MONS. MARCEL LEFEBVRE
NEL NOME DELLA VERITA'

CRISTINA SICCARDI, Marcel Lefebvre, nel
nome della Verità, Sugarco Editori, Milano, 2010,
pp. 304, € 23,00.
Il libro è completato da una ricca bibliografia, da una
cronologia e da un indice dei nomi.
Presentazione nostra
Brani dalla premessa del libro
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editrice
Sono passati 40 anni da
quando Mons. Lefebvre acquisì una notorietà
internazionale a causa delle sue posizioni e delle sue azioni in
contrasto col Concilio Vaticano II e con i suoi frutti. Sono passati
poi 22 anni da quanto fu allontanato della struttura ufficiale della
Chiesa a causa della sua resistenza in difesa della dottrina e della
liturgia della Chiesa Cattolica di sempre.
In questi anni si è scritto tanto di Mons. Lefebvre e della sua
opera, la Fraternità Sacerdotale San Pio X, nel bene e nel male,
con onestà o con disonestà, con competenza o con
faciloneria, con distacco o con interesse, ma poco si è scritto
su ciò che era questo prelato di Santa Madre Chiesa, come uomo e
come sacerdote.
Soprattutto in Italia, Mons. Lefebvre ha continuato ad essere noto
indirettamente: per ciò che sembrava, o si voleva sembrasse, e
non per ciò che era.
Come spesso accade da noi, su un dato argomento o un dato personaggio,
la maggior parte delle indicazioni di una certa importanza si trovano
quasi sempre “in nota”, si rimanda spesso “all’estero”. Continuiamo ad
essere dei provinciali, anche per ciò che riguarda la vita della
Chiesa, a dispetto del fatto che il centro della Chiesa Cattolica si
trovi a Roma, da noi, o forse proprio a causa di questo.
Finalmente si rompe il ghiaccio, infine in Italia qualcuno si impegna
per far conoscere chi era e chi è Mons. Marcel Lefebvre. Il
primo indiscusso merito di questo libro che segnaliamo.
Una biografia di Mons. Lefebvre, visto con gli occhi di chi guarda
dall’Italia.
Questo merito si impreziosisce, poi, per il fatto che l’autore di
questo libro è una donna. Con il suo impegno di ricerca e di
compenetrazione, l’Autrice sfata clamorosamente la becera vulgata laica
che pretende che le donne cattoliche vivano in stato di soggezione e
sappiano fare solo le torte ai bambini. La verità è, e
l’Autrice ne è la prova, che essere cattolica, seriamente
cattolica, significa essere donna e moglie e madre e, ove è il
caso, essere una studiosa, una competente, una divulgatrice, fare opera
di apostolato ad extra.
Qui ci troviamo al cospetto di un studio serio, condotto con un attento
lavoro di ricerca documentaria e con un adeguato inquadramento della
vita e dell’opera di Mons. Lefebvre nel quadro complessivo della vita
della Chiesa, della sua missione salvifica e della sua trascendente
strutturazione dottrinale, liturgica e pastorale.
La vita e le opere di Mons. Lefebvre non possono essere comprese se
avulse dal contesto storico attuale della vita della Chiesa e
prescindendo dai duemila anni del suo insegnamento.
L’Autrice è riuscita bene a legare continuamente i fatti
biografici di questo servitore dalla Chiesa di Cristo con le vicende
storiche dell’ultimo secolo svoltesi dentro e fuori la Chiesa.
Un uomo di Chiesa non ha mai una “sua” biografia, perché la sua
vita è vissuta essenzialmente in funzione della salvezza delle
anime dei fedeli, con tutte le implicazioni che questo comporta sia in
rapporto al mondo, sia in rapporto a Dio. Non è mai la biografia
di “un uomo”, ma la biografia di un “uomo di Dio” e, se possibile, di
un “sant’uomo di Dio”.
