SANTA MESSA TRADIZIONALE

Roma 24 maggio 2003

Basilica di S. Maria Maggiore
 

RASSEGNA STAMPA
 
 

Articoli e segnalazioni prima della celebrazione
 

25 aprile 2003 - Il Giornale

Intervista con Mons. Bernard Fellay, Superiore Generale della Fraternità San Pio X

di Andrea Tornielli

Bernard Fellay è un prelato affabile e distinto, che risiede a Menzingen, in Svizzera, 
e gira spesso per il mondo visitando le varie comunità tradizionaliste.
Consacrato vescovo insieme con altri tre sacerdoti senza l'autorizzazione del Vaticano da monsignor Lefebvre nel 1988, 
è stato scomunicato nel luglio di quello stesso anno. 
È a capo della Fraternità San Pio X, presente in diversi Paesi del mondo, 
che raggruppa i seguaci del vescovo tradizionalista che non volle accettare le riforme post conciliari. 
In questa intervista monsignor Fellay fa il punto sulle trattative dei lefebvriani con il Vaticano. 
Ed esprime giudizi positivi sull'ultima enciclica di Giovanni Paolo II dedicata all'eucarestia.

A. T. - Un quotidiano ha scritto nei giorni scorsi che il prossimo 24 maggio verrà annunciata la vostra riconciliazione con la Santa Sede. È vero?
M. B. F. - La notizia è priva di qualsiasi fondamento. O meglio: io non ne so nulla. Ed essendo il superiore della Fraternità San Pio X, devo concludere che sia falsa... .

A. T. - Ci sono prospettive per un accordo?
M. B. F. - Le trattative continuano, non sono morte. Vanno avanti con prudenza da entrambe le parti. Non prevedo, al momento, la possibilità di un accordo nell'immediato. C'è bisogno di un processo lento. Ma noi confidiamo in Dio, che può cambiare i piani degli uomini. Crediamo nella Chiesa, crediamo nello Spirito Santo che può far accadere ciò che oggi non è prevedibile.

A. T. - Ha letto l'enciclica di Giovanni Paolo II sull'eucarestia?
M. B. F. - Sì.

A. T. - Qual è il suo giudizio?
M. B. F. - Mi rallegro molto per il fatto che in quel documento si ribadiscono verità essenziali sull'eucarestia, oggi spesso messe in discussione. Il mio giudizio è molto positivo, era un'enciclica necessaria. Ha riaffermato il valore sacrificale della Messa anche se noto che manca qualche precisazione che sarebbe stata determinante, come per esempio specificare che il sacrificio della Messa è offerto in riparazione dei nostri peccati. Comunque, lo ripeto, il giudizio è positivo: speriamo che sia seguita in modo efficace e ampio.

A. T. - Il 24 maggio il cardinale Darío Castrillón Hoyos celebrerà una Messa nella basilica romana di S. Maria Maggiore secondo il rito antico. Come ha accolto la notizia?
M. B. F. - Anche questo è un segnale positivo: la Santa Sede dimostra buona volontà nei nostri confronti. Quella celebrazione dovrebbe significare che dire la Messa secondo il rito tridentino non costituisce un problema. Sono segni incoraggianti e necessari per diminuire le opposizioni dei progressisti contro la Messa di san Pio V.

A. T. - Voi avete continuato a seguire il rito preconciliare. Considerate invalida la nuova Messa?
M. B. F. - No. Noi abbiamo sempre detto che la Messa di Paolo VI è valida se si rispettano le regole previste nel messale. Purtroppo dobbiamo constatare che in non poche occasioni queste regole non vengono rispettate e in quei casi si può arrivare fino all'invalidità. Le faccio un esempio: se per la consacrazione un sacerdote, invece dell'ostia di frumento, usa un'ostia fatta di riso oppure un biscotto, questo rende invalida la Messa. Ci sono tanti abusi in giro per il mondo. Noi comunque non abbiamo mai detto che la Messa di Paolo VI sia invalida né tantomeno l'abbiamo mai definita 'eretica'. La riteniamo però dannosa e pericolosa per la fede perché non esprime chiaramente tutto ciò che dovrebbe essere detto nella Messa.

A. T. - È vero che per arrivare a una riconciliazione con il Vaticano voi ponete delle condizioni?
M. B. F. - Non è il caso di parlare di condizioni. Noi li consideriamo dei passi necessari per procedere nel dialogo e nella trattativa. Chiediamo una dichiarazione che affermi che l'antico rito non è mai stato abrogato. E chiediamo che venga annullato il decreto di scomunica, comminato dopo le consacrazioni episcopali fatte da monsignor Lefebvre nel 1988.

A. T. - Scusi, ma la scomunica sarà tolta nel momento in cui si arriverà all'accordo...
M. B. F. - Noi crediamo che dovrebbe essere fatto prima. Prendiamo a esempio quanto scrive Giovanni Paolo II nell'enciclica sull'ecumenismo Ut Unum sint, pubblicata nel 1995. In quel testo il Papa ricorda che il suo predecessore Paolo VI tolse le scomuniche del passato 'riannodando il dialogo della carità con le Chiese in comunione con il patriarca di Costantinopoli'. Vorremmo che nei nostri confronti venisse applicato lo stesso criterio utilizzato nei confronti degli ortodossi.

A. T. - Dichiarare che l'antico rito preconciliare non è mai stato abolito significa liberalizzare l'uso del vecchio messale?
M. B. F. - È una conclusione che si può trarre. Chiediamo che sia tolta la proibizione - che consideriamo ingiusta - di utilizzare un rito plurisecolare della Chiesa che non è stato mai abolito. Il cardinale Alfons Stickler ha rivelato che nel 1986 il Papa aveva costituito una commissione di nove cardinali chiedendo loro di stabilire se la Messa di San Pio V fosse stata abrogata oppure no. Otto porporati su nove risposero che non è mai stata abrogata. Dunque non siamo i soli a sostenerlo!

A. T. - Secondo lei Giovanni Paolo II desidera sanare la ferita che si è aperta con il mini-scisma del 1988?
M. B. F. - Sono convinto che il Santo Padre, per il quale noi continuiamo a pregare in ogni nostra celebrazione, abbia la sincera volontà di arrivare a un accordo. Noi desideriamo che sia un accordo franco, senza possibilità di fraintendimenti, intendendoci bene sul significato delle parole. E proprio per questo riteniamo necessari quei passi che le ho elencato. 

A. T. - È consapevole del fatto che all'interno della Curia romana e negli episcopati di certi Paesi ci sono prelati assolutamente contrari al vostro rientro nella piena comunione con Roma?
M. B. F. - Me ne rendo ben conto. Per noi è determinante vedere in Roma la continuità nel promuovere la fede di sempre, ciò che la Chiesa ha sempre fatto. L'enciclica sull'eucarestia è un esempio di questo.  
 

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