Lettera della Congregazione per il Culto Divino 
a Mons. Gaetano Bonicelli, Arcivescovo di Siena, 
in data 11 giugno 1999
Sulla celebrazione della liturgia tradizionale

Prot. n° 947/99/L

Eccellenza Reverendissima,
è giunta a questo Dicastero la Sua preg.ma del 12 aprile scorso, nella quale Ella pone un quesito sulla libertà di usare il «Missale Romanum» promulgato da San Pio V dopo il Concilio Tridentino da parte di ciascun sacerdote che lo desideri, fondando la libertà sul «perpetuo» del Motu Proprio di promulgazione del Messale, del 13 luglio 1570.
Poiché tale questione ha cominciato ad essere sollevata con la pubblicazione dell’odierno «Missale Romanum», e questa Congregazione non si è sottratta al compito di illuminare la problematica sorta, la risposta si limita a richiamare i dati essenziali.

Sebbene nella Costituzione Apostolica Missale Romanum del Papa Paolo VI, non si trovi una formula esplicita di abrogazione del Missale Romanum di S. Pio V, è tuttavia chiara la volontà del supremo Legislatore liturgico di promulgare un testo rinnovato del «Missale Romanum» che prendesse il posto di quello fino ad allora in uso. Se la volontà del Pontefice fosse stata quella di lasciare in vigore le precedenti forme liturgiche come una alternativa di libera scelta, avrebbe dovuto dirlo esplicitamente. Rebus sic stantibus e alla luce della documentazione posteriore, come della prassi, si deve asserire che il «Missale Romanum» anteriore al Concilio Vaticano II non è piú in vigore come una alternativa di libera scelta per l’insieme delle Chiese che appartengono la Rito romano.

Dopo il rinnovamento liturgico disposto dal Concilio Vaticano II, sono apparsi gruppi di cattolici fortemente attaccati ai libri liturgici, innanzi tutto al Messale, precedentemente in uso. Questi gruppi, e parliamo di quelli in piena comunione con la Chiesa cattolica e col suo magistero, hanno espresso il desiderio di poter continuare ad utilizzare i libri liturgici pre-conciliari. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, mosso dal paterno desiderio di venire incontro alla sensibilità liturgica e religiosa di questi gruppi, ha concesso loro di poter utilizzare il «Missale Romanum» edito nel 1962, con l’autorizzazione del Vescovo del luogo; ed ha parimenti chiesto ai Vescovi di accogliere con benevolenza e generosità queste persone che si sentono profondamente legate al rito preconciliare e, al tempo stesso, professano un’adesione sincera al Magistero della Chiesa ed obbedienza ai legittimi Pastori. Il desiderio del Papa si è espresso attraverso il Motu Proprio «Ecclesia Dei adflicta» (2 luglio 1988: AAS 80 [1988] 1495-1498). Nel decimo anniversario della pubblicazione del Motu Proprio, il Santo Padre ha ribadito gli orientamenti generali di questo documento nel Discorso pronunciato il 26.10.1998 (L’Osservatore Romano, 26-27.10.1998, p. 8).

Pertanto, ecco le risposte alle domande di Vostra Eccellenza.

«Ogni sacerdote può usare il Messale tridentino senza alcun permesso, posto che S. Pio V gliene assicura la facoltà in perpetuo?».

No, poiché il «Missale Romanum» detto di S. Pio V è da ritenersi non piú in vigore. A riguardo della obbligatorietà del «Missale Romanum» oggi in uso, la Sacra Congregazione per il Culto Divino pubblicò una Notificazione, apparsa in Notitiae 10 (1974) 353. Per analogia si potrebbe far riferimento al can. 6, § 1, 4°, del C.I.C. del 1983 in rapporto con il can. 19.


«Può un Papa bloccare in perpetuo un rito?».

No. Sulla «Ecclesia potestas circa dispensationem sacramenti Eucharistiae», il Concilio di Trento dichiara espressamente: «hanc potestatem perpetuo in Ecclesia fuisse, ut in sacramentorum dispensatione, salva illorum substantia, ea statuere vel mutare, quae suscipientium utilitate seu ipsorum sacramentorum venerationi, pro rerum, temporum et locorum varietate, magis expedire iudicaret» (DS 1728).
Dal punto di vista canonico, si deve dire che, quando un Papa scrive « … perpetuo concedimus», si deve sempre sottintendere «dones aliter provideatur». È proprio dell’autorità sovrana del Romano Pontefice di non essere astretto alle leggi meramente ecclesiali, tanto meno alle disposizioni dei propri Predecessori. Egli è legato solamente all’immutabilità della legge divina e naturale, oltre che alla stessa costituzione della Chiesa. Pertanto, se insieme al Motu Proprio di S. Pio V, citato, si guardi alla Costituzione Apostolica (del 3 aprile 1969) con la quale Paolo VI ha promulgato il «Missale Romanum» attualmente in vigore, vi troviamo le seguenti parole: «Nostra haec … praescripta nunc et in posterum firma et efficacia esse et fore volumus, non obstantibus … Constitutionibus et Ordinationibus Apostolicis a Decessoribus Nostris editis, ceterisque praescritionibus etiam peculiari mentione et derogatione dignis».
È chiaro che l’autorità del Concilio o del Romano Pontefice non viene esercitata in modo arbitrario, bensí avendo sempre presente il bene comune della Chiesa.


«Che cosa posso rispondere in punta di diritto?».

Ai dati sopra esposti, c’è da aggiungere, la benevola concessione dell’Indulto ad utilizzare il precedente «Missale Romanum» nei termini e secondo le modalità indicate nel menzionato Motu Proprio «Ecclesia Dei adflicta». Se, nella Sua diocesi, ci fosse un gruppo di persone che desiderasse celebrare col rito in vigore fino al rinnovamento liturgico post-conciliare, Vostra Eccellenza può dare l’autorizzazione secondo le facoltà concesse dall’Indulto di questa Congregazione del 3 ottobre 1984 (Notitiae 1985, pp. 9-10).
Si possono ipotizzare diverse possibilità:
a) Segnalare una Messa in una chiesa o oratorio, ad orario fisso, in domenica o giorno feriale, senza 
    pregiudizio dei fedeli che seguono l’odierno Missale Romano.
b) Assegnare ai fedeli attaccati al precedente ordinamento una chiesa o una cappella, sia in 
   modo esclusivo, sia parziale.
c) Qualora il gruppo fosse numeroso, ci sarebbe anche la possibilità di stabilire per esso 
   un cappellano (vedi CIC, cann. 564-567, 571-572), oppure anche una parrocchia personale, 
    (vedi CIC, can. 515, §1), come è stato il caso in qualche diocesi negli Stati Uniti d’America 
   e nel Canada.
 
È quanto posso, dopo doverosa consultazione, rispondere all’Eccellenza Vostra Reverendissima.

Profitto della circostanza per porgerLe cordiali saluti e professarmi, con sensi di distinto ossequio, dell’Eminenza Vostra Rev.ma dev.mo

Jorge A. Card. Medina Estévez, Prefetto
Sac. Mario Marini, Segretario


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