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Lettera della Congregazione per il Culto Divino
Prot. n° 947/99/L Eccellenza Reverendissima,
Sebbene nella Costituzione Apostolica Missale Romanum del Papa Paolo VI, non si trovi una formula esplicita di abrogazione del Missale Romanum di S. Pio V, è tuttavia chiara la volontà del supremo Legislatore liturgico di promulgare un testo rinnovato del «Missale Romanum» che prendesse il posto di quello fino ad allora in uso. Se la volontà del Pontefice fosse stata quella di lasciare in vigore le precedenti forme liturgiche come una alternativa di libera scelta, avrebbe dovuto dirlo esplicitamente. Rebus sic stantibus e alla luce della documentazione posteriore, come della prassi, si deve asserire che il «Missale Romanum» anteriore al Concilio Vaticano II non è piú in vigore come una alternativa di libera scelta per l’insieme delle Chiese che appartengono la Rito romano. Dopo il rinnovamento liturgico disposto dal Concilio Vaticano II, sono apparsi gruppi di cattolici fortemente attaccati ai libri liturgici, innanzi tutto al Messale, precedentemente in uso. Questi gruppi, e parliamo di quelli in piena comunione con la Chiesa cattolica e col suo magistero, hanno espresso il desiderio di poter continuare ad utilizzare i libri liturgici pre-conciliari. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, mosso dal paterno desiderio di venire incontro alla sensibilità liturgica e religiosa di questi gruppi, ha concesso loro di poter utilizzare il «Missale Romanum» edito nel 1962, con l’autorizzazione del Vescovo del luogo; ed ha parimenti chiesto ai Vescovi di accogliere con benevolenza e generosità queste persone che si sentono profondamente legate al rito preconciliare e, al tempo stesso, professano un’adesione sincera al Magistero della Chiesa ed obbedienza ai legittimi Pastori. Il desiderio del Papa si è espresso attraverso il Motu Proprio «Ecclesia Dei adflicta» (2 luglio 1988: AAS 80 [1988] 1495-1498). Nel decimo anniversario della pubblicazione del Motu Proprio, il Santo Padre ha ribadito gli orientamenti generali di questo documento nel Discorso pronunciato il 26.10.1998 (L’Osservatore Romano, 26-27.10.1998, p. 8). Pertanto, ecco le risposte alle domande di Vostra Eccellenza. «Ogni sacerdote può usare il Messale tridentino senza alcun permesso, posto che S. Pio V gliene assicura la facoltà in perpetuo?». No, poiché il «Missale Romanum» detto di S. Pio V è da ritenersi non piú in vigore. A riguardo della obbligatorietà del «Missale Romanum» oggi in uso, la Sacra Congregazione per il Culto Divino pubblicò una Notificazione, apparsa in Notitiae 10 (1974) 353. Per analogia si potrebbe far riferimento al can. 6, § 1, 4°, del C.I.C. del 1983 in rapporto con il can. 19.
No. Sulla «Ecclesia potestas circa dispensationem sacramenti Eucharistiae», il Concilio di Trento dichiara espressamente: «hanc potestatem perpetuo in Ecclesia fuisse, ut in sacramentorum dispensatione, salva illorum substantia, ea statuere vel mutare, quae suscipientium utilitate seu ipsorum sacramentorum venerationi, pro rerum, temporum et locorum varietate, magis expedire iudicaret» (DS 1728).
Ai dati sopra esposti, c’è da aggiungere, la benevola concessione dell’Indulto ad utilizzare il precedente «Missale Romanum» nei termini e secondo le modalità indicate nel menzionato Motu Proprio «Ecclesia Dei adflicta». Se, nella Sua diocesi, ci fosse un gruppo di persone che desiderasse celebrare col rito in vigore fino al rinnovamento liturgico post-conciliare, Vostra Eccellenza può dare l’autorizzazione secondo le facoltà concesse dall’Indulto di questa Congregazione del 3 ottobre 1984 (Notitiae 1985, pp. 9-10).È quanto posso, dopo doverosa consultazione, rispondere all’Eccellenza Vostra Reverendissima. Profitto della circostanza per porgerLe cordiali saluti e professarmi, con sensi di distinto ossequio, dell’Eminenza Vostra Rev.ma dev.mo Jorge A. Card. Medina Estévez, Prefetto
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