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SANTA MESSA TRADIZIONALE Roma 24 maggio 2003 Basilica di S. Maria Maggiore
RASSEGNA STAMPA
Articoli e segnalazioni prima della celebrazione
1 maggio 2003 - Panorama
La messa fai da te è finita, andate in pace
di Alessandra Borghese La "messa fai da te" ha i giorni contati. Le cerimonie "personalizzate" in cui non pochi sacerdoti si sono sbizzarriti (e si sbizzarriscono tuttora) a colpi di rituali stravaganti, musiche inadatte, omelie e preghiere anomale dovranno fare i conti con un nuovo e fermo altolà. Dopo l'enciclica sull'Eucarestia firmata da Giovanni Paolo II il giovedì di Pasqua, un nuovo e importante documento sta per essere varato dalla Santa Sede. Riguarda le deviazioni dalla liturgia da parte del clero e vedrà la luce nel prossimo autunno. Se la stessa enciclica sull'Eucarestia è stata interpretata in questi giorni come un richiamo all'ordine nella denuncia dell'impoverimento e della banalizzazione di aspetti fondamentali nella somministrazione del sacramento, la nuova iniziativa si muove nella stessa direzione: ridare dignità e spessore al senso del sacro nelle celebrazioni. Il cardinale Francis Arinze, africano, dallo scorso 1° ottobre prefetto
della Congregazione per il culto divino, e il cardinale Joseph Ratzinger,
prefetto dell'ex Sant'Uffizio, sono al lavoro per comporre un elenco di
istruzioni che non lascerà spazio alle libere interpretazioni. Lo
stesso Arinze, incontrando i fedeli americani in un recente viaggio negli
Stati Uniti, era stato chiaro: "Ci sono dei bravi sacerdoti, di certo in
buona fede, che la sera prima pensano a come inventarsi la messa del giorno
dopo con procedimenti e idee che non hanno riscontro nei testi liturgici.
Dobbiamo tornare alle regole".
Perché questa inversione di tendenza? Gli inviti più pressanti sono venuti dall'Asia e soprattutto dall’Africa. Ma a insistere per un ritorno allo spirito della tradizione sono soprattutto le nuove generazioni. Il senso del sacro affascina i giovani fanno osservare in Vaticano, la banalizzazione della liturgia provoca in loro un senso di rigetto. Certe esagerazioni del post Concilio hanno messo troppa enfasi sul piano meramente sociale e umano: oggi bisogna ritrovare un giusto equilibrio tra l'umano e il divino, riconoscendo gli errori. Si è saputo di casi in cui era stata negata la comunione a fedeli che desideravano riceverla in ginocchio. Si è arrivati perfino a demonizzare la celebrazione in Latino come se esso fosse stato il male assoluto. Le parole d'ordine sono "recupero" e ritorno". Del resto, fu lo stesso
Paolo VI nella lettera apostolica Sacrificium Laudis del 1966 ai Superiori
generali delle comunità religiose con obbligo dì coro a porre
un interrogativo che oggi, a distanza di 37 anni, sembra tornare di monito
anche per il futuro: "Gli uomini desiderosi di sentire le sacre preci entreranno
ancora nei vostri templi, se non vi risuonerà più l'antica
e nativa lingua dì quelle preghiere, unita al canto pieno di gravità
e bellezza? ".
(su)
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