D’altronde, sarebbe ridicolo pensare a Mons. Lefebvre semplicemente
come ad un personaggio storico, prescindendo dal fatto che fosse prima
di tutto un sacerdote a servizio della Chiesa e di Dio. Non si
capirebbe perché, dopo 40 anni, egli abbia un seguito
così numeroso e susciti comunque tanto interesse. Non si
capirebbe neanche perché continua ad essere l’unico prelato
cattolico
che, a quasi vent’anni dalla sua morte, continua a condizionare
l’intera vita della Chiesa.
In tal senso, l’Autrice è riuscita a tracciare un quadro
esaustivo della vita e delle opere di Mons. Lefebvre.
Per offrire un’anticipazione del testo e dello stile dell’Autrice,
abbiamo riprodotto alcuni passi della “Premessa”.
Corre l’obbligo di segnalare anche la Casa Editrice che pubblica questo
libro: Sugarco Edizioni, alla quale bisogna dare atto di aver
pubblicato diversi lavori interessanti per la Chiesa e la Tradizione
Cattolica.
È per questo che segnaliamo alla fine l’elenco
dei libri da essa
pubblicati sull’argomento.
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Il nome di Marcel Lefebvre è però sempre vivo, nonostante
siano trascorsi quasi vent’anni dalla sua scomparsa «continua ad
apparire periodicamente sui mass media e a far sentire la sua presenza
nella vita della Chiesa cattolica. Da quando, nel 1974, la contesa fra
Roma ed Écône è balzata sulle prime pagine delle
cronache mondiali [ ... ] la parola “Lefebvre” si è
immediatamente transignificata, abbandonando la sua semplice funzione
di cognome per divenire un ben preciso modo di intendere la Fede, la
Chiesa e lo stesso cattolicesimo» [nota]. Ecco che è sorto
l’appellativo di «lefebvriano», con accezione negativa,
sempre rifiutato dai destinatari, ma adottato, come epiteto, dagli
avversari, per bollare chi è rimasto fedele alla Tradizione e
critica le novità sorte durante il Concilio Vaticano II ed i
frutti da esso germinati.
Il Santo Padre Benedetto XVI ha richiamato l’attenzione dell’opinione
pubblica sulla Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX), fondata
da monsignor Lefebvre nel 1970, revocando, il 21 gennaio 2009, la
scomunica latae sententiae ai
quattro Vescovi consacrati nel 1988 dal monsignore definito, a suo
tempo, «ribelle ». Ma, prendendo quella stessa lente di
buona fattura, ci accorgiamo, a distanza di anni e con il
deterioramento dei valori cristiani nella civiltà occidentale e
la profonda crisi del clero, che la sua «ribellione» non
era poi così bizzarra, che la sua caparbietà non era
affatto infantile: il suo sommo desiderio era quello di trasmettere il
patrimonio dottrinale, sacro e liturgico tramandato dalla Chiesa in
quasi duemila anni di cammino e il dotto Papa Benedetto XVI, profondo
conoscitore degli accadimenti ecclesiastici e della teologia, lo sa
bene.
[…]
Monsignor Lefebvre, grazie anche ai figli che ha lasciato, i sacerdoti
della Fraternità San Pio X, è ancora lì a indicare
che nella Tradizione, nella dottrina cattolica, nella celebrazione del
Santo Sacrificio della Messa di sempre, nella santità
sacerdotale stanno le risposte ai problemi di un mondo che si è
perso nel suo orgoglio e nella sua vanagloria, detronizzando Cristo Re.
Écône è una fiammella di Fede che è stata
accesa grazie alla tenacia di un uomo di Dio che ricorda a tutti la
necessità di guardare, senza soggezione alcuna, agli edificatori
passati della Chiesa e, al loro fianco, camminare tranquilli e sicuri
sulle strade di oggi e di domani.
La storia della Chiesa è costellata di santi di Dio che hanno,
in un modo o nell’altro, richiamato l’attenzione sulla capitale
importanza della santità sacerdotale, che comporta, di
conseguenza, la salvezza di tante anime. In molti casi, Gesù e
Maria Vergine, attraverso apparizioni e visioni mistiche, hanno parlato
accoratamente della grandezza dei sacerdoti e dell’influenza
determinante che hanno nel trascinare in Paradiso o nell'Inferno le
pecorelle che sono state loro affidate.
