essenziale.
Dei giornali come La Croix e il Figaro hanno raccontato che Mons. Lefèbvre
ha “celebrato la Messa di san Pio V nelle rovine del foro”: alla basilica
di Massenzio, “che non è e non è mai stata una chiesa”; ma
che questa celebrazione della “Messa di san Pio V” era, nelle chiese di
Roma, proibita e impossibile, e non poté avere luogo.
È vero che la domenica, essendo le chiese di Roma occupate dalle
cerimonie e dai fedeli abituali, Mons. Lefèbvre ha celebrato al
foro la Messa del pellegrinaggio. Ma si omette e si dissimula che niente
ha potuto impedirgli, il sabato e il lunedì, di celebrare la Messa
tradizionale nelle basiliche tradizionali.
Senza dubbio, è vero che il Card. Poletti, Vicario di Roma,
“aveva ricordato qualche giorno prima a tutti i responsabili che non si
poteva autorizzare in nessuna chiesa la celebrazione della Messa secondo
il vecchio rituale”. Senza dubbio, è anche vero che L’Osservatore
Romano aveva pubblicato ingiurie e minacce nei confronti di coloro che
avessero trasgredito. Tali pietosi sotterfugi su un tale soggetto non potevano
intimidire né Mons. Lefèbvre né Michel de Saint Pierre.
La Messa cattolica è a casa sua in tutte le chiese cattoliche.
Non vi ha bisogno di nessuna autorizzazione.
È il nuovo culto che è un intruso, con la sua liturgia
di autodemolizione e di apostasia immanente.
Pacificamente, solennemente, con tutto il diritto, la Messa tradizionale
è stata dunque celebrata in due delle sante basiliche romane. A
Santa Maria Maggiore. A San Lorenzo fuori le mura. Lo si vuole nascondere.
Bisogna invece farlo sapere. Affinché altri Vescovi (e dei Cardinali,
se ne restano) si mettano a seguire l’esempio di Mons. Lefèbvre,
affinché altri laici si mettano a seguire l’esempio di Michel de
Saint Pierre, e organizzino a Roma stessa, all’altare principale delle
basiliche maggiori, la celebrazione pubblica e solenne del santo sacrificio
secondo il rito tradizionale; senza temere le pressioni e le minacce, che
sono piene di odio, ma che sono ridicole.
Al momento di partire per il pellegrinaggio, Mons. Lefèbvre fu
chiamato al telefono da Mons. Nestor
Adam, Vescovo di Sion in Svizzera, che “aveva ricevuto un messaggio
da trasmettergli”: - Se Lei celebra
pubblicamente la Messa di san Pio V in una basilica romana, il
Papa lo considererà un insulto personale. E da dove viene
questo messaggio? chiese Mons. Lefèbvre. Da Roma, - rispose Mons.
Adam. Da Roma? Dalla nipote del portinaio del palazzo dove abita la sorella
della donna delle pulizie della dattilografa del terzo segretario di Annibale
(Bugnini, n.d.t.)? Cosa significa “da Roma”, quando si è incapaci
di precisarne meglio la provenienza? In ogni modo, Mons. Adam è
stato gravemente colpevole di farsi complice e latore di un tale messaggio,
che è intrinsecamente menzognero da chiunque venga: intrinsecamente
menzognero anche se (ipotesi estrema) l’origine ne fosse veramente il Papa
stesso. Perché la celebrazione della Messa cattolica non può
essere un insulto personale al Sommo Pontefice.
Quello che è un insulto al Sommo Pontefice, che lo è in
sé (al di là del grado soggettivo di sensibilità che
può averne o no il Papa regnante), è ordinare o accettare
che la Messa sia celebrata in qualsiasi modo, anche con delle danze erotiche
e dei canti marxisti, - in qualsiasi modo purché non sia secondo
il Messale di san Pio V.
A Roma dunque, per la salvezza di questa generazione, per la salvezza
di questa città e per l’onore di Dio, ci voleva.
Certo, la Messa tradizionale vi è celebrata ogni domenica e
ogni giorno.
Ma non solennemente, da un Vescovo, in una basilica maggiore. Il grande,
l’immenso successo del pellegrinaggio è questo; è di aver
fatto sì che le pressioni, le minacce del partito al potere nella
Chiesa non abbiano potuto impedire a questa celebrazione solenne di aver
luogo nel raccoglimento, nella pietà, nella pace, manifestando la
fede cattolica nel santo sacrificio della Messa.
La pretesa arbitraria di “proibire”, in nome del Papa e del Concilio,
la Messa cattolica tradizionale, è durata abbastanza.
La Messa continua. Ed è la Messa, celebrata con audacia se
necessario, è la Messa che salverà la Messa.
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