[…]
Il compito e il dovere del sacerdote occuparono gran
parte dei pensieri di monsignor Lefebvre. La missione della sua vita,
la seconda chiamata, dopo quella vocazionale, fu proprio quella di
formare santi sacerdoti, fedeli alla Verità annunciata da Cristo
con la Rivelazione e fedeli a Santa Romana Chiesa. Il suo principale
impegno fu quello di creare un esercito di Alter Christus degni della
grazia ricevuta. Fin dagli anni del suo mandato a Dakar, in
qualità di Arcivescovo, egli pose l’attenzione alla fondazione
di scuole e di seminari atti a questo obiettivo. Tuttavia, quando ormai
pensava, a sessantacinque anni, di ritirarsi nella preghiera e nel
nascondimento, il Signore lo chiamò ancora per forgiare e
plasmare altri sacerdoti, nel momento in cui la Chiesa stava entrando
in una crisi epocale: con le sue uniche forze, ma con una Provvidenza
che gli fece trovare mezzi e possibilità grazie a benefattori e
persone che desideravano avere sacerdoti della Tradizione accanto a
sé, riuscì ad aprire case, seminari, scuole, priorati in
tutto il mondo.
«La Provvidenza ci ha veramente trascinati. Io mi irrigidivo, vi
assicuro, camminavo con i piedi di piombo. Ma ero trascinato,
trascinato, trascinato, sempre un po’ di più [ ... ] non posso
dire che sono stato io veramente che abbia detto: “Farò questo,
sarà così ... e penso che ... e voglio che ... ”. Non
è affatto così. lo constato, e lo avete visto anche
voi, che tutta la mia vita è sempre stata la stessa cosa. Ogni
volta, è sempre la Provvidenza che decide. Io piuttosto resisto,
non vado tanto d’accordo, non ho così tanta voglia. Ma Essa mi
tira lo stesso: “Ah! No, bisogna arrendersi!”. Poi, tutto sommato, vedo
in effetti che il Buon Dio benedice, benedice le cose, e che va tutto
bene. Deo Gratias!»[La piccola
storia della mia lunga storia].
[…]
Padre Marcel diede gli strumenti, consegnò i mezzi al sacerdote
per essere pronto a tutto donarsi, limitandosi, in un tempo di feroce
ostruzionismo, ad attingere alle fonti degli insegnamenti presenti da
diciannove secoli.
Oggi al posto dei sacerdoti, in ogni luogo, scuole, posti di lavoro,
famiglie, ospedali, case di cura e di riposo, centri di recupero,
comunità, carceri, persino in molti seminari, operano gli
psicologi, i quali hanno soppiantato la figura confortante, salutare e
benedicente del sacerdote, che non ha mai offerto psicoterapie o
psicofarmaci, ma è sempre stato il conduttore, per eccellenza,
della Grazia.
[…]
La vita di monsignor Lefebvre fu una lotta permanente, come deve essere
quella di un buon sacerdote, al servizio della salvezza degli altri,
fino a sacrificare se stesso, sempre accanto ai fratelli, perché
in unione con il Salvatore. Ha indicato la meta: non la terra,
bensì il cielo; e per avvicinarci esistono le sapienti
indicazioni della Chiesa degli Apostoli, voluta da Cristo per
trasmettere l’integra Verità e fuori dalla quale non c’è
salvezza. San Tommaso d’Aquino era solito dire che non siamo noi a
possedere la Verità, ma è la Verità a possedere
noi e, in questi termini, può essere letta ed esaminata
l’intransigenza di Lefebvre.
[…]
Padrone di sé, sicuro di sé, perché ricolmo della
certezza in Dio. Cortese, dolcissimo, sorprendentemente franco nelle
conversazioni, diceva quel che pensava, non era capace di
mistificazioni. Qualcuno l’ha definito un «soave ostinato»
[nota]. Testardo sì, convinto di avere ragione. Un tenace dalle
idee nette, dallo zelo costruttivo. Una risolutezza produttiva che
sconcertava e metteva a disagio, «perché respingeva
gli intellettuali da tavolino e contraddiceva i liberali incalliti,
convincendo questi spiriti forti di essere innanzitutto spiriti
falsi» [nota].
Si sentiva più a suo agio a Roma, si sentiva romano di
formazione e di cuore, vicino al Papa e alle Congregazioni
vaticane [nota], come ebbe a dire egli stesso il 7 novembre 1966:
«Se c’è qualcosa che ho sempre cercato è di non
avere idee personali. Ci sono le idee della Chiesa!». Inoltre:
«Dio ha voluto che il cristianesimo, colato in qualche modo nello
stampo romano, ne ricevesse un vigore e un’espansione eccezionali.
Tutto è grazia nel piano divino e il Nostro Divino Salvatore ha
tutto disposto, come è detto dei Romani, “cum consilio et
patientia”, o “suaviter et
fortiter”» [Itinerario
spirituale].
Non era uomo da compromessi, non metteva i piedi in tante paia di
scarpe per essere adulato, vezzeggiato, per fare carriera. «Come
l’Israele del Vecchio Testamento ha avuto una storia molto
turbinosa a causa delle sue continue infedeltà verso Dio,
molto spesso ad opera dei suoi capi e dei suoi leviti, così la
Chiesa militante in questo mondo conosce incessantemente periodi di
prova a causa dell’infedeltà dei suoi sacerdoti, per i loro
compromessi con il mondo» [Itinerario
spirituale].
Ha dato vita alla Fraternità Sacerdotale San Pio X non come
realtà di contestazione o di opposizione: è nata come
nascono le opere di Chiesa, cioè per una necessità. Come
san Francesco (1182-1226) era andato a bussare alla porta di Papa
Innocenzo III (1160-1216), così la Fraternità si è
incaricata di vigilare sulla buona formazione del sacerdote.
Padre Lefebvre può essere considerato uno dei migliori
missionari del Novecento, sia per spirito di sacrificio, sia per
efficienza e, quindi, per risultati ottenuti: è stato realmente
un orgoglio per la Chiesa, quando divenne Arcivescovo di Dakar e
Delegato apostolico dell’Africa francofona, nessuno lo può
negare.
Era dotato di un sorprendente distacco dalla materia, alla maniera
francescana: amava la povertà, la sobrietà, la
semplicità e possedeva uno spirito votato al nulla per sé
e alla carità per gli altri, perché non «portiamo
nulla con noi in Paradiso» [nota].
L’unica realtà che rendeva preziosa ed elegante erano gli arredi
sacri, per arricchire gli altari, per dare lustro e gloria a Dio. Aveva
poi un innato senso pratico, era, infatti, un ottimo organizzatore e un
perfetto capitano: si comportava, come testimonia chi l’ha frequentato,
come un padre di famiglia, severo sui princìpi, magnanimo in
tutto il resto.
Aveva un animo gioviale, amava stare in compagnia dei suoi seminaristi,
dei sacerdoti e delle famiglie, delle quali era talvolta ospite.
Parlava, conversava, cantava con loro. Nel refettorio delle diverse
comunità della sua opera lo si vedeva spesso rendersi utile al
servizio della tavola, a volte sparecchiava e lavava le stoviglie. Era
affabile e allegro e i seminaristi stravedevano per questo padre sempre
sorridente, che raccontava divertenti aneddoti africani oppure si univa
alla gioia delle loro conquiste.
La sua precisione di esposizione nel descrivere le verità di
Fede era perfetta, lineare e convincente. Aveva il dono dell’evidenza:
masticava di teologia con grande abilità e la proponeva agli
altri come una limpida arringa. Conduceva il ragionamento con la
tecnica aristotelica e tomista, e tutto diventava estremamente
logico. Parlava al modo di san Paolo, in verbo veritatis. A volte
utilizzava sillogismi lapidari, ma perforanti come:
«L’affermazione della divinità di Nostro Signore
Gesù Cristo è la rovina dell’ecumenismo », oppure:
«Nostro Signore è il solo uomo che sia Dio, dunque egli
è Re, dunque deve regnare, di conseguenza ha la sua parola da
dire in ogni cosa». Note di Fede, brevi, concise, che dissipano i
dubbi e le nubi dell’equivoco. Un dottore della Fede.
Il prete è fatto per il Santo Sacrificio, diceva, e per la
confessione, proprio come ha sempre sostenuto san Giovanni Maria
Vianney: essi sono la fonte delle grazie di tutti gli altri sacramenti.
Intorno al sacrificio che si consuma nella Messa si organizza la Chiesa
che vive il sacerdozio per edificare il Corpo mistico. Realtà
dette e sempre ribadite dalla Chiesa, ma che, negli ultimi decenni, non
sono più così date per scontate. Erano in molti a
sdegnarsi del suo dire, ma i Vangeli ci ricordano che: «All’udire
queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si
levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin
sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per
gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro,
se ne andò» [nota].
Monsignor Lefebvre, piaccia o non piaccia, è l’uomo delle
certezze. Dopo i confronti, dopo i consigli, dopo i suggerimenti, una
volta presa la decisione non cedeva più: «Da parte mia ho
tentato, ve lo assicuro, di pormi pienamente nello spirito della
Chiesa. Se io avessi un serio dubbio sulla legittimità della
battaglia che conduco e nella quale vi trascino, direi, a combattere
con me, mi fermerei immediatamente. È perché sono
convinto della necessità per il bene della Chiesa, per
continuare la Chiesa, di mantenere questa fermezza nella fede,
nella formazione dei preti, che io continuo senza esitare malgrado
le opposizioni che ci giungono anche dalle più alte
autorità della Chiesa» [Conferenze spirituali].
Sacerdote combattivo e coraggioso, come guardiano devoto e franco, si
permette di mettere in allarme Pontefici, Cardinali e Vescovi,
come fece santa Caterina da Siena a suo tempo (1347-1380) oppure
sant’Ildegarda di Bingen (1098-1179), che affrontò, in
nomine Domini, i principi della Chiesa con fierezza e
determinazione. Dice san Giovanni Crisostomo: «Temi Dio, non
l’uomo. Se temi l’uomo, sarai da lui deriso, se invece temi Dio, sarai
oggetto di venerazione anche per gli uomini».
Per risolvere i problemi, è sufficiente, secondo Lefebvre,
guardare ai dogmi, che non devono essere mai abbandonati.
È un vero capo, ne possiede tutto l’ascendente: alto, di bella
presenza, il volto che irradia interesse e bontà, sempre sereno,
anche quando gli piovono minacce e denunce. Intelligente e colto,
accogliente nel modo di fare e quando lo si incontra fa un’impressione
immediata e profonda. È magnetico nel suo procedere, è
dotato di un’aurea di distinzione, di un potere personale
irresistibile. Legge nelle persone, ti trapassa l’anima, e si tiene al
corrente di tutto. È simpatico e affabile, arguto e puntuale.
È definito il «dolce testardo ». Ha volontà
di ferro, ma è ugualmente amabile, accessibile ai grandi e ai
piccoli. «La vostra dolcezza è dura », gli dice il
filosofo cattolico Jean Guitton. Lui è umile, ma è la sua
dottrina ad essere «orgogliosa ». Prende davvero in parola
l’ammonizione di Gesù: «Chi non è con me, è
contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde». È
come se agisse per conto di Qualcuno, è avvocato di Dio.
È un mite energico e vigoroso, e quando un dolce è forte,
va molto lontano.
«Domine, quo vadis?
» («Signore, dove vai? »), « Venio Romam iterum crucifigi
» («Vengo a Roma a farmi crocifiggere di nuovo»),
come Pietro e tutti coloro che hanno sparso il loro sangue per la Fede,
padre Marcel Lefebvre fu sempre pronto, fin dai tempi del Gabon e del
Senegal, ad affrontare il martirio, pur di non giungere a patti con i
«pagani », ma invitando questi ultimi ad entrare nella
Chiesa Madre, porta santa e felice di accesso alla realizzazione e
compiutezza temporale ed eterna di ciascuno.

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